contributo tratto da F. Caringella M. Giustiniani P. Mantini (a cura di), Manuale dei Contratti Pubblici, III Edizione, DIKE Giuridica Editrice, in corso di pubblicazione.

1. La giurisdizione esclusiva in materia di affidamento di lavori, servizi e forniture. – 2. La procedura di affidamento. – 3. La mancata stipula del contratto. 4. Profili soggettivi.5. La cognizione incidentale delle questioni di diritto soggettivo e le questioni risarcitorie.6. L’esecuzione contrattuale.7. Il subappalto. – 8. L’inefficacia derivata del contratto. 9. L’autotutela dopo la stipula del contratto.

  1. La giurisdizione esclusiva in materia di affidamento di lavori, servizi e forniture.

Ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1 e n. 2, c.p.a. sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative a procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti ad evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, ivi incluse quelle risarcitorie e con estensione della giurisdizione esclusiva alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione ed alle sanzioni alternative. Sono, altresì, devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative al divieto di rinnovo tacito dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, relative alla clausola di revisione del prezzo e al relativo provvedimento applicativo nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, nell’ipotesi di cui all’articolo 115 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nonché quelle relative ai provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi ai sensi dell’articolo 133, commi 3 e 4, dello stesso decreto[1].

Come più dettagliatamente si esaminerà nei paragrafi successivi, l’ampia locuzione utilizzata dalla norma (“procedure di affidamento”) comprende nella giurisdizione esclusiva tutte le procedure preordinate all’affidamento di lavori, servizi e forniture: quelle relative agli appalti di lavori, servizi e forniture strumentali a pubblici servizi; quelle relative a tutti i cd. contratti passivi, alle concessioni[2], ai sistemi di affidamento a promotore (project financing o finanza di progetto), al general contractor; quelle relative alle scelte dei soci privati delle società miste, per comprendervi, infine, anche quelle concernenti il documento unico di regolarità contributiva[3].

La norma in esame sulla giurisdizione esclusiva è il punto di arrivo dopo la prima previsione dell’art. 33 d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, poi modificata dall’art. 7 legge 21 luglio 2000, n. 205[4], successivamente abrogata dall’art. 244 del d.lgs. n. 163 del 2006, a sua volta successivamente abrogata e sostituita, per l’appunto, dall’art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a.

Prima del 1998, le controversie sui pubblici appalti erano ripartite tra il giudice amministrativo e il giudice ordinario sulla base dell’ordinario criterio di riparto ispirato alla distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi. Al fine di stabilire, poi, se si trattasse di interessi legittimi o di diritti soggettivi, soccorreva la scansione tra la fase pubblicistica del procedimento ad evidenza pubblica finalizzato alla scelta del contraente e quella successiva privatistica segnata dalla stipula del contratto.

Pertanto, le controversie relative alla fase della procedura pubblicistica, esplicazione di un potere pubblicistico-autoritativo a fronte del quale il privato vanta un interesse legittimo, erano riservate alla giurisdizione del G.A., viceversa le controversie insorte nella successiva fase dell’esecuzione del contratto erano affidate alla giurisdizione del G.O., atteso il rapporto paritetico tra le parti involgenti posizioni di diritto soggettivo regolate da norme di diritto comune[5].

Invero, tale distinzione nella vigente previsione in tema di giurisdizione esclusiva del G.A. è rimasta nel senso che la stessa riguarda complessivamente la prima fase esaminata.

Infatti, anche secondo le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, nelle procedure ad evidenza pubblica aventi ad oggetto l’affidamento di appalti pubblici, spetta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo la cognizione di comportamenti ed atti assunti prima dell’aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra l’aggiudicazione e la stipula dei singoli contratti, mentre la giurisdizione spetta al giudice ordinario nella successiva fase contrattuale, concernente l’esecuzione del rapporto[6].

In sostanza, il momento della stipula del contratto resta comunque fondamentale ai fini del riparto tra le due giurisdizioni, afferendo al giudice amministrativo la fase precedente e al giudice ordinario quella successiva in cui le parti, a seguito della stipulazione del contratto, assumono posizioni paritetiche, salvo talune criticità connesse sempre alla problematica circa la sussistenza anche nella fase dell’esecuzione di poteri pubblicistici in capo all’amministrazione.

La peculiarità della previsione dell’art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a. consiste, come detto, nell’avere usato un’ampia espressione facendo riferimento dal punto di vista oggettivo a tutte le controversie relative a procedure di affidamento (e non solo di appalto) di lavori, servizi, forniture. Dal punto di vista soggettivo, a qualunque soggetto, senza distinzione tra natura pubblica o privata dello stesso, comunque tenuto, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti ad evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale.

  1. La procedura di affidamento

Al fine di individuare le controversie attratte nella sfera della giurisdizione esclusiva, occorre esaminare la portata dell’espressione “procedure di affidamento”.

Nella genericità del rinvio vengono comprese sia le controversie relative alla violazione di norme dettagliate di procedura ad evidenza pubblica, sia quelle relative a fattispecie escluse come appalti sotto soglia, concessioni di servizi, ecc., le quali, benché sottratte alla disciplina puntuale, soggiacciono ai principi generali in materia. D’altronde, l’assenza di particolari procedure formali ad evidenza pubblica non esclude l’obbligo del rispetto dei principi comunitari attraverso un comportamento procedimentalizzato che assicuri trasparenza e competizione[7]. Di qui il radicamento della giurisdizione esclusiva anche in siffatte ipotesi.

La norma è coerente con la scelta del legislatore di disciplinare uniformemente gli appalti a prescindere dal valore di rilevanza comunitaria ed è altresì coerente con i principi della ragionevolezza e della costituzionalità in quanto, a fronte delle stesse regole di evidenza e di interessi da tutelare, non avrebbe giustificazione per gli appalti interni, soggetti ad evidenza nazionale, una diversa disciplina in tema di tutela giurisdizionale[8]. Ne discende l’estensione della giurisdizione esclusiva a tutte le committenze pubbliche.

Inoltre, nella previsione dell’art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a. è compresa l’illegittima omissione di una procedura ad evidenza pubblica invece dovuta. Infatti, il ricorso alla trattativa privata in ipotesi non consentite implica la violazione delle regole pubblicistiche che obbligano alla gara e, conseguentemente, la censurabilità della scelta operata in sede di giurisdizione esclusiva del G.A[9].

Nell’ampio concetto di procedura di affidamento si comprendono, poi, tutti gli atti della sequenza procedimentale finalizzati alla scelta del contraente quali il bando, le lettere di invito, la nomina della commissione di gara, le ammissioni, le esclusioni, le aggiudicazioni provvisorie e definitive, l’incameramento della cauzione relativa al procedimento di gara.

 Viceversa, la dottrina tende ad escludere i procedimenti, strumentali e prodromici, che sono a monte dell’affidamento degli appalti come quelli finalizzati all’approvazione dei bandi di gara o all’adozione della determina a contrarre. La ragione dell’esclusione risiede nel carattere eccezionale delle norme in materia di giurisdizione esclusiva del G.A., non suscettibili di applicazione analogica. Conseguentemente, in tali controversie il giudice competente viene individuato secondo la regola generale della causa petendi[10].

Altra ipotesi compresa nella previsione dell’affidamento riguarda il soggetto che abbia seguito la procedura ad evidenza pubblica, benché non obbligato da fonte eteronoma.

Pur in presenza di posizioni opposte in dottrina e in giurisprudenza, si propende per la soluzione che tiene conto della natura pubblica o privata del soggetto che in via di autolimitazione si sia assoggettato al rispetto di procedure di evidenza pubblica[11].

Infatti, se si tratta di un soggetto pubblico, l’autolimitazione è idonea a dar vita ad una procedimentalizzazione fonte di interessi legittimi, con conseguente giurisdizione amministrativa. D’altronde, per gli appalti sotto soglia, pure in assenza dell’obbligo di osservare procedure formali ad evidenza pubblica, la stazione appaltante è tenuta a rispettare i principi del Trattato con l’attuazione di un’attività procedimentalizzata fonte di interessi legittimi e, quindi, idonea a radicare la giurisdizione amministrativa.

Al contrario, non si ritengono comprese nelle “procedure di affidamento” e, quindi, nella giurisdizione esclusiva, quelle ad evidenza pubblica adottate in via di autolimitazione da parte di soggetti privati o società pubbliche in quanto a quest’ultimi è consentito adottare atti amministrativi nei soli casi in cui siano equiparati dalla legge a pubbliche amministrazioni (art. 7, comma 2, c.p.a.) e, pertanto, al di fuori di tali ipotesi, gli atti posti in essere dai medesimi non possono essere ritenuti autoritativi.

Quanto agli atti di autotutela o, in generale, di secondo grado connessi alle procedure di affidamento, si distingue  a seconda del  momento in cui intervengono, se prima o dopo la stipula del contratto.

Al riguardo, l’Adunanza Plenaria ha precisato che il potere pubblicistico di revoca dell’aggiudicazione non può essere esercitato dalla P.A. una volta intervenuta la stipula del contratto di appalto di lavori pubblici in quanto quest’ultima chiude la fase pubblicistica ed apre quella negoziale, caratterizzata da tendenziale parità tra le parti. Di conseguenza, in caso di sopravvenuti motivi di opportunità, la P.A. può recedere dal contratto, secondo la speciale previsione di cui all’art. 134 del codice degli appalti (Cons. St., Ad. Plen., n. 14/2014, cit.).

Tuttavia, relativamente ai poteri di intervenire autoritativamente dopo la sottoscrizione del contratto, la questione non è ancora risolta. Infatti, come si vedrà più dettagliatamente al paragrafo 8 a proposito dell’autotutela post-contrattuale, sul punto si registrano ancora posizioni diverse in dottrina e in giurisprudenza.  

Infine, nell’ambito dei procedimenti di secondo grado o comunque connessi alle procedure di affidamento, si comprendono altresì i pareri vincolanti resi in sede di precontenzioso dall’ANAC ai sensi dell’art. 211 del d.lgs. n. 50 del 2016[12].

3. La mancata stipula del contratto

Altra questione è quella in tema del giudice, amministrativo o ordinario, che può essere investito della controversia relativa alla mancata stipulazione del contratto da parte della P.A. con il soggetto individuato quale aggiudicatario all’esito della procedura di aggiudicazione.

Il quesito che si pone riguarda fino a che punto si estende la procedura di affidamento di cui all’art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a. e, quindi, la giurisdizione esclusiva: fino alla fase dell’individuazione del contraente oppure fino alla sottoscrizione del contratto.

Sul punto si registrano posizioni divergenti.

Una prima ritiene che la giurisdizione esclusiva si riferirebbe alla procedura di affidamento che termina con l’individuazione del contraente, e non anche alle fasi successive, ancorché antecedenti alla stipula, coinvolgenti posizioni di diritto soggettivo, quale quella della mancata stipula. In sostanza, l’adozione del provvedimento di aggiudicazione segna l’esaurimento della fase valutativa finalizzata alla scelta del miglior contraente, il momento finale della fase pubblicistica, come tale rientrante nella sfera di attribuzione del giudice amministrativo[13].

Altra tesi, invece, sostiene che l’aggiudicazione è immediatamente vincolante per l’aggiudicatario, ma non per l’amministrazione, se non dopo la stipula del contratto. Pertanto, fino a tale momento, ogni attività sarebbe riconducibile nell’ambito della procedura di affidamento, la posizione soggettiva dell’aggiudicatario-potenziale contraente si qualificherebbe di interesse legittimo pretensivo e l’insorgenza di qualsiasi controversia rientra in via esclusiva nella competenza del G.A.

Secondo una giurisprudenza più coerente con la ratio della norma sulla giurisdizione esclusiva, l’aggiudicazione segna il passaggio, in capo al selezionato per il contratto, dall’interesse legittimo al diritto soggettivo. Infatti, secondo tale orientamento, il bando di gara, oltre che l’atto iniziale della procedura pubblicistica di scelta del contraente, è anche un atto avente natura privatistica recante l’obbligo a contrarre sottoposto alla condizione sospensiva legale che si realizza con l’individuazione del contraente mediante l’aggiudicazione. L’aggiudicatario, perciò, è titolare di un diritto soggettivo tutelabile innanzi al giudice amministrativo attesa la previsione della giurisdizione esclusiva di cui al più volte menzionato art. 133, comma 1, lett. e), anche nell’ipotesi di comportamenti dilatatori ed ingiustificatamente lesivi della sua posizione soggettiva da parte dell’amministrazione. D’altronde, come evidenziato, la nozione di procedura “di affidamento” è più ampia di quella di procedura “di aggiudicazione” e comprende anche la stipulazione del contratto quale momento dell’effettivo affidamento al privato dell’opera o del servizio, con l’insorgenza del vincolo e, dunque, dell’obbligo di procedere all’esecuzione. Se la fase pubblicistica - che va dal bando di gara all’adozione del provvedimento di aggiudicazione - vede coinvolte posizioni di mero interesse legittimo, quella che va dall’aggiudicazione alla stipulazione vede coinvolte posizioni soggettive più complesse del mero interesse legittimo che giustificano la giurisdizione esclusiva del G.A. sino alla stipulazione del contratto[14].

4. Profili soggettivi

Sul piano soggettivo, ai fini della giurisdizione esclusiva non assume rilevanza la natura pubblica o privata della stazione appaltante, bensì la circostanza che si tratti di soggetti “comunque” tenuti all’applicazione della normativa europea, ovvero al rispetto delle procedure ad evidenza pubblica previste dalle norme interne, ovverosia dal d.lgs. n. 50/2016, sia nei settori ordinari che nei settori speciali[15].

Pertanto, può trattarsi di soggetti pubblici o ad essi equiparabili come il cd. organismo di diritto pubblico[16], ma anche, a determinate condizioni o entro certi limiti, di soggetti formalmente privati, come le società pubbliche, o sostanzialmente privati, come concessionari, privati che eseguono opere o servizi di finanziamento pubblico superiore al 50%; privati che eseguono opere di urbanizzazione a scomputo; imprese pubbliche, soggetti che fruiscono di diritti speciali o esclusivi[17].

L’irrilevanza della natura giuridica del soggetto preposto all’espletamento della gara ai fini della giurisdizione esclusiva del G.A., essendo piuttosto condizionata alla sola sottoposizione del medesimo soggetto all’osservanza di procedure concorsuali per l’affidamento dell’appalto, trova la sua ragione in due motivi, uno di derivazione comunitaria ed uno di diritto interno.

Quanto al primo motivo, la disciplina sulla giurisdizione amministrativa si è uniformata all’ampliamento della nozione di soggetto pubblico in ambito europeo; quanto al secondo, esigenze di concentrazione e di uniformità di disciplina hanno attribuito ad un unico giudice la cognizione di tutte le controversie sorte in materia. Pertanto, assume rilevanza non la natura del soggetto, ma la sua attività di scelta del contraente soggetta al regime pubblicistico e, qualora sia coinvolto un soggetto formalmente privato che opera alla stregua di una P.A. aggiudicatrice, esso viene qualificato come pubblica amministrazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 7 c.p.a., 3 d.lgs. n. 50/2016 e del d.lgs. n. 175 del 2016.

Come già detto, nell’ipotesi di soggetti privati occorre che sussista una espressa previsione normativa che imponga loro di indire la gara atteso il principio di legalità delle competenze. Al contrario, un’autolimitazione assunta dal soggetto privato, in assenza di norme che lo equiparino ai soggetti pubblici, non può imprimere valenza pubblicistica agli atti adottati, né il relativo contenzioso si può ritenere di competenza del giudice amministrativo, vieppiù in sede esclusiva ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a.

5. La cognizione incidentale delle questioni di diritto soggettivo e le questioni risarcitorie

Come rilevato[18], l’ampia espressione di “affidamento” attrae nell’orbita della giurisdizione esclusiva del G.A. non soltanto le controversie in materia di appalti ma anche altre controversie riservate dal legislatore alla cognizione del G.O. come il contenzioso relativo al cd. documento unico di regolarità contributiva, sul quale il giudice amministrativo, adito per la definizione di una controversia avente ad oggetto l’affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, potrebbe essere chiamato a pronunciarsi quale atto interno della fase procedimentale di verifica dei requisiti di ammissione dichiarati dal partecipante ad una gara. Invero, nonostante il DURC abbia natura di dichiarazione di scienza avente valore probatorio fino a querela di falso proponibile innanzi al G.O., la sua irregolarità può essere valutata incidenter tantum dal giudice amministrativo ai fini dell’accertamento dei requisiti di partecipazione e della legittimità del provvedimento di esclusione. Pertanto, ai sensi dell’art. 8 c.p.a., si tratta di una cognizione in via incidentale, priva di efficacia di giudicato nel rapporto previdenziale, ma pure possibile da parte del G.A. nell’ambito di controversie sulle procedure ad evidenza pubblica relative al possesso dei requisiti soggettivi degli operatori economici.

Si pongono, inoltre, ulteriori quesiti circa l’ambito della cognizione esclusiva del G.A. relativamente ai soli provvedimenti o anche a comportamenti e se tra questi rilevino quelli imputabili all’amministrazione e non anche quelli imputabili a privati nel senso che la lesione possa essere dedotta dalla prima nei confronti dell’aggiudicatario.

Relativamente al primo quesito, benché la norma si riferisca a “procedure di affidamento”, si ritiene che nel generico riferimento a controversie risarcitorie possano ricomprendersi i silenzi, i rifiuti, i ritardi e le condotte scorrette della P.A. nella fase delle trattative, ovvero i meri comportamenti non provvedimentali posti in essere nel corso della procedura, fonte di responsabilità precontrattuale anche a prescindere dall’adozione di atti illegittimi lesivi di interessi legittimi, ma violativi dei canoni privatistici di buona fede, correttezza e diligenza ex artt. 1175 e 1337 c.c. [19].

Il quesito trova risposta positiva, ancora una volta, in conseguenza dell’ampia attribuzione in via esclusiva al G.A. da parte dell’art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a. il quale fa riferimento a tutte le controversie, anche risarcitorie, in materia di procedura di affidamento, prescindendo dalla natura giuridica del diritto soggettivo o dell’interesse legittimo dedotto, includendovi perciò quelle in materia di risarcimento a titolo di responsabilità contrattuale in senso proprio e di responsabilità precontrattuale.

D’altronde, la commistione tra diritti soggettivi e interessi legittimi nelle controversie in esame per la compresenza di momenti autoritativi e di momenti paritetici, giustifica l’attrazione delle stesse nell’ambito della giurisdizione esclusiva del G.A.[20]. Conseguentemente, l’orientamento in dottrina e in giurisprudenza è nel senso di comprendere nella giurisdizione esclusiva le questioni relative alla responsabilità della stazione appaltante per la condotta tenuta prima della stipula contrattuale[21].

Peraltro, si pone un problema di qualificazione della responsabilità relativa a condotte tenute nell’arco temporale tra l’aggiudicazione e la conclusione del contratto, atteso che la scelta del contraente non equivale ad accettazione dell’offerta.

Sul punto la giurisprudenza è orientata nel senso che si tratta di responsabilità di tipo precontrattuale in senso proprio, anche se vi sono state pronunce che hanno invece deciso per quella di tipo contrattuale da “contatto sociale qualificato”. In particolare, si è osservato che l’eventuale responsabilità dell’amministrazione, in pendenza dell’approvazione ministeriale di cui al R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, art. 19, deve essere configurata come precontrattuale, ai sensi degli artt. 1337 e 1338 c.c., inquadrabile nella responsabilità di tipo contrattuale da “contatto sociale qualificato”, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ai sensi dell’art. 1173 c.c., e dal quale derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi dell’art. 1174 stesso codice, bensì reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, ai sensi degli artt. 1175 e 1375, con conseguente applicabilità del termine decennale di prescrizione a norma dell’art. 2946 c.c.[22].

Quanto alla responsabilità di privati nei confronti della stazione appaltante, si registrano orientamenti diversi da parte della Corte di Cassazione rispetto al Consiglio di Stato. Infatti, secondo le Sezioni unite della Suprema Corte, in merito alla richiesta di condanna al risarcimento del danno proposta dalla stazione appaltante nei confronti delle imprese aggiudicatarie per condotte asseritamente fraudolente realizzatesi nella fase di affidamento dei lavori e per il conseguente ritardo nell’esecuzione degli stessi, la giurisdizione spetta al G.O. Nello specifico, ad alcune ditte appaltatrici di lavori edili si contestavano talune azioni poste in essere durante la procedura di gara le quali avevano generato un grave ritardo nell’affidamento definitivo e nell’esecuzione dei predetti lavori. Di qui l’azione di risarcimento danni, a titolo di responsabilità precontrattuale, che la Corte di Cassazione ha ritenuto di competenza del giudice ordinario essendo la parte attrice una pubblica amministrazione[23].

In senso opposto, invece, si era orientato il Consiglio di Stato secondo cui, nell’ordinamento giuridico vigente, non si rilevano materie “a giurisdizione frazionata”, in funzione della differente soggettività dei contendenti. Pertanto, la pubblica amministrazione può avvalersi della concentrazione delle tutele, propria della giurisdizione esclusiva, disponendo della legittimazione attiva a convenire la parte privata avanti al giudice amministrativo affinché risponda a titolo di risarcimento del danno derivante dalla mancata stipula del contratto, per fatto alla medesima imputabile in difetto di idonea giustificazione[24].

Fin qui si è trattato della giurisdizione esclusiva a proposito delle controversie antecedenti alla stipula del contratto.

6. l’esecuzione contrattuale

Le controversie concernenti la fase successiva alla stipula del contatto, quali l’invalidità del contratto, gli inadempimenti contrattuali e l’esercizio del potere privatistico di recesso o di risoluzione di cui agli artt. 108 e 109 d.lgs. n. 50/2016 sono rimesse alla giurisdizione del G.O. in quanto vedono coinvolti diritti soggettivi[25].

Anzitutto, la Corte di Cassazione ha affermato che spetta al giudice ordinario l’azione volta all’accertamento della mancata conclusione del contratto. Infatti, la correlazione tra interessi legittimi e diritti soggettivi, che si pone a fondamento della giurisdizione esclusiva, nelle procedure ad evidenza pubblica tese alla ricerca dell’aggiudicatario negli appalti di lavori, servizi e forniture si verifica soltanto nella fase della formazione della volontà, nonché di scelta del contraente privato, che non è libera, ma si snoda attraverso una serie di atti procedimentali caratterizzati dall’esercizio di poteri discrezionali e vincolati, i quali hanno normalmente inizio con la determinazione di contrarre e si concludono con la stipula del contratto. Viceversa, l’azione esercitata dalla società aggiudicataria volta all’accertamento della asserita mancata conclusione del contratto, in base all’interpretazione della domanda che tiene conto del c.d. petitum sostanziale, non attiene alla fase pubblicistica della procedura di gara, bensì alla fase dell’attuazione conseguente all’aggiudicazione dell’appalto a proprio favore. In sostanza, la questione del mancato perfezionamento del contratto di appalto attiene alla fondatezza nel merito della stessa domanda in esame, per la quale sussiste la giurisdizione del giudice ordinario[26].

Inoltre, si ritiene che rientri nella giurisdizione del giudice ordinario la richiesta di declaratoria di nullità dei contratti stipulati con un’amministrazione anche per omessa adozione della procedura ad evidenza pubblica di scelta del contraente, qualora la controversia radichi le proprie ragioni nella serie negoziale successiva che va dalla stipulazione del contratto fino alle vicende del suo adempimento e riguardi la disciplina dei rapporti che dal contratto scaturiscono[27].

Analogamente, è rimessa alla cognizione di detto giudice la domanda di risoluzione per inadempimento di un contratto d’appalto pubblico[28].

Così, ancora, la cognizione delle controversie in tema di appalto pubblico, aventi ad oggetto la valutazione di una clausola penale, la quale si configura come strumento di commisurazione del danno, comunque riducibile ove ecceda in misura palese dalla concreta entità del pregiudizio, e che presuppone l’esistenza dell’inadempimento, appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario, in quanto inerenti a diritti derivanti dal contratto stesso[29].

Più in generale, per giurisprudenza consolidata[30], le Sezioni unite della Corte di Cassazione affermano che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto tutti gli atti della serie negoziale successiva alla stipulazione del contratto, cioè non solo quelle che attengono al suo adempimento e quindi concernenti l’interpretazione dei diritti e degli obblighi delle parti, ma anche quelle volte ad accertare le condizioni di validità, efficacia, nullità o annullabilità del contratto, siano esse inerenti o estranee o sopravvenute al contratto, comprese quelle derivanti da irregolarità o illegittimità della procedura amministrativa a monte, nonché le fattispecie di radicale mancanza del procedimento ad evidenza pubblica o la sussistenza di vizi che affliggono singoli atti, accertabili incidentalmente da detto giudice, al quale le parti possono rivolgersi senza necessità del previo annullamento da parte del giudice amministrativo.

Tuttavia, ai fini del riparto di giurisdizione, in sede di esecuzione del contratto occorre distinguere le controversie che investono i vizi che affliggono il contratto stipulato, quale atto negoziale di diritto privato, da quelle inerenti ai vizi della procedura di affidamento e ai relativi poteri esercitati dall’amministrazione appaltante. Infatti, la controversia attinente all’esercizio dell’autotutela, riservata alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, si estende alle domande di dichiarazione d’inefficacia o di nullità del contratto stipulato con la pubblica amministrazione, che sia eventualmente conseguente all’annullamento in autotutela; viceversa, nell’ipotesi in cui dietro lo schermo dell’esercizio dei propri poteri di annullamento in autotutela l’amministrazione abbia inteso intervenire direttamente sul contratto per far valere in realtà vizi ad esso relativi, tale controversia rientra nell’alveo della giurisdizione ordinaria[31].

Quanto alla revisione dei prezzi, per espressa previsione dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2, c.p.a. la giurisdizione è riservata al G.A., ivi inclusi i provvedimenti applicativi dell’adeguamento dei prezzi nei contratti relativi a lavori pubblici[32].

Sulla portata della norma in esame si registrano due diversi orientamenti dottrinari e giurisprudenziali.

Un primo ritiene che la giurisdizione esclusiva del G.A comprende tutte le controversie sull’an debeatur e sul quantum[33].

Altro orientamento, invece, comprende nella giurisdizione esclusiva le controversie relative ai soli provvedimenti di riconoscimento dell’an o di determinazione del quantum sulla scorta di valutazioni discrezionali e, quindi, relative all’an e o al quantum della revisione e alle modalità di pagamento. Rientrano, inoltre, nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in tema di adeguamento, modifiche o deroghe al prezzo chiuso nei contratti di appalti pubblici, analogamente a quelle, contigue, sulla revisione del prezzo, dalle quali si distinguono solo per la mancanza di una clausola contrattuale[34]. Mentre rimette al giudice ordinario le controversie relative al mero pagamento delle somme, perché già quantificate ovvero perché la quantificazione non richiede discrezionalità della P.A.[35].

Quando, poi, il rapporto oggetto della controversia si collochi in un’area temporale anteriore a quella segnata dalla intera devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie sull’adeguamento o sulle modifiche del prezzo negli appalti pubblici (l. n. 537 del 1993, art. 6, comma 19; l. n. 109 del 1994, art. 26, comma 4-bis; d.lgs. n. 163 del 2006, art. 244, comma 3 e, infine, art. 133 c.p.a.), la Corte di Cassazione ha più volte sottolineato che, in difetto di un riconoscimento espresso o implicito della spettanza della revisione prezzi all’appaltatore, da parte dell’amministrazione, il sindacato sull’esercizio o sull’omesso esercizio di tale riconoscimento spetta al giudice amministrativo. Quando, invece, la pretesa dell’appaltatore si fondi sul riconoscimento del diritto alla revisione la controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario[36].

7. Il subappalto

Il subappalto per l’esecuzione delle opere o dei lavori, dei servizi, delle forniture compresi nel contratto è ammesso secondo le disposizioni di cui all’art. 105 del d.lgs. n. 50 del 2016.

Anzitutto, l’affidamento in subappalto è subordinato alla previa autorizzazione della stazione appaltante per il cui rilascio sono previste determinate condizioni dal citato articolo 105.

In particolare, in talune ipotesi è obbligatoria l’indicazione della terna di subappaltatori in sede di offerta. In caso di ritardo nel pagamento delle retribuzioni dovute al personale dipendente del subappaltatore, nonché in caso di inadempienza contributiva risultante dal documento unico di regolarità contributiva, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 30, commi 5 e 6, del citato d.lgs. n. 50/2016. E’ fatto obbligo di acquisire nuova autorizzazione integrativa qualora l’oggetto del subappalto subisca variazioni e l’importo dello stesso sia incrementato, nonché siano variati i requisiti di cui al comma 7 del menzionato art. 105. In sostanza, la disciplina in ordine ai requisiti dei subappaltatori concorre con quella più generale relativa alle valutazioni rimesse alla stazione appaltante ai fini dell’aggiudicazione.

Conseguentemente, il riferimento dell’art. 133, comma 1, lett. e), alle “procedure di affidamento” può ritenersi comprensivo anche di quelle di subaffidamento, con estensione della giurisdizione esclusiva del G.A. alle relative controversie[37].

Tale è la conclusione cui prevengono la dottrina e la giurisprudenza prevalenti, discostandosi perciò da altro orientamento in base al quale il subappalto riguarda una modalità di esecuzione degli obblighi contrattuali, le cui controversie sono rimesse alla cognizione del G.O.

In realtà, al fine d’individuare il giudice competente, occorre distinguere i rapporti e i momenti riguardanti il subappalto.

Sicuramente si pone su un piano di tipo privatistico il contratto di subappalto che interviene tra appaltatore e subappaltatore il cui contenzioso è rimesso alla giurisdizione del giudice ordinario[38], ivi incluso quello relativo alla fase esecutiva, quali i pagamenti diretti al subappaltatore da parte della stazione appaltante e quelli del subappaltatore nei confronti dei propri dipendenti.

Si pone, invece, su un piano diverso la problematica relativa al rilascio o al diniego dell’autorizzazione al subappalto.

Anzitutto, in assenza di autorizzazione, l’appaltatore non può affidare l’esecuzione della prestazione in subappalto e sull’eventuale contratto, nullo, la giurisdizione compete al giudice ordinario.

Diversa, invece, è l’ipotesi in cui la stazione appaltante abbia negato l’autorizzazione.

Al riguardo, secondo l’orientamento giurisprudenziale sopra menzionato, il diniego di autorizzazione al subappalto non attiene alle procedure di affidamento di cui all’art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a., trattandosi di modalità esecutiva della prestazione rimessa alla determinazione delle parti che si porrebbero su di un piano paritetico assimilabile a quello dell’appaltante privato ai sensi dell’art. 1656 c.c. Pertanto, non assumerebbe rilevanza nessun potere discrezionale o comunque pubblicistico ed il relativo contenzioso sarebbe di spettanza del G.O.[39].

Altro orientamento sostiene, invece, che l’autorizzazione e il diniego di autorizzazione sono atti amministrativi in ordine ai quali i privati vantano posizioni d’interesse legittimo, rimesse alla cognizione del giudice amministrativo.

Ciò posto si pone, poi, l’ulteriore quesito a proposito del tipo di cognizione spettante al G.A., se di legittimità[40] ovvero esclusiva ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a.

Per coloro che ritengono che la procedura sia comunque finalizzata ad un affidamento (rectius, subaffidamento), la conclusione è che si tratti di giurisdizione esclusiva ai sensi del menzionato art. 133, comma 1, lett. e), c.p.a.[41].

Quest’ultima conclusione assume rilevanza anche con riferimento all’ammissibilità del relativo esercizio del potere di autotutela e al giudice competente a conoscerne il contenzioso. Infatti, ritenendo che si tratti di provvedimenti di natura pubblicistica, la stazione appaltante può in via di autotutela intervenire con provvedimenti autoritativi parimenti rimessi alla cognizione del G.A.[42].

8. L’inefficacia derivata del contratto

L’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a. rimette alla cognizione del G.A. in sede di giurisdizione esclusiva anche l’inefficacia del contratto conseguenziale all’annullamento dell’aggiudicazione attesa la stretta connessione tra il provvedimento illegittimo di aggiudicazione ed il conseguente contratto stipulato. La norma è riconducibile alla direttiva 2007/66/CE, di modifica delle direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici, la quale ha imposto agli Stati membri di assicurare i principi di concentrazione, di effettività e di ragionevole durata del processo.

In effetti, la ratio della disposizione è nel senso di far perseguire innanzi ad un unico giudice lo specifico bene della vita, rappresentato dall’aggiudicazione e dal conseguente contratto, attraverso la rimozione sia del precedente provvedimento illegittimo di aggiudicazione, sia del contratto nelle more eventualmente già stipulato.

Sul punto la giurisprudenza, ancora prima del d.lgs. 20 marzo 2010, n. 53, di attuazione della menzionata direttiva, era giunta a riconoscere in capo al G.A. la giurisdizione in ordine alle controversie sulla caducazione del contratto di appalto a seguito dell’annullamento dell’illegittima aggiudicazione. Tradizionalmente il problema del riparto di giurisdizione relativo alla cognizione della domanda di caducazione del contratto di appalto pubblico conseguente all’annullamento in sede giurisdizionale dell’aggiudicazione veniva risolto dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nel senso della negazione della giurisdizione amministrativa in ragione della natura di diritto soggettivo della posizione fatta valere. Successivamente all’entrata in vigore della direttiva 2007/66/CE, tale problema è stato risolto nel senso di affidare allo stesso giudice l’esame congiunto della domanda di annullamento dell’aggiudicazione e di caducazione o sopravvenuta invalidità del contratto di appalto nelle more eventualmente stipulato, a prescindere dal recepimento della direttiva nel diritto interno. Infatti, la direttiva è stata ritenuta immediatamente applicabile a tutte le gare bandite dopo la sua entrata in vigore, imponendo da subito di affermare la giurisdizione del G.A. circa la domanda di caducazione del contratto conseguente all’annullamento dell’aggiudicazione[43].

Tuttavia, la giurisprudenza continua a distinguere, ai fini del riparto di giurisdizione, le controversie che appartengono al giudice ordinario concernenti sia l’interpretazione dei diritti e degli obblighi derivanti da un contratto stipulato tra un privato e la P.A., sia l’accertamento e la declaratoria di nullità, d’inefficacia, nonché l’annullamento delle condizioni di validità e di efficacia dello stesso. Ciò in quanto queste ultime controversie non hanno ad oggetto i provvedimenti riguardanti la scelta dell’altro contraente, bensì il rapporto privatistico discendente dal negozio i cui vizi possono essere esaminati esclusivamente dal giudice ordinario competente a conoscerne l’intera disciplina. Peraltro, la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione è orientata a far rientrare nell’ambito della giurisdizione ordinaria le patologie ed le inefficacie negoziali, non soltanto inerenti alla struttura del contratto, ovvero estranee o sopravvenute alla stessa, ma anche quelle derivanti da irregolarità-illegittimità della procedura amministrativa a monte, ivi inclusa la radicale mancanza del procedimento ad evidenza pubblica o i vizi che ne affliggono singoli atti, in ordine ai quali detto giudice può svolgere un accertamento in via incidentale senza che le parti siano onerate del previo annullamento in parte qua ad opera del giudice amministrativo[44].

Viceversa, la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha declinato in favore della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 244 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, le controversie nell’ambito delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici in ordine alle domande sia di dichiarazione di inefficacia o di nullità del contratto di fornitura alla P.A., sia di ripetizione di indebito e di arricchimento senza causa, conseguenti all’annullamento in autotutela, confermato in sede giurisdizionale, delle deliberazioni di affidamento diretto, senza indizione di gara, posto in essere in violazione delle norme comunitarie e nazionali. Infatti, hanno affermato le Sezioni unite, il diritto comunitario e la vigente disciplina interna prevedono la trattazione unitaria delle domande di affidamento dell’appalto e di caducazione del contratto concluso per effetto dell’illegittima aggiudicazione, come anche delle domande restitutorie direttamente connesse alla declaratoria di inefficacia o di nullità del contratto stesso[45].

Quanto, poi, ai poteri del giudice amministrativo rispetto ai poteri dell’amministrazione, la Corte di Cassazione, con sentenza 22 marzo 2017, n. 7295, ha affermato che non sussiste violazione dei limiti esterni della giurisdizione amministrativa in caso di declaratoria di inefficacia del contratto di appalto ai sensi dell’art. 122 c.p.a., conseguente ad annullamento dell’aggiudicazione per vizi comportanti la rinnovazione della gara”[46].

In particolare, la Corte di Cassazione ha ritenuto non violati i limiti esterni della giurisdizione amministrativa per esercizio di attività riservata alla P.A. in quanto l’art. 122 c.p.a. prevede un’attribuzione generalizzata del potere di dichiarare l’inefficacia del contratto, con esclusione dei soli casi regolati dagli artt. 121, comma 1, e 123 del d.lgs. n. 104/2010, rispetto al quale è indifferente che la gara debba essere rinnovata o meno salvo, in tale ultima ipotesi, l’obbligo di valutare, tra l’altro, la possibilità del ricorrente di subentrare nel contratto, nonché l’avvenuta proposizione della domanda di subentro.

Questa l’esegesi della norma in base alla quale è stato riconosciuto il potere del G.A. di dichiarare l’inefficacia del contratto senza che ciò comporti una illegittima invasione della sfera della pubblica amministrazione: sia nel caso in cui debba rinnovarsi la gara, sia nel caso contrario, il potere del giudice è soggetto sempre e comunque alla valutazione "degli interessi delle parti, dell’effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l’aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto", mentre nel solo caso in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta, tale potere è soggetto, oltre che alle valutazioni testé richiamate, alla valutazione della possibilità per il ricorrente di subentrare nel contratto.

D’altronde, osserva la sentenza in esame, la tesi di leggere la norma (art. 122) nel senso che la stessa non trovi applicazione nel caso in cui l’annullamento dell’aggiudicazione presenti profili tali da implicare che si debba rinnovare la gara e che sia riservato alla pubblica amministrazione di decidere della sorte del contratto, si presenta del tutto ingiustificata ed anche priva di ragionevolezza. Infatti, ciò comporterebbe che sia lasciato il potere di scelta all’amministrazione nel caso più grave e le sia negato in quelli meno gravi.

Inoltre, proprio con riferimento ai poteri del giudice amministrativo in relazione agli articoli 121 e 122 c.p.a., si pone poi il quesito se si tratti di una giurisdizione di merito.

L’art. 44 della legge delega 7 luglio 2009, n. 88, aveva fissato il criterio incentrato sulla configurazione di una nuova ipotesi di vera e propria giurisdizione di merito speciale, in modo probabilmente errato, ma senz’altro coerente con i dichiarati obiettivi degli estensori della norma[47].

Tuttavia, l’articolo 133, disattendendo la delega originaria, non attribuisce al giudice amministrativo una giurisdizione di merito, oltre che esclusiva.

In dottrina[48], l’assenza della qualificazione nominalistica non impedisce, però, di accedere a una risposta positiva, in quanto, al fine di decidere se pronunciare l’inefficacia, il giudice gode di un potere discrezionale di natura sostanzialmente amministrativa, imperniato sulla valutazione comparativa degli interessi pubblici e privati secondo le coordinate di cui agli articoli 121 e 122 c.p.a.[49].

Un’ultima precisazione a proposito dell’ambito di applicazione della disposizione in esame.

Il dato letterale dell’art. 133, comma 1, lett. e), nell’attribuire la giurisdizione esclusiva al G.A. nelle controversie relative alle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi, forniture, svolte da soggetti comunque tenuti, nella scelta del contraente o del socio, all’applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale, comprende anche quelle relative alla dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione. Quindi, il generico riferimento alla “dichiarazione di inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione” sembra includere nel sindacato di giurisdizione esclusiva qualunque contratto, ivi incluso quello di società stipulato a seguito della scelta del socio. 

Ciononostante, l’orientamento in dottrina e in giurisprudenza è nel senso di escludere la giurisdizione del G.A. sul contratto di società stipulato a valle di una procedura illegittima di scelta del socio[50].

Vari motivi inducono a tale conclusione.

Invero, si ritengono spettanti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto l’attività unilaterale prodromica alla vicenda societaria, considerata dal legislatore di natura pubblicistica, con cui un ente pubblico delibera di costituire una società (provvedendo anche alla scelta del socio) o di parteciparvi o di procedere ad un atto modificativo o estintivo della società stessa o di interferire, nei casi previsti dalla legge, nella vita di quest’ultima[51].

Sono, invece, rimesse alla giurisdizione ordinaria le controversie aventi ad oggetto gli atti societari conseguenti alla scelta di utilizzo del modello societario, le quali restano interamente soggette alle regole del diritto commerciale proprie del modello recepito: dal contratto di costituzione della società, alla successiva attività della compagine societaria partecipata con cui l’ente esercita, dal punto di vista soggettivo e oggettivo, le facoltà proprie del socio (azionista), fino al suo scioglimento. Nell’ambito di tali ultime controversie rientrano quelle volte ad accertare l’intero spettro delle patologie e inefficacie negoziali, siano esse inerenti alla struttura del contratto sociale, siano estranee o sopravvenute alla stessa ovvero derivanti da irregolarità-illegittimità della procedura amministrativa. In quest’ultimo caso la Cassazione comprende le fattispecie sia di radicale mancanza del procedimento di evidenza pubblica (o di vizi che ne affliggono singoli atti), sia di successiva mancanza legale provocata dall’annullamento del provvedimento di aggiudicazione, ivi compresi i profili di illegittimità degli atti conseguenziali compiuti dalla società già istituita, i quali costituiscono espressione non di potestà amministrativa, bensì del sistema delle invalidità-inefficacia del contratto sociale che postula una verifica, da parte del giudice ordinario, di conformità alla normativa positiva delle regole in base alle quali l’atto negoziale è sorto ovvero è destinato a produrre i suoi effetti tipici.

Peraltro, ad avviso della Cassazione, l’estensione della giurisdizione del G.A. sul contratto di società conseguente alla procedura ad evidenza per la scelta del socio trova un ulteriore, insormontabile ostacolo nell’art. 2332 c.c., il quale dispone che, avvenuta l’iscrizione nel registro delle imprese, la nullità della società può essere pronunciata soltanto nei casi specificamente indicati dalla stessa norma: casi dichiarati tassativi dalla giurisprudenza di legittimità. D’altronde, la disciplina societaria esclude, al di fuori dei casi elencati, l’assoggettamento delle società "ad alcuna causa di inesistenza, nullità assoluta, nullità relativa e annullabilità" anche per l’esigenza di non pregiudicare posizioni giuridiche della società medesima e particolarmente dei terzi che, estranei alla fase formativa del contratto sociale, abbiano riposto affidamento nella validità dell’atto costitutivo, nonché nella stabilità dei rapporti instaurati dalla società.

Pertanto, la giurisdizione spetta in tali ultimi casi al giudice societario, il solo deputato a sancire l’estinzione della società all’esito della procedura di liquidazione[52].

9. L’autotutela dopo la stipula del contratto

Ai fini del riparto di giurisdizione, la stipula del contratto costituisce, per usare le parole della giurisprudenza, lo “spartiacque” tra la giurisdizione del G.A. e quella del G.O. in quanto, con la sua sottoscrizione, l’amministrazione diventa parte di un rapporto paritetico involgente posizioni di diritto soggettivo regolate da norme di diritto comune, con la conseguente devoluzione al G.O. delle relative controversie, salvo diverse specifiche disposizioni come quella in materia di revisione dei prezzi.

Si pone, allora, il quesito se e fino a quando l’amministrazione possa intervenire in via di autotutela nella presente vicenda procedimentale che vede susseguirsi momenti pubblicistici a momenti privatistici disciplinati dal diritto comune[53].

Occorre procedere per gradi.

Nella fase dell’evidenza pubblica, all’amministrazione è riconosciuto il potere in via di autotutela di non addivenire alla stipulazione del contratto, in base all’articolo 32, comma 8, del d.lgs. n. 50 del 2016 e delle norme della legge n. 241 del 1990 che disciplinano l’esercizio del potere di autotutela.

Conseguentemente, la giurisdizione sulle relative controversie è riservata al G.A[54].

Successivamente alla stipula del contratto, invece, il problema si pone atteso che in entrambe le ipotesi di esercizio del potere di sciogliersi dal vincolo contrattuale (sia esso potere privatistico o pubblicistico) l’amministrazione incide unilateralmente sul rapporto contrattuale e quindi sulla altrui sfera giuridica.

A rigore, una volta conclusa l’aggiudicazione e stipulato il contratto, dovrebbe escludersi la possibilità di intervenire con poteri autoritativi sul rapporto privatistico[55].

Tuttavia, sul punto dottrina e giurisprudenza assumono posizioni diverse, non supportate dall’art. 32 del d.lgs. n. 50 del 2016 il quale, a proposito delle fasi della procedura di affidamento, prevede, al comma 8, che divenuta efficace l’aggiudicazione, in sede di stipulazione del contratto, l’amministrazione può esercitare l’autotutela “nei casi consentiti dalle norme vigenti”.  La norma in esame nulla aggiunge a proposito dell’esercizio di detto potere relativamente alla fase dell’esecuzione del contratto, in ordine alla quale occorre perciò fare riferimento agli artt. 108 e 109 del citato d.lgs. n. 50/2016, disciplinanti rispettivamente la risoluzione del contratto e il recesso della stazione appaltante.

Le norme testé richiamate recepiscono l’art. 73 della direttiva 2014/24/UE, il quale prevede la possibilità che la stazione appaltante possa unilateralmente svincolarsi dal rapporto contrattuale senza ricorrere all’autorità giudiziaria sussistendo determinate situazioni che rendono insostenibile la prosecuzione dello stesso. In particolare, si tratta di tre situazioni: una riguarda l’ipotesi di modifiche sostanziali del contratto tali da richiedere una nuova procedura di appalto e le altre due riguardano vizi della procedura ad evidenza pubblica (l’aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso dalla procedura di selezione; l’appalto non avrebbe dovuto essere aggiudicato a quel determinato soggetto in considerazione di una “grave violazione” degli obblighi derivanti dai trattati e dalla stessa direttiva 2014/24/UE, violazione accertata in sede di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 258 del Trattato[56]).

Queste le ipotesi inderogabili dettate dall’art. 73 della ricordata direttiva ai fini della risoluzione del vincolo contrattuale pubblico da parte dell’amministrazione, salva la possibilità rimessa al legislatore nazionale, in sede di recepimento, di prevederne di ulteriori.

Ciononostante, il codice degli appalti n. 50 del 2016 ha semplicemente trasposto l’esaminata norma comunitaria, peraltro senza coordinarla con le restanti norme provenienti dal corpus del d.lgs. n. 163 del 2006, lasciando irrisolto ancora oggi il problema della natura pubblicistica o privatistica dei poteri di risoluzione e di recesso previsti dagli articoli 108 e 109 del d.lgs. n. 50 del 2016[57].

In verità, l’art. 109 del d.lgs. n. 50/2016 riconosce alla P.A., in via generale, il potere di recedere dai rapporti contrattuali relativi ad ogni tipo di appalto. Conseguentemente, anche tenuto conto del principio di diritto enunciato dell’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 14/2014[58], non sembrano residuare poteri autoritativi di revoca.

Viceversa, l’art. 108 d.lgs. n. 50/82016, a proposito del potere di risoluzione, lascia ancora spazio a perplessità. Infatti, oltre a problemi nominalistici e alle diverse ipotesi di risoluzione facoltativa di cui al comma 1 e obbligatoria di cui al comma 2, la norma prevede eterogenei casi di risoluzione che hanno portato ad interrogarsi sulla natura giuridica del potere attribuito all’amministrazione.

Al riguardo si registrano tre diversi orientamenti.

Secondo una tesi, si tratta di un potere privatistico di recesso attesa l’assenza nella norma (art. 108) di richiami all’art. 21-nonies l. n. 241 del 1990, come invece prevede per le concessioni l’art. 176[59]. Ciò anche in corrispondente lettura con l’art. 109, a proposito del potere di risoluzione, e in conformità con il principio di diritto affermato con la sentenza n. 14/2014 dell’Adunanza Plenaria.

Altro orientamento, invece, ritiene che la norma attribuisca comunque un potere di autotutela di tipo pubblicistico. Infatti, è stato osservato che gli artt. 108 e 176 del codice dei contratti pubblici hanno introdotto istituti di derivazione comunitaria, che sembrano muoversi sui binari dell’autotutela generale con limitate deroghe[60].

In particolare, le norme in esame prevedono la facoltà della stazione appaltante di “risolvere” il contratto di appalto o di concessione, durante la sua esecuzione, per gravi vizi genetici qualificabili come violazione delle regole europee in tema di affidamento.

Nonostante l’uso dell’espressione “risoluzione” si ritiene che trattasi di una vera e propria autotutela provvedimentale, che non incide solo sul contratto in corso di esecuzione, ma anche sull’aggiudicazione, essendo questa ancorata non a regole o fatti sopravvenuti in corso di esecuzione, ma a gravi vizi genetici risalenti al momento dell’affidamento.

Si fanno conseguire a tale ricostruzione implicazioni non solo ai fini dell’integrazione della disciplina sostanziale mediante l’art. 21-nonies l. n. 241/1990, ma anche sul piano processuale ai fini del riparto di giurisdizione delle controversie sull’atto di risoluzione. Infatti, la sua natura provvedimentale pubblicistica involge la competenza del giudice amministrativo e non di quello ordinario, nonostante intervenga in corso di esecuzione del contratto.

Un terzo orientamento, infine, ritiene che l’art. 108 disciplini sia poteri di annullamento pubblicistico, sia poteri di recesso privatistici.

In conclusione, anche dopo il codice dei contratti pubblici del 2016, la disciplina introdotta dagli artt. 108, 109 e 176 non consente di poter affermare o escludere, dopo la stipula del contratto, che la P.A. sia ancora titolare di un potere pubblicistico di autotutela.

Comunque, le diverse soluzioni comportano implicazioni rilevanti ai fini del riparto della giurisdizione.

Peraltro, pur condividendo la tesi favorevole alla permanenza (totale o parziale) del potere pubblicistico di autotutela, si pone l’ulteriore dubbio sulla cognizione esercitata dal giudice amministrativo, se di mera legittimità od esclusiva. E, in quest’ultimo caso, se si limiti alla legittimità dell’atto di ritiro ovvero si estenda agli effetti di tale atto sul contratto, in conformità all’articolo 133, comma 1, lett. e), n. 1, che si riferisce all’inefficacia del contratto, senza distinguere tra annullamento giurisdizionale e annullamento d’ufficio.

In giurisprudenza è stato precisato che deve riconoscersi all’amministrazione il potere di annullamento in autotutela dell’aggiudicazione, nel preminente interesse pubblico al ripristino della legalità dell’azione amministrativa anzitutto da parte della stessa amministrazione procedente, anche dopo l’aggiudicazione della gara e la stipulazione del contratto con conseguente inefficacia di quest’ultimo. Tale potere trova ora un solido fondamento normativo, dopo le recenti riforme della l. n. 124 del 2015, anche nella previsione dell’art. 21-nonies, comma 1, della l. n. 241 del 1990, laddove si riferisce ai provvedimenti attributivi di vantaggi economici, che non possono non ritenersi comprensivi anche dell’affidamento di una pubblica commessa (Cons. St., Sez. III, 22 marzo 2017, n. 1310)[61].

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha precisato che l’autotutela, anche se riferita ad atti prodromici alla conclusione del contratto, postula la giurisdizione del giudice amministrativo soltanto nell’ipotesi in cui l’esercizio del potere autoritativo di annullamento abbia la funzione di sindacare la legittimità degli atti appartenenti alla sequela procedimentale di carattere discrezionale che ha preceduto la successiva contrattazione con il privato, mentre sussiste la giurisdizione del giudice ordinario nella contraria ipotesi in cui la P.A. persegua l’obiettivo di sottrarsi ex post ad un vincolo contrattuale[62].

 

 


* Il presente contributo, a firma di Licia Grassucci  è tratto da F. Caringella – M. Giustiniani – P. Mantini (a cura di), Manuale dei Contratti Pubblici, III Edizione, DIKE Giuridica Editrice, attualmente in corso di pubblicazione.

 

[1] Gli articoli 115 e 133 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 sono stati abrogati dall’art. 217, comma 1, lett. e), del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. La norma va ora coordinata con l’art. 106, comma 1, lett. a), del menzionato d.lgs. n. 50/2016 che disciplina le clausole di revisione dei prezzi.

In materia di riparto di giurisdizione tra giudice amministrativo e giudice ordinario, P. Malanetto, La disciplina speciale dei contratti pubblici: procedure di affidamento, contratto ed esecuzione del rapporto tra diritto civile e diritto amministrativo. Problematiche attuali., in www.giustizia-amministrativa.it, 18 aprile 2018; M. D’Amelio, S. Romano, I contatti giurisdizionali della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato, in Riv. Dir. Pubb. e P.A. It. – Giust. Amm., 1929, I, pp. 181 ss.; F. Benvenuti, Giustizia amministrativa, in Enc. Dir., XIX, 1970; pp. 589 ss.; M. S. Giannini, A. Piras, Giurisdizione amministrativa e giurisdizione ordinaria nei confronti della pubblica amministrazione, in Enc. Dir., XIX, 1970, pp. 229 ss.; M. Nigro, Giustizia amministrativa, Bologna, 1983, pp. 171 ss.; A. Pajno, Il riparto della giurisdizione, in Trattato di diritto amministrativo, S. Cassese (a cura di), Milano, 2003, vol. V, pp. 4193 ss.; G. Mari, La giurisdizione amministrativa, in Il nuovo processo amministrativo, M.A. Sandulli (a cura di), Milano, 2013, pp. 61 ss.; A. Police, Le forme della giurisdizione, in Giustizia amministrativa, F.G. Scoca (a cura di), Torino, 2014, pp. 101 ss. Specificamente, in materia di contratti, v. F. Caringella, Il sistema del diritto amministrativo, Roma, 2018, pp. 167 ss.; R. De Nictolis, Il riparto di giurisdizione in materia di pubblici appalti, in www.giustizia-amministrativa.it, 2017; R. De Nictolis, I nuovi appalti pubblici, 2017, pp. 2330 ss.; F. Saitta, Contratti pubblici e riparto di giurisdizione: problemi aperti, in Riv. Trim. App., 2, 2016, pp. 323 ss.; F. Saitta, Contratti pubblici e riparto di giurisdizione: prime riflessioni sul decreto di recepimento della direttiva n. 2007/66/CE, in www.giustizia-amministrativa.it, 2010; M. Lipari, Il recepimento della direttiva ricorsi: il nuovo processo super-accelerato in materia di appalti e l’inefficacia ‘flessibile’ del contratto, in www.federalismi.it, 2010; G. Coraggio, Annullamento dell’aggiudicazione e sorte del contratto; Relazione al convegno di presentazione del Trattato sui contratti pubblici a cura di M. A. Sandulli, R. De Nictolis, R. Garofoli, Università degli studi Roma Tre, in www.giustizia-amministrativa.it, 2008;

[2] Tar Lombardia, Brescia, Sez. II, 3 ottobre 2016, n. 1281, secondo cui “a seguito dell’entrata in vigore del codice dei contratti pubblici, non è più consentita la precedente distinzione tra concessione di sola costruzione e concessione di gestione dell’opera ovvero di costruzione e di gestione congiunte, laddove il profilo concessorio e autoritativo, prevalente nelle ultime due tipologie, comportava evidenti implicazioni in tema di riparto di giurisdizione. Attualmente sussiste, invece, l’unica categoria della concessione di lavori pubblici che rientra, unitamente agli appalti, nel novero delle procedure di affidamento e si differenzia dall’appalto, in quanto il corrispettivo dei lavori consiste nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo. La concessione di lavori pubblici è, oggi, interamente disciplinata dalle norme del Codice dei contratti pubblici (art. 142, comma 3) ed è accomunata all’appalto anche per il regime processuale, nonché per il sistema di riparto della giurisdizione. Deve, pertanto, ritenersi superato l’orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione (espresso con la sentenza n. 19808 del 2008), secondo il quale, «compete al giudice amministrativo, nell’esercizio della giurisdizione esclusiva devolutagli dalla l. n. 1034 del 1971, art. 5, la cognizione delle controversie promosse prima dell’entrata in vigore della l. 21 luglio 2000 n. 205, aventi per oggetto concessioni di costruzione-gestione di opere pubbliche». Ad avviso di tale giurisprudenza, ormai superata, l’equiparazione agli appalti prevista «ai fini della tutela giurisdizionale» dalla l. 11 febbraio 1994, n. 109, art. 31 bis, era limitata alle concessioni di sola costruzione di opere pubbliche, restando invece esclusi i casi in cui il provvedimento concessorio avesse un oggetto più esteso e si riferisse anche alla progettazione e alla gestione dell’impianto da costruire, così generando un rapporto non assimilabile all’appalto”.

[3] Infatti, benché sul documento unico di regolarità contributiva, in quanto dichiarazione di scienza che fa piena fede fino a querela di falso, la cognizione sia riservata al giudice ordinario, l’Adunanza Plenaria ha compreso nella giurisdizione esclusiva del G.A. la controversia sulla sua regolarità in quanto la stessa involge un atto interno finalizzato alla verifica dei requisiti auto-dichiarati dal concorrente nel corso della gara. Tuttavia detta irregolarità può essere valutata incidenter tantum ai fini dell’accertamento dei requisiti di partecipazione e della legittimità del provvedimento di esclusione e, pertanto, in via incidentale, ossia mediante accertamento privo di efficacia di giudicato nel rapporto previdenziale (Cons. St., Ad. Plen., 29 febbraio 2016, n. 5; Id., 25 maggio 2016, n. 10; Cons. St., Sez. V, 16 febbraio 2015, n. 781; Cons. St., Sez. V, 13 febbraio 2009, n. 817; Cass., Sez. un., 9 febbraio 2011, n. 3169; Cass., Sez. un., 11 dicembre 2007, n. 25818).

[4] Tale norma (art. 33, comma 1, d. lgs. n. 80/1998, come sostituito dall’art. 7, lettera a), della legge 21 luglio 2000, n. 205) è stata, infine, dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale nella parte in cui prevedeva che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli» anziché «le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore" (Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204).

[5] Infatti, la posizione dell’amministrazione nella fase del procedimento di affidamento di lavori pubblici aperta con la stipulazione del contratto è definita dall’insieme delle norme comuni, civilistiche, e di quelle speciali, individuate dal codice dei contratti pubblici, operando l’amministrazione, in forza di quest’ultime, in via non integralmente paritetica rispetto al contraente privato, fermo restando che le sue posizioni di specialità, essendo l’amministrazione comunque parte di un rapporto che rimane privatistico, sono limitate alle singole norme che le prevedono (Cons. St., Ad. Plen., 20 giugno 2014, n. 14; Id., Sez. V, 13 settembre 2016, n. 3865; Id., Sez. V, 4 agosto 2017, n. 3909).

[6] Cass., Sez. un., ord. 3 maggio 2017, n. 10705; Id., 14 maggio 2015, n. 9861; Id., 18 luglio 2008, n. 19805.

[7] D’altronde, come è stato notato (F. Caringella, Il sistema del diritto amministrativo, op. cit., p. 170), la natura non dettagliata dei principi non incide sulla loro natura di regole immediatamente precettive di natura pubblicistica.

[8] F. Caringella, Il sistema del diritto amministrativo, op. cit., p. 171.

[9] Tuttavia, relativamente a controversie che scaturiscono nella fase dell’esecuzione del contratto finanche involgenti la mancanza del procedimento ad evidenza pubblica, v. par. 6.

 

[11] Sugli opposti orientamenti in dottrina e giurisprudenza, v. R. De Nictolis, Il riparto di giurisdizione in materia di pubblici appalti, op. cit., par. 8.

[12]  V. capitolo 69.

[13] Sulla base di tale orientamento, si è ritenuto che, una volta esaurita la fase valutativa finalizzata alla scelta del miglior contraente, ogni controversia successiva alla stessa e rientrante nella fase esecutiva del rapporto negoziale instauratosi, appartiene alla sfera di cognizione del giudice ordinario, fatta eccezione per quelle espressamente e tassativamente attribuite dalla legge al giudice amministrativo (v. art. 133, lett. e), n. 2, c.p.a.). Pertanto, pure in assenza di formale stipulazione del contratto (nel caso di specie, la vicenda contenziosa riguardava l’intervenuta esecuzione dell’appalto di servizi, senza stipulazione del contratto e senza alcuna contestazione in ordine al provvedimento di aggiudicazione definitiva), va assegnata prevalenza al dato sostanziale dell’intervenuto accordo tra le parti, quantomeno avuto riguardo all’accettazione, da parte dell’impresa, dell’offerta di consegna anticipata del servizio, peraltro espletato e, in parte, remunerato (Tar, Sicilia, Palermo, Sez. I, 13 giugno 2012, n. 1219).

[14] Cons. St., Sez. III, 4 dicembre 2015, n. 5519; Tar Puglia, Bari, Sez. I, 9 giugno 2016, n. 727; Tar Piemonte, Sez. II, 21 dicembre 2016, n. 1590.

[15] In senso contrario, Cass, Sez. un., 27 luglio 2016, n. 15285, secondo cui la mera circostanza che il committente privato benefici di un contributo economico pubblico per il finanziamento dei lavori non vale a modificare la natura del soggetto o dei lavori che egli affida.

Il difetto dell’elemento pubblicistico impedisce, perciò, di attribuire alla giurisdizione dell’a.g.a. le procedure competitive previste per i lavori di importo superiore al milione di euro affidati da soggetti privati ai sensi del d.lgs. n. 163 del 2006, art. 32, comma 1, lett. d). Tali procedure sono dunque soggette (per taluni versi) alla disciplina degli appalti pubblici, ma non per quanto riguarda la giurisdizione. Invero, affermano le Sezioni unite, gli appalti dei soggetti privati ai sensi del menzionato art. 32, lett. d), codice appalti del 2006, pur soggiacendo al codice appalti quanto al rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, non rientrano nella giurisdizione del g.a. in quanto la previsione di cui all’art. 133 c.p.a. si riferisce alle procedure di affidamento di appalti di “pubblici” lavori, servizi, forniture. Si osserva, però in dottrina (De Nictolis), l’art. 7, comma 2, c.p.a. per pubbliche amministrazioni intende anche i soggetti ad esse equiparati o comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento amministrativo. Non è dubbio che i privati che eseguono opere pubbliche con finanziamento pubblico sono soggetti al codice dei contratti pubblici, ossia al rispetto del procedimento amministrativo, e che pertanto rientrano nella sfera di giurisdizione dell’art. 133, lett. e). Secondo il menzionato orientamento della Cassazione, invece, un identico procedimento amministrativo di gara sarà sindacato dal g.a. o dal g.o. a seconda della natura giuridica della stazione appaltante.

[16] Si veda Tar Lazio, Roma, Sez. I-ter, 13 aprile 2018, n. 4100, secondo cui la Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) è un organismo di diritto pubblico ed è quindi tenuta all’applicazione del Codice dei contratti pubblici, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo.

[17] R. De Nictolis, Il riparto di giurisdizione in materia di pubblici appalti, op. cit., par. 2.

[18] Paragrafi 1 e 2 del presente capitolo.

[19] V. Cons. St., Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6.

A proposito della rilevanza del comportamento della P.A. nella fase che precede la procedura di scelta del contraente ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale, v. l’ordinanza di rimessione della Sezione Terza del Consiglio di Stato, 26 ottobre 2017, n. 5492, la quale ha posto i seguenti quesiti: 1. Se la responsabilità precontrattuale sia o meno configurabile anteriormente alla scelta del contraente, vale a dire della sua individuazione, allorché gli aspiranti alla posizione di contraenti sono solo partecipanti ad una gara e possono vantare un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione; 2. Se, nel caso di risposta affermativa, la responsabilità precontrattuale debba riguardare esclusivamente il comportamento dell’amministrazione anteriore al bando, che ha fatto sì che quest’ultimo venisse comunque pubblicato nonostante fosse conosciuto, o dovesse essere conosciuto, che non ve ne erano i presupposti indefettibili, ovvero debba estendersi a qualsiasi comportamento successivo all’emanazione del bando e attinente alla procedura di evidenza pubblica, che ne ponga nel nulla gli effetti o ne ritardi l’eliminazione o la conclusione. Tali quesiti sono stati risolti con Ad. Plen, 4 maggio 2018, n. 5, che ha affermato i seguenti princìpi di diritto: “1. Anche nello svolgimento dell’attività autoritativa, l’amministrazione è tenuta a rispettare oltre alle norme di diritto pubblico (la cui violazione implica, di regola, l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo), anche le norme generali dell’ordinamento civile che impongono di agire con lealtà e correttezza, la violazione delle quali può far nascere una responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi liberamente nei rapporti negoziali, cioè sulla libertà di compiere le proprie scelte negoziali senza subire ingerenze illecite frutto dell’altrui scorrettezza. 2. Nell’ambito del procedimento di evidenza pubblica, i doveri di correttezza e buona fede sussistono, anche prima e a prescindere dell’aggiudicazione, nell’ambito in tutte le fasi della procedura ad evidenza pubblica, con conseguente possibilità di configurare una responsabilità precontrattuale da comportamento scorretto nonostante la legittimità dei singoli provvedimenti che scandiscono il procedimento. 3. La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione può derivare non solo da comportamenti anteriori al bando, ma anche da qualsiasi comportamento successivo che risulti contrario, all’esito di una verifica da condurre necessariamente in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede. 4. Affinché nasca la responsabilità dell’amministrazione non è sufficiente che il privato dimostri la propria buona fede soggettiva (ovvero che egli abbia maturato un affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività economicamente onerose), ma occorrono gli ulteriori seguenti presupposti: a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà; b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo; c) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità fra tali danni e la condotta scorretta che si imputa all’amministrazione”.

Per una riflessione su come si stia evolvendo l’istituto della responsabilità precontrattuale con riferimento alla P.A., v. C. Borgia, Oltre il dogma dell’immunità della Pubblica Amministrazione anche in punto di responsabilità precontrattuale, in Italiaappalti.it, 2018, nonché P. Malanetto, op. cit. .

[20] A proposito del riparto tra G.A. e G.O., v. Cass, Sez. un., 8 luglio 2015, n. 14188, secondo cui nelle procedure ad evidenza pubblica aventi ad oggetto la conclusione di contratti da parte della P.A., spetta al giudice amministrativo la cognizione dei comportamenti e degli atti assunti prima dell’aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto. E ancora, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario, quale giudice dei diritti, nella fase successiva afferente l’esecuzione del rapporto. E ancora, nell’ambito dell’attività negoziale della P.A. tutte le controversie che attengono alla fase preliminare – antecedente e prodromica alla stipulazione del contratto – inerente alla formazione della sua volontà ed alla scelta del contraente privato in base alle regole cd. dell’evidenza pubblica, appartengono al G.A., mentre quelle che radicano le loro ragioni nella fattispecie negoziale successiva che dalla stipulazione del contratto contempla le vicende del suo adempimento, e riguardano la disciplina dei rapporti che dal contratto scaturiscono, sono devolute al G.O. (v. anche, ex multis, Cons. St., Sez. VI, 21 maggio 2014, n. 2624).

Si segnala altresì Tar Puglia, Lecce, Sez. III, 4 maggio 2018, n. 750, secondo cui rientra nella giurisdizione del Giudice ordinario una controversia avente ad oggetto le contestazioni insorte tra le parti in ordine ad una istanza avanzata nei confronti del Comune dalla ditta appaltatrice del servizio di igiene urbana, tendente ad ottener il riconoscimento economico dei costi aggiuntivi rispetto a quelli previsti dal contratto, sostenuti per il trasporto a destinazione dei rifiuti, presso impianti di smaltimento diversi da quello contemplato nell’accordo negoziale. In tal caso, infatti, la controversia afferisce a rapporti obbligatori derivanti da pattuizioni di tipo negoziale, intervenute per regolamentare sul piano meramente privatistico la gestione dei rifiuti, esulanti dall’esercizio di poteri autoritativi.

[21] Cons. St., Sez. V, 31 dicembre 2014, n. 6455.

[22] Cass., Sez. I, 12 luglio 2016, n. 14188.

[23] Cass. Sez. un., ord. 4 luglio 2017, n. 16419.

[24] Cons. St., Sez. III, 31 agosto 2016, n. 3755. E, ancora, Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 20 marzo 2014, n. 736, secondo cui, come “le cause concernenti la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione nei confronti dell’operatore economico” rientrano nella giurisdizione del G.A., “deve coerentemente ritenersi inclusa nella previsione normativa anche l’ipotesi inversa, in cui si faccia questione della violazione ad opera della parte privata dei canoni di buona fede nelle trattative”, constatando che “diversamente opinando, sarebbe violato il principio di concentrazione delle tutele (sancito dall’art. 44 della legge n. 69 del 2009), in quanto la proposizione di domande attinenti alla responsabilità precontrattuale aventi carattere reciproco o riconvenzionale comporterebbe il ricorso a giurisdizioni diverse, con conseguenze irragionevoli e potenzialmente lesive del diritto costituzionalmente garantito alla difesa in giudizio (art. 24 Cost.)”.

[25] Si veda Cass., Sez. Un., ord. 9 aprile 2018, n. 8721, secondo cui tale principio si applica anche nel caso di esecuzione anticipata del contratto.

[26] Cass., Sez. un., 16 gennaio 2018,  n. 895.

[27] Cass., Sez. un., ord. 5 aprile 2012, n. 5446.

[28] Cass., Sez. un., 31 gennaio 2017, n. 2482; Id., ord. n. 10705/2017.

[29] Cass., Sez. un., 3 maggio 2013, n. 10301; Id., 22 dicembre 2011, n. 28342.

[30] Cass., Sez. un., ord. 10 aprile 2017, n. 9149; Id., 31 maggio 2016, n. 11366; Id., ord. n. 5446/2012.

In materia d’inadempimento degli obblighi di collaborazione nascenti dal contratto d’appalto, v. Cass., Sez. un., ord. n. 10301/2013.

[31] Cass., Sez. un., 14 maggio 2015, n. 9861.

[32] Sul coordinamento dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 2 c.p.a. al vigente d.lgs. n. 50/2016, v. nota 1.

[33] R. Garofoli, G. Ferrari, Manuale di diritto amministrativo, Molfetta, XI, 2017/2018, pp. 1413 ss.; M. Santise, in Codice del processo amministrativo, R. Chieppa (a cura di), Milano, 2017, 780. In giurisprudenza, v. Tar Campania, Napoli, Sez. I, 28 marzo 2017, n. 1696; Id., Sez. VIII, 19 settembre 2016, n. 4346. 

[34] Cass., Sez. un., 26 settembre 2011, n. 19567.

[35] R. De Nictolis, I nuovi appalti pubblici, Torino, 2017, p. 2343.

[36] Cass., Sez. I, ord. 1° febbraio 2018, n. 2508; Cass., Sez. VI, 20 luglio 2017, n. 17979; Id., Sez. un., 26 marzo 2014, n. 7176; Id., 12 luglio 2010, n. 16285. Si veda anche Cons St., Sez. V, 8 maggio 2018, n. 2756, secondo cui – in merito alla revisione del prezzo degli appalti pubblici, la posizione dell’appaltatore è di norma tutelabile dinanzi al giudice amministrativo in quanto è ricostruibile in termini di interesse legittimo, mentre acquisterebbe natura e consistenza di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi al giudice ordinario, solo quando la convenzione sia resa obbligatoria in forza di clausola contrattuale stipulata anteriormente all’entrata in vigore della legge n. 37 del 1973, ovvero quando l’amministrazione abbia già adottato un espresso provvedimento attributivo o tenuto un comportamento comportante implicito riconoscimento del diritto alla revisione. In relazione a tale ultima ipotesi, il provvedimento o il comportamento concludente devono provenire dall’organo deliberativo competente ad esprimere la volontà dell’ente pubblico e non possono consistere in atti interni della P.A., meramente preparatori e propedeutici ad un eventuale riconoscimento della revisione.

[37] Sui caratteri essenziali del subcontratto che esaurisce la sua efficacia tra le sole parti contraenti, per assumere quelli di un negozio giuridico che produce effetti diretti e indiretti anche nei confronti di una parte estranea, ma comunque titolare di un interesse pubblico come la stazione appaltante, alla trasparente e regolare esecuzione del contratto principale, v. C. Deodato, Il subappalto: un problema o un’opportunità?, in www. giustizia-amministrativa.it, 2017.

[38] Cons. St., Sez. V, 20 maggio 2003, n. 2755.

[39] Nel senso che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie relative alla legittimità del diniego di autorizzazione al subappalto, opposto dalla stazione appaltante alla ditta aggiudicataria atteso che la questione giuridica in discussione attiene alla fase esecutiva del rapporto contrattuale, v. Tar, Lazio, Roma, Sez. III, 6 aprile 2016, n. 4181; Id., 4 gennaio 2010, n. 34.

[40] Cons. St., Sez. IV, 24 marzo 2010, n. 1713, in base alla quale una controversia concernente l’impugnativa di un diniego opposto all’istanza di subappalto, avente a oggetto pertanto una vicenda inerente all’esecuzione del contratto di appalto e non al suo affidamento, è inconferente il richiamo alla giurisdizione esclusiva prevista dall’art. 244 d.lgs. n. 163 del 2006. Peraltro, la valutazione svolta dalla stazione appaltante in ordine alla sussistenza dei presupposti ex art. 118 d.lgs. n. 163 è chiaramente espressione di poteri pubblicistici di natura autoritativa, a fronte dei quali la posizione del privato contraente ha consistenza di interesse legittimo, con la conseguenza che va dichiarata la giurisdizione del G.A. in base alla generale giurisdizione di legittimità.

[41] Così F. Caringella, Il sistema del diritto amministrativo, op. cit., pp. 177, il quale ritiene che appare preferibile la tesi secondo cui la stazione appaltante, nell’autorizzare o meno il subappalto, non si limita a esercitare un potere privatistico, ma, al contrario, esercita un potere pubblicistico che non di rado richiede valutazioni discrezionali. Infatti, il subappaltatore deve essere in possesso dei requisiti generali di cui all’art. 80, d.lgs. n. 50/2016 e dei requisiti speciali di qualificazione in relazione alla prestazione subappaltata (artt. 80 e 105, d.lgs. n. 50/2016). Non si comprende perché un’attività della medesima natura dovrebbe essere affidata a due diverse giurisdizioni. La corretta soluzione esegetica, volta ad attribuire la giurisdizione al giudice amministrativo, discende dalla corretta applicazione dell’art. 133, c. 1, lett. e), c.p.a. che attribuisce la giurisdizione sulle “procedure di affidamento”. E tali sono anche i subaffidamenti, in quanto anche ad essi concorre la stazione appaltante, mediante la valutazione del possesso dei requisiti in capo al subappaltatore. Cfr. Cons. St., Sez. V, 21.11.2007 n. 5906, in UA 2008, 474, nt. Valletti, ha affermato la giurisdizione del giudice amministrativo laddove, in tema di subappalto, non si disputi dell’applicazione del regolamento negoziale, ma di disposizioni pubblicistiche di ordine pubblico che presidiano finalità diverse dall’esecuzione dell’opera.

[42] Tar Sicilia, Palermo, Sez. I, 13 aprile 2010, n. 4961: in materia di revoca o diniego di autorizzazione al subappalto, la cognizione della lite appartiene alla giurisdizione del G.A.; infatti, non discutendosi dell’applicazione del regolamento negoziale, ma di disposizioni pubblicistiche che presidiano finalità diverse dall’esecuzione dell’opera, la posizione dell’appaltatore non ha natura paritetica. E, ancora, Tar Calabria, Reggio Calabria, Sez. I, 4 maggio 2011, n. 372, il quale ha statuito che rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la controversia inerente il recesso dal contratto di sub appalto posto in essere da una impresa a seguito dell’informativa prefettizia. A tale recesso non può, invero, attribuirsi natura privatistica e negoziale, in quanto esso è conseguenza diretta di un potere autoritativo di valutazione dei requisiti soggettivi del contraente, che attiene alla scelta del contraente. Il recesso di cui si tratta, in altri termini, non trova fondamento in inadempienze verificatesi nella fase di esecuzione del contratto, ma è consequenziale all’informativa del Prefetto e alla revoca dell’autorizzazione al subappalto, sicché deve ritenersi espressione di un potere di valutazione di natura pubblicistica diretto a soddisfare l’esigenza di evitare la costituzione o il mantenimento di rapporti contrattuali con soggetti e imprese nei confronti dei quali emergono sospetti di collegamenti con la criminalità organizzata. In senso contrario in materia di interdittiva antimafia, v. Tar Toscana, Sez. II, 16 dicembre 2013, n. 1722.

[43] Cass., Sez. un., ord. 10 febbraio 2010, n. 2906.

[44] Cass., Sez. un., ord. n. 9149/2017; Id., 31 maggio 2016, n. 11366; Id., ord. n. 5446/2012; Id., 28 dicembre 2007, n. 27169; Tar Emilia Romagna, Parma, Sez. I, 27 maggio 2015, n. 151.

[45] Cass., Sez. un., ord. 8 agosto 2012, n. 14260.

[46] Nel caso di specie il giudice amministrativo, annullata l’aggiudicazione per avere l’amministrazione integrato i criteri di valutazione delle offerte dopo averle prese in considerazione, aveva disposto, tra l’altro, la perdita di efficacia del contratto, ai sensi dell’art. 122 c.p.a. su richiesta di parte ricorrente. L’impresa soccombente, avverso tale statuizione, proponeva ricorso alla Corte di Cassazione al fine di ottenere il suo annullamento denunciando l’eccesso di potere giurisdizionale per avere il G.A. privato di effetti il contratto in un’ipotesi in cui siffatta decisione, stando al disposto letterale di cui all’art. 122 c.p.a., sarebbe stata invece riservata alla stazione appaltante, comportando il vizio accertato non il subentro di altro concorrente, bensì la rinnovazione della gara. Pur non contestando la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a., l’impresa ricorrente sosteneva che la dichiarazione di inefficacia del contratto, a seguito di annullamento dell’aggiudicazione, sarebbe stata soggetta ai limiti previsti dall’art. 122 dello stesso codice, i quali, al di fuori dei casi di violazioni gravi, di cui all’art. 121 c.p.a., abiliterebbero il giudice amministrativo, quando annulla l’aggiudicazione, a dichiarare l’inefficacia del contratto soltanto nei casi in cui il vizio rilevato non comporti la rinnovazione della gara. Poiché, invece, nel caso specifico il vizio accertato implicava proprio siffatta rinnovazione, il Consiglio di Stato sarebbe incorso in una illegittima invasione della sfera di merito della pubblica amministrazione, alla cui valutazione sarebbe stato rimesso di mantenere il contratto, nel pubblico interesse alla prosecuzione del servizio, ovvero di procedere alla sua risoluzione.

 

 

 

[47] M. Lipari, L’annullamento dell’aggiudicazione e gli effetti sul contratto: poteri del giudice, in Foro Amm.TAR, 9, 2010, p. 5.

[48] F. Caringella, Il sistema del diritto amministrativo, op. cit., p. 181; V. Cerulli Irelli, Osservazioni sulla bozza di decreto legislativo attuativo della delega di cui all’art. 44 l. n. 88/09 (presentate alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, l’11.2.2010), in www.giustamm.it, 2010, 5.3.

[49] In senso dubitativo, N. Saitta, Sistema di giustizia amministrativa, Napoli, 2018, pp. 632-633.

[50] Peraltro, ancora diverso è il caso in cui venga posta in essere una società in house per il cui contratto costitutivo non è prevista una procedura di evidenza pubblica.

[51] Cass., Sez. un., 30 dicembre 2011, n. 30167.

[52] V. anche Cass., Sez. un., ord. 29 gennaio 2018, n. 2144; Cass., Sez. un., ord. 20 settembre 2013, n. 21588; Cons. St., Sez. V, 24 aprile 2017, n. 1894.

[53] Per interessanti spunti in materia di autotutela dopo la cd. riforma Madia, C. Contessa, L’autotutela amministrativa all’indomani della ‘legge Madia’, in www.giustizia-amministrativa.it, 2018; L. Carbone, La riforma dell’autotutela come nuovo paradigma dei rapporti tra cittadino e amministrazione pubblica, in www.giustizia-amministrativa.it, 2017.

[54] In tal senso, si veda Tar Piemonte, Sez. II, 9 aprile 2018, n. 437.

[55] Nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza 20 giugno 2014, n. 14, ha affermato che l’istituto dell’autotutela in via generale trova fondamento negli articoli 21-quinquies (revoca) e 21-nonies (annullamento) della legge n. 241/1990, il cui esercizio è finalizzato al perseguimento dell’interesse pubblico. Una volta intervenuta la stipula del contratto, l’amministrazione può revocare o annullare gli atti, con conseguente caducazione automatica del contratto stesso, ogni qualvolta non operi un istituto privatistico idoneo a sostituire quello pubblicistico di ritiro. Tale intervento pubblicistico, nella vigenza del d.lgs. n. 163/2006, era previsto in caso di appalti di servizi e forniture, ma non per gli appalti di lavori e concessioni per i quali l’art. 134 del menzionato d.lgs. n. 163 prevedeva il diritto potestativo di recesso. In sostanza, nella fase del rapporto negoziale di esecuzione del contratto, in presenza di specifiche norme attributive del diritto di recesso (come previste all’epoca solo per gli appalti di lavori e concessioni), non si può incidere anche con i poteri pubblicistici di annullamento d’ufficio o di revoca poiché, altrimenti, le norme sul recesso non avrebbero avuto motivo di essere introdotte. D’altronde, l’eventuale esercizio del potere autoritativo di recesso nella fase esecutiva consentirebbe all’amministrazione di conservare una posizione di privilegio non più giustificata in un momento in cui, invece, le parti si pongono su un piano paritetico e il legislatore attribuisce strumenti privatistici di recesso.  

A tale pronuncia la giurisprudenza del Consiglio di Stato si è successivamente adeguata riconoscendo in capo all’amministrazione, dopo la stipula del contratto di appalto, qualora rinvengano sopravvenute ragioni di inopportunità della prosecuzione del rapporto negoziale, di potere esercitare il recesso di cui all’art. 134 d.lgs. n. 163/2006 e non lo strumento pubblicistico della revoca dell’aggiudicazione della gara (Cons. St., Sez. V, 22 marzo 2016, n. 1174).

[56] Direttiva UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, n. 24, sugli appalti pubblici, art. 73 (Risoluzione dei contratti): Gli Stati membri assicurano che le amministrazioni aggiudicatrici abbiano la possibilità, almeno nelle seguenti circostanze e alle condizioni stabilite dal diritto nazionale applicabile, di risolvere un contratto pubblico durante il periodo di validità dello stesso, qualora:

a) il contratto ha subito una modifica sostanziale che avrebbe richiesto una nuova procedura di appalto ai sensi dell’articolo 72;

b) l’aggiudicatario si è trovato, al momento dell’aggiudicazione dell’appalto, in una delle situazioni di cui all’articolo 57, paragrafo 1, e avrebbe dovuto pertanto essere escluso dalla procedura d’appalto;

c) l’appalto non avrebbe dovuto essere aggiudicato all’aggiudicatario in considerazione di una grave violazione degli obblighi derivanti dai trattati e dalla presente direttiva come riconosciuto dalla Corte di giustizia dell’Unione europea in un procedimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE.

[57] A. Arcasensa, L’esercizio del potere di autotutela dopo la stipula del contratto, in Italiappalti.it, 2017.

[58] V. nota n. 52 del presente capitolo.

[59] G.P. Cirillo, Diritto civile pubblico, Roma, 2018, p. 354. Secondo l’autore, benché il recesso e la risoluzione del contratto siano previsti solo a favore della P.A. e non anche del privato, si tratta di atti di natura privatistica, che incidono su un rapporto negoziale ormai in atto, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario sulle relative controversie.

[60] R. De Nictolis, L’autotutela provvedimentale di annullamento degli atti illegittimi tra principi costituzionali, regole e eccezioni, in www.giustizia-amministrativa.it, 2017, pp. 25-26.

[61] V. anche Cons. St., Sez. V, 26 giugno 2015, n. 3237, secondo cui il principio fissato dall’Adunanza Plenaria n. 14 del 2014 vuole che, una volta stipulato il contratto, ove vengano in essere ragioni di opportunità, ovvero la rinnovata valutazione dell’interesse pubblico per sopravvenienze, l’amministrazione non può esercitare il potere di revoca, bensì quello di recesso, avente l’analogo effetto della cessazione ex nunc del rapporto negoziale. Ne consegue che la previsione della revoca di cui all’articolo 21-quinquies della legge n. 241 del 1990 - poiché dall’ambito di applicazione della norma risulta esclusa la possibilità di revoca incidente sul rapporto negoziale fondato sul contratto d’appalto di lavori pubblici in forza della speciale previsione dell’articolo 134 del codice (così come per la medesima logica, ne è esclusa la revoca di cui all’articolo 158 del codice) - resta consentita in relazione ad atti amministrativi incidenti sui rapporti negoziali originati dagli ulteriori e diversi contratti stipulati dall’amministrazione ovvero in relazione ad atti non incidenti su rapporti negoziali.

[62] Cass., Sez. un., ord. 9 ottobre 2017, n. 23600, in Giur. It., 2018, 2, pp. 433 ss., con nota di G.D. Comporti, Giurisdizione ordinaria e amministrativa - logiche di riparto per una rinnovata visione dei contratti pubblici. Nella fattispecie la giurisdizione del giudice ordinario è stata affermata con riguardo all’impugnativa della delibera comunale di annullamento, in sede di autotutela, di due pregresse delibere con cui era stato dato corso alla stipulazione di contratti cd. "derivati", sul rilievo che questi ultimi erano stati conclusi all’esito di una trattativa privata e che, pertanto, la delibera di annullamento non appariva diretta a sindacare la legittimità di atti del procedimento amministrativo prodromico alla conclusione dei contratti, ma piuttosto a realizzare una sorta di recesso unilaterale dagli stessi.