Sommario: 1. Inquadramento generale. – 2. L’annullamento in autotutela dopo la “Legge Madia”. – 3. Autotutela e SCIA prima e dopo la “Legge Madia”. – 3.1. L’art. 19 L. 241/90 prima della “Legge Madia”. – 3.2. Il rapporto tra autotutela e SCIA alla luce della Legge n. 124/2015: l’art. 19 c.3 L. 241/90. – 3.3. Il rapporto tra autotutela e SCIA alla luce della Legge n. 124/2015: l’art. 19 c.4 L. 241/90.

di Francesco Maria Ciaralli

 

1.     Inquadramento generale.

 

La nozione di autotutela è presente negli studi di diritto amministrativo sin dagli inizi del Novecento, ed è stata oggetto di progressivo approfondimento da parte della dottrina. Il legislatore non è tuttavia mai intervenuto per delimitarne i confini. Anche quando ha introdotto nel corpo della l. 241/90 gli artt. 21-ter, 21-quinquies, 21-sexies e 21-nonies, tutti potenzialmente riconducibili all’interno della nozione in senso ampio di autotutela, non ha mai fatto esplicitamente uso della categoria in esame.

Appare necessario, pertanto, chiarire preliminarmente cosa si intende per autotutela amministrativa.

In tal senso, si può affermare che secondo l’impostazione prevalentemente accolta nella giurisprudenza amministrativa la nozione di autotutela in senso ampio viene riferita a tre distinte tipologie di attività amministrativa: a) l'attività di esecuzione coattiva diretta delle pretese dell'amministrazione; b) il riesame con esito demolitorio o conservativo dei provvedimenti adottati dall’amministrazione; c) “quella parte di attività amministrativa con la quale la stessa pubblica amministrazione provvede a risolvere i conflitti, potenziali o attuali, insorgenti con altri soggetti, in relazione ai suoi provvedimenti od alle sue pretese” (Benvenuti).

Si tratta, è evidente, di una lettura ad ampio spettro che ha il comune denominatore di inquadrare l’attività posta in essere dalla p.a. come attività di carattere eminentemente autoritativo, perché in grado di incidere unilateralmente sulla sfera giuridica del destinatario.

 

 

2.     L’annullamento in autotutela dopo la “Legge Madia”.

 

L’art. 6, comma 1, della Legge n. 124/15 apporta rilevati modifiche all’art. 21 nonies L n. 241/90.

Scopo dichiarato della riforma, in continuità con quanto disposto dal c.d. decreto “Sblocca Italia” in merito all’istituto della revoca, è quello di tutelare l’affidamento degli operatori economici, al fine di stimolare nuovi investimenti mediante la garanzia di maggiore stabilità e certezza dei provvedimenti amministrativi e, a maggior ragione, dei c.d. titoli impliciti, abilitanti l’esercizio di attività economiche e attributivi di benefici.

Ai fini dell’esercizio dell’autotutela nelle forme dell’annullamento d’ufficio, oggi, è necessario che sussistano le seguenti condizioni:

a) vi siano ragioni di interesse pubblico;

b) il potere venga esercitato entro un termine ragionevole, comunque non superiore a 18 mesi, nel caso di provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, inclusi i casi del silenzio-assenso di cui all’art. 20 L. n. 241/90;

c) siano tenuti in considerazione gli interessi dei destinatari e dei controinteressati.

Il concetto di “termine ragionevole”, quale condizione per l’esercizio del potere di annullamento in autotutela, in riferimento ai provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, subisce così il passaggio da una dimensione temporale indeterminata ed elastica ad una dimensione espressa e rigida.

Ne consegue che, qualora l’annullamento d’ufficio intervenga oltre il termine massimo indicato, lo stesso provvedimento di ritiro potrà essere censurato dinanzi al G.A. per violazione di legge.

Tale intervento riformatore, dunque, appare ictu oculi una garanzia per la tutela dell’affidamento del privato; eppure, secondo autorevole dottrina, vi sarebbe un’importantissima lacuna del sistema che, evidentemente, non tiene in debito conto gli interessi sensibili (ambiente, paesaggio e salute) da tutelarsi sempre e comunque in via di autotutela senza limiti temporali.

L’ultimo baluardo, dunque, a tutela degli interessi sensibili sarebbe costituito dall’art. 39 TUED e dall’art. 138 TUEL, lasciati contraddittoriamente in vita dalla novella, forse proprio nell’intento di far conservare alla p.a. (Regione e Governo) il potere di annullare, a “tutela dell’unità dell’ordinamento” e per “gravi” motivi di interesse pubblico, gli atti illegittimamente assunti dagli enti locali; tale potere “se correttamente applicato, avrà peraltro il vantaggio di contemperare la tutela dell’affidamento con l’esigenza di evitare la “grave” compromissione degli interessi sensibili”.

La rigidità del nuovo art. 21 nonies L. n. 241/90, unita all’abrogazione dell’art.1 c.136 L. Finanz. 2005, delinea uno scenario a dir poco pericoloso, perché integralmente sbilanciato sulla tutela dell’affidamento del destinatario dell’atto, che dovrebbe presumersi prevalente, rispetto all’interesse pubblico, allo scadere del termine prefissato. Così opinando, l’autotutela decisoria non sarebbe più un potere generale della pubblica amministrazione (non necessitante di espressa previsione normativa in quanto estrinsecazione della inesauribilità del potere amministrativo), bensì un potere specifico e tipico; in tal senso, l’art. 21-nonies non andrebbe più inteso come norma dichiarativa di un principio generale dell’ordinamento, ma come costitutiva di un potere eccezionalmente attribuito all’amministrazione.

Il comma 2 bis del medesimo art. 21 nonies, recita: “I provvedimenti amministrativi conseguiti sulla base di false rappresentazioni dei fatti o di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell'atto di notorietà false o mendaci per effetto di condotte costituenti reato, accertate con sentenza passata in giudicato, possono essere annullati dall'amministrazione anche dopo la scadenza del termine di diciotto mesi di cui al comma 1, fatta salva l'applicazione delle sanzioni penali nonché delle sanzioni previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”.

In altri termini, non sussiste alcun limite temporale all’esercizio del potere di annullamento d’ufficio di provvedimenti adottati sulla base di comportamenti fraudolenti del privato.

La disposizione mira a contemperare le esigenze di certezza del diritto e affidamento degli operatori economici con la necessità di reprimere condotte costituenti reato, eliminandone così i vantaggi indebiti, nell’ottica di sviluppo e rafforzamento del sistema economico e di attrazione degli investimenti.

Secondo autorevole dottrina, la disposizione in commento reca in sé un dubbio interpretativo di non poco conto, dato l’esclusivo richiamo, in essa contenuto, alle “false rappresentazioni dei fatti” e alle “dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci”, facendo così sorgere l’interrogativo sulla valenza, ai fini dell’applicabilità della deroga di cui all’art. 21 nonies L. 241/90, anche di quelle falsità “complesse”, perché elementi costitutivi di fattispecie di mendacio a condotta articolata.

Ritenendo che il legislatore abbia inteso considerare qualsiasi condotta di falso, a prescindere dall’oggetto materiale su cui essa ricade e purché mediante la stessa si sia ottenuto il provvedimento autorizzativo o attributivo di benefici, vengono sicuramente in rilievo le fattispecie di “Falsità in atti” commesse sia dal privato sia dal pubblico ufficiale e tutti i casi in cui la “falsità” sia elemento costitutivo di una fattispecie più complessa, rimanendo in essa assorbita, così ampliandosi il novero dei reati che possono giustificare l’autotutela fuori termine.

In armonia con le novità contenute nell’art. 21 comma 2 bis, l’art. 21-quater L. n. 241/1990 oggi recita: “la sospensione non può comunque essere disposta o perdurare oltre i termini per l’esercizio del potere di annullamento di cui all’articolo 21-nonies”, anche il potere di sospensione, però, come l’annullamento d’ufficio, dovrebbe rimanere rigorosamente ancorato ai suoi presupposti “tradizionali” (ossia alla sussistenza di “gravi ragioni” e alla previsione di un termine coincidente con il “tempo strettamente necessario”, “esplicitamente indicato nell’atto” e prorogabile o differibile per una sola volta).

La fattispecie descritta dal comma 2 bis art. 21 nonies L. 241/90, che giustificherebbe, in caso di mendacio, l’esercizio dell’autotutela non tempore, ha indotto parte della dottrina a parlare di un potere vincolato e non più discrezionale, stante l’apparente automatismo tra il verificarsi del fatto-reato e l’annullamento stesso; il tutto suffragato dall’inciso dell’art. 21-nonies comma 1, ultimo periodo (aggiunto dalla L. n. 164/2014),e dalla previsione di cui all’art. 2, comma 1, L. n. 241/1990 (come modificato dalla L. n. 190/2012).

Ciò nonostante, nelle prime riflessioni sul nuovo art. 21-nonies permane la convinzione che l’istituto dell’autotutela, in tutte le sue forme, anche alla luce della recente riforma, conservi il suo contenuto discrezionale, anche quando l’illegittimità dell’atto sia connessa ad ipotesi di reato, senza alcun automatismo tra l’accertamento della falsità e l’annullamento d’ufficio, sicché la p.a. mai potrà rinunciare al doveroso controllo sulla sussistenza di un interesse pubblico prevalente rispetto alla tutela dell’affidamento del privato.

 

 

3.     Autotutela e SCIA prima e dopo la “Legge Madia”.

 

Lo scopo perseguito dal legislatore, mediante la riformulazione dell’art. 19 L. 241/90 è stato quello di favorire l’attività dei privati mediante la semplificazione procedimentale e la liberalizzazione delle attività.

È noto che la materia della DIA/SCIA, nel corso del tempo, è stata interessata da vari interventi riformatori che, a dire il vero, non hanno mai delineato in modo chiaro e univoco l’istituto, sicché, a questo punto, si rende indispensabile una distinta trattazione delle sue più importanti modifiche.

 

 

3.1. L’art. 19 L. 241/90 prima della “Legge Madia”.

 

La legittimazione del privato all’esercizio di determinate attività per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 19 L. 241/90 rappresentava il passaggio dallo scherma normativo “norma-potere-effetto” allo schema “norma-fatto-effetto”, in quanto l’intero procedimento della vecchia DIA non era finalizzato all’emissione di un provvedimento amministrativo di consenso, ma al mero controllo della regolarità formale della svolgenda attività; con la DIA, dunque, si sostituiva al principio autoritativo, il principio di autoresponsabilità dell’amministrato.

L’art. 3 D.L. 35/05, conv. L. 80/05, riscriveva l’art. 19 L. 241/90, ampliandone significativamente il campo ed annoverando anche gli atti abilitativi connotati da discrezionalità tecnica, incluse le concessioni non costitutive e le domande per le iscrizioni in albi e ruoli per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale. Restavano esclusi dall’ambito della DIA, oltre alle concessioni edilizie e autorizzazioni già indicate nella precedente formulazione, anche gli atti rilasciati dalla p.a. preposta alla tutela della difesa nazionale, pubblica sicurezza, amministrazione della giustizia, ecc, nonché gli atti imposti dalla normativa comunitaria.

Il regime della DIA prevedeva che l’attività non potesse essere subito intrapresa, ma solo dopo 30 giorni dalla comunicazione, consentendo comunque alla p.a. la possibilità di intervenire in autotutela ex art. 21 nonies L. 241/90.

Con il D. Lgs. n. 78/2010 in modifica ancora una volta l’art. 19 della Legge n. 241/1990, la DIA viene sostituita con la SCIA: oggi, grazie alla novella, l’attività oggetto di segnalazione può essere avviata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente, senza attendere i 30 giorni richiesti dalla precedente disposizione.

Come affermato dalla Corte Costituzionale: “il modello ad efficacia legittimante immediata attiene al principio di semplificazione dell’azione amministrativa ed è finalizzato ad agevolare l’iniziativa economica, (art. 41, primo comma, Cost.), tutelando il diritto dell’interessato ad un sollecito esame, da parte della pubblica amministrazione competente, dei presupposti di diritto e di fatto che autorizzano l’iniziativa medesima”.

In considerazione, poi, delle modifiche di cui al D.L. 13.5.2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 12.7.2011, n. 106, e successivamente dall’art. 6, D.L. 13.8.2011, n. 138, convertito in L. 14.9.2011, n. 148, all’inizio del 2012 dall’art.2, co.1 della L. 4.4.2012, n. 35 e poi dall’art. 13, co. 1, L. 7.8.2012, n. 134, la SCIA si presenta come segue: “Ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, comprese le domande per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l'esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale il cui rilascio dipenda esclusivamente dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non sia previsto alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio degli atti stessi, è sostituito da una segnalazione dell'interessato, con la sola esclusione dei casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali e degli atti rilasciati dalle amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, alla amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonché di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria. La segnalazione è corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonché, ove espressamente previsto dalla normativa vigente, dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese di cui all’ articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell’amministrazione. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l'acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l'esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni di cui al presente comma, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. La segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonchè dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezioni dei procedimenti per cui è previsto l'utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte dell'amministrazione”.

Nei successivi 60 giorni dalla presentazione della SCIA, l’amministrazione competente, in caso di accertata carenza di requisiti e presupposti, adotta i provvedimenti necessari di tipo repressivo caratterizzati da due possibili contenuti diversi: un contenuto inibitorio, consistente nell’ordine al privato di cessare l’attività intrapresa e di rimuoverne, ove possibile, gli effetti, ed un contenuto conformativo, consistente nell’ordinare al privato, in caso di rilevate difformità sanabili, di adeguare l’attività stessa a determinate prescrizioni.

Le recentissime riforme qui sintetizzate sono state ispirate, comunque, al principio di semplificazione e accelerazione delle attività economica di piena matrice comunitaria.

 

3.2. Il rapporto tra autotutela e SCIA alla luce della Legge n. 124/2015: l’art. 19 c.3 L. 241/90.

 

La Legge n. 124/15 ha lasciato inalterato il primo comma dell’art. 19 L. 241/90, intervenendo precipuamente ad armonizzare i poteri di intervento in “autotutela” della p.a. in materia di SCIA con l’art. 21 nonies L. 241/90.

L’art. 19 c. 3 L. 241/90 nell’attuale formulazione recita: “L'amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. Qualora sia possibile conformare l'attività intrapresa e i suoi effetti alla normativa vigente, l'amministrazione competente, con atto motivato, invita il privato a provvedere, disponendo la sospensione dell'attività intrapresa e prescrivendo le misure necessarie con la fissazione di un termine non inferiore a trenta giorni per l'adozione di queste ultime. In difetto di adozione delle misure stesse, decorso il suddetto termine, l'attività si intende vietata”.

La riforma suddivide i poteri di intervento della p.a. in due periodi:

-        il potere più forte di far cessare l’attività, ancora sottoposto al termine di 60 giorni;

-        il potere più blando di conformare l’attività, senza limiti di tempo.

Oggi, a differenza di quanto accadeva prima, l’evento conformativo non è più rimesso alla volontà del privato, ma ad una valutazione del p.a. che individuerà le misure idonee nel rispetto dell’interesse pubblico; tale innovazione reca in sé una evidente conseguenza di ordine formale, in quanto l'atto di divieto dovrà essere motivato proprio con riferimento alle ragioni dell'impossibile conformazione, mentre l'atto di conformazione dovrà spiegare la corrispondenza alla legge delle misure di conformazione individuate, fissando per la loro realizzazione un termine congruo.

È di tutta evidenza, poi, la completa eliminazione, dal comma 3 dell’art. 19, di ogni riferimento alla disciplina giuridica delle dichiarazioni false e mendaci. Nella originaria formulazione, infatti, era riconosciuta alla p.a. la possibilità di intervenire, in questi casi, senza limiti di tempo tanto con poteri inibitori che conformativi, ancorchè l’esercizio di quest’ultimi risultasse precluso dall’art. 21 c. 1 L. 241/90.

In realtà, tale abrogazione indurrebbe a ritenere che la falsità delle dichiarazioni finalizzate alla SCIA assumerebbe rilievo, dopo i 18 mesi richiamati dall’art. 19, solo attraverso il “percorso ordinario” dell’autotutela, ossia attraverso l’applicazione diretta dell’art. 21 nonies c. 2 bis L. 241/90, ma detto comma è applicabile alla SCIA?

Se, da un lato, vi è, infatti, un’esigenza di parallelismo tra l’art. 19 e la nuova autotutela, è possibile che l’espressa abrogazione dell’ultimo capoverso dell’art. 19 c. 3, con conseguente “stabilizzazione” degli effetti di una SCIA fondata su dichiarazioni false, non sia una dimenticanza, ma una conseguenza voluta dal legislatore?

Secondo autorevole dottrina, il comma 2 bis dell’art. 21 nonies sarebbe applicabile alla SCIA, sicché, da un lato, la p.a. potrebbe, in casi del genere, intervenire sine die, dall’altro, si applicherebbe alla fattispecie la salvezza ivi contenuta relativa alle sanzioni penali e alle sanzioni di cui al capo VI del Testo Unico n. 445/00.

Più precisamente, il richiamo alla legge n. 445/00, che “uscito dalla porta” dell’art. 19 c.3 “entra dalla finestra” del c. 2 bis dell’art. 21 nonies, suscita ampie perplessità in quanto la decadenza sanzionatoria di cui all’art. 75 del predetto TU potrebbe vanificare tutta la portata della novella, operando oltre il limite dei 18 mesi e senza le condizioni dell’art. 21 nonies L. 241/90.

 

3.3 Il rapporto tra autotutela e SCIA alla luce della Legge n. 124/2015: l’art. 19 c.4 L. 241/90.

 

L’art. 19 c. 4 L. n. 241/90, nell’attuale formulazione, all’esito della novella del 2015, così recita: “decorso il termine per l'adozione dei provvedimenti di cui al comma 3, primo periodo, ovvero di cui al comma 6-bis, l'amministrazione competente adotta comunque i provvedimenti previsti dal medesimo comma 3 in presenza delle condizioni previste dall'articolo 21-nonies”.

Ciò significa che la p.a. potrà comunque adottare provvedimenti di inibitori o conformativi, sottoposti però alle condizioni dell’art. 21 nonies L. 241/90 rinovellato.

La novella ha suscitato notevoli perplessità preliminarmente in merito al problema relativo alla decorrenza del termine di cui all’art. 21 nonies, che, da un lato, viene ricondotta allo spirare dei 2 mesi previsti per la presentazione della segnalazione, dall’altro, si è osservato come “l’intervento tempestivo” della p.a., ossia entro i 60 giorni, configuri comunque l’esercizio di un potere di autotutela, sicchè il periodo di 18 mesi, funzionale all’esercizio del potere di cui all’art. 21 nonies, dovrebbe essere calcolato “al lordo” dei predetti 60 giorni.

Ne deriva che la p.a. dovrà ben organizzare il proprio lavoro, sapendo che, entro i primi 60 giorni dalla segnalazione, potrà intervenire sulla conformità o meno alla legge dell’iniziativa privata, dando adeguata motivazione, viceversa, dopo i 60 giorni ed entro 18 mesi complessivi, l’eventuale intervento della p.a. dovrà contenere un quid pluris, ossia l’esplicitazione delle ragioni di interesse pubblico che fondano una determinata scelta.

L’individuazione di un limite temporale definito, in virtù del comb. disp. degli artt. 19 c.4 e 21 nonies L. 241/90, è solo uno dei profili di interesse della novella, vi sono, però, ulteriori aspetti da analizzare:

-        la riforma ha eliminato ogni riferimento specifico agli “interessi sensibili”, consentendo così l’intervento della p.a. senza alcuna limitazione d’ambito, contrariamente alla originaria formulazione dell’art. 19 L. 241/90 che subordinava “l’autotutela” al pericolo di danno al patrimonio artistico e culturale, alla salute e sicurezza pubblica oltre che alla difesa nazionale, previo motivato accertamento dell’impossibilità di intervenire aliter.

-        Mediante il rinvio al comma 3, primo periodo, scompare la possibilità di revoca. Si ritiene che tale scelta sia ispirata dalla necessità di eliminare o ridurre il più possibile, nell’ambito della SCIA, gli interventi in autotutela connotati di precipui e intensi profili di discrezionalità amministrativa. Venuta meno la revoca, resta aperto il problema dei poteri della p.a. in caso di sopravvenienze.

Molte perplessità ha suscitato l’espressione “adotta comunque” che, confrontata con l’originaria formulazione dell’art. 19 c. 4, evidenzierebbe la natura vincolata, e non più discrezionale, del potere de quo; in realtà, il richiamo all’art. 21 nonies e alla condizioni ivi indicate dovrebbe fugare ogni dubbio sulla natura ancora discrezionale di tale intervento.