Consiglio di Stato, sez. V, 6 aprile 2017, n. 1819

L’impossibilità di conseguire la tutela in forma specifica non è sufficiente per ritenere configurabile l’ipotesi di sopravvenuta carenza di interesse ex art. 35, comma 1, lett. c), del Codice del processo amministrativo. L’ordinamento processuale amministrativo prevede infatti un’ipotesi di “sopravvivenza” dell’interesse ad agire - che quale condizione dell’azione deve permanere sino al passaggio in decisione della causa - anche quando l’annullamento non avrebbe alcuna utilità per il ricorrente, e precisamente quando comunque quest’ultimo possa vantare un «interesse ai fini risarcitori» (art. 34, comma 3, Cod. proc. amm.).

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 6604 del 2016, proposto da:
Sicurbau s.r.l., in persona dell’amministratore unico pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Roberto Prozzo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonio Formiconi, in Roma, via Cremera 11;

 

contro

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12;
Provincia di Salerno, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Casella e Marina Tosini, domiciliata ex art. 25 cod. proc. amm. presso la segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro 13;

 

nei confronti di

Castaldo s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Caiano e Antonio Ausiello, con domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi, in Roma, via Cosseria 2;

Engco s.r.l., non costituita in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA DI SALERNO, SEZIONE I, n. 1164/2016, resa tra le parti, concernente una procedura di affidamento in appalto integrato dei lavori di ricostruzione parziale e consolidamento strutturale del viadotto Chiusa sulla strada a scorrimento veloce della s.p. 430, variante alla s.s.18, nel Comune di Agropoli

 

FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Campania – sezione staccata di Salerno la Sicurbau s.r.l. impugnava gli atti della procedura di affidamento in appalto dei lavori di ricostruzione parziale e consolidamento strutturale del viadotto Chiusa sulla strada a scorrimento veloce della strada provinciale 430, variante alla strada statale 18, nel comune di Agropoli, indetta dal Provveditorato Interregionale per le opere pubbliche in qualità di ente delegato dalla Provincia di Salerno (con bando pubblicato il 10 giugno 2015), ed aggiudicata in virtù del maggior ribasso offerto sulla base d’asta di € 3.934.272,63 alla Castaldo s.p.a. (decreto provveditorale n. 37681 del 13 novembre 2015).

2. Nel proprio ricorso la Sicurbau, collocatasi al secondo posto della graduatoria, sosteneva che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara per mancanza dei requisiti di partecipazione ad essa, in relazione a plurimi profili.

3. Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito respingeva tutte le censure proposte dalla ricorrente.

4. Quest’ultima ha impugnato la pronuncia di primo grado con il presente appello, al quale resistono il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la Provincia di Salerno e la controinteressata Castaldo.

 

DIRITTO

1. Deve essere esaminata con priorità l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado riproposta dalla Castaldo, su cui il Tribunale amministrativo non si è pronunciato. L’aggiudicataria deduce al riguardo che la Sicurbau ha notificato l’atto di instaurazione del giudizio a mezzo di posta elettronica certificata il 12 gennaio 2016, dopo avere ricevuto la comunicazione di aggiudicazione in data 26 novembre 2015, e dunque avendo lasciato spirare il termine di 30 giorni a pena di decadenza per ricorrere.

2. L’eccezione è infondata.

Come infatti controdedotto dall’originaria ricorrente, prima dell’invio del ricorso mediante posta elettronica certificata lo stesso atto è stato spedito con raccomandata con avviso di ricevimento ai sensi dell’art. 1 della legge 21 gennaio 1994, n. 53 (Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali). Questo invio, sufficiente ai fini del rispetto del termine a prescindere dal perfezionamento della spedizione, è stato fatto il giorno 28 dicembre 2015 (ciò risulta dalle ricevute di spedizione allegate al ricorso).

Ebbene, proprio il 28 dicembre 2015 deve essere considerato l’ultimo utile per proporre ricorso, dal momento che – come parimenti dedotto dalla Sicurbau - il 26 dicembre, giorno di scadenza, è festivo (santo Stefano), mentre il giorno seguente, 27 dicembre, era domenica.

3. In memoria conclusionale la Castaldo ha formulato un’ulteriore eccezione preliminare. La controinteressata ha infatti eccepito l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, in conseguenza dell’integrale esecuzione dei lavori.

4. Questa eccezione è invece fondata ed assorbente.

Deve innanzitutto premettersi al riguardo che la circostanza addotta dalla Castaldo a sostegno dell’eccezione in esame, ovvero la completa esecuzione dei lavori oggetto dell’appalto, non è stata contestata dalla Sicurbau.

5. Tanto premesso in fatto, la medesima circostanza conduce all’accoglimento dell’eccezione di improcedibilità per il fondamentale rilievo che anche nell’ipotesi in cui risultassero fondate le censure di legittimità riproposte nel presente appello la Sicurbau non potrebbe comunque conseguire il bene della vita cui essa aspira in via di principalità, e cioè il subentro nel contratto, previa dichiarazione di inefficacia di quello stipulato in data 2 maggio 2016 tra la Provincia di Salerno e la Castaldo all’esito della procedura di gara qui impugnata (così nelle conclusioni a pag. 2 dell’appello).

6. Deve peraltro soggiungersi che l’impossibilità di conseguire la tutela in forma specifica non è sufficiente per ritenere configurabile l’ipotesi di sopravvenuta carenza di interesse ex art. 35, comma 1, lett. c), del Codice del processo amministrativo. L’ordinamento processuale amministrativo prevede infatti un’ipotesi di “sopravvivenza” dell’interesse ad agire - che quale condizione dell’azione deve permanere sino al passaggio in decisione della causa - anche quando l’annullamento non avrebbe alcuna utilità per il ricorrente, e precisamente quando comunque quest’ultimo possa vantare un «interesse ai fini risarcitori» (art. 34, comma 3, Cod. proc. amm.).

7. Sennonché nel caso di specie questo interesse è da escludersi per l’assoluta genericità della domanda risarcitoria riproposta in appello dalla Sicurbau in via subordinata rispetto a quella di subentro nel contratto. Nell’epigrafe dell’appello (a pag. 2), richiamata in sede di conclusioni, la società originaria ricorrente si è infatti limitata a chiedere «la condanna della stazione appaltante al risarcimento dei danni per equivalente», senza ulteriore specificazione. Non sono stati in particolare indicati i pregiudizi risarcibili né tanto meno sono forniti gli elementi necessari alla relativa quantificazione.

Questa mancanza di attività assertiva e probatoria, gravante per intero sulla parte ricorrente ai sensi degli artt. 2043 e 2697, comma 1, Cod. civ., impedisce addirittura di prendere in esame la domanda.

8. In ragione di tutto quanto finora rilevato, la Sicurbau non può più vantare alcun interesse all’esame nel merito del proprio appello.

Al riguardo deve infatti essere fatta applicazione dei principi recentemente espressi da questa Sezione in una fattispecie analoga (sentenza 27 marzo 2017, n. 1373; in particolare, anche in quel caso l’appalto era stato eseguito per intero, mentre rimaneva da esaminare la domanda risarcitoria, lì formulata in termini puntuali).

Nella pronuncia ora richiamata si è affermato che l’interesse a base dell’impugnazione di una procedura di affidamento di un contratto pubblico va rapportato «ai possibili esiti satisfattori (ripristinatorio, restitutorio o risarcitorio, oltre la rinnovazione della gara), che l’ordinamento processuale amministrativo oggi – coerentemente al principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale - appronta con lo speciale “rito appalti” di cui agli artt.119 e ss. Cod. proc. amm. a chi si assume illegittimamente leso nella sua aspettativa ad essere, mediante l’aggiudicazione, parte effettiva del contratto d’appalto». In ragione di ciò – ha specificato la Sezione - nel giudizio in materia di appalti il ricorso è improcedibile una volta accertata l’infondatezza dei motivi diretti a conseguire l’aggiudicazione e quindi una volta constatata l’impossibilità di subentrare nel contratto o la possibilità di ottenere il risarcimento per equivalente monetario delle utilità dal medesimo contratto ritraibili.

9. La pronuncia ha anche ricordato che in una giurisdizione di diritto soggettivo quale quella amministrativa (cfr. in questo senso: Cons. Stato, Ad. plen., 13 aprile 2015, n. 4) il bene della vita consiste nell’essere parte effettiva del contratto d’appalto, di cui si asserisce l’illegittimo affidamento a terzi, e «non invece nel veder rispettate inter alios le forme di una contesa il cui esito resta comunque ad altrui vantaggio». A questo specifico riguardo, la Sezione ha anche evidenziato che gli strumenti che l’ordinamento processuale predispone sono orientati ad assicurare realmente gli effetti oggettivi di una piena concorrenza nell’affidamento delle commesse pubbliche e che pertanto «l’annullamento giudiziale non costituisce più un bene in sé, ma un tramite per produrre immediatamente un’utilità effettiva e non meramente virtuale, ai fini della valutazione di concretezza e attualità dell’interesse a ricorrere (…) l’annullamento deve risultare prodromico ad utilità ulteriori». Le quali utilità consistono appunto nella: «rinnovazione del procedimento quanto a protagonisti, per modo di restituire al ricorrente l’opportunità di ottenere il bene della vita conteso»; oppure nel «subentro nella posizione contrattuale da cui è stato indebitamente pretermesso (ovvero all’esclusione o alla soccombenza di chi gli è stato preferito) per attribuirgli la stessa opportunità o senz’altro il bene»; o ancora nel «un ristoro monetario stimato equivalente alle opportunità concretamente perdute (chances) e a quanto egli dimostri aver speso per partecipare alla selezione (c.d. interesse negativo) ».

10. Quindi, la connotazione soggettiva «dello speciale processo amministrativo in tema di contratti pubblici» – prosegue la sentenza - dà azione in giustizia solo a chi può addurre in ragione dei detti profili «un interesse effettivo dall’annullamento dell’atto amministrativo» e la preclude invece quando questa azione «prescinda da un interesse soggettivo».

11. Tutti i principi e le considerazioni di diritto espresse nella sentenza di questa Sezione 27 marzo 2017, n. 1373, sono applicabili al caso di specie, dal momento che – come sopra rilevato – la Sicurbau non può più conseguire l’appalto per via di subentro, né tanto meno può pretendere alcun risarcimento per equivalente, in virtù di una domanda proposta in modo del tutto generico.

12. Dichiarata quindi l’improcedibilità dell’appello per sopravvenuta carenza di interesse, le spese del presente grado di giudizio possono nondimeno essere compensate tra tutte le parti, in ragione del relativo esito.

13. Residua da esaminare l’istanza della Castaldo ex art. 89 Cod. proc. civ. di cancellazione di frasi offensive e sconvenienti, che asserisce essere contenute nell’appello della Sicurbau, in relazione al primo motivo di censura, concernente il tempestivo rinnovo dell’attestazione di qualificazione SOA. Nel prospettare che la prova di avere richiesto il rinnovo nel rispetto dei termini di legge è stata data dalla controinteressata con documentazione appositamente confezionata per il presente giudizio, la Sicurbau ha affermato che l’aggiudicataria «ha tratto in inganno il TAR con un documento macroscopicamente falso» e, ancora, che «sono state sfacciatamente prodotte carte false». Di queste frasi si duole quindi la Castaldo.

14. La Sezione reputa tuttavia insussistenti i presupposti per accogliere l’istanza di quest’ultima.

E’ pur vero che le frasi in questione non sono un esempio di continenza, che dovrebbe sempre albergare anche nell’ambito dell’esercizio del mandato difensivo e nell’agone processuale, ma del pari deve escludersi che queste frasi siano trascese al piano dell’offesa gratuita ed avulsa dalla vis polemica che connota il dibattito tra le parti in causa. Si tratta più precisamente di espressioni colorite, volendo anche scomposte, ma comunque volte ad enfatizzare gli assunti alla base del motivo di censura in cui esse sono state espresse, e dunque da ritenersi sotto questo profilo in rapporto di strumentalità rispetto al diritto di difesa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara improcedibile e compensa le spese tra tutte le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

 

 

Guida alla lettura

Nonostante il suo spiccato profilo processuale, atteso l’accoglimento della censura di improcedibilità del ricorso, la pronuncia oggetto di nota assume rilievo con riferimento alla materia dei contratti pubblici nella misura in cui mette in risalto l’operabilità del presupposto dell’interesse ad agire all’interno della stessa, affermando che l’impossibilità di conseguire una tutela in forma specifica non costituisce un elemento sufficiente a configurare una carenza di interesse ex art. 35 comma 1 lett. c) c.p.a.

A parere del Collegio giudicante, infatti, l’interesse ad agire sopravvive ad una conclamata inutilità per il ricorrente dell’annullamento dell’atto da cui si ritiene essere lesi qualora il predetto mantenga intatto un interesse ai fini risarcitori.

La ricaduta applicativa di tale principio di diritto nella materia contrattualistica porta a sostenere che l’interesse ad impugnare una procedura di affidamento di un contratto pubblico si relaziona non soltanto con i possibili esiti satisfattori (ripristinatorio e/o restitutorio), bensì anche con l’altrettanto satisfattorio esito risarcitorio, nel pieno rispetto del principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale.

Con maggiore chiarezza espositiva nello speciale rito appalti il ricorso va considerato improcedibile solo qualora sia “accertata l’infondatezza dei motivi diretti a conseguire l’aggiudicazione e quindi una volta constatata l’impossibilità di subentrare nel contratto o la possibilità di ottenere il risarcimento per equivalente monetario delle utilità dal medesimo contratto ritraibili”.

Nonostante il rito in materia appalti sia da sempre stato connotato da una specialità rispetto all’ordinario procedimento giurisdizionale amministrativo (originario art. 23 bis Legge TA.R., modificato dal D.lgs. 53/2010 - in attuazione della direttiva ricorsi 2007/66/CE – oggi artt. 119 e 120 c.p.a.), lo stesso, parimenti all’ordinario giudizio amministrativo, risulta caratterizzato dalle cd. condizioni dell’azione.

Invero, per completezza espositiva, va rilevato come tali condizioni costituiscono un’eredità del processo civile, al quale, com’è noto, il giudizio amministrativo tendenzialmente si uniforma.

Ciò posto in termini generali, e passando ad analizzare più da vicino le differenti condizioni dell’azione, va detto che le stesse si individuano nella legittimazione a ricorrere, nella legittimazione ad agire o a contraddire (legittimatio ad causam) e nell’interesse a ricorrere

Facendo meramente cenno alle prime due condizioni, rispettivamente consistenti nella titolarità della posizione sostanziale in capo al soggetto agente (elemento, questo, idoneo a distinguere il soggetto agente dal cd. quisque de populo) e nella coincidenza tra chi propone la domanda e colui che nella domanda stessa è “affermato” titolare del diritto (c.d. legitimatio ad causam attiva), oppure tra colui contro il quale la domanda  è proposta e colui che nella domanda stessa è “affermato” soggetto passivo del diritto o, comunque, “violatore” di quel diritto (c.d. legitimatio ad causam passiva), è sull’interesse a ricorrere che va soffermata la nostra attenzione.

Cuore pulsante della pronuncia in commento, infatti, è costituito dalla verifica della presenza della predetta condizione dell’azione, la cui mancanza produce, proprio come nel caso de quo¸ improcedibilità del ricorso.

L’interesse a ricorrere risulta modellato sull’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c.

Invero quanto alla sua concreta portata la dottrina e la giurisprudenza si sono a lungo interrogate.

Oggi, la posizione prevalente è quella che considera l’interesse a ricorrere quale estrinsecazione, da un lato, dell’interesse del ricorrente ad ottenere la rinnovazione del procedimento amministrativo e, dall’altro, dell’aspirazione del soggetto ad ottenere il bene della vita.

In altri termini, la materialità dell’interesse a ricorrere nel processo amministrativo rappresenta la proiezione in ambito processuale dell’interesse legittimo, quest’ultimo, com’è noto, caratterizzato dalla effettiva possibilità di ottenere il bene della vita cui il soggetto aspira.

Tale interesse deve possedere i crismi dell’attualità e della concretezza: il primo si specifica nella pertinenza dell’interesse alla sfera giuridica soggettiva del ricorrente; il secondo si specifica nella necessità che il pregiudizio subito dal ricorrente per effetto del provvedimento illegittimo sia effettivo e cioè si rifletta materialmente sulla relativa sfera giuridica soggettiva, alterandone (in senso riduttivo o per mancato accrescimento) la consistenza.

Come innanzi già anticipato, la mancanza di tale requisito rappresenta, assieme ai casi di omessa integrazione del contraddittorio nel termine assegnato e alla presenza di qualsiasi sopravvenienza che osti alla pronuncia sul merito, una delle cause di improcedibilità del ricorso.

Tale figura, il cui accertamento provoca la conclusione anticipata del giudizio, essendo in grado di ledere il principio di effettività della tutela giurisdizionale, è stata espressamente disciplinata dal legislatore codicistico del 2010. 

Ratio di tale istituto è quella di conciliare, per un verso, la necessità che giudizi non più sorretti dal concreto interesse siano conclusi quanto prima e, dall’altro, che la tutela giurisdizionale sia comunque garantita.

Da ultimo deve precisarsi che l’improcedibilità non va affatto confusa con altre figure quali la cessazione della materia del contendere (quest’ultima conseguendo ad una totale soddisfazione nel merito della parte ricorrente), la perenzione, la rinuncia al ricorso, la mancata prosecuzione o riassunzione del giudizio nel termine fissato (tutte ipotesi che danno vita all’estinzione del giudizio), oltre che con l’inammissibilità, in quanto mentre quest’ultima figura è determinata da una carenza di interesse o dalla sussistenza di altre ragioni ostative ad una pronuncia sul merito preesistenti o coeve alla proposizione del ricorso, l’improcedibilità è sempre successiva all’instaurazione del processo.

Può conclusivamente affermarsi che la carenza dell’interesse ad agire produce inammissibilità (se è originaria) o improcedibilità (se è successiva).

Così dettagliatamente descritto il requisito dell’interesse a ricorrere, va ribadito come lo stesso costituisce elemento indispensabile nel giudizio avente ad oggetto l’impugnazione di atti afferenti l’aggiudicazione di commesse pubbliche.

Invero, tale assunto è stato messo in discussione dalla disposizione di nuovo conio di cui all’art. 120 comma 2 bis c.p.a., che descrive il cd. rito super-accelerato in materia appalti.

Ai sensi della presente prescrizione normativa “il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrenti dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante…L’omessa impugnazione preclude la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche con ricorso incidentale”.

La lettura del dato normativo denota come nei casi dallo stesso descritti il soggetto che si ritiene leso da un provvedimento determinante l’esclusione dalla procedura di affidamento e/o l’ammissione alla stessa ha quale unica possibilità quella di presentare un’impugnazione immediata, il non esercizio della quale preclude al soggetto la facoltà di far valere l’illegittimità derivata dei successivi atti delle procedure di affidamento, anche a mezzo di ricorso incidentale.

Ne discende che l’obbligo di impugnazione immediata mal si concilia con la obbligatoria presenza di un interesse a ricorrere, quest’ultimo, in sostanza, potendo non essere in concreto presente, e tuttavia il soggetto essendo gravato da un obbligo di impugnazione.

Invero, quanto appena esposto rappresenta semplicemente la valutazione di un’attenta dottrina, interrogatasi in materia, non anche la finalità perseguita dal legislatore 2016, consistente unicamente nella massima velocizzazione del procedimento giurisdizionale in materia appalti, quanto meno nei casi di procedimento di esclusione o ammissione a procedure di gara.