Consiglio di Stato, Sez. V, 23 dicembre 2016 n. 5445

Afferma un consolidato orientamento giurisprudenziale, che il Collegio condivide, che: “Nel processo amministrativo il ricorso avverso la esclusione da una gara pubblica è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse allorché non sia impugnata, nonostante la tempestiva comunicazione, l'aggiudicazione definitiva dell'appalto, che costituisce l'atto che rende definitiva la lesione dell'interesse azionato dal soggetto escluso; infatti l'eventuale annullamento della esclusione, che ha effetto viziante e non caducante, lasciando sopravvivere l'aggiudicazione non impugnata, non è idoneo ad attribuire al ricorrente alcun effetto utile”. Nel caso di specie, è incontestato come l’appellante, pur essendo venuta a conoscenza del provvedimento di aggiudicazione definitiva non l’abbia impugnato e ciò, giusta il principio sopra affermato, rende l’appello inammissibile per la sopraggiunta improcedibilità del ricorso di primo grado (1).

(1) Conforme Consiglio di Stato, Sez. V, 25 febbraio 2016, n. 754; Consiglio di Stato, Sez. V, 1 aprile 2015, n. 1714; Consiglio di Stato, Sez. IV, 9 febbraio 2015, n. 663; Consiglio di Stato, Sez. V, 23 aprile 2014, n. 2063; Consiglio di Stato, Sez. V, 19 luglio 2013 n. 3940.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 4437 del 2016, proposto da: 
La Cascina Global Service s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Gennaro Rocco Notarnicola e Michele Perrone, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi, in Roma, via Cosseria, n. 2; 

contro

Rai Radio Televisione Italiana s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni Pesce, con domicilio eletto presso il suo studio, in Roma, via Bocca di Leone, n. 78; 

nei confronti di

Compass Group Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Riccardo Villata e Andreina Degli Esposti, con domicilio eletto presso Riccardo Villata, in Roma, via G. Caccini, n. 1; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Lazio – Roma, Sezione III TER, n. 02257/2016, resa tra le parti, concernente affidamento del servizio di ristorazione aziendale e servizi accessori presso le sedi Rai.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Rai Radio Televisione Italiana s.p.a. e di Compass Group Italia s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2016 il Cons. Alessandro Maggio e uditi per le parti gli avvocati Pesce, Perrone e Carlo Tangari, su delega di Notarnicola;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

La Cascina Global Service s.r.l. ha partecipato ad una procedura ad evidenza pubblica, suddivisa in lotti, indetta dalla RAI s.p.a, per l’affidamento del “Servizio di ristorazione aziendale e servizi accessori presso gli insediamenti RAI delle Direzioni Generali, Centri di Produzione e Sedi Regionali”.

All’esito delle operazioni di gara la società La Cascina Global Service è risultata prima nella graduatoria provvisoria relativa al lotto n. 4.

Con provvedimento 26/6/2015 n. A/3263 la detta società è stata, però, esclusa dalla gara in quanto il Prefetto di Roma aveva emesso nei suoi confronti un’interdittiva antimafia.

Ritendo il provvedimento di esclusione illegittimo la società La Cascina Global Service l’ha impugnato davanti al TAR Lazio – Roma, il quale, con sentenza 19/2/2016, n. 2257, ha respinto il ricorso.

Avverso la sentenza la medesima società ha, quindi, proposto appello.

Per resistere al gravame si sono costituite in giudizio la RAI e la Compass Group Italia s.p.a., aggiudicataria del lotto n. 4.

Con successive memorie tutte le parti hanno meglio illustrato le rispettive argomentazioni difensive.

Alla pubblica udienza del 1/12/2016, la causa è passata in decisione.

In via pregiudiziale occorre esaminare l’eccezione con cui le appellate hanno dedotto l’improcedibilità del ricorso in conseguenza dell’omessa impugnazione dell’aggiudicazione definitiva intervenuta nelle more del giudizio.

L’eccezione è fondata.

Afferma un consolidato orientamento giurisprudenziale che il Collegio condivide, che: “Nel processo amministrativo il ricorso avverso la esclusione da una gara pubblica è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse allorché non sia impugnata, nonostante la tempestiva comunicazione, l'aggiudicazione definitiva dell'appalto, che costituisce l'atto che rende definitiva la lesione dell'interesse azionato dal soggetto escluso; infatti l'eventuale annullamento della esclusione, che ha effetto viziante e non caducante, lasciando sopravvivere l'aggiudicazione non impugnata, non è idoneo ad attribuire al ricorrente alcun effetto utile” (così Cons. Stato, Sez. V, 25/2/2016, n. 754; in termini, fra le tante, si vedano anche Cons. Stato, Sez. V, 1/4/2015, n. 1714; 23/4/2014, n. 2063; 19/7/2013 n. 3940; Sez. IV, 9/2/2015, n. 663; C.Si., 5/1/2011, n. 16).

Nel caso di specie, è incontestato come l’appellante, pur essendo venuta a conoscenza del provvedimento di aggiudicazione definitiva (adottato con delibera del Consiglio di Amministrazione della RAI prot. SCA/LC/68 del 5/5/2016, comunicata alla stessa appellante con nota A/LSF/4134/P del 20/7/2016) non l’abbia impugnato e ciò, giusta il principio più sopra affermato, rende l’appello inammissibile per la sopraggiunta improcedibilità del ricorso di primo grado.

Sul punto occorre osservare che, contrariamente a quanto affermato dalla società La Cascina Global Service (memoria di replica depositata in data 19/11/2016), l’aggiudicazione definitiva non può ritenersi impugnata per il solo fatto che il ricorso di primo grado (consegnato per la notifica nel luglio 2015) risultasse formalmente diretto anche contro “l’eventuale e non conosciuto provvedimento di aggiudicazione definitiva”.

Ed invero, tale formula di stile deve ritenersi priva di valore processuale riguardando un atto non ancora venuto ad esistenza al momento della proposizione del ricorso e, quindi, insuscettibile di costituire oggetto d’impugnazione.

Inconferente è, infine, il richiamo al precedente di questa Sezione invocato dall’appellante nella citata memoria di replica (Cons. Stato, Sez. V, 11/10/2016, n. 4182).

Ivi si afferma il condivisibile principio secondo cui la mancata impugnazione dell’aggiudicazione definitiva (ovvero di una nuova aggiudicazione), pronunciata in esecuzione della sentenza di primo grado, non rende inammissibile l’appello in quanto l’eventuale accoglimento di quest’ultimo - stante il principio dell'effetto espansivo esterno della riforma della sentenza appellata, posto in tema d'impugnazioni dall'art. 336, secondo comma, c.p.c. applicabile anche al processo amministrativo in forza del rinvio esterno disposto dall'art. 39 c.p.a. - implica l’automatica caducazione della detta aggiudicazione.

Si tratta, dunque, di un’ipotesi tutt’affatto differente da quella oggetto di causa, nella quale non viene in rilievo un provvedimento di aggiudicazione emanato in esecuzione della sentenza di primo grado.

Rimane, dunque, confermata la rilevata inammissibilità dell’appello.

Restano assorbiti tutti gli argomenti di doglianza, motivi od eccezioni non espressamente esaminati che la Sezione ha ritenuto non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Spese e onorari di giudizio, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali in favore delle appellate, liquidandole in complessivi € 4.000/00 (quattromila) pro parte, oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2016 con l'intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere

Alessandro Maggio, Consigliere, Estensore

Oreste Mario Caputo, Consigliere

 

 

Guida alla lettura

La pronuncia si segnala poiché affronta una problematica piuttosto spinosa, in cui si intrecciano profili sia sostanziali che processuali: più precisamente, si osserva come la mancata impugnazione dell’aggiudicazione definitiva di un appalto pubblico, intervenuta nelle more del giudizio di primo grado, non fa venir meno la lesione dell’interesse sostanziale azionato dal ricorrente, qualora quest’ultimo si sia limitato ad impugnare unicamente il provvedimento di esclusione dalla gara emesso nei suoi confronti.

Per chiarire ulteriormente l’esito cui pervengono i Giudici della Quinta Sezione, occorre ripercorrere brevemente la vicenda fattuale.

La società appellante ha partecipato ad una procedura ad evidenza pubblica, suddivisa in lotti, indetta dalla RAI s.p.a, per l’affidamento del “Servizio di ristorazione aziendale e servizi accessori presso gli insediamenti RAI delle Direzioni Generali, Centri di Produzione e Sedi Regionali”, risultando prima nella graduatoria provvisoria relativa al lotto n. 4. Con successivo provvedimento, però, la detta società è stata esclusa dalla gara, in quanto il Prefetto di Roma aveva emesso nei suoi confronti un’interdittiva antimafia. Deducendo l’illegittimità del provvedimento di esclusione, la società ha proposto ricorso innanzi al TAR Lazio – Roma, il quale, con sentenza 19/2/2016, n. 2257, lo ha respinto. Avverso la sentenza la medesima società ha, quindi, proposto appello.

I Giudici di Palazzo Spada incentrano il loro iter motivazionale su un’eccezione di carattere pregiudiziale che, tuttavia, si rivela dirimente per l’intera controversia. In particolare, si ritiene fondata l’eccezione con cui le appellate (ovvero l’amministrazione aggiudicatrice e l’aggiudicataria del lotto n. 4) hanno dedotto l’improcedibilità del ricorso in conseguenza dell’omessa impugnazione dell’aggiudicazione definitiva intervenuta nelle more del giudizio.

A sostegno di tale conclusione, il Collegio richiama un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, il ricorso proposto avverso l’esclusione da una gara pubblica diviene improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, allorché, sebbene tempestivamente comunicata, non sia stata impugnata (con il meccanismo dei motivi aggiunti)  l’aggiudicazione definitiva dell’appalto; tale ultimo provvedimento, infatti, è il solo che “rende definitiva la lesione dell’interesse azionato dal soggetto escluso.

Ne consegue che, anche qualora il ricorrente dovesse ottenere una sentenza di annullamento del provvedimento di esclusione, l’effetto che si produrrebbe è meramente viziante e non caducante degli atti successivi ad esso; sicché, l’aggiudicazione definitiva non impugnata sopravvive e conserva pienamente la sua efficacia, impedendo la produzione di qualsiasi effetto utile in capo al ricorrente, che non conseguirà comunque il bene della vita sperato.

Nella fattispecie è emerso come l’appellante, pur essendo venuta a conoscenza del provvedimento di aggiudicazione definitiva a favore di altra società (peraltro appositamente comunicato all’esclusa), non l’abbia impugnato; pertanto tale circostanza, in ossequio al principio giurisprudenziale suddetto, rende l’appello inammissibile per la sopraggiunta improcedibilità del ricorso di primo grado.

Tale conclusione, prosegue la Quinta Sezione, non viene scalfita neppure da quanto sostenuto dall’appellante nei propri scritti difensivi, secondo cui l’aggiudicazione definitiva potrebbe ritenersi impugnata per il solo fatto che il ricorso di primo grado risultasse formalmente diretto anche contro l’eventuale e non conosciuto provvedimento di aggiudicazione definitiva. Sul punto, il giudice d’appello osserva che si tratta di una semplice formula di stile, priva di qualsivoglia valore processuale, poiché riguarda un atto non ancora venuto ad esistenza al momento della proposizione del ricorso e, quindi, insuscettibile di costituire oggetto d’impugnazione.

Proseguendo nella confutazione delle argomentazioni difensive della società appellante, il Collegio, reputa poi non pertinente il richiamo ad un precedente arresto della medesima Quinta Sezione (11 ottobre 2016, n. 4182). In quell’occasione, infatti, si è affermato il principio secondo cui la mancata impugnazione dell’aggiudicazione definitiva, pronunciata in esecuzione della sentenza di primo grado, non rende l’appello inammissibile, poiché, l’eventuale accoglimento di quest’ultimo, determina l’automatica caducazione della detta aggiudicazione. Ad avviso della Sezione, è evidente che si tratta di un’ipotesi del tutto differente da quella esaminata, in quanto il provvedimento di aggiudicazione de quo non è stato emanato in esecuzione della sentenza di prime cure, bensì come naturale conclusione di una procedura di evidenza pubblica (sebbene ridefinita a causa dell’intervenuta interdittiva prefettizia antimafia sfavorevole alla società appellante).