Principio di conservazione dell'equilibrio contrattuale

1. Se sopravvengono circostanze straordinarie e imprevedibili, estranee alla normale alea, all'ordinaria fluttuazione economica e al rischio di mercato e tali da alterare in maniera rilevante l'equilibrio originario del contratto, la parte svantaggiata, che non abbia volontariamente assunto il relativo rischio, ha diritto alla rinegoziazione secondo buona fede delle condizioni contrattuali. Gli oneri per la rinegoziazione sono riconosciuti all'esecutore a valere sulle somme a disposizione indicate nel quadro economico dell'intervento, alle voci imprevisti e accantonamenti e, se necessario, anche utilizzando le economie da ribasso d'asta.

2. Nell'ambito delle risorse individuate al comma 1, la rinegoziazione si limita al ripristino dell'originario equilibrio del contratto oggetto dell'affidamento, quale risultante dal bando e dal provvedimento di aggiudicazione, senza alterarne la sostanza economica.

3. Se le circostanze sopravvenute di cui al comma 1 rendono la prestazione, in parte o temporaneamente, inutile

o inutilizzabile per uno dei contraenti, questi ha diritto a una riduzione proporzionale del corrispettivo, secondo le regole dell'impossibilità parziale.

4. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono l'inserimento nel contratto di clausole di rinegoziazione, dandone pubblicità nel bando o nell'avviso di indizione della gara, specie quando il contratto risulta particolarmente esposto per la sua durata, per il contesto economico di riferimento o per altre circostanze, al rischio delle interferenze da sopravvenienze.

5. In applicazione del principio di conservazione dell'equilibrio contrattuale si applicano le disposizioni di cui agli articoli 60 e 120.

 

1 - Diritto alla rinegoziazione

L’enunciazione del principio di conservazione del contratto si traduce in un vero diritto alla rinegoziazione azionabile da parte del soggetto colpito dalla scure di sopravvenienze perturbatrici esogene al ciclo economico fisiologico della “scommessa” contrattuale. Affascinanti gli scenari misteriosi innescati da una previsione che profuma di modernità, con particolare riferimento alla mappa dei rimedi, con riguardo  all’enucleazione del riparto di giurisdizione (viso che si tratta di un diritto soggettivo partorito dall’integrazione  reciproca, ex bona fide, del programma contrattuale,  dovrebbe prefigurarsi la giurisdizione civile) e alla praticabilità di interventi giudiziari correttivi ex art. 2932 c.c., caratterizzati da un taglio ortopedico e da una metodica surrogatoria che conduce a una sentenza atipica di carattere costitutivo ove il contratto, alla luce dei canoni ermeneutici di cui al codice civile, preveda già i criteri di ripartizione del rischio e i canoni per il relativo riequilibrio, in guisa da legittimare una correzione giudiziale non esterna, ma interna al contratto ossia un’operazione strettamente interpretativo-integrativa scaturente da  un obbligo de contrahendo e non de contractando  (obbligo di risultato e non di mezzi). In questi termini si segnata la relazione tematica dell’ufficio massimario della Cassazione n. 56 dell’8 luglio 2020; e Trib.. Firenze III, 8/9/2022, secondo cui, in presenza di ripartizione dei rischi e di enucleazione dei criteri di adeguamento individuabili in base all’intercettazione ex bona fide del contatto, l’operazione non sarà invasiva in quanto si tratterà di un’azione interna e non esterna al contratto. Evidenti sono gli echi a dottrina americana dei relational contracts, propria dei contratti di scambio caratterizzati dall’ampio orizzonte temporale (long term agreements).

In sede di commento a Cons. Stato,  VII, n. 7200/2023, la dottrina (A. Basilico) ha rilevato che, tra i principi generali applicabili sia agli appalti, sia alle concessioni, sono compresi quelli di buona fede e tutela dell’affidamento (art. 5) nonché di conservazione dell’equilibrio contrattuale (art. 9), corollario del quale è il riconoscimento del “diritto” alla rinegoziazione finalizzato al “ripristino dell’originario equilibro del contratto” in presenza di circostanze straordinarie e imprevedibili.   Specificazione di questi principi nell’ambito delle concessioni è l’art. 192, che prevede che, al verificarsi di eventi sopravvenuti straordinari e imprevedibili, non imputabili al concessionario, che incidano in modo significativo sull’equilibrio economico-finanziario dell’operazione, il privato “può chiedere la revisione del contratto” al fine di ricondurlo ai livelli di equilibro e di traslazione del rischio pattuiti al momento della conclusione del contratto, purché non sia alterata la natura delle concessione. Si deve ritenere che la rinegoziazione possa comprendere anche una proroga della durata del contratto, dato che l’art. 178, comma 5, del codice la esclude “salvo per la revisione di cui all’articolo 192”.

Sul tema, Cons. Stato, Sez. IV, 1° febbraio 2024, n. 1048 ha ritenuto che la facoltà di prevedere specifici requisiti di capacità professionale, riconosciuta dall’art. 10, comma 3, del nuovo codice dei contratti pubblici (D. Lgs. 31 marzo 2023, n. 36), al pari di quanto statuito dal previgente art. 83, comma 2, D. Lgs. 50/2016, è attuazione del principio affermato dalla Corte di giustizia (17 settembre 2002, in causa C-513/99) e trasfuso della direttiva 2014/24/UE secondo cui: “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l'esperienza necessarie per eseguire l'appalto con un adeguato standard di qualità” (art. 58, paragrafo 4).  A tale scopo, all’Amministrazione è garantita un’ampia discrezionalità nell’individuazione dei requisiti tecnici, ancorché più severi di quelli sanciti a livello normativo, purché la loro previsione sia correlata a circostanze giustificate e risulti funzionale rispetto all’interesse pubblico perseguito e, dunque, rispetti i limiti della congruità e della proporzionalità.

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