Cons. Stato, Sez. V, 26 Luglio 2022 n. 5677

Spetta alla S.A. esperire ulteriori fasi di contraddittorio nell’ambito del sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, ai fini del vaglio circa l’attendibilità, serietà e sostenibilità economica della stessa offerta, laddove la stessa Amministrazione non sia nella condizione di risolvere tutti i dubbi. Ciò considerato che l’amministrazione non può emettere un provvedimento di esclusione dell’O.E., limitandosi a rilevare una semplice insufficienza della documentazione presentata quali spiegazioni richieste e dovendo richiedere le (necessarie) integrazioni all’operatore economico per potere apprezzare sul piano sostanziale la sostenibilità e serietà dell’offerta.

Emerge con chiarezza dunque come il procedimento di verifica di anomalia non richieda di (o sia volto a) sanzionare di sue carenze formali circa la produzione documentale da parte dell’impresa, ma abbia piuttosto lo scopo di vagliare preventivamente l’affidabilità (sostanziale) dell’offerta.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 4590 del 2017, proposto da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Commissario per L'Attuazione del Piano di rientro dal Disavanzo Sanitario per la Regione Calabria, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
 
contro
 
Assipa, Centro Analisi e Ricerche Cliniche Galasso, rappresentati e difesi dall'avvocato Luisa Sorrenti, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
Centro Analisi e Ricerche Cliniche, Laboratorio Analisi Cliniche Biomedical Sas, Laboratorio Simef S.r.l., Laboratorio Andromeda S.N.C., Centro Diagnostico San Nilo S.r.l., Istituto di Patologia Clinica Europa S.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche Snc, Laboratorio Analisi Bio-Data, Laboratorio Salus S.R.L., Regione Calabria, Laboratorio Analisi Cliniche S.n.c. di Nicastro G. & C., Laboratorio Biolab delle Dott.Sse Aronna - Straticò, Laboratorio Analysis Center S.n.c. di Sarubbi e Laudadio, Laboratorio Salus Ricerche Biomediche Dott. Gravina & C. S.N.C, Istituto Diagnostico Medico G.M.M., Istituto di Patologia Clinica Europa S.r.l., Laboratorio Analisi Bio-Data S.a.s. di Colacino Maddalena & C., Laboratorio Luigi Leporace S.r.l., Laboratorio Analisi Cliniche Dott. F. Libri S.r.l., Centro Diagnostico Ippocrate S.r.l., Centro Medico Tommaso Campanella S.r.l., non costituiti in giudizio;
 
nei confronti
 
Regione Calabria, Azienda Sanitaria Provinciale di Reggio Calabria, Azienda Sanitaria Provinciale di Cosenza, non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Prima, n. 2525/2016.
 
 
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Assipa e di Centro Analisi e Ricerche Cliniche Galasso;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza straordinaria del giorno 21 giugno 2022 il Cons. Ugo De Carlo per le parti nessuno è presente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
 
 
FATTO
 
1. Le Amministrazioni appellanti hanno impugnato la sentenza indicata in epigrafe che aveva accolto il ricorso presentato da alcuni laboratori analisi e da un’associazione di categoria per l’annullamento del D.C.A. n. 25 in data 24 febbraio 2016, avente ad oggetto la definizione del livello massimo di finanziamento per l’anno 2016 alle strutture erogatrici di prestazioni assistenza specialistica con oneri a carico del S.S.R..
2. Il decreto del Commissario ad acta aveva fissato i budget per l’anno 2016 sulla scorta della quota di spesa assegnata nell’anno precedente, criterio che i ricorrenti avevano contestato poiché non valorizzava chi aveva effettuato i servizi nel modo più efficiente ed era in contrasto con l’art. 106 TFUE del d.lgs. 502/1992 e del principio o del buon andamento della pubblica amministrazione.
3. La sentenza impugnata aveva accolto il ricorso poiché, nel fissare i tetti di spesa per le prestazioni di assistenza specialistica da privato, il criterio del costo storico si pone in contrasto con i principi di tutela della concorrenza, se non sono adottati i necessari correttivi o se, quanto meno, non vi siano specifiche ragioni di tutela della sanità che la giustifichino. Esso cristallizza le posizioni in passato acquisite sul mercato dai singoli operatori sanitari privati, disincentivando il perseguimento dell’efficienza nell’erogazione dei servizi sanitari e vanificando la concorrenza tra le varie strutture.
4. L’appello si fonda su due motivi.
4.1. Il primo contesta la pertinenza del richiamo al principio comunitario della tutela della concorrenza in quanto gli appellati sono tutte imprese accreditate nel Servizio Sanitario nazionale ed inserite nel sistema del convenzionamento, mentre al principio di cui all’art. 106 TFUE è stata data attuazione per impedire di cristallizzare i soggetti accreditati e consentire nuovi ingressi nell’ambito delle strutture da convenzionare. Mancherebbe pertanto l’interesse a ricorrere che, invece, potrebbe ravvisarsi nell’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato o in soggetti esclusi, o non appropriatamente inclusi nel sistema di convenzionamento. Parimenti non legittimata a ricorrere è l’ASSIPA che rappresenta tutte le strutture sanitarie che potrebbero avere interessi contrastanti tra loro.
4.2. Il secondo censura la valutazione espressa dal primo giudice circa la non adeguata motivazione delle ragioni dell’utilizzo del criterio del costo storico perché non si tiene conto della natura ampiamente discrezionale dell’individuazione dei tetti di spesa; viene richiamato in proposito l’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa per il quale la violazione del legittimo affidamento delle imprese private avviene solo quando emergano profili di illogicità, di contraddittorietà, di ingiustizia manifesta, di arbitrarietà o di irragionevolezza della determinazione.
5. Si costituiva in giudizio Assipa che concludeva per il rigetto del ricorso.
6. Veniva presentata la memoria ex art. 73 da Assipa che si era costituita con comparsa di stile cui seguiva una memoria di replica da parte delle Amministrazioni appellanti
.
DIRITTO
 
7. L’appello è fondato e ciò consente di non affrontare il tema della legittimazione attiva dell’associazione appellata.
8. Nella sentenza impugnata si fa riferimento alla tutela della concorrenza richiamato come uno dei principi fondanti il Trattato dell’Unione Europea, contenuto nell’art. 106 che ha determinato in passato un intervento anche dell’AGCOM per evitare che la ripartizione delle risorse secondo il criterio del costo storico, impedisca l’ingresso di nuovi soggetti in contrasto con la tutela della concorrenza.
Nel caso di specie, però, il ricorso non è stato promosso da soggetti che, pur avendone i requisiti, non vengono accreditati e quindi non possono sottoscrivere convenzioni con il Servizio Sanitario Nazionale, ma da imprese che sono titolari di una convenzione.
La tutela della concorrenza, in questo caso, sarebbe interna ai soggetti accreditati che lamentano come il principio della spesa storica non valorizzi la qualità delle prestazioni rese da singoli operatori che dovrebbero essere premiate con un budget superiore a discapito di altri operatori meno efficienti.
Ma la prova dell’irrazionalità di un simile metodo di ripartizione delle risorse doveva essere fornita da chi ha dato origine al contenzioso e non avrebbe potuto essere sostenuta indifferentemente da tutti, poiché la valutazione in concreto di quale erano state le strutture più efficienti nel fornire il servizio, avrebbe comportato la diminuzione del budget per altre, dal momento che lo stato di crisi della sanità regionale commissariata non consentiva un innalzamento del tetto complessivo.
Indicazione di quale dovesse essere il criterio alternativo non è stata fornita se non con affermazioni generiche non utili a determinare una più corretta ripartizione del budget complessivo tra i vari soggetti accreditati.
Da ciò scaturirebbe il difetto di legittimazione attiva di Assipa, anche laddove riunisse solo le imprese accreditate con il S.S.N., sul quale non è necessario ulteriormente argomentare stante l’infondatezza del ricorso iniziale.
In presenza dell’esigenza di non innalzare il livello complessivo della spesa sanitaria per le regioni in dissesto come la Calabria, il criterio del costo storico non presenta quei caratteri di irrazionalità che sono stati denunciati in assenza di più precisi studi sull’evoluzione delle necessità assistenziali e della relativa spesa (Cons. Stato, III, Sez. 30 agosto 2021, n. 6066).
Peraltro l’ampia discrezionalità nel determinare i tetti di spesa è stata riconosciuta da molte pronunce del giudice amministrativo. La sentenza 3 del 2012 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha stabilito che in assenza di tempestive determinazioni sui tetti provvisori di spesa, se in corso d'anno intenda retroattivamente ridurre i tetti di spesa rispetto all'esercizio precedente, la Regione deve tenere conto anche delle legittime aspettative degli operatori privati sulla ultrattività della disciplina fissata per l'anno precedente.
Ciò significa che, in assenza di un’analisi puntuale sulla qualità delle prestazioni offerte dai singoli soggetti accreditati, esiste un legittimo affidamento su quali saranno le risorse su cui potrà contare in futuro anche per programmare un’attività di natura imprenditoriale e se una diminuzione ci deve essere per mancanza di sufficienti risorse, essa deve colpire in modo proporzionale rispetto ai precedenti budget.
Nel caso in esame non c’è stata una diminuzione di risorse ma un’invarianza rispetto all’anno precedente, ed, in assenza di uno studio sulla maggiore o minore qualità delle prestazioni offerte, è stata confermata la ripartizione dell’anno precedente.
La scelta operata non presenta profili di evidente irrazionalità o ingiustizia, anzi evita disparità di trattamento in assenza di studi sulla qualità delle prestazioni offerte dai singoli enti convenzionati.
9. Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza.
 
P.Q.M.
 
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Terza, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto respinge il ricorso di primo grado.
Condanna gli appellati in solido tra loro a rifondere le spese del presente grado di giudizio che liquida in € 5.000.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
 
 
 
 

Guida alla lettura

Prima di esaminare quanto statuito dal Giudice con la sentenza in esame, risulta importante inquadrare il sub-procedimento della verifica della anomalia dell’offerta e lo scopo sotteso a tale procedimento.

In particolare, lo spirito della disciplina di cui all’art. 97 del D.Lgs. n. 50/2016 è quello di valutare se l’offerta sia nel complesso affidabile in termini sostanziali, anche al fine di legittimare l’eventuale esclusione di un concorrente. In sostanza, la S.A. vaglia l’attendibilità, la serietà e la sostenibilità economica dell’offerta presentata dall’O.E. offerente. In termini ancora più chiari, con particolare riferimento al sub-procedimento, si avvia un “dialogo” tra la S.A. e l’O.E. Il RUP richiede per iscritto la presentazione delle spiegazioni, indicando – eventualmente – le componenti specifiche dell’offerta ritenute anomale; l’O.E. fornisce le spiegazioni entro i termini assegnati dal RUP (e in un termine non inferiore a quindici giorni). Il RUP, eventualmente con il supporto della Commissione, esamina in seduta riservata le spiegazioni fornite e, qualora lo dovesse ritenere opportuno e le stesse non dovessero essere sufficienti, emette un provvedimento di esclusione. In proposito, la legge di gara può anche prevedere un confronto – per ulteriori chiarimenti – attraverso una audizione orale, ma tale ulteriore momento di dialogo rimane ancorato al contraddittorio avviato dalla S.A., con la richiesta di spiegazioni: in sostanza, vi è una struttura monofasica del procedimento, che si conclude con l’esclusione o con l’ammissione alla fase successiva dell’O.E.

Il RUP esclude, ai sensi degli articoli 59, comma 3 lett. c) e 97, commi 5 e 6 del Codice, le offerte che, in base all’esame degli elementi forniti con le spiegazioni risultino, nel complesso, inaffidabili.

In proposito, giova ricordare che è ormai consolidato il principio espresso dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, secondo il quale l’art. 97, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 prevede per la verifica di anomalia dell’offerta una “struttura monofasica del procedimento (e non più trifasica, cioè articolata in giustificativi, chiarimenti, contraddittorio, com’era, invece, nel regime disegnato dal previgente art. 87 d.lgs. n. 163/2006)”, e “pur consentendo alla stazione appaltante di far luogo a ulteriori approfondimenti istruttori successivi alla presentazione delle ‘spiegazioni’, non introduce alcun obbligo in tal senso (Cons. Stato, III, 11 maggio 2021, n. 3709 e 3710).

Nel giudizio di primo grado per la fattispecie in esame, risulta che l’O.E., escluso dalla S.A., abbia impugnato il provvedimento di esclusione, sollevando varie ragioni di doglianza. Il Tribunale amministrativo adìto, nel merito, ha poi accolto il ricorso, annullando i provvedimenti gravati e rimandando alla stazione appaltante per la rinnovazione del giudizio di anomalia.

La S.A., tuttavia, ha proposto appello alla sentenza emessa dal giudice di I grado, deducendo, in particolare, error in iudicando per violazione e falsa applicazione dell’art. 97 d.lgs n. 50 del2016 e dell’art. 9.5.5 del disciplinare di gara.

Entrando ancora più nel dettaglio della legge di gara, in conformità con il più volte richiamato art. 97 del Codice, è previsto che “Il RUP richiede per iscritto al concorrente la presentazione, per iscritto, delle spiegazioni, se del caso indicando le componenti specifiche dell’offerta ritenute anomale. A tal fine, assegna un termine non inferiore a quindici giorni dal ricevimento della richiesta. Il RUP, eventualmente con il supporto della Commissione, esamina in seduta riservata le spiegazioni fornite dall’offerente e, ove le ritenga non sufficienti ad escludere l’anomalia, può chiedere, anche mediante audizione orale, ulteriori chiarimenti, assegnando un termine massimo per il riscontro. Il RUP esclude, ai sensi degli articoli 59, comma 3 lett. c) e 97, commi 5 e 6 del Codice, le offerte che, in base all’esame degli elementi forniti con le spiegazioni risultino, nel complesso, inaffidabili”.

Nel giudizio di primo grado, l’O.E. escluso dalla procedura di gara ha lamentato il fatto che la stazione appaltante - dopo aver richiesto i giustificativi per l’offerta presentata - si era limitata a comunicare che essi fossero insufficienti, ed a tale scarna comunicazione non è seguita alcuna richiesta di integrazioni, neanche a seguito dell’invito rivolto dalla ricorrente per sapere in relazione a quali aspetti i giustificativi fossero stati ritenuti carenti. Secondo l’O.E., la stazione appaltante era tenuta ad esplicitare con chiarezza e precisione quali fossero i passaggi logici svolti dalla Commissione nella valutazione della documentazione prodotta dalla ricorrente, che non sono stati compendiati in un provvedimento conclusivo del procedimento motivato.

Secondo il giudice di primo grado, la S.A. è stata generica a non aver indicato – nella richiesta di giustificazioni – gli elementi ritenuti rilevanti ai fini della verifica di congruità, impedendo pertanto all’O.E. di fornire adeguate spiegazioni e impedendo di legittimare il successivo provvedimento di esclusione. Ancora più nel dettaglio, secondo il giudice di primo grado, l’audizione orale svoltasi, secondo l’iter previsto dalla legge di gara, non è stata preceduta da contestazioni specifiche, tanto da porre in condizioni la ricorrente di riscontrare gli aspetti dell’offerta ritenuti dubbi o carenti, dal momento che, solo in quella sede, la parte è venuta a conoscenza per la prima volta in via informale delle motivazioni poste a base del giudizio di incongruità dell’offerta correlate all’insufficienza delle giustificazioni e non ad una valutazione tecnica.

Il giudice di primo grado, inoltre, si è soffermato sull’iter previsto per il sub-procedimento della verifica dell’anomalia dell’offerta e sulla natura dello stesso monofasica. In particolare, il giudice ha sottolineato che «Seppure la disciplina del procedimento di verifica delle offerte anormalmente basse contenuta nell’art. 97, comma 5, del Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n.50 cit. ha eliminato la originaria articolazione bifasica del procedimento di verifica dell’anomalia, non può tuttavia trascurarsi il rilievo dell’art. 69 della direttiva UE 2014/24/UE sugli appalti pubblici come interpretata dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’U.E. secondo cui “è essenziale che ogni offerente sospettato di aver presentato un'offerta anormalmente bassa disponga della facoltà di far valere utilmente il suo punto di vista al riguardo, conferendogli la possibilità di presentare ogni giustificazione sui vari elementi della sua offerta in un momento in cui egli ha conoscenza non solo della soglia di anomalia applicabile all'appalto di cui trattasi nonché del fatto che la sua offerta è apparsa anormalmente bassa, ma anche dei punti precisi che hanno suscitato perplessità da parte dell'amministrazione aggiudicatrice” (cfr. la sentenza del 27 novembre 2001, Lombardini e Mantovani, C285/99 e C286/99, al punto 54, pronunciata con riferimento all'art. 30, n. 4, della direttiva del Consiglio 14 giugno 1993, 93/37/CEE). Ed al riguardo la giurisprudenza ha osservato che: “Tenuto conto della scarna direttiva del legislatore nazionale (peraltro, conforme alla norma europea e all’interpretazione patrocinata dalla Corte di Giustizia), e dei principi di non aggravamento, di efficacia e di economicità del procedimento di verifica della congruità delle offerte (principi generali del procedimento, richiamati all’art. 4 e all’art. 30, comma 8, del Codice dei contratti pubblici, per l’affidamento di contratti pubblici), le cadenze della fase del contraddittorio hanno lo scopo essenziale di acquisire dall’offerente la dimostrazione dell’affidabilità dell’offerta sottoposta a verifica, potendosi quindi sviluppare anche attraverso plurime interlocuzioni tra la stazione appaltante e l’offerente, fino al limite logico (e cronologico) costituito dal momento in cui il responsabile del procedimento ritenga di aver acquisito le informazioni e gli elementi sufficienti per la decisione circa l’affidabilità o meno dell’offerta.” Nella specie, nella fase che ha preceduto l’adozione formale del provvedimento di esclusione, l’istante non è stata posta in grado, tramite assegnazione di un termine, di controdedurre sulle carenze e sui rilievi operati dalla Commissione giudicatrice nel verbale dell’11.11.2021 che non le è stato inoltrato in allegato tramite p.e.c., di cui ha avuto mera lettura verbale nell’audizione del successivo 17.12.2021, e stante il riscontro negativo della richiesta di integrazioni tempestivamente formulata nella stessa giornata».

Da tali premesse, il giudice di primo grado ha accolto il ricorso, rinviando alla S.A. la rinnovazione del giudizio di anomalia nei termini della pronuncia giurisprudenziale.

Vediamo adesso cosa ha statuito la V sezione del Consiglio di Stato. Il giudice di secondo grado è partito proprio dalla struttura monofasica del procedimento, tenendo conto della legge di gara, della giurisprudenza maturata in materia e della normativa nazionale e eurounitaria.

In particolare, il giudice di secondo grado ha osservato che l’art. 97, comma 5, d.lgs. n. 50 del 2016 prevede l’esclusione per anomalia dell’offerta in due casi, e cioè “se la prova fornita non giustifica sufficientemente il basso livello di prezzi o costi proposti, tenendo conto degli elementi di cui al comma 4” a fronte delle spiegazioni fornite dal concorrente, ovvero se è accertato che l’offerta è anormalmente bassa in relazione ai parametri indicati sub lett. a)-d) della stessa disposizione(cfr. Cons. Stato, V, 28 gennaio 2019, n. 690).

Diversa da queste è l’ipotesi in cui “la stazione appaltante non sia in condizione di risolvere tutti i dubbi in ordine all’attendibilità dell’offerta soggetta a verifica di anomalia, per non poter, in particolare, o ritenere insufficienti le giustificazioni presentate dal concorrente in relazione agli elementi di cui al comma 4 o accertare l’inadeguatezza complessiva dell’offerta sulla scorta degli indicatori di cui al comma 5dell’art. 97”: rispetto a tale ipotesi “deve concludersi che la possibilità di avanzare altre richieste istruttorie non costituisce altro che una delle modalità di perseguimento dello stesso interesse pubblico all’individuazione del miglior offerente che imprime il relativo procedimento”(Cons. Stato, n. 690 del 2019, cit.; cfr. anche Id., III, 11 ottobre 2021, n. 6818).

Pertanto, la S.A. ha la possibilità di avviare ulteriori momenti di confronto con l’O.E., ma sempre rientranti nell’ambito dell’unica struttura monofasica della verifica di anomalia, attribuendo al RUP la possibilità di chiedere ulteriori chiarimenti qualora le spiegazioni fornite non dovessero essere ritenute sufficienti e dovessero ancora esserci dubbi circa l’attendibilità e serietà dell’offerta:

«la previsione vuol semplicemente chiarire che tale possibilità interlocutoria (e istruttoria) non è preclusa - e anzi ben spetta - alla stazione appaltante (cfr. Cons. Stato, n. 690 del 2019, cit., che fornisce espressa risposta negativa al quesito “se […] il procedimento di verifica dell’anomalia debba necessariamente risolversi nell’unica fase menzionata nella disposizione”), ma rimane fermo il fatto che “laddove la stazione appaltante non sia in condizione di risolvere tutti i dubbi in ordine all’attendibilità dell’offerta soggetta a verifica di anomalia” (Cons. Stato, n. 4973 del 2020, cit.) l’esperimento di ulteriori fasi di contraddittorio, come prevista nella specie proprio dall’art. 9.5.5, è necessitato, non potendo l’amministrazione limitarsi a rilevare la (e motivare sulla base della) semplice insufficienza della documentazione (cfr. ancora Cons. Stato, n. 4973 del 2020, cit., che fa riferimento appunto alla “necessità di esperire ulteriori fasi di contraddittorio procedimentale” nei suddetti casi; cfr. peraltro Cons. Stato, VI, 4 aprile2022, n. 2442, richiamata anche dall’appellante, che si sofferma specificamente su un distinto profilo, chiarendo come l’amministrazione non possa comunque, in siffatte ipotesi, sopperire direttamente all’assenza parziale di spiegazioni attraverso la conduzione di autonome ricerche di mercato sulla congruità dell’offerta, atteso che le carenze vanno risolte attraverso interlocuzione con l’impresa)».

Nella fattispecie in esame, la stazione appaltante non ha espresso (né aveva gli elementi per farlo) un giudizio (e una motivazione) d’inaffidabilità sostanziale dell’offerta nei termini di cui ad una delle due ipotesi previste dall’art. 97, comma5, d.lgs. n. 50 del 2016, ma ha sostanzialmente rilevato la lacunosità dei giustificativi prodotti, inidonei a pervenire a un giudizio di congruità, ma altrettanto - a ben vedere - a uno di incongruità dell’offerta.

Alla luce di quanto sopra, emerge che il procedimento di verifica di anomalia non richieda di (o sia volto a) sanzionare di sue carenze formali circa la produzione documentale da parte dell’impresa, ma abbia piuttosto lo scopo di vagliare preventivamente l’affidabilità (sostanziale) dell’offerta.