TAR Lombardia, Milano, Sez. I, 26 agosto 2022, n. 1945

E’ configurabile come abuso del diritto la condotta di una società la quale, dopo aver formalmente avviato con la P.A. un procedimento amministrativo tendente ad ottenere il rilascio di una autorizzazione – e specificamente di un’autorizzazione per la posa di un cavo in fibra ottica lungo una strada provinciale- abbia repentinamente ed inusitatamente impugnato in s.g. un atto amministrativo, adottato dalla medesima P.A., avente natura meramente endoprocedimentale, finalizzato al dialogo procedimentale, in funzione collaborativa, senza intraprendere con l’Amministrazione alcuna effettiva e concreta iniziativa volta a far valere le proprie ragioni, anche di dissenso, in sede procedimentale. Espressione dell’abusivo esercizio di un potere, anche processuale, è anche quello che conduce ad una artificiosa attivazione del rimedio giurisdizionale, ovvero alla proposizione di una domanda giudiziale senza una obiettiva, valida, giustificazione, meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, in situazioni in cui il rimedio giurisdizionale, che pur sempre costituisce la extrema ratio, ben potrebbe agevolmente essere evitato dal soggetto titolare della pretesa, senza sforzi eccessivi, irragionevoli o non proporzionati.

L’impugnazione in sede giurisdizionale di un atto privo di valenza provvedimentale può porsi in contrasto con il canone della buona fede e della correttezza, che rileva non solo sul piano sostanziale e/o procedimentale, ma anche su quello processuale, quando l’iniziativa processuale sia logicamente inconciliabile con il contegno tenuto in sede procedimentale.

Invero, un mero atto interlocutorio, notiziale volto alla integrazione/regolarizzazione di una domanda di autorizzazione, esprime una funzione collaborativa, in ossequio ai principi di buona fede e correttezza che devono sempre e comunque informare i rapporti tra l’Amministrazione e i consociati.

Specificamente, un atto endoprocedimentale concreta una chiara ipotesi di “soccorso procedimentale” (art. 6, comma 1, lett. b), l. n. 241/1990), funzionale a consentire alla parte istante di provvedere a “sanare/integrare/regolarizzare” la domanda, al fine di superare la soglia di “ammissibilità” e di consentire, quindi, il pieno dispiegarsi dell’obbligo di provvedere ex art. 2, comma 1, l. n. 241/1990.

Posto che l’atto endoprocedimentale è impugnabile solo unitamente all'atto conclusivo del procedimento amministrativo e non autonomamente, in quanto privo di portata lesiva, la proposizione del ricorso in sede giurisdizionale depone per un contegno in violazione dei principi generali di lealtà e solidarietà nei rapporti intersoggettivi, anche con l’Amministrazione pubblica, se non preceduto da un tempestivo riscontro alla richiesta interlocutoria di essa Amministrazione, anche ed eventualmente allo scopo di manifestare e introdurre nel procedimento le proprie ragioni di dissenso. Pertanto, l’inerzia, ovvero la mancata collaborazione in sede procedimentale da parte della ricorrente, contrasta in modo irrefragabile con la successiva iniziativa giurisdizionale, concretante una forma di inammissibile venire contra factum proprium, con connotazioni emulative e abusive.

In conclusione, gli obblighi di buona fede e correttezza che devono informare la condotta dei soggetti avvinti da un rapporto giuridico, si dispiegano con continuità anche nella (eventuale) successiva fase giurisdizionale, costituente il segmento finale del rapporto e del contatto inter partes.

Le iniziative processuali, la meritevolezza e l’ammissibilità dell’interesse che le sostiene, vanno dunque scrutinate anche in forza dell’apprezzamento degli antecedenti comportamenti e/o manifestazioni di volontà posti in essere dalle parti.

 

LEGGI LA SENTENZA

 

 

Pubblicato il 26/08/2022

N. 01945/2022 REG.PROV.COLL.

N. 01709/2017 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1709 del 2017, proposto da
Telecom Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Ferraris e Enzo Robaldo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Provincia di Lodi, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Laura Mezzena, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- della nota della Provincia di Lodi 15 maggio 2017, prot. Tit. 05.05.09 Fasc. 33/58, trasmessa a Telecom in data 17 maggio 2017, con cui la Provincia di Lodi ha disposto la sospensione della pratica relativa alla richiesta di autorizzazione per la posa di un cavo in fibra ottica lungo la SP. 126, nel Comune di Senna Lodigiana invitando Telecom Italia S.p.A. ad adeguarsi al “Regolamento per la disciplina delle Autorizzazioni, Concessioni e Nulla Osta Stradali” adottato dalla Provincia;

- ove occorrer possa delle comunicazioni e-mail assunte dalla Provincia di Lodi nelle date dell'8 e 9 giugno del 2017, volte a chiarire il significato della nota del 15 maggio 2017 e della sospensione con la stessa disposta;

- della deliberazione del Consiglio provinciale di Lodi del 27 settembre 2016, n. 14 recante l'approvazione del “Regolamento per la disciplina delle Autorizzazioni, Concessioni e Nulla Osta Stradali - Autorizzazioni al transito dei mezzi eccezionali singoli/multipli e periodici – Autorizzazioni per l'installazione della Cartellonistica Pubblicitaria – Autorizzazioni gare ciclistiche e manifestazione sportive su strada” e del relativo regolamento;

- della delibera del Presidente della Provinciale di Lodi dell'11 ottobre 2016, n. 96 recante l'approvazione delle nuove tariffe relativi a diritti, oneri d'istruttoria, canoni relativi alle autorizzazioni, canoni di occupazione temporanea e permanente;

- del modulo per la “Richiesta di concessione/autorizzazione/nulla osta per la posa di infrastrutture per l'erogazione dei servizi - Attraversamenti e occupazione stradali” approvato dalla Provincia di Lodi, la cui utilizzazione è imposta anche agli operatori di TLC;

- di ogni atto presupposto, antecedente, consequenziale o comunque connesso.


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Provincia di Lodi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 23 giugno 2022, tenutasi da remoto, Rocco Vampa e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1. Con la Delibera di Giunta n. 49 del 1 marzo 2012, la Provincia di Lodi approvava uno schema convenzione disciplinante le modalità di realizzazione e manutenzione della rete di telecomunicazioni lungo le pertinenze e sedi stradali con la tutela contestuale del demanio stradale e la sicurezza della circolazione; la convenzione, di poi, veniva sottoscritta dalla Provincia e da Telecom S.p.a. in data 21 marzo 2012.

1.1. Con deliberazione n. 14 del 27 settembre 2016, il consiglio provinciale di Lodi approvava il “Regolamento per la disciplina delle Autorizzazioni, Concessioni e Nulla Osta Stradali – Autorizzazioni al transito dei mezzi eccezionali singoli/multipli e periodici – Autorizzazioni per l’installazione della Cartellonistica Pubblicitaria – Autorizzazioni gare ciclistiche e manifestazione sportive su strada”, cui faceva seguito la delibera del Presidente della Provincia dell’11 ottobre 2016, n. 96 recante l’approvazione delle nuove tariffe relativi a diritti, oneri d’istruttoria, canoni relativi alle autorizzazioni, canoni di occupazione temporanea e permanente.

1.2. In particolare, per quel che quivi interessa, le disposizioni regolamentari disciplinavano il modus di presentazione della richieste di concessione, autorizzazione, nulla osta, individuando un apposito modello di domanda, all’uopo predisposto, ove, tra l’altro, il richiedente si obbligava a sostenere tutte le “spese di sopralluogo ed istruttoria”, ad individuare un tecnico “iscritto all’albo/ordine”, a presentare, in caso di occupazioni sia all’interno che fuori dai centri abitati, elaborati grafici sottoscritti da “professionista iscritto all’albo/ordine” o da tecnico comunale all’uopo abilitato, a stipulare una “polizza generale, quale copertura globale”.

1.3. La società ricorrente, poi, presentava alla Provincia di Lodi domanda di autorizzazione per la posa di un cavo in fibra ottica lungo la strada provinciale n. 126.

1.4. Con nota del 15 maggio 2017 la Provincia, riscontrando la ridetta domanda, provvedeva a richiedere una sua “integrazione”, rappresentando i seguenti punti critici:

- necessità di ottenimento del nulla osta del gestore delle acque –in relazione ad un manufatto di attraversamento di un canale irriguo- specificando, altresì, le modalità di attraversamento e “nel caso di aggancio al manufatto stesso, una relazione di stabilità del manufatto redatta da professionista abilitato”;

- “dal km 4+627 al km 4+734, considerata la disponibilità di spazio, deve essere posta oltre la pista ciclopedonale”;

- necessità, come comunicato alla ricorrente già con nota del 10 novembre 2016, di presentazione della domanda pel tramite del modello di cui al nuovo regolamento approvato con la citata delibera n. 14/2016.

1.5. Di qui, in attesa delle richieste integrazioni e regolarizzazioni della domanda, la momentanea “quiescenza” del procedimento di autorizzazione.

1.6. Avverso tale ultima nota, nonché avverso i presupposti provvedimenti generali, Telecom Italia s.p.a. insorgeva avanti questo TAR, a mezzi di gravame essenzialmente deducendo:

- preliminarmente, sussistenza dell’interesse a ricorrere e tempestività dell’impugnazione, avendo essa ricorrente interesse a impugnare il “provvedimento di sospensione”, in quanto asseritamente determinante un arresto procedimentale a tempo indeterminato, subordinato all’adeguamento e all’integrazione indicata dalla stessa Amministrazione; il gravame sarebbe, altresì, tempestivo, in quanto proposto anche avverso il regolamento approvato con delibera n. 14 del 27 settembre 2016, nel rispetto del termine di 60 giorni dall’adozione del primo atto applicativo, risalente al 15 maggio 2017;

- violazione e falsa applicazione di legge (articoli 10 del D. Lgs. n. 198/2002; 4, 5, 25, 35, 50, 58, 86, 87, 87-bis, 87-ter, 88, 90 e 93 D. Lgs. n. 259/2003; art. 1 L. n. 69/2009; articolo 12 del D. Lgs. n. 33/2016; articolo 231 del D. Lgs. n. 285/1992; articoli 1174, 1321, 1375 del codice civile; articoli 1, 3, 7, 10, 20 della L. n. 241/1990; art. 2 del D.L. n. 112/2008; art. 63 D. Lgs. 446/1997, art. 18 L. 488/99; art. 38, 40 e 47 del D. Lgs. 507/1993; articoli 23 e 97 della Costituzione; articoli 41 e 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e articolo 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo; art. 41 L. n. 166/2002; Direttive 2002/20/CE, 2002/21/CE e 2014/61/UE). Violazione dei principi di parità di trattamento, di non discriminazione e di concorrenza nel settore delle TLC. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, contraddittorietà, sviamento, perplessità, difetto di istruttoria e motivazione, violazione del principio di proporzionalità. Eccesso di potere per violazione della circolare del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 20 gennaio 2009, n. 1777 e della delibera AGCOM del 22 novembre 2011 n. 622/11/Cons; la ricorrente invoca, invero, la radicale illegittimità del regolamento e dell’impugnato atto applicativo, pel tramite dei quali la Provincia intimata intenderebbe imporre oneri contrastanti con il codice delle comunicazioni elettroniche, e ciò a prescindere dalla perdurante efficacia inter partes – o meno – della convenzione stipulata nel 2012; d’altra parte, il meccanismo di silenzio assenso previsto all’art. 88, comma 7, d.lgs. 259/2003 si appaleserebbe incompatibile con la disposta sospensione procedimentale; lesiva del principio di proporzionalità e dell’art. 1, comma 1 e 1bis, l. 241/90 sarebbe anche la scelta della Amministrazione di procedere ad una nuova regolazione in via autoritativa, senza il coinvolgimento degli operatori di telecomunicazioni; illegittime, poi, sarebbero le singole disposizioni regolamentari su cui fonderebbe la nota gravata, stante la inammissibilità dell’imposizione di prestazioni patrimoniali diverse (art. 4, nonché 1 e 10, del regolamento impugnato, volte a imporre delle “spese di istruttoria”) da quelle espressamente previste e individuate (artt. 35, 88, 93 d.lgs. 259/2003); illegittimo sarebbe anche l’obbligo di sottoscrizione di una polizza generale, quale “copertura globale per tutte le concessioni, autorizzazioni e interventi d’urgenza da rilasciare nel corso dell’anno”, onere non previsto dall’art. 93, né dall’art. 88, d.lgs. 259/2003; parimenti illegittima sarebbe anche la prescrizione che obbliga gli operatori delle telecomunicazioni a individuare per ogni pratica un tecnico iscritto all’albo professionale di riferimento.

1.7. Si costituiva la Provincia di Lodi, eccependo preliminarmente la irricevibilità per tardività del gravame –essendo stata la cogenza delle prescrizioni regolamentari de quibus, approvate nel lontano 2016, già rappresentata con la nota del 10 novembre 2016, non impugnata – la sua inammissibilità, in quanto volto avverso un atto interlocutorio privo di valenza provvedimentale, e in ogni caso instando per la sua reiezione per infondatezza.

1.8. La causa, al fine, illustrate le rispettive posizioni con ulteriori scritti difensivi, veniva introitata per la decisione all’esito della discussione tenutasi nella udienza del 23 giugno 2022.

DIRITTO

2. Il ricorso è inammissibile, comechè diretto avverso un atto privo di veruna valenza provvedimentale.

2.1. Va, in via liminare, scrutinata la preliminare eccezione di rito formulata dalla resistente Provincia –relativa alla “tardività della’impugnazione”, melior alla sua inammissibilità, per mancata impugnazione del presupposto atto lesivo, rinvenibile nella nota del 10 novembre 2016- al fine di disvelarne la evanescenza.

L’art. 41, comma 2, c.p.a. individua il dies a quo del termine decadenziale per la proposizione della domanda caducatoria nel momento della “notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale” nel “giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge”.

2.1.1. Costituisce, all’uopo, dato ricevuto quello in forza del quale (CdS, IV, 3875/2018; Id., id., 5675/17; Id., id., 5654/17) la “piena conoscenza” non deve essere intesa quale “conoscenza piena ed integrale” del provvedimento stesso - ovvero di eventuali atti endo-procedimentali, la cui illegittimità sia idonea a viziare, in via derivata, il provvedimento finale - essendo di contro sufficiente la percezione, ovvero la ragionevole ed esigibile percepibilità della esistenza di un provvedimento amministrativo, nonché della sua attitudine lesiva della sfera giuridica dell’interessato.

2.1.2. Solo in tal guisa, invero:

- si attualizza e concretizza l’interesse ad agire, che sostanzia una delle condizioni dell’azione;

- diviene, indi, normativamente esigibile la reazione giurisdizionale da parte del soggetto “attinto” dall’agere amministrativo.

2.1.3. La “piena conoscenza”, indi, va riferita al fatto della esistenza di un provvedimento, e della sua idoneità lesiva; è tale consapevolezza che solo vale a rendere effettivo l’interesse ad agire, o legitimatio ad processum, che postula:

- la lesione, concreta e attuale, di quell’interesse sostanziale, differenziato e qualificato, che in abstracto conferisce la legittimazione ad agire, ovvero la legitimatio ad causamid est l’altra condizione dell’azione;

- la effettiva utilitas ritraibile dalla tutela giurisdizionale, che deve costituire, dunque, il necessitato mezzo per la rimozione della lesione e il soddisfacimento dell’interesse (sostanziale), stante il generale divieto di azioni emulative ovvero di abuso del processo; di qui l’indissolubile legame tra l’interesse del domandante (art. 100 c.p.c.) e la concreta utilità del “servizio giurisdizionale”, che al soddisfacimento di quell’interesse è teleologicamente preordinato. La pronunzia deve assicurare un vantaggio, di talchè “l’interesse ad agire è dato dal rapporto tra la situazione antigiuridica che viene denunziata e il provvedimento che si domanda per porvi rimedio mediante l’applicazione del diritto, e questo rapporto deve consistere nella utilità del provvedimento, come mezzo per acquisire all’interesse leso la protezione accordata dal diritto” (Cass. III, 12241/98).

2.1.4. Al fine della individuazione del dies a quo del termine decadenziale per l’esperimento dell’azione di annullamento, indi, è necessario che rientri nel “fuoco” della conoscenza, ovvero della conoscibilità:

- la attualità del nocumento, id est la sussistenza di un vulnus concreto alla sfera giuridica del soggetto che “accede” alla tutela giudiziale, ovvero la piena efficacia e idoneità lesiva di un atto, anche non noto nei suoi estremi o nel suo preciso contenuto;

- la concretezza della lesione sofferta, intesa come sua effettività ed apprezzabilità.

2.1.5. E’ solo in tale momento, invero, che:

- diviene percepibile la lesione diretta della sfera giuridica personale e, indi, la utilitas ritraibile dalla tutela giurisdizionale;

- al soggetto “attinto” potrà essere normativamente richiesta, a pena di decadenza, la immediata reazione in sede giurisdizionale.

2.1.6. Orbene, allorquando si invoca la “anticipata conoscenza” dell’atto impugnato da parte del ricorrente, ovvero si invoca la preesistenza di altri atti (conosciuti o conoscibili) da cui sia discesa ab initio ed ex ante la lesione della sfera giuridica di esso ricorrente, grava giustappunto in capo alla parte eccipiente –che tale anticipata conoscenza ovvero tale preesistenza alleghi- fornire un adeguato supporto probatorio al proprio assunto (tra le tante, CdS, II, 2 febbraio 2022, n. 721).

2.1.7. Nella fattispecie che ne occupa la Provincia di Lodi, che pure ha invocato la preventiva conoscenza da parte della società ricorrente della cogenza delle prescrizioni regolamentari de quibus e degli oneri che ne discendono pel tramite della comunicazione dell’atto del 10 novembre 2016:

- non ha fornito la prova rigorosa della conoscenza ovvero della conoscibilità di tale nota da parte della società ricorrente;

- di più, non ha neanche provveduto a versare in atti la invocata nota del 10 novembre 2016.

2.1.8. Il mancato assolvimento di tali, agevoli, oneri probatori –irremissibilmente gravanti sulla parte eccipiente anche in ossequio al principio cd. di “vicinanza della prova”, trattandosi di atti e fatti rientranti nella sfera di signoria della parte pubblica- depriva di consistenza la eccezione.

2.2. Il gravame, tuttavia, è inammissibile sotto altro aspetto, come peraltro pure eccepito dalla resistente Amministrazione, in quanto avente ad oggetto un atto non provvedimentale.

2.2.1 E, invero, la nota quivi gravata costituisce una mero atto interlocutorionotiziale e volto alla integrazione/regolarizzazione della domanda di autorizzazione, pel tramite del quale la Provincia - in funzione collaborativa, ed in ossequio ai principi di buona fede e correttezza che devono sempre e comunque informare i rapporti tra la Amministrazione e i consociati:

- ha portato a conoscenza della società istante la esistenza di talune circostanze, autonomamente impedienti il conseguimento dell’agognato titolo;

- ha, pertanto, invitato essa società ricorrente a provvedere alle consequenziali integrazioni e regolarizzazioni della domanda.

2.2.2. Trattasi di atto endoprocedimentale, concretante una chiara ipotesi di “soccorso procedimentale” (art. 6, comma 1, lett. b), l. 241/90), funzionale a consentire alla parte istante di provvedere a “sanare/integrare/regolarizzare” la domanda, al fine di superare la soglia di “ammissibilità” e di consentire, indi, il pieno dispiegarsi dell’obbligo di provvedere ex art. 2, comma 1, l. 241/90.

2.2.3. Ora, costituisce dato ricevuto quello in forza del quale l'atto endoprocedimentale, è impugnabile solo unitamente all'atto conclusivo del procedimento amministrativo e non autonomamente, ad eccezione dei casi in cui assuma carattere di vincolatività, determinando in via inderogabile il contenuto dell'atto conclusivo del procedimento, ovvero comporti un arresto procedimentale. Nella fattispecie, va esclusa l'autonoma impugnabilità dell'atto interlocutorio con il quale la Provincia, esaminando la richiesta di autorizzazione della ricorrente, ha invitato la società istante: i) a produrre ulteriore documentazione (per quanto attiene all’aspetto concernente l’attraversamento del canale irriguo); ii) ad apportare talune modifiche tecniche alla localizzazione dell’impianto (per il tratto che va dal km 4+627 al km 4+734); iii) ad avvalersi dei nuovi moduli per la presentazione della domanda (con gli obblighi regolamentari correlati).

2.2.4. Valga, all’uopo, il richiamare le statuizioni foggiate in subiecta materia, per cui: “la regola secondo la quale l'atto endoprocedimentale non è autonomamente impugnabile, giacché la lesione della sfera giuridica del suo destinatario è normalmente imputabile all'atto che conclude il procedimento, è di carattere generale; la possibilità di un'impugnazione anticipata è invece di carattere eccezionale e riconosciuta solo in rapporto a fattispecie particolari, ossia ad atti di natura vincolata idonei a conformare in maniera netta la determinazione conclusiva oppure in ragione di atti interlocutori che comportino un arresto procedimentale (Cons. Stato, sez. IV, 16 maggio 2011 , n. 2961)” (CdS, III, 02/11/2019, n.7476).

E, d’altra parte, “il requisito dell’attualità dell’interesse non è rilevabile allorché il pregiudizio derivante dall’atto amministrativo impugnato è meramente eventuale, ovvero quando l’emanazione del provvedimento non ha arrecato alcuna lesione diretta nella sfera giuridica del soggetto ricorrente né è certo che una siffatta lesione comunque si realizzerà in un secondo tempo (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 10 febbraio 2017, n. 343; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 17 aprile 2015, n. 5711; altresì Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 giugno 2009, n. 4125; 14 gennaio 2009, n. 111)” (TAR Lombardia, II, 26 aprile 2021, n. 1039).

2.2.5. D’altra parte:

- se è stato reiteratamente affermata la non impugnabilità del cd. preavviso di rigetto, atto che non ha portata lesiva nei confronti delle parti private coinvolte, in quanto avente chiara connotazione endoprocedimentale, con la funzione di preannunciare le ragioni ostative all'accoglimento dell'istanza formulata (TAR Lazio, III, 14 febbraio 2022, n. 1728);

- allora, e a fortiori, tale valenza lesiva deve essere esclusa per atti, quali quello che ne occupa, volti alla integrazione e alla regolarizzazione della domanda.

2.2.6. Di qui la inammissibilità del ricorso che ne occupa, come pure eccepito dal Comune, stante la inesistenza di un atto provvedimentale di diniego.

2.3. Sotto altro e concorrente aspetto, va nondimeno rimarcato che dopo la comunicazione del 15 maggio 2017 –atto amministrativo di dialogo procedimentale, in funzione collaborativa- la ricorrente, senza intraprendere veruna effettiva e concreta iniziativa volta a far valere le proprie ragioni, anche di dissenso, in sede procedimentale, di contro provvedeva in guisa repentina ed inusitata ad intraprendere la iniziativa giurisdizionale che ne occupa.

2.3.1. In questa ottica, la condotta serbata in sede procedimentale e processuale dalla ricorrente si appalesa contrastante con il canone della buona fede e della correttezza, che rileva non solo sul piano sostanziale e/o procedimentale, ma anche su quello processuale, allorquando la iniziativa processuale si appalesi logicamente inconciliabile con il contegno tenuto in sede procedimentale.

2.3.2. E, invero, non può non rimarcarsi il contegno serbato a monte ed ex ante dalla ricorrente in sede procedimentale che, in violazione dei principi generali di lealtà e solidarietà nei rapporti intersoggettivi, anche con la Amministrazione pubblica, non ha provveduto a tempestivamente fornire riscontro alla richiesta interlocutoria di essa Amministrazione, anche ed eventualmente allo scopo di manifestare ed introdurre nel procedimento le proprie ragioni di dissenso, in tal guisa colorando e vivificando il contraddittorio procedimentale; talchè la inerzia, ovvero la mancata collaborazione in sede procedimentale da parte della ricorrente, contrasta in guisa irrefragabile con la successiva iniziativa giurisdizionale, concretante una forma di inammissibile venire contra factum proprium, con connotazioni emulative e abusive.

2.3.3. Gli obblighi di buona fede e correttezza che devono sempre e comunque informare la condotta dei soggetti avvinti da un rapporto giuridico, si dispiegano con continuità anche nella (eventuale) successiva fase giurisdizionale, costituente il segmento finale del rapporto e del contatto inter partes.

2.3.4. Di talché, le iniziative processuali, la meritevolezza e l’ammissibilità dell’interesse che le sostiene, vanno scrutinate anche in forza dell’apprezzamento degli antecedenti comportamenti e/o manifestazioni di volontà posti in essere dalle parti.

2.3.5. La giurisprudenza (CdS, V, 27/3/2015, n. 1605; CdS, V, 27 aprile 2015, n. 2064; Cass., 7 maggio 2013, n. 10568; TAR Lombardia, I, 19 novembre 2018, n. 2603; TAR Campania, III, 10 gennaio 2018, n. 154) da tempo riconosce la vigenza, nel sistema giuridico, di un principio generale di divieto di abuso del diritto, inteso come categoria diffusa nella quale rientra ogni ipotesi in cui un diritto cessa di ricevere tutela, poiché esercitato al di fuori dei limiti stabiliti dalla legge.

2.3.6. Il dovere di buona fede e correttezza, di cui agli artt. 1175, 1337, 1366 e 1375 del c.c., alla luce del parametro di solidarietà, sancito dall'art. 2 della Costituzione e dalla Carta di Nizza, si pone non più solo come criterio per valutare la condotta delle parti nell’ambito dei rapporti obbligatori e/o procedimentali, ma anche come canone per individuare un limite alle richieste e ai poteri dei titolari di diritti, anche sul piano della loro tutela processuale (TAR Lombardia, I, 24 marzo 2020, n. 546; Id.id., 28 agosto 2019, n. 1929; Id. id., 14 giugno 2019, n. 1376; Id., id. 2810/18).

2.3.7. Espressione dell’abusivo esercizio di un potere, anche processuale, è anche quello che conduce ad una artificiosa attivazione del rimedio giurisdizionale, id est alla proposizione di una domanda giudiziale:

- senza una obiettiva, valida, giustificazione, meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico;

- in situazioni in cui il rimedio giurisdizionale, che pur sempre costituisce la extrema ratio, ben potrebbe agevolmente essere evitato dal soggetto titolare della pretesa, senza sforzi eccessivi, irragionevoli o non proporzionati.

2.3.8. E ciò arrecando un oggettivo nocumento:

- al buon andamento della azione amministrativa, determinando altresì aggravi procedimentali e finanziari, legati anche alle necessità defensionali della Autorità;

- ai principi generali di buona fede e correttezza, da ultimo reiterati anche nella lex generalis che governa il procedimento amministrativo, per cui “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede” (art. 1, comma 2-bis, l. 241/90);

- al principio del rispetto della non illimitatezza della risorsa-giustizia (Cass., SS.UU., 26242/14 e 26243/14);

- al principio di lealtà e probità processuale, valore cui andrebbe costantemente improntata la condotta delle parti nel processo;

- al principio di effettività della tutela;

- al principio di economia (anche extra) processuale, declinazione del giusto processo inteso (anche) come esigenza di evitare la eventualità di moltiplicazione dei processi.

2.3.9. Le considerazioni suesposte inducono, anche sotto tale aspetto, a formulare un giudizio di inammissibilità della complessiva condotta procedimentale posta in essere dalla ricorrente, analogamente alla correlata esplicazione del potere di azione in sede giudiziale, stante:

- la inesistenza di un atto di diniego da parte della Amministrazione;

- la emanazione, in funzione collaborativa e di dialogo procedimentale, di una richiesta di integrazione;

- la inerzia di contro serbata dalla stessa ricorrente in sede procedimentale, pure a fronte dell’espresso atto di invito formulato dalla Amministrazione.

3. Non si rinvengono ragioni, infine, per deflettere dalla regola generale, in forza della quale le spese di lite seguono la soccombenza, nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna Telecom Italia s.p.a. al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in € 5.000,00, oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2022, tenutasi da remoto, con l'intervento dei signori magistrati:

Fabrizio Fornataro, Presidente

Rocco Vampa, Referendario, Estensore

Agatino Giuseppe Lanzafame, Referendario