TAR BASILICATA, SEZ. I, 12 maggio 2022, n. 356

Deve ritenersi che alla posizione giuridica azionata vada riconosciuta la consistenza dell’interesse legittimo, stante la mancata estrinsecazione del relativo potere autoritativo e non potendo il giudice sostituirsi all’Amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. art. 34, co. 2, cod. proc. amm.).

Il TAR Basilicata si pronuncia circa l’accertamento del diritto del ricorrente ad ottenere il riconoscimento della revisione prezzi in relazione al contratto di appalto stipulato con il Comune di Tursi, avente ad oggetto i lavori di urbanizzazione primaria zona P.I.P., nonché la declaratoria dell’obbligo, imputato a detto Ente civico, di adottare un provvedimento espresso sull’istanza di revisione prezzi, già presentata e reiterata dal medesimo ricorrente.

Nel caso di specie, il ricorrente, aveva formulato istanza di revisione prezzi, fondata sulla circostanza della posticipazione della scadenza naturale del contratto di appalto; la Giunta Comunale di Tursi riconosceva detta pretesa, quantificando nuovamente i prezzi oggetto dell’istanza; il ricorrente, qualificando la rideterminazione del quantum insoddisfacente, proponeva ricorso dinnanzi al Tribunale di Matera, chiedendo la condanna del Comune di Tursi al pagamento del compenso richiesto; la domanda, pur se accolta in primo grado, veniva respinta dalla Corte d’Appello di Potenza, la quale dichiarava difetto di giurisdizione del G.O., osservando che il petitum del giudizio vertesse, oltre che sul quantum debeatur, sull’an di detto compenso revisionale, dovendosi ritenere che la deliberazione della Giunta Comunale non fosse idonea a riconoscere la fondatezza del diritto alla revisione, in quanto la competenza a tale statuizione sarebbe spettata al Consiglio Comunale.

Riassunta dinnanzi al TAR Potenza, non deve sorprendere che il ricorso, in tale sede, sia stato dichiarato in parte inammissibile, in parte irricevibile.

Soffermandosi sulla disciplina in materia di riparto di giurisdizione, la pronuncia, riferendosi a recenti arresti giurisprudenziali, ricostruisce i presupposti attraverso i quali incardinare il giudizio presso il giudice naturale precostituito per legge: la situazione giuridica soggettiva tutelata.

Al di fuori dei casi in cui la legge espressamente deroga a tale criterio, come nel caso della giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133 c.p.a., la domanda che pretenda una statuizione sull’an del diritto all’ottenimento della revisione dei prezzi presuppone l’esercizio di un potere discrezionale imputabile alla pubblica amministrazione procedente, sicché la tutela dell’interesse pubblico a cui il potere discrezionale deve orientarsi, incontra necessariamente una situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo quale estremo opposto all’altro capo del rapporto.

Diversamente, qualora la revisione prezzi sia stata oggetto di autonoma negoziazione, inveratasi nel contratto quale clausola negoziale dello stesso, è evidente che in tal caso la domanda è volta all’accertamento della volontà che le parti abbiano convogliato nel contratto, atteggiandosi a privati contraenti. Ne deriva che la P.A., titolare di capacità soggettiva pubblica, ma anche privata, come emerge dall’art. 11 c.c., assume la veste di privato, assoggettandosi alla lex mercatoria che ne discende.

Il caso deciso dal TAR Potenza presenta la circostanza per cui l’an della revisione dei prezzi non sia stato affatto accertato, come erroneamente supposto in primo grado dal Tribunale di Matera, in quanto il riconoscimento di tale diritto discenderebbe da un organo spoglio del necessario potere di delibera. Il giudice amministrativo, dunque, pur se astrattamente competente a pronunciarsi su una domanda volta alla tutela di un interesse legittimo, deve sottrarsi alla determinazione di una soluzione nel caso concreto, posto che il giudice non può mai pronunciarsi dinnanzi a casi in cui il potere della pubblica amministrazione procedente non sia ancora stato esercitato ex art. 34, c. 2, c.p.a.

In altri termini, il ricorso deve dichiararsi parzialmente inammissibile nella parte in cui la pronuncia determinerebbe un’intollerabile intromissione del giudice amministrativo nel potere riservato alla pubblica amministrazione, sì da derogare al principio di separazione dei poteri costituzionali, oltre che al principio di riserva di attività amministrativa, come evincibile dall’art. 97 Cost.

 

LEGGI LA SENTENZA

 

Pubblicato il 12/05/2022

N. 00356/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00372/2020 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 372 del 2020, proposto da
Luigi Tancredi, rappresentato e difeso dagli avvocati Luca Di Mase e Raffaele Vendegna, con domicilio eletto presso lo studio Luca Di Mase in Potenza, via n. Sauro 102;

contro

Comune di Tursi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Nicola Mastronardi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’accertamento del diritto del ricorrente al riconoscimento, nella misura da esso pretesa e/o in quella maggiore o minore che risulterà di giustizia, alla revisione prezzi con riferimento al contratto di appalto stipulato n. 394 del 12.12.1988, avente ad oggetto i lavori di urbanizzazione primaria zona P.I.P. del Comune di Tursi.

Nonché per la declaratoria dell'obbligo del Comune di Tursi di adottare un provvedimento espresso sull'istanza di revisione prezzi presentata dal ricorrente il 13.11.1993, reiterata il 26.04.1994 e il 22.05.1997.


 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Tursi;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2022 il dott. Paolo Mariano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1. Con il presente ricorso, depositato in data 21/9/2020, a seguito di rituale riassunzione (derivante dalla declinatoria di giurisdizione pronunciata dalla Corte di Appello di Potenza con sentenza n. 874/2019 del 13/12/2019), il Geom. Luigi Tancredi – titolare dell’omonima impresa di costruzioni - ha chiesto l'accertamento del diritto alla revisione prezzi con riferimento al contratto di appalto stipulato in data 12/12/1988, avente ad oggetto i lavori di urbanizzazione primaria della zona P.I.P. del Comune di Tursi, nonché la declaratoria dell’obbligo, da parte di detto Ente civico, di adottare un provvedimento espresso sull’istanza di revisione prezzi presentata dal ricorrente in data 13/11/1993 (reiterata il 26/4/1994 e il 22/5/1997).

1.1. Emerge in fatto quanto segue:

- con contratto del 12/12/1988, il Comune di Tursi ha affidato alla Ditta edile del ricorrente l'appalto per l’esecuzione dei lavori di urbanizzazione primaria della zona P.I.P. (con scadenza prevista in data 6/9/1989), per l’importo complessivo di Lire 1.348.843.908;

- in data 13/11/1993, ricorrendone i presupposti (ossia la posticipazione della scadenza contrattuale al 31/3/1994, in ragione di plurime sospensioni dei lavori per cause non imputabili all’appaltatore), il ricorrente ha formulato istanza di revisione dei prezzi;

- con deliberazione n. 494 del 24/9/1994, la Giunta Comunale di Tursi ha riconosciuto detta pretesa, quantificandola nella misura di Lire 44.061.380 (IVA inclusa);

- in data 14/6/1999, reputata insoddisfacente detta quantificazione, il ricorrente ha citato il Comune dinanzi al Tribunale di Matera, chiedendo la condanna dell’ente al pagamento del compenso revisionale nella misura dovuta (oltreché degli interessi legali e moratori per il ritardato pagamento del primo e del quinto stato di avanzamento). Con sentenza n. 49 del 16/5/2011, il Tribunale di Matera, accogliendo la domanda attorea, ha condannato il Comune di Tursi al pagamento in favore dell’odierno ricorrente della somma di Euro 214.829,24, oltre interessi successivi alla data del 31/12/2008, sino al soddisfo;

- con sentenza n. 874 del 13/12/2019, la Corte di Appello di Potenza (evocata dal soccombente Comune) ha, tuttavia, dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice ordinario sulla domanda di pagamento della revisione del prezzo dell’appalto, ritenendo che l’oggetto del giudizio vertesse (oltreché sul quantum) sull’an del compenso revisionale, stante l’inidoneità della deliberazione della Giunta Comunale, n. 494 del 24/9/1994, a riconoscere il diritto alla revisione dei prezzi in favore dell’appaltatore, trattandosi di atto promanante da un organo sprovvisto di competenza in materia (da attribuirsi, invece, in via esclusiva, al Consiglio comunale);

- la controversia è stata, quindi, riassunta in questa sede.

2. Si è costituito in giudizio, con atto di stile, il Comune di Tursi.

3. All’udienza pubblica del 27/4/2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. Il ricorso è in parte inammissibile e in parte irricevibile, secondo quanto rilevato in corso d’udienza ex art. 73, co. 3, cod. proc. amm..

5. La domanda di accertamento del diritto alla revisione prezzi è inammissibile, avendo essa ad oggetto una situazione giuridica che ha la consistenza di interesse legittimo.

Deve, infatti, ritenersi – in coerenza con le generali coordinate di riparto giurisdizionale applicabili ratione temporis - che “in tema di appalto di opere pubbliche, la posizione soggettiva dell'appaltatore in ordine alla facoltà dell'amministrazione di procedere alla revisione dei prezzi - secondo la disciplina vigente anteriormente all'entrata in vigore del d.l. 11 luglio 1992, conv. in l. 8 agosto 1992 n. 359, che ha soppresso tale facoltà, sostituita poi dal diverso sistema di adeguamento previsto dalla legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994 n. 109 - è tutelabile dinanzi al g.a. quando attenga all'an della revisione, in quanto correlata all'esercizio di un potere discrezionale riconosciuto dalla norma alla stazione appaltante, sulla base di valutazioni correlate a preminenti interessi pubblicistici. Essa acquista natura e consistenza di diritto soggettivo, tutelabile dinanzi al g.o., quando il diritto alla revisione derivi da apposita clausola stipulata, in deroga alla regolamentazione legale, anteriormente all'entrata in vigore della l. 22 febbraio 1973 n. 37 - che ha vietato ogni genere di accordo incidente su questo aspetto del rapporto - ovvero quando l'amministrazione abbia già esercitato il potere discrezionale a lei spettante adottando un provvedimento attributivo, o ancora abbia tenuto un comportamento tale da integrare un implicito riconoscimento del diritto alla revisione, così che la controversia riguardi soltanto il quantum della stessa” (cfr. Cassazione civile sez. un., 13/9/2005, n. 18126. In termini, con riferimento alle disposizioni succedutesi in materia, anche Consiglio di Stato, sez. III, 22/6/2018, n. 3827; id. sez. V, 22/12/2014, n. 6275 e 24/1/2013, n. 465; Cassazione civile, sez. un., 31/10/2008, n. 26298).

Alla riconosciuta connotazione autoritativa del potere di verifica della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, consegue, dunque, in termini di tutela giurisdizionale, che il privato contraente potrà avvalersi solo dei rimedi e delle forme tipiche di salvaguardia dell'interesse legittimo, di talché:

- sarà sempre necessaria l'attivazione, su istanza di parte, di un procedimento amministrativo nel quale l'Amministrazione dovrà svolgere l'attività istruttoria volta all'accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del compenso revisionale, compito che dovrà sfociare nell'adozione del provvedimento che riconosce il diritto al compenso revisionale e ne stabilisce anche l'importo, il quale deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 27/11/2015, n. 5375; 24/1/2013, n. 465);

- in caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell'appaltatore, quest'ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall'Amministrazione, ma non potrà demandare in via diretta al giudice l'accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all'amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 24/1/2013, n. 465).

Va da sé, dunque, l'impossibilità per il giudice amministrativo, in forza della richiamata giurisprudenza, condivisa pienamente dal Collegio, di procedere all'accertamento e alla condanna rispetto ad una pretesa che, nella sua fase inziale, presuppone l'esercizio di attività amministrativa e si connota, pertanto, in termini di interesse legittimo (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 6/5/2020, n. 2860; sez. III, 6/8/2018, n. 4827; T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 4/2/2019, n. 566).

Poste tali premesse concettuali, deve ritenersi incontestabile - nel caso di specie – l’assenza di qualsivoglia determinazione amministrativa che abbia previamente accertato, in favore del ricorrente, la spettanza del compenso revisionale oggetto della lite. A tal fine, non può giovare la deliberazione della Giunta Comunale n. 494 del 24/9/1994, in quanto – come evidenziato dalla Corte d’Appello di Potenza – la competenza deliberativa in materia va attribuita al Consiglio comunale (cfr. Cassazione civile, sez. un., 23/7/2015, n. 15474), con conseguente inidoneità dell’atto giuntale a fondare l’an della pretesa sub iudice (il che, come visto, costituisce la ragione della declinatoria di giurisdizione cui è pervenuto il giudice a quo).

Pertanto, deve ritenersi che alla posizione giuridica azionata vada riconosciuta la consistenza dell’interesse legittimo, stante la mancata estrinsecazione del relativo potere autoritativo relativamente e non potendo il giudice sostituirsi all’Amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. art. 34, co. 2, cod. proc. amm.).

A ciò consegue, per quanto dianzi esposto, l’inammissibilità dell’azione di accertamento di detta situazione giuridica.

6. La domanda diretta alla declaratoria dell’illegittimità del silenzio sull’istanza di riconoscimento del compenso revisionale del 13/11/1993 è, invece, irricevibile.

L’art. 31, co. 2, cod. proc. amm. prescrive che “L’azione avverso il silenzio può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento”.

In specie, va rilevato che detta azione è stata proposta per la prima volta con il ricorso in riassunzione, dunque ben oltre il richiamato termine decadenziale (considerato che l’istanza volta al riconoscimento della revisione prezzi è stata presentata in data 13/11/1993 e reiterata, da ultimo, il 22/5/1997); né a tal fine può invocarsi la clausola di salvezza degli effetti sostanziali e processuali prevista dall’art. 11 cod. proc. amm., stante l’innovatività della domanda in esame rispetto al petitum dell’originario giudizio civile. Ciò fermo restando che, secondo quanto previsto dalla richiamata disposizione, costituisce facoltà della parte riproporre l’istanza amministrativa per cui è causa.

7. In ragione della particolarità della vicenda processuale e della costituzione solo formale del Comune intimato, sussistono i presupposti di legge per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara in parte inammissibile e in parte irricevibile.

Compensa le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2022 con l'intervento dei magistrati:

Fabio Donadono, Presidente

Pasquale Mastrantuono, Consigliere

Paolo Mariano, Primo Referendario, Estensore