Consiglio di Stato, sez. V, 25 gennaio 2022, n. 491

Il rigetto di una istanza di riesame non equivale alla mancata apertura del procedimento di riesame, concernendo non già il profilo dell’iniziativa procedimentale, ma quello dell’epilogo decisorio, presupponente una nuova ponderazione degli interessi, condotta sulla base degli ulteriori elementi assunti a sostegno della decisione.

Il potere esercitato dall’Anac con l’annotazione nel casellario informatico, ai sensi del predetto art. 38, comma 1-ter, d.lgs. n. 163 del 2006 ha natura sanzionatoria ed afflittiva, con carattere dunque tassativo e di stretta interpretazione (al pari, del resto, delle altre cause di esclusione); ne consegue che l’art. 38, comma 1-ter, d.lgs. n. 163 del 2006 non si applica al di fuori dei casi considerati di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione.

La Sezione con questa più articolata pronunzia ha avuto modo di chiarire che la conferma impropria è configurabile ogni qualvolta l’amministrazione, a fronte di un’istanza di riesame, si limiti a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento (in definitiva, a richiamarlo), senza compiere alcuna ulteriore istruttoria e senza esprimere una nuova motivazione; ove invece i fatti ed i motivi prospettati dal richiedente siano in qualche modo rivalutati, si ha una decisione di merito, di segno negativo, che costituisce una conferma propria (in quanto ha un contenuto identico a quello originario), provvedimento autonomamente impugnabile.

In altri termini a differenza fra la conferma e l’atto meramente confermativo consiste in questo: la conferma consegue ad un completo riesame della fattispecie e ad una nuova valutazione, all’esito dei quali si adotta un nuovo atto di contenuto identico a quello originario; l’atto meramente confermativo è invece quello che richiama il contenuto di un precedente provvedimento, limitandosi a dichiarare che esso esiste, e quindi senza alcuna nuova istruttoria o nuova valutazione degli elementi di fatto e di diritto già considerati in precedenza (cfr. C.dS. Sez. VI 17 luglio 2017 n.3513).

La distinzione rileva sul piano processuale: la conferma si sostituisce integralmente al precedente provvedimento, e risulta autonomamente impugnabile da parte dell'interessato; l'atto meramente confermativo non è invece impugnabile, perché privo di efficacia lesiva propria: in tal senso, fra le molte C.d.S. sez. IV 27 gennaio 2017 n.357 e sez. VI 17 dicembre 2007 n.6459.

Quindi, i​​l riesame, essendo rimesso alla valutazione di merito dell’amministrazione, perché afferisce l’espletamento di un potere discrezionalmente d'ufficio e non su istanza di parte cosicchè  sulle eventuali istanze di parte, aventi valore di mera sollecitazione, non vi è alcun obbligo giuridico di provvedere ( cfr. fra le recenti C.d.S Sez. IV 13 febbraio 2020 n.1141, e ancora  IV Sez. n. 6923 del 2019), allorchè viene attivato, si conclude con un provvedimento che, se analogo al precedente, si qualifica come c.d. di conferma propria, esorbitando dall’ambito dell’atto ad effetto confermativo, che si configura allorchè l’amministrazione dà atto dell’esistenza di un precedente provvedimento, rifiutando di procedere ad una nuova valutazione dell’affare.  

Né può trascurarsi di considerare come talora il potere di riesame viene anche ricondotto ad un generale dovere di ripristino della coerenza e ragionevolezza dell’ordinamento quali principi considerati di primaria importanza dalla giurisprudenza costituzionale ( cfr. Corte cost., 30 novembre 1982, n. 204 e 15 marzo 2020, n. 54).  

Ciò premesso, La Sezione con la medesima pronunzia ha avuto modo di rimarcare il principio di diritto in ordine alla differenza tra dichiarazioni omesse e false di cui rispettivamente ex art. 80, comma 5, lett. c-bis), ovvero lett. f-bis), d.lgs. n. 50 del 2016.

E’ jus receptum che:

- la falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50;

- in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo;

- alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico;

- la lettera f-bis) dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lettera c) [ora c-bis)] della medesima disposizione. (Ad. Plen. 28 agosto 2020, n.16).

Sicchè le fattispecie riconducibili alla lettera c-bis) non consentono l’esclusione automatica dalla procedura di gara, ma impongono alla stazione appaltante di svolgere la valutazione di integrità ed affidabilità del concorrente.

Al contrario, la falsità dichiarativa ha attitudine espulsiva automatica ed è predicabile rispetto ad un “dato di realtà”, ovvero ad una situazione fattuale per la quale possa porsi l’alternativa logica “vero/falso” rispetto alla quale valutare la dichiarazione resa dall’operatore (Ad. Plen. 16/2020 ma anche C.d.S. Sez. IV 20 dicembre 2020 n.8532).

Acclarata la differenza concettuale e normativa tra omessa dichiarazione e falsa dichiarazione. Solo quest’ultima, alla pari della falsa documentazione, assume valore ai sensi dell’ art. 80, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016, nella prospettiva della segnalazione all’Anac, la quale, ove la ritenga resa con dolo o colpa grave, dispone l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalla gara e dagli affidamenti di subappalti. 

La Sezione, conclude, infine in ordine all’esatto inquadramento dell’annotazione del Casellario, che è di chiara natura sanzionatoria, a prescindere (come già ritenuto anche da Cass., sez. un., 4 dicembre 2020, n. 27770) dalla ravvisabilità degli indici elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo per l’affermazione di un quid pluris e cioè della natura sostanzialmente penale (cui devono correlarsi determinate garanzie) della sanzione ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 della convenzione europea dei diritti dell’uomo, ed in particolare di quelli della qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale.

Al di là della precisazione concettuale, l’attività di annotazione da parte di ANAC con riguardo alla falsa dichiarazione o falsa documentazione non costituisce un mero atto dovuto, imponendo invece un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione (in termini di dolo o colpa grave), che confermano la natura evidentemente afflittiva e, quindi, sanzionatoria del provvedimento, con i conseguenti riverberi in tema di esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalti per un dato arco temporale.

LEGGI LA SENTENZA

Pubblicato il 25/01/2022

N. 00491/2022REG.PROV.COLL.

N. 03139/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3139 del 2021, proposto da
Rekeep s.p.a. (gia' Manutencoop Facility Management s.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Antonio Lirosi, Massimo Luciani, Carmine Pepe, Saverio Sticchi Damiani, Andrea Saccucci, Andrea Zoppini e Giorgio Vercillo, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Anac - Autorita' Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Azienda Ospedaliera Santobono Pausilipon di Napoli, non costituita in giudizio;

nei confronti

Coopservice soc. coop. p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Domenico Greco, Pierpaolo Salvatore Pugliano, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Pierpaolo Salvatore Pugliano in Roma, largo Messico, 7;
Markas s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Pietro Adami, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, corso d'Italia, 97;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Graded s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alfredo Gualtieri, Demetrio Verbaro e Mariangela Di Giandomenico, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I, n. 3754 del 2021, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Anac - Autorita' Nazionale Anticorruzione, della Coopservice soc. coop. p.a. e di Markas s.r.l.;

Visto l’intervento ad opponendum della Graded s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2021 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti gli avvocati Lirosi, Luciani, Saccucci, Sticchi Damiani, Vercillo, Di Giandomenico, Greco, Pugliano e dello Stato Pluchino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1.-La Rekeep s.p.a. (già Manutencoop Facility Management s.p.a.) ha interposto appello nei confronti della sentenza 29 marzo 2021, n. 3754 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sez. I, che ha dichiarato inammissibile il suo ricorso ed i motivi aggiunti avverso la nota dell’A.N.A.C. in data 24 dicembre 2020 (recante “notifica inserimento di annotazione interdittiva”) e la successiva annotazione nel casellario effettuata il 25 dicembre.

L’originaria annotazione nel casellario informatico, di cui alla delibera ANAC n. 1106 del 25 ottobre 2017, con la sua efficacia interdittiva semestrale dalle procedure di gara e dagli affidamenti in subappalto, era conseguita alla segnalazione, in data 2 agosto 2016, dell’azienda ospedaliera “Santobono Pausillipon” di Napoli, della omessa produzione, ovviamente con riguardo ad altra gara (di affidamento del servizio di pulizia), da parte della ricorrente (allora Manutencoop Facility Management s.p.a., peraltro quale mandataria di un raggruppamento), della dichiarazione del possesso dei requisiti di cui all’art. 38, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006, da parte di uno dei soggetti a ciò tenuti (e cioè della procuratrice speciale Bernacchi Elisa, peraltro incontestabilmente priva di precedenti penali). In ragione di tale omissione dichiarativa l’appellante si era vista annullare l’aggiudicazione con sentenza di questo Consiglio di Stato 27 ottobre 2016, n. 4514.

La stessa delibera ANAC n. 1106 del 2017 era stata impugnata da Rekeep e la relativa controversia si è conclusa con la sentenza di questa Sezione 27 dicembre 2018, n. 7271, che ha ritenuto legittima l’annotazione, nella considerazione che la locuzione “presentazione di false dichiarazioni o falsa documentazione”, di cui all’art. 38, comma 1-ter, del d.lgs. n. 163 del 2006, ricomprenda sia l’ipotesi del falso commissivo che di quello omissivo, operando un’assimilazione tra omissione dichiarativa e presentazione di una dichiarazione falsa in gara. La sentenza n. 7271 del 2018 è stata oggetto di ricorso per cassazione alle SS.UU. e di ricorso per revocazione, entrambi dichiarati inammissibili (rispettivamente con la sentenza di Cass., SS.UU., 4 dicembre 2020, n. 27770 e con la sentenza di Cons. Stato, V, 13 ottobre 2020, n. 6169).

In data 20 novembre 2020 Rekeep, in pendenza ancora del giudizio di cassazione, ha proposto all’ANAC un’istanza con la quale ha chiesto l’avvio di un procedimento di riesame della delibera n. 1106 del 2017; il competente ufficio dell’ANAC l’ha sottoposta al Consiglio dell’Autorità, il quale, nell’adunanza dell’11 novembre 2020, ha deliberato di convocare in audizione la società; il successivo 25 novembre si è svolta l’audizione (mediante videoconferenza) dinanzi al Consiglio.

L’ANAC ha dunque adottato e comunicato i provvedimenti recanti l’annotazione nel casellario informatico, come pure la nota in data 5 gennaio 2021, emessa sull’istanza (dell’appellante) di soprassedere all’annotazione, atti, tutti, gravati con il ricorso di primo grado.

2. - Con tale ricorso Rekeep, configurando gli atti adottati alla stregua di conferma propria (della delibera ANAC n. 1106 del 2017), ha dedotto un primo gruppo di vizi attinenti al procedimento di riesame (motivi primo e secondo), un secondo gruppo di vizi sostanziali (motivi dal sesto al decimo) ed infine un terzo gruppo di vizi (dal terzo al quinto), mediante i quali è stata invocata la sopravvenienza di un nuovo orientamento giurisprudenziale favorevole alla sua posizione, espresso dalla sentenza di Cons. Stato, Ad. plen., n. 16 del 2020.

3. - La sentenza appellata ha dichiarato il ricorso inammissibile, nell’assunto che l’ANAC non abbia avviato un procedimento di riesame della delibera n. 1106 del 2017 a seguito dell’istanza di Rekeep del 20 novembre 2020, non potendosi pertanto configurare quale conferma propria la delibera ANAC in data 22 dicembre 2020 e la nota di comunicazione del successivo 5 gennaio 2021. In particolare, la sentenza ha rilevato che il presidente dell’ANAC, in apertura della seduta del 25 novembre 2020, in cui si è tenuta l’audizione, ha affermato che «allo stato non si rinviene alcuna rilevante sopravvenienza di fatto che imponga una rivisitazione del provvedimento o una riapertura dei termini del procedimento»; ciò trova conferma nel fatto che non vi è stata comunicazione di avvio del procedimento di riesame e che comunque il potere di autotutela è rimesso alla valutazione di merito dell’amministrazione, sicchè sulle eventuali istanze di parte, aventi valore di mera sollecitazione, non vi è alcun obbligo giuridico di provvedere. Ha dunque statuito che la nota impugnata non ha valore provvedimentale, difettando perfino dei requisiti dell’atto meramente confermativo, trattandosi di comunicazione con cui l’ANAC ha reso edotta la parte dell’inesistenza di alcuna ragione per ulteriormente procrastinare l’annotazione della segnalazione.

4.- Con il ricorso in appello la Rekeep s.p.a. ha dedotto l’erroneità della sentenza per non avere correttamente interpretato gli atti ed i provvedimenti oggetto della controversia, dai quali sarebbe al contrario desumibile l’instaurazione di un procedimento di riesame, conclusosi con un provvedimento del Consiglio dell’Autorità di conferma propria della delibera n. 1106 del 2017; ha poi riproposto, ai sensi dell’art. 101 Cod. proc. amm., i motivi assorbiti dalla sentenza di primo grado, attinenti ai vizi procedimentali e sostanziali, incentrati principalmente sulla natura sanzionatoria (asseritamente assimilabile a quella penale) del potere esercitato dall’ANAC ai sensi dell’art. 38, comma 1-ter, del d.lgs. n. 163 del 2006, sulla violazione del principio di proporzionalità, dei principi eurounitari, nonché sull’illegittimità costituzionale dell’art. 38, comma 1-ter, da ultimo richiamato.

5. - Si sono costituiti in resistenza la Coopservice soc. coop. p.a., la Markas s.r.l. e l’ANAC, eccependo l’inammissibilità e comunque l’infondatezza nel merito del ricorso in appello.

6. - E’ inoltre intervenuta ad opponendum la Graded s.p.a., deducendo il suo interesse in ragione della partecipazione ad una gara di appalto (indetta dall’azienda ospedaliera “Mater Domini” di Catanzaro) in cui è presente anche Rekeep.

7. - All’udienza pubblica del 25 novembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.- Con il primo, articolato, motivo l’appellante deduce che l’ANAC ha aperto, su istanza della stessa Rekeep, un procedimento caratterizzato da un’istruttoria, anteriormente alla pubblicazione della sentenza di Cass., SS.UU., 4 dicembre 2020, n. 27770, in contraddittorio con la società, convocata in audizione, e conclusosi con una proposta di rigetto, da parte dell’ufficio, in data 18 dicembre 2020, dell’istanza di Rekeep e di conferma della delibera n. 1106 del 2017, con conseguente decisione di procedere all’annotazione dell’iscrizione; tale proposta è poi stata valutata e recepita dal Consiglio dell’Autorità che, in data 22 dicembre 2020, ha deliberato in conformità della proposta dell’ufficio. Per l’appellante, tale attività esclude che possa configurarsi una mera comunicazione di ANAC, espressiva dell’impossibilità di procrastinare l’annotazione della segnalazione in ragione della sopravvenuta definitività delle pronunce giurisdizionali, evidenziando al contrario un procedimento amministrativo di secondo grado, a sua volta conclusosi con una delibera del Consiglio, di rigetto dell’istanza di Rekeep, avente natura di conferma propria, come si evincerebbe anche dalla registrazione della seduta del 25 novembre 2020 (minuto 26,10). Assume ancora l’appellante che, ferma la tendenziale insussistenza di un obbligo di avviare un procedimento di riesame su istanza di un privato, allorchè siano valutati i contenuti della domanda stessa, all’esito di un contraddittorio con l’istante, il procedimento di secondo grado deve ritenersi avviato, e deve essere concluso con un provvedimento espresso.

Il motivo è fondato.

La attenta scansione dell’attività compiuta dall’ANAC all’esito dell’istanza di riesame di Rekeep in data 20 novembre 2020 impedisce al Collegio di condividere l’assunto del giudice di prime cure, basato essenzialmente sul contenuto delle affermazioni asseritamente rese dal presidente dell’Autorità in apertura dell’audizione del 25 novembre 2020 e sulla nota in data 18 dicembre 2020 definita “Appunto per il Consiglio”, da cui emergerebbe che l’ANAC non ha inteso avviare un procedimento di riesame, circostanza confermata dalla mancata comunicazione dell’avvio del relativo procedimento, con il corollario di escludere valore provvedimentale (in particolare di conferma propria) alla nota impugnata.

Giova premettere che, per consolidata giurisprudenza, la distinzione tra atto meramente confermativo, e quindi inimpugnabile, e atto di conferma in senso proprio, autonomamente impugnabile, è data dallo svolgimento quanto al secondo di una rinnovata valutazione e ponderazione, ovvero un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento; segnatamente, ricorre l’atto meramente confermativo nel caso in cui è ribadita la decisione assunta nell’atto precedente, senza alcuna rivalutazione degli interessi, né nuovo apprezzamento dei fatti; vi è invece provvedimento di conferma quando si procede ad un riesame della precedente decisione, valutando nuovamente gli elementi di fatto acquisiti ovvero acquisendone di nuovi, come pure ponderando una seconda volta gli interessi coinvolti. Il provvedimento di conferma si configura dunque come esito di un procedimento di secondo grado, senza che rilevi il fatto che la decisione assunta coincida perfettamente con quella contenuta nel precedente provvedimento, perché quel che conta è che essa sia il frutto di un rinnovato esercizio del potere amministrativo. In altri termini, sollecitata, in entrambi i casi, a riaprire il procedimento da un’istanza esterna, l’amministrazione con l’atto meramente confermativo dà una risposta negativa non riscontrando valide ragioni di riapertura del procedimento concluso con la precedente determinazione, laddove con il provvedimento di conferma dà una risposta positiva, riapre il procedimento e adotta una nuova determinazione; di conseguenza solo nel caso del provvedimento di conferma in senso proprio vi è un procedimento e, all’esito di questo, un nuovo provvedimento, sia pure di contenuto identico al precedente (in termini, tra le tante, Cons. Stato, IV, 7 maggio 2021, n. 3579).

Nella fattispecie controversa si ha che, a seguito dell’istanza di riesame della delibera n. 1106 del 2017 da parte di Rekeep, con nota del 13 novembre è stata fissata l’audizione dinanzi al Consiglio per il 25 novembre 2020; il relativo verbale evidenzia, al di là del contestato incipit, che viene disposto un rinvio in attesa della documentazione preannunciata ad integrazione dell’istanza. Ricevuta detta documentazione, è intervenuta la nota in data 18 dicembre 2020 “Appunto per il Consiglio”; nella parte contenente le “valutazioni”, la nota rileva preliminarmente che «occorre valutare se l’istanza di riesame del provvedimento formulata dall’O.e. sia accoglibile e se vi siano i margini per l’esercizio della c.d. “autotutela decisoria», per poi affermare che, a parere dell’ufficio, «non si rinviene alcuna rilevante sopravvenienza di fatto che imponga una rivisitazione del provvedimento», tale non potendosi considerare l’attuale situazione di crisi economica della società. La nota, quindi, nelle “conclusioni”, assume che «non è possibile accogliere la […] istanza di riesame, a fronte dell’insussistenza di sopravvenute ragioni di fatto che possano giustificare un riesame del provvedimento», aggiungendo che non «si rinvengono i presupposti per il riesame della delibera a suo tempo assunta e per l’apertura di una nuova istruttoria neppure con la sola finalità di rimodulare le sanzioni da irrogare».

Nell’adunanza del 22 dicembre 2020 il Consiglio dell’Autorità ha deliberato in conformità alla proposta dell’Ufficio.

Si tratta ora di capire se la nota interna e la conforme delibera del Consiglio dell’ANAC si siano fermate ad un’attività prodromica o se invece abbiano introdotto un nuovo procedimento di riesame.

Ad avviso del Collegio è configurabile la seconda opzione, in quanto la nota del 18 dicembre 2020 pone in luce che sia stato introdotto un procedimento di riesame, e sia stata svolta l’istruttoria; l’ufficio dà conto delle risultanze dell’audizione e degli argomenti posti da Rekeep a sostegno dell’istanza di riesame (nuovo orientamento giurisprudenziale, situazione di crisi finanziaria della società, aggravata dalla interdizione semestrale), ritenendo che non costituiscano una rilevante sopravvenienza, concludendo che l’istanza di riesame non è accoglibile. Il compiuto riesame è, del resto, attestato anche dalla nota in data 5 gennaio 2020, anche essa oggetto del ricorso di primo grado, con la quale l’ANAC chiarisce apertis verbis che «il Consiglio, ascoltati i difensori dell’O.e. nel corso dell’audizione del 25.11.2020, rivalutata l’intera vicenda, anche alla luce delle considerazioni formulate dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 27770 depositata il 4.12.2020, nell’adunanza del 22.12.2020 ha dato mandato all’Ufficio di reinserire l’annotazione in oggetto».

Tale esito (di rigetto dell’istanza di riesame) non equivale alla mancata apertura del procedimento di riesame, concernendo non già il profilo dell’iniziativa procedimentale, ma quello dell’epilogo decisorio, presupponente una nuova ponderazione degli interessi, condotta sulla base degli ulteriori elementi assunti a sostegno della decisione.

Infatti la conferma impropria si ha allorchè l’amministrazione, a fronte di un’istanza di riesame, si limiti a dichiarare l’esistenza di un suo precedente provvedimento (in definitiva, a richiamarlo), senza compiere alcuna ulteriore istruttoria e senza esprimere una nuova motivazione; ove invece i fatti ed i motivi prospettati dal richiedente siano in qualche modo rivalutati, si ha una decisione di merito, di segno negativo, che costituisce una conferma propria (in quanto ha un contenuto identico a quello originario), provvedimento autonomamente impugnabile (Cons. Stato, VI, 17 luglio 2017, n. 3513).

Il riesame, quantunque ampiamente discrezionale, essendo rimesso alla valutazione di merito dell’amministrazione (Cons. Stato, IV, 13 febbraio 2020, n. 1141), allorchè viene attivato, si conclude con un provvedimento che, ove analogo al precedente, assume la natura di conferma propria, esorbitando dall’ambito dell’atto ad effetto confermativo, che si configura allorchè l’amministrazione dà atto dell’esistenza di un precedente provvedimento, rifiutando di procedere ad una nuova valutazione dell’affare.

Né può trascurarsi di considerare come talora il potere di riesame sia funzionale al ripristino della coerenza e ragionevolezza dell’ordinamento (valore primario dell’ordinamento, come affermato anche, ovviamente su altro piano, dalla giurisprudenza costituzionale nei più variegati settori dell’ordinamento : a titolo esemplificativo, Corte cost., 30 novembre 1982, n. 204 e 15 marzo 2020, n. 54), infrante, in una vicenda come quella in esame, dalla presenza di un provvedimento, afflittivo in modo esponenziale, come è nella effettualità propria di una sanzione interdittiva, basato su di un’omessa dichiarazione “innocua”.

Corollario di ciò è, contrariamente a quanto statuito dal primo giudice, l’ammissibilità del ricorso di primo grado, avente ad oggetto non solo il provvedimento in data 24 dicembre 2020, di notifica dell’inserimento dell’annotazione interdittiva, ma anche la presupposta delibera del Consiglio in data 22 dicembre 2020, integrante i requisiti della conferma propria.

2. - L’operata ricostruzione della vicenda in termini di conferma propria evidenzia anche l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso svolta dall’ANAC (e, in modo sostanzialmente sovrapponibile, anche dalle altre parti resistenti) nella considerazione che risulterebbe violato il principio del ne bis in idem e il giudicato, in quanto le doglianze svolte da Rekeep in primo grado ed in questa sede riproposte sarebbero volte a rimettere in discussione la delibera n. 1106 del 2017, su cui si è, appunto, formato il giudicato, atteso che le note impugnate sono prive di natura provvedimentale, valendo come mera presa d’atto del giudicato formatosi sul predetto provvedimento sanzionatorio.

E’ noto il principio generale per cui qualora su di una determinata domanda vi sia stata statuizione del giudice e detta statuizione sia passata in giudicato, non è possibile che la stessa domanda venga riproposta, in quanto ciò comporterebbe la violazione del principio del ne bis in idem (tra le tante, Cons., Stato, III, 29 novembre 2018, n. 6808). Ma perché ciò si verifichi, occorre che il precedente giudizio coinvolga le stesse parti in causa e prospetti gli stessi elementi identificativi dell’azione proposta, e quindi che nei giudizi sia chiesto l’annullamento degli stessi provvedimenti, od al più di provvedimenti diversi ma legati da uno stretto vincolo di consequenzialità, in quanto inerenti ad un medesimo rapporto, sulla base di identici motivi di impugnazione (così anche Cons. Stato, V, 26 novembre 2020, n. 7437).

Ma nella fattispecie in esame, il ricorso di primo grado ha ad oggetto provvedimenti diversi dalla delibera dell’ANAC n. 1106 del 2017, e precisamente la delibera ANAC del 24 dicembre 2020, di annotazione della sanzione interdittiva, e la nota del successivo 5 gennaio 2021, di risposta alla richiesta di differimento della stessa annotazione; la (solo) parziale coincidenza dei motivi dedotti discende dalla natura dell’atto impugnato, costituito da un provvedimento di conferma.

Peraltro, con riguardo al giudicato inter partes, di cui alla sentenza della Sezione 27 dicembre 2018, n. 7271, giova rilevare che è di rigetto e ha pertanto un contenuto di accertamento negativo; invero tale tipo di pronuncia lascia invariato l’assetto giuridico dei rapporti precedenti alla radicazione del giudizio con l’impugnazione dell’atto amministrativo (Cons. Stato, V, 8 aprile 2014, n. 1669), sì da non precludere il potere di riesame dell’amministrazione. Ne consegue che il giudicato non ha subito alcun vulnus, venendo in rilievo un ulteriore e diverso segmento di attività amministrativa, conseguente all’istanza di riesame della deliberazione ANAC n. 1106 del 2017.

3. - Con il secondo motivo di appello vengono riproposti i motivi di primo grado; anzitutto il vizio procedimentale correlato all’asserita violazione del principio del contrarius actus, in quanto gli atti adottati all’esito del procedimento di riesame della delibera ANAC n. 1106 del 2017 non sono stati preceduti dalle garanzie procedimentali che avevano caratterizzato l’adozione della prima delibera; inoltre la delibera conclusiva non è neppure stata comunicata alla società, che ne ha avuto conoscenza solamente in virtù del deposito documentale in giudizio.

Il motivo va respinto.

L’ANAC giustifica l’omessa comunicazione di avvio del procedimento in considerazione del fatto che non sia stato introdotto un procedimento di riesame, e che la audizione espletata si collochi in una fase pre-procedimentale.

Ritiene il Collegio che un rapporto di comunicazione si sia comunque instaurato dopo la presentazione dell’istanza di riesame; infatti il Consiglio nell’adunanza dell’11 novembre 2020 ha disposto l’audizione della società appellante, e di ciò le è stata data comunicazione con la nota in data 13 novembre 2020, enucleante chiaramente l’oggetto del procedimento. Tanto è vero che poi la Rekeep ha potuto sollecitare la conoscenza degli atti intervenuti proprio conoscendo la pendenza del procedimento.

4. - Viene poi reiterato il vizio sostanziale, ravvisato nella violazione dell’art. 38, comma 1-ter, del d.lgs. n. 163 del 2006, in combinato disposto con il comma 1, lett. h), dello stesso articolo, nella considerazione che i provvedimenti impugnati siano illegittimi, non essendo oggettivamente configurabile alcuna presentazione di falsa dichiarazione in ordine ai requisiti e alle condizioni rilevanti per la partecipazione alla gara, ma solamente l’omessa dichiarazione di una procuratrice speciale della società, non sanzionabile con l’annotazione nel casellario informatico. Per l’appellante, il potere esercitato dall’ANAC ai sensi del predetto art. 38, comma 1-ter, ha natura sanzionatoria ed afflittiva (presentando i c.d. “Engel criteria” che, in base alla giurisprudenza della Corte EDU, consentono di qualificarlo come sostanzialmente penale), con carattere dunque tassativo e di stretta interpretazione (al pari, del resto, delle altre cause di esclusione). Ne consegue che l’art. 38, comma 1-ter, non si applica al di fuori dei casi considerati di presentazione di falsa dichiarazione o falsa documentazione; la falsità presuppone una dichiarazione recante una immutatio veri, ed è distinta dalla omessa dichiarazione. Nel caso di specie, una dichiarazione non è mai stata presentata e il potere interdittivo è stato esercitato nei confronti di una omessa dichiarazione, per di più innocua, essendo incontestato che in capo alla procuratrice speciale di Rekeep non vi fossero condanne penali che la stessa avrebbe dovuto dichiarare.

Il motivo è fondato.

La giurisprudenza ha chiarito, sul piano interpretativo, la differenza tra dichiarazioni omesse e false, riconducendo le due ipotesi rispettivamente nell’ambito dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis), ovvero lett. f-bis), del sopravvenuto d.lgs. n. 50 del 2016. In particolare, Cons. Stato, Ad. Plen., 28 agosto 2020, n. 16 ha precisato che le fattispecie riconducibili nella prima previsione non consentono l’esclusione automatica dalla procedura di gara, ma impongono alla stazione appaltante di svolgere la valutazione di integrità ed affidabilità del concorrente. Al contrario, la falsità dichiarativa ha attitudine espulsiva automatica ed è predicabile rispetto ad un “dato di realtà”, ovvero ad una situazione fattuale per la quale possa porsi l’alternativa logica “vero/falso” rispetto alla quale valutare la dichiarazione resa dall’operatore (Cons. Stato, IV, 30 dicembre 2020, n. 8532).

Ora, a prescindere da questi profili attinenti alla disciplina della gara, ciò che rileva in questa sede è che risulta ormai acclarata la differenza giuridica tra omessa dichiarazione e falsa dichiarazione. Solo quest’ultima (unitamente alla falsa documentazione) assume valore, a termini dell’art. 38, comma 1-ter, del d.lgs. n. 163 del 2006, ma anche dell’analogo art. 80, comma 12, del d.lgs. n. 50 del 2016, nella prospettiva della segnalazione all’ANAC, la quale, ove la ritenga resa con dolo o colpa grave, dispone l’iscrizione nel casellario informatico ai fini dell’esclusione dalla gara e dagli affidamenti di subappalti.

Il sopravvenuto chiarimento giurisprudenziale non ha peraltro una “portata innovativa”, in quanto, come detto, già l’art. 38, comma 1-ter, limitava, come emerge dalla sua ermeneusi letterale, la segnalazione alle ipotesi di falsa dichiarazione o falsa documentazione, locuzione che comunque non ammette un’interpretazione estensiva (nei confronti delle dichiarazioni omesse), operando il principio di stretta tipicità legale della fattispecie sanzionatoria, come questa Sezione ha avuto occasione di porre in evidenza in pronunce cautelari (cfr. Cons. Stato, V, ord. 26 febbraio 2021, n. 923, nonché ord. 23 aprile 2021, n. 2163, intervenuta nel presente contenzioso).

Tornando sulla natura giuridica dell’annotazione nel casellario, osserva il Collegio come sia impossibile escluderne una natura sanzionatoria, a prescindere (come già ritenuto anche da Cass., SS.UU., 4 dicembre 2020, n. 27770) dalla ravvisabilità degli indici elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo per l’affermazione di un quid pluris e cioè della natura sostanzialmente penale (cui devono correlarsi determinate garanzie) della sanzione ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 della convenzione europea dei diritti dell’uomo, ed in particolare di quelli della qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, della intrinseca natura dell’illecito e del grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere (c.d. “Engel criteria”, affermati per la prima volta dalla Corte EDU, 8 giugno 1976, Engel c. Paesi Bassi, e poi ribaditi dalla sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia), tematica cui è applicabile la recente giurisprudenza costituzionale evocata dall’appellante, concernente in definitiva l’estensione dello “statuto costituzionale” delle sanzioni penali a quelle amministrative a carattere punitivo (tra cui i principi di irretroattività della norma sfavorevole, e di retroattività della lex mitior : cfr. Corte cost., 16 aprile 2021, n. 68).

Occorre considerare che, seppure l’annotazione sia generalmente ricondotta nell’ambito della funzione di vigilanza e controllo dell’ANAC (argomentando anche dall’art. 213, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016), con riguardo alla falsa dichiarazione o falsa documentazione non costituisce un mero atto dovuto da parte dell’ANAC a seguito della segnalazione, imponendo altresì un giudizio di imputabilità della falsa dichiarazione (in termini di dolo o colpa grave), e producendo delle conseguenze inequivocabilmente afflittive, in particolare l’esclusione dalle procedure di gara e dagli affidamenti di subappalti per un dato arco temporale, così da assumere -lo si ripete- natura sanzionatoria (in termini Cons. Stato, V, 13 dicembre 2019, n. 8480).

5. - L’accoglimento dello scrutinato motivo, portando all’annullamento degli atti impugnati, ha efficacia assorbente ed esime il Collegio dalla disamina dei residui motivi, concernenti, rispettivamente, un ulteriore profilo di violazione dell’art. 38, comma 1-ter, del d.lgs. n. 163 del 2006, nella considerazione che l’omessa dichiarazione ex art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006 della procuratrice speciale in relazione alla “gara Santobono” non ha costituito una condotta consapevole dell’appellante, difettando dunque l’elemento soggettivo attribuito dall’ANAC a Rekeep, l’incompletezza del riesame della delibera n. 1106 del 2017 (in relazione alla dichiarata finalità anticoncorrenziale della “falsa dichiarazione”, rispetto alla quale vi sarebbe incompetenza dell’ANAC), la violazione dell’art. 45 della direttiva 2004/18/CE (che potrebbe consentire l’esclusione dalla singola gara, ma non anche dalla partecipazione alle successive) e del principio eurounitario di tassatività delle cause di esclusione, nonché, ancora, la violazione dei principi di proporzionalità (che non può prescindere dalla considerazione del carattere lieve delle irregolarità commesse e dunque anche della mera omissione inoffensiva), di libera circolazione delle merci e di parità di trattamento, oltre che della libertà di stabilimento, di libera prestazione dei servizi e della libera concorrenza, e prospettanti, in subordine, anche molteplici profili di illegittimità derivata dalla illegittimità costituzionale dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006.

Appare utile solamente aggiungere, per completezza di esposizione, che la non veridicità delle dichiarazioni fornite dall’impresa alla stazione appaltante presuppone la coscienza e volontà di rendere una dichiarazione falsa e dunque il dolo generico dell’agente, e non anche il dolo specifico, irrilevanti essendo le concrete intenzioni dell’agente, in quanto non è richiesto l’animus nocendi o decipiendi, al pari del falso documentale colposo.

Un’ultima considerazione può essere fatta sulla portata dell’art. 45, comma 2, lett. g), della direttiva 2004/18/CE (recepita dall’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006); nella misura in cui consente l’esclusione dalla gara dell’operatore economico «che si sia reso gravemente colpevole di false dichiarazioni nel fornire le informazioni che possono essere richieste a norma della presente sezione o che non abbia fornito dette informazioni», perimetra l’effetto espulsivo alle ipotesi di grave colpevolezza, non rinvenibili nel caso in cui il concorrente non consegua alcun vantaggio in termini competitivi, essendo in possesso di tutti i requisiti previsti.

6. - Alla stregua di quanto esposto, l’appello va accolto; per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, va accolto il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati. La particolare complessità della controversia integra le ragioni che per legge giustificano la compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio (fermo quanto disposto per la fase dell’esecuzione cautelare).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie; per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado, con conseguente annullamento dei provvedimenti impugnati.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 novembre 2021 con l'intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Angela Rotondano, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere, Estensore

Giovanni Grasso, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere