Consiglio di Stato, sez. III, 12 ottobre 2021 n. 6841

-       Se, infatti, può riconoscersi alla valutazione di equivalenza della stazione appaltante carattere implicito, secondo la tecnica motivazionale “per relationem”, a diversa conclusione deve pervenirsi con riferimento all’oggetto della “relatio”, che non può che essere espresso, al fine di evitare che la catena dei rimandi si risolva nella sostanziale elusione dell’obbligo motivazionale che assiste (tutti, sebbene in diversa misura a seconda della tipologia e degli effetti) i provvedimenti amministrativi.  

-       A tale logica si ispira, del resto, l’indirizzo interpretativo maturato in relazione al sindacato sulla valutazione di anomalia dell’offerta, essendo costante l’affermazione giurisprudenziale secondo cui “l’obbligo di motivazione analitica e puntuale sulle giustificazioni sussiste solo nel caso in cui l’Amministrazione esprima un giudizio negativo, mentre tale onere non sussiste in caso di esito positivo del giudizio di congruità dell’offerta essendo sufficiente in tal caso motivare il provvedimento per relationem alle giustificazioni presentate dal concorrente” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 8442 del 28 dicembre 2020).

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 4570 del 2021, proposto da 

Wright Medical Italy s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Francesco Paolo Francica, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Gianni Zgagliardich, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

Servizio Sanitario Regionale Emilia Romagna – Ausl della Romagna - U.O. Acquisti Aziendali, non costituiti in giudizio; 

nei confronti

Limacorporate s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Stefano Fruttarolo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

Arthrex Italia s.r.l., Exactech Italia s.p.a., Permedica s.p.a., Zimmer Biomet Italia s.r.l., non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Prima) n. 00421/2021, resa tra le parti

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna e di Limacorporate s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 settembre 2021 il Cons. Ezio Fedullo e dato atto, quanto ai difensori e alla loro presenza, di quanto indicato a verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

Con la sentenza appellata, il T.A.R. per l’Emilia-Romagna ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto da Wright Medical Italy s.r.l. per l’annullamento, relativamente al lotto n. 11, della determinazione di aggiudicazione ed esclusione n. 4121 del 16 dicembre 2020 del Direttore ad interim dell’Unità Operativa Acquisti Aziendali dell’Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna, con la quale è disposto “di procedere, per i motivi esposti in premessa, ed esplicitati nei verbali sopra citati, all’aggiudicazione definitiva dell’accordo quadro con più operatori economici per la fornitura di “protesi ortopediche e dei dispositivi correlati al loro impiego edizione 2”.

Premesso che la gara si fondava sul criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa (con la prevista attribuzione di un massimo di 70 punti per l’offerta tecnica e di un massimo di 30 punti per quella economica) e che, con riferimento al lotto (recte, “oggetto”) n. 11, oggetto di controversia, all’esito della valutazione effettuata dalla Commissione giudicatrice la ricorrente, essendosi classificata al sesto posto, era stata esclusa dall’elenco dei primi quattro operatori economici in grado di poter offrire il proprio prodotto, prevedendo il disciplinare che sarebbero risultate aggiudicatarie le sole offerte valide collocate ai primi 4 posti, essa censurava, con il ricorso introduttivo del giudizio, la predetta determinazione n. 4121 del 16 dicembre 2020, con la quale l’Amministrazione aveva disposto l’aggiudicazione definitiva del lotto di interesse (concernente “protesi inversa modulare con impianto glenoideo per casi complessi, perdita di sostanza, erosione della glenoide”) in favore di Limacorporate s.p.a.,(prima), Permedica s.p.a (seconda), Exactech Italia s.p.a. (terza) e Zimmer Biomet Italia s.r.l.(quarta).

E opportuno riepilogare i temi decisori che la parte ricorrente sottoponeva all’esame del giudice di primo grado.

Premetteva la parte ricorrente che il capitolato tecnico indicava specifici requisiti essenziali che avrebbero dovuto essere presenti con riferimento all’oggetto n. 11, “Protesi inversa modulare con impianto glenoideo per casi complessi, perdita di sostanza, erosione della glenoide”, e che, ai sensi dell’art. 2 del medesimo capitolato: “Per ciascun oggetto gli OE devono offrire prodotti conformi alle caratteristiche tecniche descritte nel presente capitolato tecnico e nel relativo allegato A). Le specifiche tecniche costituiscono requisiti essenziali, e la mancata corrispondenza e/o equivalenza implica irricevibilità dell’offerta”.

Essa deduceva quindi, in primo luogo, che a tutte le aziende - Arthrex, Exactech, Lima, Permedica, Wright Medical e Zimmer Biomet - era stato attribuito lo stesso identico punteggio, ovvero

- Gamma di misure disponibili: 1,00

- Qualità del materiale: 0,75

- Diversa morfologia dei componenti: 1,00

- Diverse opzioni di modularità: 1,00

nonostante i prodotti offerti in gara presentassero caratteristiche notevolmente differenti, tanto che in alcuni casi si riscontrava l’assenza dei requisiti richiesti dalla stazione appaltante, con la conseguenza che sarebbe stato onere della commissione fornire adeguata motivazione sul punto.

In dettaglio, evidenziava la parte ricorrente che:

1) le società Limacorporate, Exactech e Permedica, nella rispettiva relazione tecnica, non facevano riferimento a steli di diversi lunghezza né li avevano inseriti nell’offerta economica;

2) Limacorporate aveva offerto in gara il sistema SMR, AXIOMA TT Metal Back: ebbene, dalla lettura della relazione tecnica non si evinceva la disponibilità dello stelo omerale a presa distale;

3) Limacorporate non disponeva di stelo omerale cementato di diverse lunghezze, metafisi non cementata e cementata (ma di soluzioni per trauma o elezione) e il dispositivo anti-disassemblaggio era caratterizzato da cono-morse e non in PE;

4) Permedica aveva offerto in gara il sistema MIRAI: essa non disponeva dello stelo omerale a presa distale (o quanto meno tale prodotto non veniva citato nella relazione tecnica), né di stelo omerale non cementato di diverse lunghezze e dispositivo anti-disassemblaggio in PE;

5) Exactech aveva offerto in gara il sistema Equinoxe/stelo Primary: dalla relazione non si evinceva tuttavia alcuna descrizione relativa allo stelo omerale a presa distale, inoltre la società non disponeva di stelo omerale non cementato di diverse lunghezze e metafisi cementata e non cementata;

6) Zimmer Biomet aveva offerto in gara il sistema Comprehensive: essa non disponeva tuttavia di metafisi cementata e non cementata e di dispositivo anti-disassemblaggio in PE;

7) Arthrex aveva offerto in gara il sistema Universe il quale non disponeva di dispositivo anti-disassemblaggio in PE.

Deduceva quindi la parte ricorrente che, come già rilevato, la commissione aveva attribuito a tutte le aziende il medesimo punteggio, laddove i prodotti delle concorrenti avrebbero dovuto essere esclusi dalla gara in quanto tutti i requisiti indicati erano previsti come necessari, senza fornire alcuna “congrua motivazione e dimostrazione di equivalenza”, tenuto conto che la lex specialis imponeva la presentazione di prodotti in possesso di tutte le caratteristiche tecniche elencate nel capitolato.

La ricorrente proseguiva evidenziando che gli inserti omerali richiesti avrebbero dovuto essere forniti in polietilene ad elevatissimo peso molecolare, in diversi diametri e spessori, in configurazione standard, eccentrica e ritentiva.

Essa deduceva quindi che:

1) Limacorporate, con il sistema SMR, AXIOMA TT Metal Back, non disponeva di inserti eccentrici;

2) Permedica, con il sistema MIRAI, non disponeva di inserti in polietilene ad elevato peso molecolare, eccentrici e ritentivi;

3) Exactech, con il sistema Equinoxe/stelo Primary, non disponeva di inserti eccentrici;

4) Zimmer Biomet, con il sistema Comprehensive, non disponeva di inserti eccentrici;

5) Arthrex, con il sistema Universe, non disponeva di inserti eccentrici.

Ancora da questo punto di vista, quindi, la ricorrente deduceva il difetto di motivazione, non essendo giustificabile la scelta della commissione di attribuire il medesimo punteggio a tutte le aziende, pur a fronte di una conclamata difformità dei prodotti e di una chiara non equivalenza tra le singole offerte.

Sotto ulteriore profilo, premetteva la parte ricorrente che le metaglene in titanio poroso richieste dovevano essere fornite con diversi diametri, in versione standard, lateralizzante, augmented, con diverse opzioni di fissaggio centrale all’osso (viti/perno).

Essa deduceva che, tuttavia:

1) Limacorporate, con il sistema SMR, AXIOMA TT Metal Back, non disponeva di metaglena lateralizzante e augmented (ma solo di soluzione con Bio-RSA) e vite per il fissaggio centrale all’osso (solo perno);

2) Permedica, con il sistema MIRAI, non disponeva di metaglena lateralizzante e augmented;

3) Exactech, con il sistema Equinoxe/stelo Primary, non offriva metaglena di diversi diametri (nei codici analizzati non erano presenti i codici della glena mini), non disponeva di metaglena lateralizzante e vite per il fissaggio centrale all’osso (solo perno);

4) Zimmer Biomet, con il sistema Comprehensive, non disponeva di metaglena lateralizzante e fissazione centrale con opzione a perno (solo vite);

5) Arthrex, con il sistema Universe, non disponeva di metaglena lateralizzante, augmented e fissazione centrale con opzione a perno (solo vite).

Anche in ordine a tale profilo, la ricorrente lamentava l’illegittima omessa esclusione da parte della commissione dei prodotti non conformi e comunque l’eccesso di potere per avere essa assegnato a tutti i prodotti, senza giustificazione alcuna, il medesimo punteggio.

Ancora, allegava la ricorrente che le glenosfere richieste avrebbero dovuto essere fornite in diversi diametri, in versione standard, lateralizzata ed eccentrica e lamentava che:

1) Limacorporate, con il sistema SMR, AXIOMA TT Metal Back, non disponeva di glenosfere lateralizzanti;

2) Permedica, con il sistema MIRAI, non disponeva di glenosfere lateralizzanti;

3) Exactech, con il sistema Equinoxe/stelo Primary, non disponeva di glenosfere standard;

4) Limacorporate, con il sistema SMR, AXIOMA TT Metal Back, non disponeva di viti centrali di diversi diametri e lunghezze (solo perno);

5) Permedica, con il sistema MIRAI, non disponeva di viti centrali di diversi diametri e lunghezze (dispone di vite centrale con unico diametro).

Infine, premesso che le viti centrali richieste dovevano essere fornite in diversi diametri e lunghezze e soluzione a perno, la parte ricorrente deduceva che:

1) Limacorporate, con il sistema SMR, AXIOMA TT Metal Back, non disponeva di viti centrali di diversi diametri e lunghezze (solo perno);

2) Exactech, con il sistema Equinoxe/stelo Primary, non disponeva di viti centrali di diversi diametri e lunghezze (solo perno);

3) Zimmer Biomet, con il sistema Comprehensive, non disponeva di viti centrali di diversi diametri e lunghezze (ma di vite centrale con unico diametro) e non disponeva della soluzione a perno;

4) Arthrex, con il sistema Universe, non disponeva di viti centrali di diversi diametri e lunghezze (ma di vite centrale con unico diametro) e non disponeva della soluzione a perno.

Le lamentate difformità venivano quindi schematicamente illustrate dalla ricorrente con la tabella riportata a pag. 19 dell’atto di ricorso.

Nel prosieguo del gravame, la parte ricorrente premetteva che, secondo il par. 17.1 del disciplinare, era previsto quanto segue:

Tecnica operatoria della tipologia di impianto proposta e caratteristiche tecniche dello strumentario chirurgico:

- ergonomia, semplicità di utilizzo e versatilità dello strumentario chirurgico;

- opzioni di minore invasività, personalizzazione dei sistemi ed assistenza computerizzata.

Rilevava altresì la ricorrente che, relativamente al secondo sottopunto (“opzioni di mini-invasività, personalizzazione dei sistemi ed assistenza computerizzata”), era stato dato un punteggio di 0,75 a Exactech per opzioni di mini-invasività, personalizzazione ed assistenza tecnica computerizzata (mini-invasivo e navigazione), mentre a tutte le altre aziende - Arthrex, Lima, Permedica, Wright Medical e Zimmer Biomet - era stato dato lo stesso identico punteggio di 0,50 con specifica di adeguato ma non mini-invasivo.

Essa evidenziava che tuttavia, sebbene Permedica e Arthrex non disponessero di alcun software per assistenza computerizzata, il punteggio attribuito era il medesimo dato alle altre aziende.

Ancora, essa deduceva che, tra le stesse aziende con prodotti notevolmente superiori rispetto a quelli offerti in gara da Permedica e Arthrez, vi erano significative differenze, nei termini di seguito indicati:

a) Exactech disponeva del Sistema di navigazione GPS®;

b) Limacorporate disponeva di Smart SPACE che consentiva la valutazione pre-operatoria del caso clinico, 3D Positioner, patient specific guide che consentiva l’esecuzione del piano pre-operatorio, Cubit Tracking Technology che forniva flessibilità intra-operatoria e un feedback in tempo reale nella fase di preparazione della sede nell’osso e di posizionamento dell’impianto;

c) Zimmer Biomet disponeva del sistema Signature One Planner per la pianificazione del posizionamento della glena anatomica. Possibilità di ordinare maschere di taglio per casi più complessi;

d) la ricorrente disponeva invece, come indicato nella relazione tecnica, del Software BluePrint per planning pre-operatorio sia per protesi anatomica che inversa e, qualora richiesto dal chirurgo, possibilità di realizzare mascherine PSI paziente specifica.

Da tali profili differenziatori, sosteneva la ricorrente, discendeva la necessità che la commissione differenziasse i punteggi di valutazione, tenendo conto delle differenti caratteristiche possedute.

Con ulteriore profilo di censura, la ricorrente evidenziava che il par. 17.1 del disciplinare stabiliva, con riguardo al lotto n. 11, quanto segue:

Assistenza tecnica e servizio post-vendita

(struttura distributiva e/o produttiva, miglioramento dei tempi di ripristino della scorta “di base” del conto deposito, personale dedicato all’organizzazione dell’assistenza in sala operatoria).

Essa deduceva quindi che la commissione aveva attribuito il punteggio 1,00 ad Arthrex, Exactech, Permedica e Zimmer Biomet, evidenziando in tal modo una ottima assistenza tecnica e servizio post vendita, mentre al prodotto da essa offerto era stato attribuito un punteggio di 0,75, con il giudizio “più che adeguata assistenza tecnica e servizio post vendita”, mentre ultima si era classificata Limacorporate con il punteggio di 0,50, che indicava una “assistenza solo adeguata allo standard richiesto”.

Essa lamentava che tuttavia, come poteva evincersi dalle relazioni tecniche acquisite a seguito dell’istanza di accesso, tali punteggi sembravano essere stati assegnati in maniera del tutto casuale ed ingiustificata.

Invero, essa rilevava, poiché ogni azienda aveva seguito un proprio schema tecnico per l’indicazione del requisito, risultando in tal modo difficile mettere a confronto le diverse offerte tra di loro sotto tale profilo, ne derivava che: o la commissione aveva effettivamente condotto una precisa analisi dei prodotti ed era stata in grado di differenziare i punteggi, ma ciò non risultava dagli atti di gara stante la carenza di qualsivoglia motivazione sul punto, oppure essa si era trovata di fronte a schemi tecnici totalmente diversi da non poter essere oggettivamente confrontati, ed in tal caso avrebbe dovuto assegnare un punteggio identico a tutti i concorrenti.

Allegava ancora la ricorrente che Exactech e Permedica, a differenza delle altre aziende, indicavano tempi di consegna, se necessario, molto ristretti, atteso che:

a) Exactech indicava che la consegna della merce veniva effettuata entro le 24 ore successive alla richiesta di reintegro, mentre le consegne urgenti venivano eseguite entro le 18 ore lavorative dal ricevimento dei buoni d’ordine;

b) Permedica indicava che il reintegro del materiale impiantato avveniva entro il termine massimo di 24 ore dalla comunicazione di impianto con consegne programmate direttamente in sala operatoria. La consegna di tale materiale veniva effettuata sia attraverso l’utilizzo di corrieri espressi autorizzati sia direttamente da personale Permedica. In casi particolari di urgenza Permedica poteva garantire le consegne entro un massimo di 6 ore dalla richiesta. Permedica indicava anche il corso 6 Sicuro per il personale tecnico;

c) Zimmer Biomet indicava, invece, solo i tempi di assistenza tecnica e scientifica; inoltre indicava che, in caso di necessità di supporto tecnico relativo ai prodotti offerti, poteva essere fornita al chirurgo e al personale, previa richiesta, consulenza tecnica da parte di specialisti di prodotto. Tale consulenza poteva essere fornita anche telefonicamente, in casi d’urgenza, nell’immediato e comunque entro le 24 ore. Era inoltre assicurata la prestazione del servizio tecnico entro 48 ore;

d) Arthrex indicava sia i tempi di reintegro che di assistenza tecnica e scientifica. Arthrex indicava inoltre che, in caso di aggiudicazione, le consegne dei prodotti venivano effettuate rispettando tutte le indicazioni riportate nel Disciplinare di gara e i reintegri di base erano garantiti entro 24 ore consecutive e in casi eccezionali entro 20 ore consecutive dalla comunicazione. Garantiva l’assistenza tecnica e scientifica post-vendita da parte di un referente tecnico specializzato su richiesta ed entro 24 ore dalla chiamata, relativamente all’utilizzo del materiale impiantabile ordinato ed eventuale consulenza tecnica su un impianto. Referenti di zona e Sales Representative/Product Specialist potevano essere contattati anche con preavviso di 1 solo giorno per eventuali soluzioni di emergenza, assistenza tecnico-scientifica, controllo scadenze e rendersi pertanto disponibili a recarsi in tempi brevissimi presso la struttura interessata;

e) la ricorrente specificava che il tempo minimo per la consegna del materiale era di 48 ore ante data intervento. In casi eccezionali di emergenza l’azienda si impegnava alla consegna entro 24 ore dalla richiesta. L’azienda si impegnava altresì a fornire assistenza tecnica in sala operatoria ove preventivamente concordato con le sale operatorie e il medico chirurgo senza tuttavia indicare limiti temporali. Veniva infine garantito anche il corso 6 Sicuro per il personale tecnico;

f) Limacorporate indicava che il reintegro avveniva di norma entro il termine di 48 ore previa comunicazione anche telefonica da parte del Centro Operatorio interessato, successivamente confermata per iscritto, almeno del codice prodotto, della quantità e dei relativi lotti (in alternativa era possibile inviare copia dell’apposita etichetta in confezione). Tuttavia, in caso di emergenza, era possibile reintegrare il materiale entro il termine di 24 ore, se contattati entro le 15:00 del giorno precedente (la consegna sarebbe avvenuta, quindi, entro le ore 12:00 del giorno successivo).

Ciò premesso, deduceva la ricorrente che si trattava di metodologie di assistenza tra loro assolutamente divergenti, caratterizzate da tempistiche e protocolli affatto sovrapponibili, sicché la stazione appaltante avrebbe dovuto e potuto assegnare punteggi diversi, mentre era accaduto che la commissione aveva obliterato le intrinseche difformità tra le offerte assegnando alle stesse punteggi in alcun modo giustificabili.

Anzi, sottolineava la ricorrente, la commissione aveva attribuito il punteggio più alto proprio a quelle ditte che avevano offerto un servizio inferiore rispetto a quello garantito dalla ricorrente, in quanto la ricorrente si era piazzata penultima pur avendo offerto il servizio più efficiente e completo, dotato di tempistiche di attivazione più consone alle esigenze della stazione appaltante, in spregio al principio che imponeva alla commissione di motivare congruamente le proprie scelte.

In particolare, essa concludeva sul punto, era noto a tutti gli operatori del settore che il corso “6 Sicuro” contemplato dalla ricorrente rappresentava un plus che imponeva ed imponeva da parte della commissione l’attribuzione di un punteggio maggiore, atteso che nessuna delle concorrenti offriva tale servizio.

Sotto ulteriore profilo deduttivo, evidenziava la ricorrente che il par. 17.1 del disciplinare stabiliva, con riguardo al lotto n. 11, quanto segue:

Educational

(organizzazione e numero di ore messe a disposizione per il programma di formazione e informazione del personale medico, tecnico e infermieristico).

Esponeva quindi la ricorrente che ad Arthrex, Exactech, Limacorporate e Permedica era stato assegnato il punteggio 0,75 con il giudizio “più che adeguata proposta educational”, a Zimmer Biomet 1,00 con il giudizio “ottima proposta educational”, mentre ad essa era stato assegnato un punteggio di 0,50 con il giudizio “adeguata proposta educational – no cadaver lab”.

Deduceva quindi la ricorrente che, essendo essa l’attuale fornitore di protesi ortopediche e dispositivi (in quanto si era aggiudicata la procedura di gara del 2016), la stazione appaltante era perfettamente consapevole che essa possedeva il requisito definito “cadaver lab”, tanto che nella precedente procedura la stessa stazione appaltante aveva assegnato alla ricorrente un punteggio molto alto con riferimento a detto requisito.

Essa evidenziava inoltre che nei documenti della gara in esame (in particolare nella relazione tecnica), la presenza del requisito “cadaver lab” era chiaramente illustrata.

Ciononostante, essa lamentava, nella gara in oggetto la commissione giudicatrice le aveva attribuito un punteggio molto basso in virtù della presunta assenza del requisito sopra richiamato.

Aggiungeva la ricorrente i passaggi contenuti nella sua offerta tecnica con riguardo al “cadaver lab”:

“Formazione e Aggiornamento

Wright Medical ritiene che una completa e corretta informazione e formazione sulle tecniche d’impianto sia un aspetto fondamentale nel rapporto tra il fornitore ed il cliente. Wright Medical Italy organizza corsi di formazione teorico-pratici atti a formare gli utilizzatori e consentire l’uso corretto dei propri prodotti.

L’azienda dedica un team di esperti qualificati e specializzati per la formazione del personale medico ed infermieristico e per l’assistenza in sala operatoria secondo le vigenti normative in materia”.

“Formazione

Wright Medical organizza periodicamente incontri a livello nazionale e internazionale con chirurghi esperti e opinion leader per coadiuvare il lavoro dei chirurghi e del personale infermieristico.

A questo proposito l’azienda ha istituito una struttura internazionale denominata “Wright Lab” presso la quale si organizzano corsi teorico-pratici con possibilità di studio su preparati anatomici per la parte pratica. I corsi sono organizzati in più livelli a seconda delle competenze del cliente e insieme si stabilisce quale corso è il più adatto al medico chirurgo.

Wright Medical si avvale di un network di chirurghi di livello internazionale e dà la possibilità di organizzare incontri peer-to-peer, per cui i chirurghi italiani hanno la possibilità di confrontarsi direttamente con i chirurghi di caratura internazionale e con pluriennale esperienza.

Wright Medical seleziona i tutor in base al tipo di prodotto ed alla tecnica chirurgica utilizzata. Un esempio di programma per queste giornate di lavoro è riportato nell’allegato A.

Ad integrare i corsi a livello internazionale ci sono poi i corsi teorici e workshop organizzati a livello nazionale tramite il personale Wright e che sono dedicati ai chirurghi e anche al personale infermieristico.

I training locali di formazione e addestramento sono organizzati da Wright Medical in Italia e hanno un preciso programma formativo diviso in due parti, una teorica e una pratica.

L’aggiornamento è continuo e legato direttamente all’aggiornamento di nuovi prodotti e metodiche di utilizzo degli stessi.

Inoltre la Società Wright Medical Italy S.R.L rimane a disposizione a fornire ulteriore materiale scientifico e illustrativo per approfondire le conoscenze sui propri prodotti”.

Allegava ancora la ricorrente che Limacorporate risultava sprovvista di “cadaver lab” e nonostante ciò essa aveva ottenuto un punteggio nettamente superiore a quello attribuito alla ricorrente, mentre Permedica aveva dichiarato di possedere il “cadaver lab” ma ne aveva fornito una descrizione meno performante rispetto a quella indicata dalla ricorrente, con la conseguente illogicità del punteggio superiore ad essa assegnato rispetto a quello riconosciuto alla ricorrente.

Concludeva la ricorrente evidenziando che, effettuando una rivalutazione dei requisiti sopra indicati e soprattutto con riguardo ad alcuni requisiti che erano stati ritenuti illegittimamente assenti (quali il cadaver lab), il punteggio tecnico cui essa avrebbe avuto diritto sarebbe stato di molto superiore a quello effettivamente ottenuto, consentendole di ottenere il posizionamento tra le prime 4 aziende fornitrici.

La ricorrente deduceva anche che, nella non creduta ipotesi in cui la commissione, prendendo in considerazione criteri di giudizio non previsti negli atti di gara ossia ritenendo di non dover considerare la coesistenza di tutti i requisiti meglio indicati nella lex specialis, avesse inteso implicitamente esercitare il potere di autotutela, modificando l’oggetto di gara, gli atti e provvedimenti impugnati sarebbero egualmente illegittimi in ragione della insussistenza dei presupposti legittimanti il potere di autotutela (sia nella forma della revoca che in quella dell’annullamento).

Ancora, lamentava la ricorrente che la commissione, in sede di assegnazione dei singoli punteggi e come si evinceva dai verbali di gara, non aveva fornito alcuna motivazione giustificativa di carattere discorsivo.

Le parti resistenti – ovvero, la stazione appaltante Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna e la prima classificata nonché aggiudicataria Limacorporate s.p.a. – si opponevano all’accoglimento del gravame, eccependone l’inammissibilità (in ragione dell’inerenza delle censure formulate dalla ricorrente alla discrezionalità della stazione appaltante e della mancata dimostrazione ad opera della medesima ricorrente del superamento della cd. prova di resistenza) e comunque l’infondatezza, all’uopo in particolare evidenziando, da un lato, la presenza di alcune delle componenti dell’impianto asseritamente carenti nell’offerta tecnica delle controinteressate, dall’altro laro, l’idoneità dei prodotti dalle stesse offerti a soddisfare, secondo il principio di equivalenza di cui all’art. 68 d.lvo n. 50/2016, peraltro richiamato dalla lex specialis, i requisiti tecnici di cui la ricorrente lamentava, in funzione escludente oltre che dimostrativa della erroneità dei punteggi attribuiti dalla commissione di gara, la mancanza.

Con la sentenza appellata, il T.A.R. ha ravvisato, in particolare, la fondatezza dell’eccezione di inammissibilità del gravame per difetto di interesse sollevata dall’Amministrazione e dalla controinteressata, sulla scorta del mancato superamento della cd. prova di resistenza, non avendo la ricorrente dimostrato che, in difetto dei lamentati profili di illegittimità degli atti gravati, avrebbe sicuramente vinto la gara (attraverso l’esclusione delle prime 4 imprese classificate per carenza dei requisiti minimi essenziali richiesti dalla lex specialis).

Il T.A.R., dopo aver richiamato i due indirizzi interpretativi formatisi in tema di applicazione del principio di equivalenza ex art. 68, comma 7, d.lvo n. 50/2016 – il primo inteso ad esigere che l’equivalenza tra i servizi o tra i prodotti oggetto dell’appalto sia provata in sede di gara dall’operatore che intende avvalersi dell’equivalenza, non potendo essa essere verificata d’ufficio dalla stazione appaltante né tantomeno dimostrata in via postuma in sede giudiziale, il secondo volto ad affermare che la stazione appaltante può ravvisare l’equivalenza (anche in forma implicita) tra prodotti alla luce della documentazione tecnica versata in gara, anche in mancanza di una specifica indicazione dell’operatore, ove dalla documentazione tecnica e dall’esame della campionatura sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis – e dichiarata la sua adesione alla seconda linea interpretativa (“allo stato prevalente in giurisprudenza”), ha evidenziato come:

- “nel caso di specie la lex specialis abbia positivamente disciplinato l’equivalenza, consentendo espressamente l’ammissione di prodotti equivalenti (art. 2 c. 1 Capitolato) con l’avvertenza (art. 15 del disciplinare) che il principio di equivalenza di cui all’art. 68 Codice appalti “dovrà essere debitamente documentato dal partecipante in fase di gara”;

- “parte ricorrente abbia contestato soltanto sotto un profilo formale- procedimentale la presentazione da parte delle prime quattro classificate di prodotti equivalenti ma non sotto l’aspetto sostanziale”;

- “non risulta allora provata dalla ricorrente l’illegittimità della mancata esclusione dei concorrenti che la precedono in graduatoria, risultando i prodotti offerti da quest’ultime da reputarsi equivalenti ai sensi dell’art. 68 d.lgs. 50/2016 come implicitamente rilevato dalla Commissione giudicatrice”.

Il T.A.R. ha inoltre rilevato che “parte ricorrente, anche mediante i motivi proposti in via subordinata, non dà nemmeno riscontro di come sarebbe cambiata la sua posizione in graduatoria ove la stazione appaltante avesse diversamente valutato la sua offerta o diversamente valutato l’offerta delle 4 imprese aggiudicatarie”, con la conseguente “inammissibilità del gravame per difetto di interesse, non essendo fornita dalla ricorrente la necessaria prova, di cui è pacificamente onerata, del conseguimento dell’aggiudicazione in difetto dei suindicati vizi di legittimità”.

Mediante i motivi di appello, l’originaria ricorrente censura preliminarmente la statuizione di inammissibilità del ricorso introduttivo recata dalla sentenza appellata, riproponendo quindi le censure originariamente formulate e non esaminate dal T.A.R., in ragione del suddetto e preliminare rilievo di carattere processuale.

Resistono invece all’appello l’Azienda Unità Sanitaria Locale della Romagna e la Limacorporate s.p.a., la quale ripropone anche le eccezioni di inammissibilità del ricorso da essa formulate in primo grado e non espressamente esaminate dal T.A.R..

Iniziando dal primo ordine di censure, deduce la parte appellante che il T.A.R. ha erroneamente ravvisato la carenza di interesse al ricorso in capo alla proponente.

Essa evidenzia, in senso contrario, che, da un lato, l’esclusione delle concorrenti che la precedono in graduatoria comporterebbe lo scorrimento automatico in suo favore della graduatoria stessa, dall’altro lato, che, ai fini del superamento della prova di resistenza, è sufficiente dimostrare che la commissione ha applicato in maniera errata le previsioni della lex specialis determinando una graduatoria finale illegittima, frutto dei punteggi macroscopicamente irrazionali assegnati con riferimento all’offerta tecnica presentata in gara dalla ricorrente.

Il motivo – che in questa fase viene esaminato limitatamente alla statuizione del T.A.R. di inammissibilità delle censure intese a contestare, in primo grado, l’ammissione delle prime quattro classificate (ed aggiudicatarie) nonostante la carenza nelle offerte dalle stesse presentate dei requisiti di minima previsti dalla lex specialis – non è, da solo, meritevole di accoglimento, dal momento che la (formale) statuizione di inammissibilità del ricorso di primo grado è derivata in parte qua, in via diretta, dalla mancata dimostrazione della fondata pretesa della ricorrente all’aggiudicazione della gara, ma anche, sebbene in via indiretta, dalla formulazione da parte della ricorrente, evidenziata dal giudice di primo grado, di censure volte a contestare “soltanto sotto un profilo formale-procedimentale la presentazione da parte delle prime quattro classificate di prodotti equivalenti ma non sotto l’aspetto sostanziale”: con la conseguente inidoneità di quelle censure, ravvisata dal giudice di primo grado, a determinare l’espulsione dalla gara delle concorrenti collocatesi in posizione poziore rispetto alla ricorrente, ai fini dello scorrimento di quest’ultima nella relativa graduatoria.

Né a diverse conclusioni – in punto di infondatezza del suindicato motivo di appello – sarebbe dato pervenire ove si rilevasse, come peraltro si è appena fatto, che le effettive ragioni sottese alla pronuncia appellata non attengono, per la parte in esame, a profili di ordine processuale (ergo, di ammissibilità/inammissibilità del gravame), ma di merito, sul rilievo che la sentenza appellata, sebbene recante un dispositivo inteso a rilevare la carenza dei presupposti di ammissibilità del ricorso, ne abbia invece evidenziato l’infondatezza, anche relativamente alle censure intese a manifestare la dedotta sussistenza di ragioni escludenti nei confronti delle controinteressate: conclusione che trova un appiglio logico-giuridico nel fatto che il T.A.R. ha posto in risalto, con la sentenza appellata, che la pretesa espulsiva azionata dalla ricorrente nei confronti delle controinteressate si scontrava col – e quindi era impedita dal - giudizio “implicito” di equivalenza formulato dalla stazione appaltante, ex art. 68, comma 7, d.lvo n. 50/2016.

I rilievi che precedono inducono anche ad escludere la fondatezza del motivo di appello col quale la sentenza appellata viene censurata – nella parte in cui vi si afferma che parte ricorrente avrebbe “contestato soltanto sotto un profilo formale- procedimentale la presentazione da parte delle prime quattro classificate di prodotti equivalenti ma non sotto l’aspetto sostanziale” – sulla scorta del dedotto contrasto che il suindicato passaggio motivazionale, inerente al merito della res iudicanda, manifesterebbe rispetto al dispositivo processuale – in termini di inammissibilità del ricorso – da essa recato: deve invero osservarsi che, anche ammessa la dissonanza “motivazione-dispositivo” ipotizzata, essa sarebbe risolvibile mediante la corretta qualificazione (o integrazione correttiva) del dispositivo come inteso a statuire, coerentemente con le ragioni effettive della decisione, la reiezione del gravame, senza che un sostanziale effetto vantaggioso ne scaturisca a favore della parte appellante.

Nel prosieguo dell’appello, la parte appellante contesta la suindicata statuizione sotto un ulteriore profilo, ovvero deducendo che le censure da essa formulate in primo grado, relative all’ammissibilità delle prime quattro offerte aggiudicate, erano “assolutamente sostanziali”, richiamando, da un lato, il contenuto del ricorso introduttivo, inteso ad evidenziare che le concorrenti classificatesi ai primi quattro posti avrebbero offerto dispositivi diversi rispetto a quelli richiesti per il lotto (o oggetto) n. 11, dall’altro lato, le deduzioni formulate (sempre in primo grado) con la memoria difensiva del 29 marzo 2021, volte a dimostrare l’indispensabilità, con le caratteristiche richieste dalla lex specialis, del requisito tecnico della “metaglena”.

Il motivo – che è strettamente connesso all’eccezione di inammissibilità (riproposta in appello dalla Limacorporate s.p.a.) delle deduzioni formulate dalla originaria ricorrente (con la semplice memoria suindicata) al fine di contestare il giudizio di equivalenza ipoteticamente formulato dalla stazione appaltante nei confronti delle offerte tecniche delle controinteressate – non può essere accolto.

Deve infatti osservarsi che, con il ricorso introduttivo del giudizio – unica sede deputata alla rituale perimetrazione del thema decidendum, in chiave di critica della legittimità dei provvedimenti impugnati – l’originaria ricorrente ha effettivamente formulato (peraltro in forma estremamente sintetica) contestazioni di carattere solo “formale-procedimentale” (nel senso ritenuto dal giudice di primo grado) alla valutazione di equivalenza “implicita” che, secondo la sentenza appellata, sorreggerebbe l’ammissione alla gara delle controinteressate (laddove in particolare, dopo aver enumerato le carenze tecniche a suo dire inficianti le offerte delle aggiudicatarie, lamentava l’assenza negli atti di gara di una “congrua motivazione e dimostrazione di equivalenza”): quanto invece alle critiche di carattere “sostanziale” (recte, intese a dimostrare l’erroneità del preteso giudizio di equivalenza), le stesse risultano invece contenute, come correttamente eccepito dalla società Limacorporate s.p.a., solo (ma, appunto, inammissibilmente, ove si condividesse la sentenza appellata nella parte in cui ha imputato alla stazione appaltante un giudizio “implicito” di equivalenza: ma su questo punto si dirà infra) con la citata memoria del 29 marzo 2021.

Prosegue la parte appellante lamentando che, nel corso della gara, la stazione appaltante non ha mai verificato l’eventuale equivalenza delle prime quattro classificate, non emergendo alcun accenno al riguardo dai verbali di gara, né le concorrenti hanno depositato in gara dichiarazioni sull’equivalenza dei prodotti o fornito alcun documento idoneo a sostenere, anche solo in ipotesi, una prova di equivalenza, con la conseguenza che la sentenza appellata sarebbe “quindi errata laddove suppone, senza averlo verificato, che l’equivalenza sarebbe stata verificata in modo intrinseco, implicito, o meglio apodittico, aprioristico”.

Il motivo è meritevole di accoglimento.

Deve premettersi che, in linea generale, la formulazione da parte della stazione appaltante di un giudizio di equivalenza, al fine di ammettere alla gara quelle offerenti che avrebbero dovuto esserne invece escluse in ragione della carenza nei prodotti offerti dei requisiti di minima previsti dalla lex specialis (in qualunque forma e con qualunque contenuto sia stato espresso, attinenti alla valutazione della legittimità di quel giudizio, la quale presuppone risolto in senso affermativo il quesito preliminare relativo all’an del suo compimento), costituisce il criterio fondamentale al fine di individuare gli oneri di allegazione e di prova facenti rispettivamente carico alle parti della controversia: ciò in quanto, in tanto può profilarsi in capo alla parte ricorrente l’onere di contestare espressamente (ergo, mediante specifiche e documentate censure) quel giudizio, in quanto esso sia configurabile “in documentorum natura” (adattamento, con finalità meramente esplicative, della corrispondente e più nota locuzione latina) ovvero, più precisamente, quale manifestazione di giudizio dell’Amministrazione, nell’esercizio del corrispondente potere riconosciutole dall’ordinamento (nonché, in chiave confermativa attesa la natura etero-integrativa della relativa fonte di legge, dalla lex specialis: cfr., sul punto, Consiglio di Stato, Sez. III, n. 2529 del 25 marzo 202).

Ciò premesso, deve osservarsi che il giudice di primo grado è pervenuto alla affermazione dell’avvenuto compimento da parte della stazione appaltante di un giudizio, sebbene “implicito”, di equivalenza avente ad oggetto le offerte tecniche delle controinteressate sulla scorta dei seguenti elementi argomentativi:

- l’esistenza di un orientamento giurisprudenziale, al quale il Collegio giudicante ha dichiarato espressamente di aderire (siccome “prevalente”), secondo cui la stazione appaltante potrebbe ravvisare l’equivalenza (anche in forma implicita) tra prodotti alla luce della documentazione tecnica versata in gara, anche in mancanza di una specifica indicazione dell’operatore, ove dalla documentazione tecnica e dall’esame della campionatura sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis;

- la presenza nella lex specialis concernente la gara de qua di una disciplina positiva dell’equivalenza, consentendo essa espressamente l’ammissione di prodotti equivalenti (art. 2, comma 1, del capitolato) con l’avvertenza (art. 15 del disciplinare) che il principio di equivalenza di cui all’art. 68 Codice appalti “dovrà essere debitamente documentato dal partecipante in fase di gara”.

Ebbene, la parte appellante confuta l’ordito motivazionale sul quale si fonda in parte qua la sentenza appellata, essenzialmente deducendo che i verbali di gara non fanno alcun cenno al giudizio di equivalenza né le concorrenti hanno depositato in gara dichiarazioni sull’equivalenza dei prodotti o fornito alcun documento idoneo a sostenere una prova di equivalenza.

Le così sintetizzate considerazioni della parte appellante, come anticipato, devono essere condivise.

Deve in primo luogo osservarsi che la stessa giurisprudenza richiamata nella sentenza appellata subordina la ammissibilità (nel doppio senso, si ritiene di aggiungere, della configurabilità e della legittimità) di un giudizio “implicito” di equivalenza all’ipotesi che dalla documentazione tecnica comunque prodotta dal concorrente – e quindi anche in mancanza di una espressa dichiarazione di equivalenza - sia desumibile l’idoneità del prodotto a soddisfare, in modo appunto equivalente, il requisito previsto dalla lex specialis (cfr. in tal senso, di recente, Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1863 del 4 marzo 2021: “la Commissione di gara può anzi effettuare la valutazione di equivalenza anche in forma implicita, qualora dalla documentazione tecnica sia desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis”).

Ebbene, ritiene la Sezione che il suddetto orientamento interpretativo debba essere (non rimeditato, ma) precisato nei termini che seguono, al fine di renderlo coerente, da un lato, con l’esigenza che l’attività provvedimentale della P.A. sia caratterizzata da un livello “minimo” di “visibilità” e di evitare che il privato sia pregiudicato (anche in ragione dell’effetto preclusivo che discende dalla mancata tempestiva attivazione dei rimedi giurisdizionali) da manifestazioni autoritative “occulte”, dall’altro lato, con il divieto fatto al giudice amministrativo (dall’art. 34, comma 2, c.p.a.) di esercitare il suo sindacato con riferimento a “poteri amministrativi non ancora esercitati”.

Se, infatti, può riconoscersi alla valutazione di equivalenza della stazione appaltante carattere implicito, secondo la tecnica motivazionale “per relationem”, a diversa conclusione deve pervenirsi con riferimento all’oggetto della “relatio”, che non può che essere espresso, al fine di evitare che la catena dei rimandi si risolva nella sostanziale elusione dell’obbligo motivazionale che assiste (tutti, sebbene in diversa misura a seconda della tipologia e degli effetti) i provvedimenti amministrativi.

A tale logica si ispira, del resto, l’indirizzo interpretativo maturato in relazione al sindacato sulla valutazione di anomalia dell’offerta, essendo costante l’affermazione giurisprudenziale secondo cui “l’obbligo di motivazione analitica e puntuale sulle giustificazioni sussiste solo nel caso in cui l’Amministrazione esprima un giudizio negativo, mentre tale onere non sussiste in caso di esito positivo del giudizio di congruità dell’offerta essendo sufficiente in tal caso motivare il provvedimento per relationem alle giustificazioni presentate dal concorrente” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 8442 del 28 dicembre 2020).

A conferma di tale impostazione, del resto, non può non richiamarsi, con specifico riferimento alla gara in esame, il disposto dell’art. 15 del disciplinare, laddove prevede che “…l’offerta tecnica deve rispettare le caratteristiche minime stabilite nel Capitolato tecnico e nella documentazione di gara, pena l’esclusione dalla procedura di gara, nel rispetto del principio di equivalenza di cui all’art. 68 del Codice dei contratti pubblici, principio che dovrà essere debitamente documentato dal partecipante in fase di gara…”.

Applicando le suindicate coordinate interpretative alla materia oggetto del presente giudizio, ne discende che la documentazione tecnica presentata dal concorrente con riferimento ad una offerta priva dei requisiti di conformità alle specifiche tecniche previste dalla lex specialis, per poter fungere da oggetto della “relatio” eventualmente contenuta nel provvedimento di ammissione della medesima offerta alla gara, deve quantomeno indicare:

- il requisito tecnico carente;

- il requisito tecnico posseduto atto a soddisfare “per equivalente” l’esigenza funzionale cui il primo era preordinato;

- le ragioni tecniche per le quali il prodotto offerto (nel caso di appalto di fornitura) debba ritenersi equivalente, da un punto di vista funzionale, a quello richiesto dalla stazione appaltante.

Ebbene, deve rilevarsi che la documentazione tecnica prodotta dalle controinteressate (con particolare riguardo alla scheda tecnica degli impianti offerti ed alla relativa relazione tecnica) non rispecchi lo schema illustrato, essendo manchevole delle indicazioni innanzi precisate.

Deve aggiungersi che non si intende negare che dalla documentazione tecnica prodotta dalle concorrenti possano astrattamente ricavarsi gli elementi necessari alla formulazione di un giudizio di equivalenza, anche in mancanza di una sua espressa e formale elaborazione da parte delle stesse e tenuto conto della specifica competenza in materia della commissione di gara: tuttavia, deve rilevarsi che nella specie non è solo a discutersi di una insufficiente (o, per meglio dire, assente del tutto) appendice motivazionale del giudizio di equivalenza, ma della stessa inconfigurabilità – se non del tutto ipotetica, ciò che è diverso dal suo semplice essere implicito – di quest’ultimo, non potendo ritenersi sotteso alla affermazione, risultante dai verbali di gara, secondo cui “la commissione giudicatrice ha constatato (…) la presenza della documentazione e dei requisiti di idoneità richiesti nonché degli elementi necessari alla valutazione di qualità” (formula che allude ad una verifica “diretta”, e non “per equivalente”, dei requisiti tecnici di ammissione).

Né a diverse conclusioni potrebbe pervenirsi sulla scorta di quella giurisprudenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4353 del 7 giugno 2021) secondo cui il giudizio di equivalenza “non deve esternarsi un una specifica dichiarazione (invero non richiesta da alcuna norma), ma è implicito nell’attribuzione di punteggio al concorrente…”, atteso che, nella fattispecie in esame e come si evince dai verbali già richiamati (cfr. all. 6 della produzione di primo grado della ASL dell’8 febbraio 2021), la commissione giudicatrice ha nettamente distinto, nei termini innanzi indicati, il giudizio (preliminare) di conformità – cui direttamente inerisce l’eventuale giudizio di equivalenza - da quello attributivo dei punteggi.

I rilievi che precedono, oltre ad evidenziare la non condivisibilità della sentenza appellata nella parte in cui ha affermato la configurabilità di un giudizio “implicito” di equivalenza (giudizio, si aggiunge, nemmeno desumibile dalla astratta previsione del principio di equivalenza ad opera della disciplina di gara, laddove non risulti che la stazione appaltante ne abbia fatto concreta applicazione), dimostrano anche la non accoglibilità dell’eccezione di inammissibilità formulata dalla società controinteressata, intesa a sostenere che sarebbe stato onere della ricorrente censurare tempestivamente (e non con semplice memoria difensiva) quel giudizio.

Deve infatti ritenersi che la parte ricorrente abbia esaurientemente assolto ai suoi oneri impugnatori, censurando gli atti di ammissione delle controinteressate alla gara sulla scorta della carenza nelle rispettive offerte dei requisiti tecnici contemplati dalla lex specialis, a differenza di quanto fatto, con riferimento ai corrispondenti oneri contro-deduttivi, le parti avversarie, le quali non hanno dimostrato il “fatto impeditivo” (della valenza invalidante delle carenze lamentate dalla ricorrente) ipoteticamente rappresentato dal compimento, da parte della stazione appaltante, di una effettiva (e non solo astratta ed ipotetica) valutazione di equivalenza.

Deve invece respingersi il motivo di appello col quale la parte appellante deduce che nel primo grado di giudizio aveva fornito analitica prova di tutti i requisiti di cui erano carenti i prodotti classificati ai primi quattro posti della graduatoria, con la conseguenza che la sentenza appellata avrebbe quantomeno dovuto spiegare – non avendolo fatto la stazione appaltante - come sia possibile pervenire ad un giudizio di equivalenza che appare prima facie macroscopicamente errato, trattandosi di caratteristiche tecniche che incidono sulla pratica operatoria, consentendo o negando l’utilizzo delle protesi in determinati interventi.

Deve al riguardo osservarsi, da un lato, che l’error in iudicando ravvisato dalla parte appellante nella sentenza appellata sarebbe meramente consequenziale rispetto a (e, pertanto, assorbito da) quello relativo alla configurabilità di un giudizio “implicito” di equivalenza non ritualmente contestato dalla ricorrente, sul quale si è già detto supra, dall’altro lato, che non sarebbe stato compito del giudice effettuare alcuna “prova” di equivalenza, in quanto:

- o a tale incombenza ha provveduto la stazione appaltante, con il conseguente ribaltamento sulla parte ricorrente dell’onere di formulare specifiche e tempestive censure atto a contestarne i risultati;

- o – come accaduto nella specie, per quanto innanzi osservato – nessun giudizio di equivalenza è rintracciabile negli atti di gara, con la conseguenza che nemmeno avrebbe potuto provvedervi in via surrogatoria il giudice di primo grado, per la preclusione derivante dal già richiamato art. 34, comma 2, c.p.a..

Infine, non può essere accolto il motivo col quale la parte appellante lamenta che il T.A.R. non avrebbe spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto preferibile l’orientamento giurisprudenziale che ammette la valutazione “implicita” di equivalenza, incorrendo nel relativo difetto di motivazione.

Deve infatti osservarsi che – fatte salve le precedenti precisazioni da apportare alla concreta portata applicativa del principio de quo - l’adesione manifestata dal T.A.R. al suddetto orientamento trova sufficiente giustificazione nel suo dichiarato (e non contestato dalla parte appellante) carattere “prevalente” entro il complessivo panorama pretorio.

Deve adesso procedersi all’esame delle censure attoree - riproposte in appello una volta superato, come si è fatto, l’ostacolo alla loro esaminabilità connesso alla inammissibilità delle stesse ravvisata dal giudice di primo grado - intese a lamentare la carenza, nelle offerte tecniche delle controinteressate, degli elementi tecnici dianzi indicati e qui richiamati.

Ritiene la Sezione che sul profilo fattuale in esame si sia formato il giudicato, non essendo stata impugnata – dalle parti che vi avrebbero avuto interesse – la sentenza appellata nella parte in cui ha imputato alla stazione appaltante un giudizio “implicito” di equivalenza: giudizio di cui costituisce presupposto indispensabile la sussistenza prima facie di profili di difformità dell’offerta rispetto alle prescrizioni della lex specialis (come ritenuto dalla giurisprudenza, infatti, “il giudicato, in particolare, si forma su tutto ciò che ha costituito oggetto della decisione, comprese le questioni e gli accertamenti che rappresentano le premesse necessarie e il fondamento logico-giuridico ineludibile della pronuncia - che ne costituiscono il giudicato implicito - e che si ricollegano, quindi, in modo indissolubile alla decisione - che costituisce il giudicato esplicito - formandone l'indispensabile presupposto” (cfr., di recente, Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 5988 del 23 agosto 2021).

Concorre in tale direzione, del resto, il principio probatorio di cui all’art. 64, comma 2, c.p.a., ai sensi del quale “salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite”.

Deve infatti osservarsi che la stazione appaltante, in sede difensiva ed al pari della società Limacorporate s.p.a., non ha contestato la rilevanza dei requisiti tecnici indicati dalla parte ricorrente e dianzi riportati quali specifiche tecniche minime della fornitura (sì che anche tale aspetto, in forza del principio suindicati, può considerarsi appartenere al compendio fattuale incontestato della controversia), incentrando la sua difesa sulla dedotta equivalenza dei requisiti tecnici dell’impianto offerto dalle controinteressate a quelli di cui la ricorrente afferma la mancanza.

Consegue, dai rilievi che precedono, che l’impugnato provvedimento di aggiudicazione, in riforma della sentenza appellata, deve essere annullato, fermo restando il potere della stazione appaltante di rinnovare (recte, per le ragioni esposte, formulare ab origine) il giudizio di equivalenza nei riguardi dei prodotti offerti dalle controinteressate, alla luce della documentazione da esse presentata (ove rilevante e sufficiente a tal fine) e corredando le sue conclusioni di un congruo apparato motivazionale.

Deve solo precisarsi, in chiave conformativa, che tale attività rinnovatoria dovrà riguardare tutte le caratteristiche tecniche di cui la ricorrente ha lamentato la carenza nelle offerte tecniche delle controinteressate, ad esclusione di quelle che, sulla scorta di una analisi globale della documentazione presentata in gara dalle stesse, dovessero risultare presenti nei prodotti offerti, negli esatti termini in cui sono contemplate dalla lex specialis.

A tal fine, e tenuto conto che la questione ha formato oggetto del contraddittorio tra le parti, deve chiarirsi che anche gli elementi tecnici non menzionati espressamente nelle offerte economiche potranno considerarsi idonee a comporre il prodotto che le controinteressate si sono impegnate a fornire, laddove chiaramente indicati nelle schede tecniche e/o nelle relazioni tecniche: ciò alla luce della necessità di analisi globale e coordinata della documentazione prodotta ai fini della individuazione dell’oggetto dell’impegno dalle stesse assunto (senza trascurare che, a tal fine, utili elementi interpretativi potranno attingersi anche dal modo in cui la fornitura ha avuto esecuzione, al fine di accertare se i prodotti offerti rechino tutti gli elementi richiesti dalla stazione appaltante).

Quanto alle ulteriori censure riproposte dalla parte appellante, con particolare riguardo a quelle con le quali viene contestata la valutazione delle offerte tecniche (e non solo, a monte, la stessa ammissione delle controparti) sulla scorta della carenza, nei prodotti dalle stesse offerti, dei requisiti di minima previsti dalla lex specialis, deve ritenersi che le stesse siano assorbite dalla statuizione caducatoria che precede, essendo evidente che, laddove la non ammissione delle controinteressate, conseguente alla presente sentenza, dovesse consolidarsi anche dopo l’attività rinnovatoria della stazione appaltante, i pretesi vizi inficianti la valutazione qualitativa delle rispettive offerte sarebbero assorbiti dal (logicamente preliminare) effetto escludente, mentre, qualora l’Amministrazione dovesse definitivamente orientarsi nel senso della ammissione delle suddette concorrenti (e l’odierna appellante non ritenesse di contestare dinanzi al giudice l’atto rinnovatorio), i vizi di carattere valutativo resterebbero comunque superati dalla (eventuale) dichiarazione motivata di equivalenza, che ne farebbe venir meno il presupposto logico-giuridico (connesso alla carenza nelle offerte dei requisiti tecnici soddisfatti, appunto, per equivalente).

Deve adesso procedersi all’esame del motivo di appello inteso ad ottenere la riforma della sentenza appellata nella parte in cui ha statuito l’inammissibilità – in ragione del mancato superamento della cd. prova di resistenza – delle censure intese esclusivamente a contestare le modalità attributive dei punteggi tecnici ad opera della commissione di gara.

Premesso che la suddetta statuizione di inammissibilità si fonda – coerentemente, questa volta, con le ragioni alla stessa sottese – su profili di carattere esclusivamente processuale, connesse alla mancata dimostrazione da parte della ricorrente dell’interesse al ricorso, ritiene la Sezione di anteporre alla verifica (in rito) della ammissibilità del ricorso quella della sua fondatezza, per limitare la prima alle sole censure che dovessero eventualmente presentare profili di astratta accoglibilità.

Deve inoltre rilevarsi che l’esigenza di autonoma analisi delle censure de quibus deriva dalla loro formulazione successiva (rispetto a quelle di carattere escludente) ma non subordinata (rispetto ad esse), coerentemente con la loro idoneità ad assicurare in altro modo, ovvero attraverso la collocazione della appellante in una posizione più vantaggiosa nella graduatoria della gara, l’utilità da essa perseguita e rappresentata dall’aggiudicazione della fornitura.

Ebbene, con la prima censura, la parte ricorrente contestava le modalità applicative del criterio di valutazione di cui al par. 17.1 del disciplinare, concernente “Tecnica operatoria della tipologia di impianto proposta e caratteristiche tecniche dello strumentario chirurgico” ed articolato nei seguenti punti:

- ergonomia, semplicità di utilizzo e versatilità dello strumentario chirurgico;

- opzioni di minore invasività, personalizzazione dei sistemi ed assistenza computerizzata.

Deduceva in proposito la ricorrente che, relativamente al secondo sottopunto (“opzioni di mini-invasività, personalizzazione dei sistemi ed assistenza computerizzata”), era stato attribuito un punteggio di 0,75 a Exactech (con la motivazione testuale “più che adeguato per opzioni di minore invasività, personalizzazione ed assistenza computerizzata; mini-invasivo + navigazione”), mentre a tutte le altre aziende, ovvero a Arthrex, Lima, Permedica, Wright Medical e Zimmer Biomet, era stato riconosciuto lo stesso identico punteggio di 0,50 (con la specificazione: “adeguato: non miniinvasivo”).

Essa evidenziava quindi che, sebbene Permedica e Arthrex non disponessero di alcun software per assistenza computerizzata, il punteggio attribuito era il medesimo dato alle altre aziende.

Ancora, essa deduceva che, tra le stesse aziende con prodotti notevolmente superiori rispetto a quelli offerti in gara da Permedica e Arthrez, vi erano significative differenze, nei termini di seguito indicati:

a) Exactech disponeva del Sistema di navigazione GPS®;

b) Limacorporate disponeva di Smart SPACE che consentiva la valutazione pre-operatoria del caso clinico, 3D Positioner, patient specific guide che consentiva l’esecuzione del piano pre-operatorio, Cubit Tracking Technology che forniva flessibilità intra-operatoria e un feedback in tempo reale nella fase di preparazione della sede nell’osso e di posizionamento dell’impianto;

c) Zimmer Biomet disponeva del sistema Signature One Planner per la pianificazione del posizionamento della glena anatomica. Possibilità di ordinare maschere di taglio per casi più complessi;

d) la ricorrente disponeva invece, come indicato nella relazione tecnica, del Software BluePrint per planning pre-operatorio sia per protesi anatomica che inversa e, qualora richiesto dal chirurgo, possibilità di realizzare mascherine PSI paziente specifica.

Da tali profili differenziatori, sosteneva la ricorrente, discendeva la necessità che la commissione differenziasse i punteggi di valutazione, tenendo conto delle differenti caratteristiche possedute.

Il motivo è privo di profili di fondatezza.

Deve premettersi che, per costante giurisprudenza, “la valutazione delle offerte nonché l’attribuzione dei punteggi da parte della Commissione giudicatrice rientrano nell’ampia discrezionalità tecnica riconosciutale; per cui, fatto salvo il limite della abnormità della scelta tecnica, di norma devono ritenersi inammissibili le censure che impingono il merito di valutazioni per loro natura opinabili, perché sollecitano il giudice amministrativo ad esercitare un sindacato sostitutorio, al di fuori dei tassativi casi sanciti dall’art. 134 c.p.a.” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. III, n. 6818 del 4 novembre 2020).

Ciò premesso, la parte appellante si limita a porre in risalto i profili oggettivamente differenziati, sotto il profilo preso in esame, delle offerte tecniche delle concorrenti, senza tuttavia allegare – né tampoco dimostrare – che alla non omogeneità delle medesime offerte dovesse necessariamente conseguire un punteggio altrettanto differenziato.

Ciò vale, in primo luogo, per le offerte che, secondo le deduzioni attoree, presentavano soluzioni oggettivamente difformi e che tuttavia avevano ricevuto lo stesso punteggio, non potendo ragionevolmente escludersi, a priori, che le stesse, nonostante la loro intrinseca diversità, fossero suscettibili di una valutazione uniforme, da un punto di vista qualitativo, con la conseguente identità del punteggio attribuito.

Da questo punto di vista, del resto, non può farsi a meno di evidenziare che i coefficienti destinati dalla lex specialis ad esprimere il giudizio dei commissari erano articolati secondo una graduazione predeterminata (“ottimo” - “più che adeguato” - “adeguato” - “parzialmente adeguato” - “non adeguato”), destinata ad uniformare i giudizi ed all’interno della quale avrebbero dovuto trovare inquadramento le potenzialmente infinite variabili caratterizzanti le proposte tecniche delle concorrenti.

Ma a non diversa conclusione deve pervenirsi per le due offerte - di Permedica ed Arthrex – che, secondo le allegazioni attoree, non disponevano di alcun software per assistenza computerizzata, non potendo escludersi, anche sotto tale profilo, che l’evidenziata carenza fosse compensabile (e concretamente compensata) mercé ulteriori profili migliorativi caratterizzanti le rispettive offerte ed apprezzabili nell’ottica valutativa corrispondente al criterio in esame.

L’ulteriore censura della parte ricorrente, riproposta in appello, atteneva al criterio di valutazione di cui al par. 17.1 del disciplinare, concernente “Assistenza tecnica e servizio post-vendita (struttura distributiva e/o produttiva, miglioramento dei tempi di ripristino della scorta “di base” del conto deposito, personale dedicato all’organizzazione dell’assistenza in sala operatoria)”.

La parte ricorrente deduceva in primo luogo che la commissione aveva attribuito il punteggio 1,00 ad Arthrex, Exactech, Permedica e Zimmer Biomet, riconoscendo che le stesse offrivano una “ottima assistenza tecnica e servizio post vendita”, mentre al prodotto da essa offerto era stato attribuito un punteggio di 0,75, motivato con la formula “più che adeguata assistenza tecnica e servizio post vendita”, ed alla Limacorporate il punteggio di 0,50, ritenendo che la stessa avesse offerto “una assistenza adeguata allo standard richiesto”.

Essa evidenziava quindi che, come poteva evincersi dalle relazioni tecniche acquisite a seguito dell’istanza di accesso, tali punteggi sembravano essere stati assegnati in maniera del tutto casuale ed ingiustificata.

Invero, essa rilevava, poiché ogni azienda aveva seguito un proprio schema tecnico per l’indicazione del requisito, risultando in tal modo difficile mettere a confronto le diverse offerte tra di loro sotto tale profilo, ne derivava che: o la commissione aveva effettivamente condotto una precisa analisi dei prodotti ed era stata in grado di differenziare i punteggi, ma ciò non risultava dagli atti di gara stante la carenza di qualsivoglia motivazione sul punto, oppure essa si era trovata di fronte a schemi tecnici totalmente diversi da non poter essere oggettivamente confrontati, ed in tal caso avrebbe dovuto assegnare un punteggio identico a tutti i concorrenti.

Allegava ancora la ricorrente che Exactech e Permedica, a differenza delle altre aziende, indicavano tempi di consegna, se necessario, molto ristretti.

In dettaglio:

a) Exactech indicava che la consegna della merce veniva effettuata entro le 24 ore successive alla richiesta di reintegro, mentre le consegne urgenti entro le 18 ore lavorative dal ricevimento dei buoni d’ordine;

b) Permedica indicava che il reintegro del materiale impiantato avveniva entro il termine massimo di 24 ore dalla comunicazione di impianto con consegne programmate direttamente in sala operatoria. La consegna di tale materiale veniva effettuata sia attraverso l’utilizzo di corrieri espressi autorizzati sia direttamente da personale Permedica. In casi particolari di urgenza Permedica poteva garantire le consegne entro un massimo di 6 ore dalla richiesta. Permedica indicava anche il corso 6 Sicuro per il personale tecnico;

c) Zimmer Biomet indicava, invece, solo i tempi di assistenza tecnica e scientifica; inoltre indicava che, in caso di necessità di supporto tecnico relativo ai prodotti offerti, poteva essere fornita al chirurgo e al personale, previa richiesta, consulenza tecnica da parte di specialisti di prodotto. Tale consulenza poteva essere fornita anche telefonicamente, in casi d’urgenza, nell’immediato e comunque entro le 24 ore. Era inoltre assicurata la prestazione del servizio tecnico entro 48 ore;

d) Arthrex indicava sia i tempi di reintegro che di assistenza tecnica e scientifica. Arthrex indicava che, in caso di aggiudicazione, le consegne dei prodotti venivano effettuate rispettando tutte le indicazioni riportate nel disciplinare di gara e i reintegri di base erano garantiti entro 24 ore consecutive e in casi eccezionali entro 20 ore consecutive dalla comunicazione. Garantiva l’assistenza tecnica e scientifica post-vendita da parte di un referente tecnico specializzato su richiesta ed entro 24 ore dalla chiamata, relativamente all’utilizzo del materiale impiantabile ordinato ed eventuale consulenza tecnica su un impianto. Referenti di zona e Sales Representative/Product Specialist potevano essere contattati anche con preavviso di 1 solo giorno per eventuali soluzioni di emergenza, assistenza tecnico-scientifica, controllo scadenze e rendersi pertanto disponibili a recarsi in tempi brevissimi presso la struttura interessata;

e) la ricorrente specificava che il tempo minimo per la consegna del materiale era di 48 ore ante data intervento. In casi eccezionali di emergenza l’azienda si impegnava alla consegna entro 24 ore dalla richiesta. L’azienda si impegnava altresì a fornire assistenza tecnica in sala operatoria ove preventivamente concordato con le sale operatorie e il medico chirurgo senza tuttavia indicare limiti temporali. Veniva infine garantito anche il corso 6 Sicuro per il personale tecnico;

f) Limacorporate indicava che il reintegro avveniva di norma entro il termine di 48 ore previa comunicazione anche telefonica da parte del Centro Operatorio interessato, successivamente confermata per iscritto, almeno del codice prodotto, della quantità e dei relativi lotti (in alternativa era possibile inviare copia dell’apposita etichetta in confezione). Tuttavia, in caso di emergenza, era possibile reintegrare il materiale entro il termine di 24 ore, se contattati entro le 15:00 del giorno precedente (la consegna sarebbe avvenuta, quindi, entro le ore 12:00 del giorno successivo).

Ciò premesso, deduceva la ricorrente che si trattava di metodologie di assistenza tra loro assolutamente divergenti, caratterizzate da tempistiche e protocolli affatto sovrapponibili, sicché la stazione appaltante avrebbe dovuto e potuto assegnare punteggi diversi, mentre era accaduto che la commissione aveva obliterato le intrinseche difformità tra le offerte assegnando alle stesse punteggi in alcun modo giustificabili.

Anzi, sottolineava la ricorrente, la commissione aveva attribuito il punteggio più alto proprio a quelle ditte che avevano offerto un servizio inferiore rispetto a quello garantito dalla ricorrente, in quanto la ricorrente si era piazzata penultima pur avendo offerto il servizio più efficiente e completo, dotato di tempistiche di attivazione più consone alle esigenze della stazione appaltante, in spregio al principio che imponeva alla commissione di motivare congruamente le proprie scelte.

In particolare, essa concludeva sul punto, era noto a tutti gli operatori del settore che il corso “6 Sicuro” contemplato dalla ricorrente rappresentava un plus che imponeva ed imponeva da parte della commissione l’attribuzione di un punteggio maggiore, atteso che nessuna delle concorrenti offriva tale servizio.

Nemmeno il motivo in esame è suscettibile di accoglimento.

Deve in primo luogo osservarsi che l’assunto secondo cui la commissione di gara non avrebbe differenziato la valutazione delle offerte tecniche sotto il profilo in esame, attraverso l’attribuzione di punteggi difformi, nonostante la diversa caratterizzazione che esse presentano, non trova riscontro nelle premesse fattuali della censura, dalle quali emerge che la valutazione della commissione ha spaziato tra (almeno) tre distinti coefficienti.

Ciò vale anche con riferimento alle quattro offerte che hanno ricevuto (in termini di punteggio) la medesima valutazione, dal momento che, come già evidenziato, la deduzione attorea oblitera che il compito della commissione consiste proprio nel ricondurre offerte qualitativamente difformi a parametri di giudizio (recte, coefficienti valutativi) omogenei, in modo da consentirne la classificazione funzionale alla predisposizione della graduatoria di gara: con la conseguenza che l’attribuzione ad offerte aventi contenuti non omologabili dello stesso coefficiente non è indice dell’appiattimento operato dalla commissione dei diversi profili qualitativi delle stesse, ma del giudizio tecnico-discrezionale della stessa secondo cui quei contenuti, pur difformi, esprimono un valore unitario, in termini di idoneità a rispondere – seppure in modi e con soluzioni diverse - alle esigenze della stazione appaltante.

Allo stesso modo, non può essere condivisa la tesi attorea secondo cui la diversa configurazione delle offerte tecniche, sotto il profilo in esame, ne determinerebbe la non comparabilità, con la conseguenza che o la commissione avrebbe dovuto motivare espressamente le ragioni della valutazione operata ovvero attribuire un punteggio uniforme.

Invero, la pretesa della parte appellante di costringere le possibili opzioni operative dell’Amministrazione secondo lo schema alternativo suindicato mostra il fianco alla duplice osservazione secondo cui, da un lato, la costante giurisprudenza ammette che l’obbligo motivazionale possa essere assolto, a determinate condizioni (di cui si dirà meglio infra), dall’altro lato, l’attribuzione di un punteggio unico nonostante le oggettive differenze delle offerte si tradurrebbe nella sostanziale (ed evidentemente inammissibile) abdicazione della commissione al suo compito valutativo.

Infine, il giudizio della commissione non può ritenersi inficiato dalla deduzione attorea secondo cui l’offerta tecnica da essa proposta presenterebbe profili migliorativi che renderebbero illogica l’attribuzione del coefficiente 0,75, con particolare riguardo ai tempi di consegna del materiale di reintegro.

Premesso infatti che essa stessa evidenzia di offrire un tempo minimo per la consegna del materiale di 48 ore ante data intervento, in casi eccezionali di emergenza riducibile a 24 ore dalla richiesta, deve osservarsi, in relazione alle ditte che hanno ricevuto una valutazione più favorevole ed anche limitandosi ai contenuti delle rispettive offerte tecniche riportati dalla parte appellante, che:

a) Exactech offre un tempo di consegna di 24 ore successive alla richiesta di reintegro e di 18 ore lavorative dal ricevimento dei buoni d’ordine per le consegne urgenti, ovvero tempi palesemente più contenuti rispetto a quelli offerti dalla appellante;

b) Permedica offre tempi di reintegro di 24 ore dalla comunicazione di impianto e di 6 ore dalla richiesta in casi particolari di urgenza, anche in questo caso evidentemente più competitivi rispetto a quelli offerti dalla appellante;

c) non è esatto che Zimmer Biomet offra solo i tempi di assistenza tecnica e scientifica, atteso che dalla relativa relazione tecnica (cfr. all. n. 6 della produzione di primo grado della ricorrente del 23 marzo 2021) si evince, con riferimento al servizio di consegna, che “grazie a questa organizzazione Zimmer Biomet Italia s.r.l. garantisce, salvo imprevisti che verranno tempestivamente comunicati al Cliente, un servizio di consegna standard di 48 ore e – in caso di urgenza, ove richiesto - di 24 ore”. In ogni caso, l’ipotizzata carenza (e, comunque, il fatto che la suddetta società offre tempi analoghi alla appellante), non escluderebbe, tenuto conto del carattere poliedrico del criterio di valutazione in discorso (che appunto concerne “struttura distributiva e/o produttiva, miglioramento dei tempi di ripristino della scorta “di base” del conto deposito, personale dedicato all’organizzazione dell’assistenza in sala operatoria”), che la commissione abbia ritenuto di “premiare” specificamente le modalità ed i tempi di erogazione del servizio di assistenza/consulenza tecnica;

d) Arthrex offre tempi di reintegro entro 24 ore consecutive e in casi eccezionali entro 20 ore consecutive dalla comunicazione, anche in tal caso di carattere migliorativo rispetto a quelli offerti dalla appellante.

Infine, non giova in maniera risolutiva alla sua posizione l’offerta da parte sua del corso 6 Sicuro per il personale tecnico, risolvendosi nella isolata evidenziazione di uno dei profili migliorativi da essa offerti, sganciata da ogni analisi di carattere complessivo avente ad oggetto la sua offerta e quella delle concorrenti.

Con ulteriore doglianza, concernente il criterio di valutazione “Educational (organizzazione e numero di ore messe a disposizione per il programma di formazione e informazione del personale medico, tecnico e infermieristico)”, in relazione al quale la commissione assegnava ad Arthrex, Exactech, Limacorporate e Permedica il punteggio 0,75, con la formula “più che adeguata proposta educational”, a Zimmer Biomet il coefficiente 1,00, con la motivazione “ottima proposta educational”, ed alla appellante il punteggio 0,50, con la spiegazione “adeguata proposta educational – no cadaver lab”, essa deduceva in primo grado che la commissione aveva erroneamente ritenuto la mancata offerta del requisito “cadaver lab”, la quale risultava invece dalla documentazione di gara.

Allegava ancora la ricorrente che Limacorporate risultava sprovvista di “cadaver lab” e nonostante ciò essa aveva ottenuto un punteggio nettamente superiore a quello attribuito ad essa, mentre Permedica aveva dichiarato di possedere il “cadaver lab” ma ne aveva fornito una descrizione meno performante rispetto a quella indicata dalla ricorrente, con la conseguente illogicità del punteggio superiore assegnato alla controinteressata rispetto a quello riconosciuto alla ricorrente.

Nemmeno tale motivo può essere accolto.

Basti osservare, in senso contrario alle deduzioni attoree, che l’assenza del “cadaver lab” costituisce solo uno degli elementi della motivazione sottesa ai coefficienti assegnati, la quale si basa principalmente sul grado di complessiva adeguatezza della struttura formativa proposta dalle concorrenti, di cui il “cadaver lab” costituisce solo uno dei (non indispensabili) elementi costitutivi.

In ogni caso, se da un lato, come si evince dall’allegato 7 del ricorso introduttivo, Limacorporate offre “workshop di esercitazione pratica con l’utilizzo di ‘ossa sintetiche’” (simile, anche se non equivalente, al “cadaver lab”), Permedica, come risulta dall’all. 5 della produzione di primo grado della ricorrente del 23 marzo 2021, ha precisato (a differenza della appellante), il luogo di svolgimento del “cadaver lab” (laddove menziona la “possibilità per il personale medico di partecipare a Cadaver-Lab organizzati presso il centro ICLO di Verona”), mentre la appellante non spiega i motivi per i quali la sua offerta dovrebbe considerarsi, da questo punto di vista, più “performante”.

La complessiva infondatezza dei motivi esaminati consente quindi di confermare in parte qua, sebbene nell’ottica della infondatezza (in luogo della formula della inammissibilità utilizzata dal giudice di primo grado), la sentenza appellata.

Può invece dichiararsi l’assorbimento dell’ulteriore eccezione di inammissibilità, concernente i suddetti motivi, riproposta in appello dalla Limacorporate s.p.a..

Può altresì prescindersi dall’esaminare la censura (di taglio meramente ipotetico e, per questo, inammissibile, come eccepito anche in appello dalla società controinteressata) intesa a sostenere che, qualora la commissione avesse inteso obliterare i requisiti indicati nella lex specialis, avrebbe illegittimamente esercitato il potere di autotutela, in carenza dei relativi presupposti legittimanti, non essendovi traccia, negli atti di gara, di tale intendimento della stazione appaltante.

Infine, non può essere accolta la censura con la quale la parte appellante lamenta che la commissione, in sede di assegnazione dei punteggi, non avrebbe fornito alcuna motivazione giustificativa di carattere discorsivo: premesso infatti che, secondo la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato e come evidenziato dalla stessa parte appellante, “quando i criteri di valutazione degli elementi dell’offerta tecnica sono sufficientemente dettagliati è sufficiente la mera espressione numerica del giudizio” (cfr., di recente, Consiglio di Stato, Sez. V, n. 2086 dell’11 marzo 2021), la parte appellante non svolge alcuna concreta deduzione al fine di dimostrare l’eventuale insussistenza del presupposto (rappresentato dal carattere non sufficientemente analitico dei criteri di valutazione) cui l’orientamento citato subordina l’esigenza di integrare il punteggio numerico, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo motivazionale, con una apposita formula descrittiva (formula che peraltro, come si è detto, la commissione non ha omesso di apporre, nei verbali di gara, ad integrazione del giudizio numerico).

Resta quindi assorbita l’eccezione di inammissibilità del suddetto motivo di appello, riproposta dalla società resistente, così come quella proposta ex novo, sia dalla suddetta società che dalla stazione appaltante, sulla scorta della (affermata) mancata impugnazione della sentenza appellata nella parte in cui ha statuito l’inammissibilità dei motivi inerenti all’attribuzione dei punteggi per il mancato superamento della cd. prova di resistenza.

In conclusione, l’appello deve essere accolto in parte e conseguentemente riformata la sentenza appellata, salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione.

Deve solo precisarsi, in proposito, che la formula impropria utilizzata dalla parte appellante – laddove ha richiesto l’”annullamento” della sentenza appellata – può essere correttamente riqualificata, nel senso della sua riforma e con gli effetti caducatori innanzi esplicitati, coerentemente con la ratio decidendi della presente sentenza, connessa alla rilevazione di un error iudicandi (e non in procedendo, per il quale sarebbe appropriato, ricorrendo le ipotesi di cui all’art. 105 c.p.a., l’annullamento della pronuncia di prime cure) nella sentenza appellata.

Quanto invece alla definizione degli effetti della presente sentenza sul rapporto intercorrente tre le parti della controversia, deve precisarsi che all’accoglimento dell’appello consegue l’annullamento dell’impugnato provvedimento di aggiudicazione, mentre nessuna pronuncia può essere adottata con riguardo alle domande di declaratoria di inefficacia del contratto, di subentro della appellante nella fornitura e di risarcimento del danno (in forma specifica o per equivalente), e ciò non solo (o non tanto) perché, come eccepito dalla società resistente, le stesse non sono state riproposte in appello, ma alla luce dell’effetto rinnovatorio (delle valutazioni spettanti alla P.A.) conseguente alla presente decisione: ciò non senza omettere di precisare che alla suddetta limitazione si correla pur sempre il concreto interesse della parte appellante alla rinnovazione dell’attività amministrativa interessata dalla sentenza di annullamento, anche in vista dei successivi ed eventuali risvolti risarcitori, con la conseguente infondatezza della eccezione di inammissibilità dell’appello per carenza di interesse formulata dalla società controinteressata.

Infine, la peculiarità della fattispecie oggetto di giudizio, con particolare riguardo ai contorni non nettamente definiti a livello legislativo del concreto modus operandi del principio di equivalenza, giustifica la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi precisati in motivazione, salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Il principio di equivalenza trova la propria disciplina all’interno dell’art. 68 del d. lgs. 50/2016, che attua l’art. 42 della direttiva 2014/24/UE, e rappresenta uno dei più importanti precipitati del principio di massima partecipazione e concorrenza.

Trattasi di un istituto pro-concorrenziale in quanto permette agli operatori economici di prendere parte alle pubbliche gare anche qualora i prodotti dagli stessi offerti non siano perfettamente rispondenti alle specifiche tecniche richieste dalla Stazione Appaltante ma risultino comunque dotati di caratteristiche funzionalmente identiche a quanto prescritto nella lex specialis di gara.

Come affermato dalla giurisprudenza il principio permea l’intera disciplina dell’evidenza pubblica e risulta di fondamentale importanza posto che, nel permettere la partecipazione di prodotti aventi specifiche tecniche equivalenti, massimizza, da un lato, i principi di imparzialità, buon andamento e libertà di iniziativa economica, dall’altro, i principi di proporzionalità e ragionevolezza, oltre al già richiamato principio euro-unitario di massima concorrenza e favor partecipationis (Consiglio di Stato, sez. III, 20.10.2020, n. 6345). Infatti, ispirandosi ad un criterio di conformità sostanziale (delle soluzioni tecniche), il principio di equivalenza va incontro, non solo, all’interesse dell’operatore economico alla partecipazione alla procedura di evidenza ma, al contempo, realizza l’interesse pubblico primario ad avere la più ampia gamma di prodotti in gara così da poter reperire quello che rappresenta il miglior contemperamento tra qualità e prezzo.

Come anticipato, il principio di equivalenza trova la propria positivizzazione all’interno del codice dei contratti pubblici all’articolo 68 che, dopo aver delineato a carico della Stazione Appaltante un obbligo di individuare specifiche tecniche che consentano pari accesso agli operatori economici nella procedura di gara, in modo da evitare aggravi, ostacoli o limitazioni alla massima concorrenza (art. 68 co. 5 d.lgs. 50/2016), chiarisce che, laddove l’individuazione di caratteristiche dettagliate con richiami a marchi, brevetti, origini, produzioni specifiche sia imprescindibile alla luce dell’oggetto dell’appalto, le Amministrazioni sono tenute comunque ad ammettere anche prodotti tecnicamente equivalenti a quelli indicati in gara (art. 68 co 7 cit.). 

Se, dunque, il rispetto del principio in parola è imposto ex lege, esso opera a prescindere dalla presenza o meno di un’espressa clausola all’interno della legge di gara in tal senso, per eterointegrazione della normativa di rango primario.

Per quanto concerne gli oneri a carico del concorrente, si rileva che secondo l’orientamento giurisprudenziale più recente, oggi maggioritario, l’operatività del principio non risulta subordinata all’allegazione di un’apposita dichiarazione formale da parte dell’operatore economico, non essendo tale onere rinvenibile all’interno della disciplina codicistica. Al contrario sarà sufficiente, ai fini dell’ammissione della soluzione tecnicamente equivalente, che il concorrente provi, con qualunque mezzo, che la propria offerta è conforme alle prescrizioni tecniche di gara (ex multis Consiglio di Stato, sez. V, 27 settembre 2021, n. 6483) e che presenta specifiche qualitativamente equivalenti, a prescindere da ogni richiamo espresso all’interno della documentazione di gara. Si assiste dunque ad una evidente dequotazione degli oneri a carico dei privati, atteso che il principio non richiede, né impone, un’attivazione di parte affinché sia reso operativo ed applicabile, essendo pienamente vigente nel sistema delle pubbliche commesse. 

Con la stessa ratio di fondo i giudici amministrativi hanno altresì affermato che il giudizio di equivalenza condotto dall’Amministrazione non richiede neppure che il concorrente indichi espressamente, all’interno della documentazione tecnica, gli elementi specifici da cui si deduce la compatibilità sostanziale tra quanto offerto e quanto richiesto, ben potendo la Commissione compiere una valutazione autonoma circa l’equivalenza funzionale del bene offerto. Ciò, tuttavia, a condizione che dalla documentazione tecnica sia comunque desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 29 marzo 2018, n. 2013, Consiglio di Stato, sez. IV, 4 marzo 2021 n. 1863).

Non è revocabile in dubbio, dunque, che la Commissione di gara possa ravvisare l’equivalenza (anche in forma implicita) dei prodotti offerti dall’autonomo esame della documentazione tecnica versata in gara o dalla campionatura, anche in mancanza di una specifica indicazione dell’operatore, purché da questi ultimi sia chiaramente desumibile la rispondenza del prodotto al requisito previsto dalla lex specialis.

Partendo da tale orientamento interpretativo, la Terza Sezione del Consiglio di Stato, con la sentenza in commento, ha chiarito il rapporto tra il giudizio implicito eventualmente condotto dall’Amministrazione ed i requisiti a cui è soggetta l’attività provvedimentale, ricordando come quest’ultima debba presentare una serie di elementi contenutistici essenziali affinché possa essere compresa, valutata ed esaminata la legittimità dell’esercizio del potere amministrativo e la sua conformità ai principi che sorreggono la materia. 

Orbene, nel caso da cui origina la sentenza, la Stazione Appaltante si era limitata ad ammettere in gara le offerte di concorrenti, apparentemente prive dei requisiti tecnici minimi, senza dar prova, in nessuna parte dei verbali, di aver condotto alcun giudizio di equivalenza. Peraltro, al contempo, neppure i partecipanti avevano prodotto in gara alcuna dichiarazione attestante l’equivalenza funzionale dei propri prodotti.

In breve, non era dato sapere sulla base di quali elementi l’Amministrazione avesse ritenuto operativo il principio più volte richiamato, né in relazione a quali documenti tecnici fosse stata effettuata la valutazione di equivalenza sostanziale.

Il Supremo Consesso, senza sconfessare l’orientamento giurisprudenziale che ammette il giudizio di equivalenza implicito da parte della Stazione Appaltante, ha precisato che “se, infatti, può riconoscersi alla valutazione di equivalenza della stazione appaltante carattere implicito, secondo la tecnica motivazionale “per relationem”, a diversa conclusione deve pervenirsi con riferimento all’oggetto della “relatio”, che non può che essere espresso, al fine di evitare che la catena dei rimandi si risolva nella sostanziale elusione dell’obbligo motivazionale che assiste (tutti, sebbene in diversa misura a seconda della tipologia e degli effetti) i provvedimenti amministrativi”.

Allo scopo di garantire la massima trasparenza nell’agere amministrativo e, conseguentemente, per assicurare una piena tutela giurisdizionale al concorrente, permettendogli di predisporre effettive, puntuali, meditate censure nei confronti delle scelte amministrative, il Giudica ha ricordato come l’Amministrazione, pur potendo far ricorso alla motivazione per relationem, deve - quanto meno – indicare espressamente l’oggetto al quale la motivazione si riferisce, di modo che tutti gli offerenti possano sapere con certezza se e su quali elementi l’Ente Appaltante ha ritenuto sussistente l’equivalenza dei prodotti offerti dai concorrenti. 

Detto altrimenti è necessario che l’attività provvedimentale della P.A. in fase di gara sia caratterizzata “da un livello “minimo” di “visibilità” così da “evitare che il privato sia pregiudicato (anche in ragione dell’effetto preclusivo che discende dalla mancata tempestiva attivazione dei rimedi giurisdizionali) da manifestazioni autoritative “occulte” nonché per evitare che lo stesso possa essere privato o leso nel suo buon diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva alla luce dei limiti al giudicato giurisdizionale, essendo - come è noto - impedito “al giudice amministrativo (dall’art. 34, comma 2, c.p.a.) di esercitare il suo sindacato con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.

In altri e più chiari termini, il Collegio che non ha censurato la possibilità per l’Organo tecnico di ammettere una motivazione per relationem di provvedimenti a contenuto positivo, ma ha inteso ancorare la suddetta possibilità a stringenti limiti contenutistici, necessari per comprendere l’oggetto in relazione al quale si effettua giudizio di equivalenza implicito.

Alla luce di quanto esposto, il Consiglio di Stato ha precisato che nel caso in cui la Commissione sia chiamata a valutare l’equivalenza di un prodotto, qualora si voglia avvalere della possibilità di motivare implicitamente e per relationeml’equivalenza tecnica dell’offerta esaminata, dovrà in ogni caso e comunque dare conto di un nucleo essenziale di elementi, quali:

-       il requisito precipuo carente nell’offerta esaminata, 

-       il requisito posseduto dall’offerente sul quale il giudizio di equivalenza è espresso (anche per relationem), 

-       le ragioni tecniche per cui l’Amministrazione ravvisa l’equivalenza.

In questo modo, tutti i partecipanti potranno avere percezione degli elementi su cui è stato condotto il giudizio di equivalenza, così da poter valutare la censurabilità o meno delle scelte amministrative.