TAR Lazio, sentenza n. 4094/2021

1. La natura meramente collettiva e cumulativa delle domande di condanna azionate da due soggetti distinti (che prendevano parte alla gara separatamente) in un unico ricorso introduttivo (posto che non sussistono ragioni di connessione tra le posizioni di ciascun ricorrente-essendo titolare ciascuno di un pretesa autonoma, soggetta a variabili presupposti in fatto -  e dunque prive tra loro di legami procedimentali o teleologici; sul punto, cfr. T.A.R., Firenze, sez. II, 10/11/2020, n. 1390, T.A.R. Napoli, sez. II, 09/11/2020, n. 5088 ed altre).”

2. Lo scrutinio di legittimità della procedura di gara, assente una domanda di annullamento della graduatoria ai fini dell’aggiudicazione, è dipendente dalla domanda di risarcimento. 

Il fatto.

La stazione appaltante bandiva una gara al fine di affidare, in via sperimentale, la concessione dell’esercizio del parcheggio, con sosta a pagamento, di 21 aree asfaltate prospicienti il lungomare di Ostia.

Tale sperimentazione rientrava nel progetto di collaborazione pubblico/privato per l’ottimizzazione del servizio e il controllo del territorio, in particolare al fine di contrastare il fenomeno dei c.d. “parcheggiatori abusivi”.

Il bando prevedeva l’obbligo per il concessionario di “svolgere l’attività di sorveglianza per tutta la durata della concessione, obbligandosi a non sospenderla o abbandonarla se non in caso di comprovata forza maggiore” e di sostenere tutte le spese inerenti l’assunzione e la gestione del personale di sorveglianza.

Le ricorrenti, risultate vincitrici della gara, richiedevano all’Amministrazione di rideterminare le condizioni contrattuali della concessione.

In mancanza delle richieste modifiche, le ditte rifiutavano di sottoscrivere il contratto, obbligando l’Amministrazione a procedere alla revoca dell’affidamento e ad assegnare la concessione agli operatori economici collocatisi utilmente in graduatoria.

Le società ricorrenti, adivano il TAR ed impugnavano la determina dirigenziale con la quale veniva approvata la graduatoria definitiva per l’aggiudicazione del bando, domandando il risarcimento del danno.

La sentenza.

Il Collegio, preliminarmente, ha effettuato una valutazione dei presupposti dell’azione, dichiarando la inammissibilità della stessa, poiché “la natura meramente cumulativa del ricorso[…]si dimostra ostativa all’ammissibilità dell’azione”.

Nel caso di specie, il ricorso era stato presentato congiuntamente dalle due ditte al G.A, avverso la determinazione dirigenziale che le aveva escluse dall’affidamento dell’appalto.

Sulla base di ciò, il Giudice Amministrativo ha rilevato: “la natura meramente collettiva e cumulativa delle domande di condanna azionate da due soggetti distinti (che prendevano parte alla gara separatamente) in un unico ricorso introduttivo (posto che non sussistono ragioni di connessione tra le posizioni di ciascun ricorrente-essendo titolare ciascuno di un pretesa autonoma, soggetta a variabili presupposti in fatto -  e dunque prive tra loro di legami procedimentali o teleologici; sul punto, cfr. T.A.R., Firenze, sez. II, 10/11/2020, n. 1390, T.A.R. Napoli, sez. II, 09/11/2020, n. 5088 ed altre).”

Il Tar, infatti, ha correttamente rilevato che “le due ricorrenti erano concorrenti nella medesima gara” ed i due operatori economici auspicavano e presumevano che “all’esito dell’esclusione delle altre concorrenti, esse avrebbero potuto ottenere l’affidamento dei lotti rimasti non assegnati, in ordine a tale aspetto le loro posizioni sono intrinsecamente in conflitto, posto che (sulla base di quanto prospettavano) avrebbero ciascuna un distinto interesse ad ottenere il maggior numero (o tutte).”

Le posizioni giuridiche soggettive delle due ricorrenti, le quali erano in competizione tra loro, avendo ciascuna partecipato autonomamente alla gara, erano di conseguenza inconciliabili ed ostative per l’instaurazione di un ricorso cumulativo.

Infine, in merito alla declaratoria di inammissibilità della domanda risarcitoria il Tar Lazio ha affermato che in assenza della domanda di annullamento “lo scrutinio di legittimità della procedura di gara […] è dipendente dalla domanda di risarcimento. Essendo quest’ultima formulata nella prospettiva di una illegittimità dell'oggetto di gara considerata preclusiva della legittimità del servizio, tale contesto avrebbe reso impossibile la sottoscrizione della convenzione a prescindere dal numero di aree di sosta assegnate”.

In ragione di ciò, le ricorrenti avendo affermato un vizio di legittimità della gara, avrebbero dovuto impugnare la graduatoria di aggiudicazione chiedendone l’annullamento con conseguente proposizione della domanda risarcitoria.

Riflessioni a margine della pronuncia.

La decisione del TAR Lazio sez. II è in sintonia con l’art. 32 C.p.a., che disciplina l’istituto della connessione, secondo cui: "E' sempre possibile nello stesso giudizio il cumulo di domande connesse proposte in via principale o in via incidentale".

La ratio, è quella di evitare che due o più giudici possano pronunciarsi su un medesimo fatto, poiché un’eventuale difformità tra le ricostruzioni operate dai due diversi organi giurisdizionali porterebbe ad un inevitabile contrasto tra giudicati.

Per scongiurare tale eventualità l’art. 32 consente la riunificazione dei giudizi; tuttavia come ha statuito il Consiglio di Stato, l’istituto in esame risponde altresì: a) all'esigenza di evitare la confusione tra controversie diverse con conseguente aggravio dei tempi del processo; b) alla necessità di impedire l'elusione delle disposizioni fiscali, atteso che con il ricorso cumulativo il ricorrente chiede più pronunce giurisdizionali provvedendo, però, una sola volta al pagamento dei relativi tributi. c) all'esigenza di evitare l'inutile aggravio dei tempi del giudizio e di salvaguardare il potere latamente discrezionale del giudice di disporre la riunione dei processi ex art. 70 c.p.a..[1]

Come emerge già da una prima lettura dell’art 32, il legislatore del c.p.a. è stato generico nel disciplinare la connessione nel processo amministrativo; infatti, già all’indomani dell’entrata in vigore del D.lgs. 104/2010, si sono registrate perplessità in sede di prima applicazione a causa dell’assenza di disposizioni analoghe agli artt. 40 e 104 c.p.c. che minuziosamente regolano, rispettivamente, la connessione oggettiva e soggettiva nel processo civile.

Tuttavia, la dottrina aveva affermato fin dall’entrata in vigore del presente codice, che anche in tema di connessione, “si applicano disposizioni del codice di procedura civile, in quanto compatibili o espressioni di principi generali”, ai sensi dell’art 39 c.p.a..

Di diverso avviso, è sempre stata la giurisprudenza amministrativa, la quale con le sentenze 6537/2011, Sez. V e 359/2013, Sez. IV del Consiglio di Stato, ha definitivamente risolto la questione affermando che “in via di principio e a differenza del processo civile, in cui il cumulo delle domande può essere giustificato tanto da una connessione oggettiva, quanto da una connessione soggettiva (cfr. art. 40 cod. proc. civ.), assume di per sé rilevanza soltanto la prima forma di connessione, posto che la connessione soggettiva non consente l'impugnativa con un unico ricorso di provvedimenti diversi se non quando sussiste anche un collegamento oggettivo tra di essi, con la conseguenza che nel giudizio amministrativo occorre che le domande siano o contemporaneamente connesse dal punto di vista oggettivo e soggettivo , oppure semplicemente connesse dal punto di vista oggettivo”[2].

All’interno del processo amministrativo, alla luce della citata giurisprudenza, assume un ruolo preponderante la connessione oggettiva, al punto che quella soggettiva sussiste solo laddove “le domande siano o contemporaneamente connesse dal punto di vista oggettivo e soggettivo, oppure semplicemente connesse dal punto di vista oggettivo”[3].

L’instaurazione di unico procedimento, di conseguenza, sarà possibile ove gli atti posti in essere dalla P.A. costituiscano una manifestazione del potere provvedimentale “idoneo a far emergere la consistenza e la lesione di un unitario interesse soggettivo , storicamente connotato come contrapposto a quel determinato esercizio del potere: ossia - detto altrimenti - tra gli atti complessivamente impugnati sussiste una connessione procedimentale, ovvero un rapporto di presupposizione giuridica, o quantomeno di carattere logico”.

Difatti, secondo il Consiglio di Stato, il ricorso cumulativo (in cui sono impugnati più provvedimenti) e quello collettivo (più parti che impugnano il medesimo provvedimento) risultano ammissibili laddove ricorrano “congiuntamente i requisiti della identità di situazioni sostanziali e processuali, che le domanda siano identiche nell'oggetto e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e della identità di censure.”[4]

Ebbene, nel caso in questione le ricorrenti avevano interesse al conseguimento di una utilità o di un vantaggio, consistente nell’ottenimento da parte di ognuna del maggior numero di posti auto, sicchè le posizioni dei due operatori economici, “sono intrinsecamente in conflitto, posto che (sulla base di quanto prospettavano) avrebbero ciascuna un distinto interesse ad ottenere il maggior numero di lotti”[5].

Il ricorso cumulativo risulta “inammissibile se azionato da ricorrenti che non si trovino in situazioni del tutto identiche tra loro e tra i quali non si può neppure escludere, almeno potenzialmente, l'esistenza di un conflitto di interessi”[6]

Emerge, dunque, che la proposizione contestuale di un’impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro più atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di due determinati requisiti.

Il primo requisito, secondo giurisprudenza consolidata, consiste nell’assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l’accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella degli altri.

Il secondo requisito, invece, richiede l’identità: delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti; dell’oggetto domande giurisdizionali; del contenuto degli atti impugnati e delle censure promosse.

In conclusione, il ricorso cumulativo, seppur ammesso dalla giurisprudenza, risulta avere carattere eccezionale, essendo subordinato alla sussistenza di una connessione di tipo oggettivo, che pertanto richiede la identità del petitum o della causa petendi, sicchè qualora difettasse uno di questi elementi, non potrà essere che dichiarata la inammissibilità dell’azione.

Invece, per quanto concerne la richiesta di risarcimento danni, il Tar Lazio ha dichiarato l’inammissibilità della domanda risarcitoria in ragione del mancato esercizio, da parte dei ricorrenti, dell’azione di annullamento della graduatoria di aggiudicazione.

Sul punto occorre richiamare quanto affermato dal Consiglio di Stato secondo cui “la mancata proposizione della domanda di annullamento dell’aggiudicazione preclude anche in radice il riconoscimento del danno per equivalente pecuniario”.[7]

Va tuttavia osservato che una siffatta preclusione non costituisce una conseguenza automatica della mancata impugnazione.

Il Consiglio di Stato con le sentenze del 23 marzo 2011, n.3 e 31 marzo 2011, n.1983, è intervenuto sul tema della pregiudizialità della domanda di annullamento rispetto all’azione di danno, affermando che “la domanda di risarcimento può essere proposta innanzi al giudice amministrativo anche in difetto della previa domanda di annullamento dell’atto lesivo, per cui una declaratoria di inammissibilità della domanda risarcitoria motivata solo in ragione della mancata previa impugnazione dell’atto, concretizza diniego della giurisdizione sindacabile da parte della Corte di cassazione ex artt. 360, comma 1, n. 1 e 362 c.p.c.[8].

Infatti, “l’art. 30 del codice ha previsto, ai fini che qui rilevano, che l’azione di condanna al risarcimento del danno può essere proposta in via autonoma (comma 1) entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo (comma 3, primo periodo)[9], sancendo pertanto, l’autonomia sul versante processuale della domanda di risarcimento rispetto al rimedio impugnatorio.

Tuttavia, secondo il principio di auto-responsabilità[10], il codice del processo amministrativo sancisce la regola secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta, attiva od omissiva, contraria al principio di buona fede ed al parametro della diligenza interrompe, in tutto o in parte, il nesso casuale previsto dall’art. 1223 c.c, precisando che tra le condotte attive e omissive, oggetto di valutazione del giudice ex art 124 c.p.a., occorre fare riferimento altresì  alla mancata impugnazione del provvedimento dannoso e all’attivazione di altri rimedi potenzialmente idonei ad evitare il protrarsi del danno, come i ricorsi amministrativi e la proposizione di istanze volte a sollecitare provvedimenti di secondo di grado[11].

Infatti, sebbene la domanda risarcitoria sia proponibile in via autonoma, “il giudice amministrativo deve tener conto, nel merito, dell’imputabilità, alla condotta colpevole del danneggiato, della mancata proposizione di una domanda giudiziale di annullamento dell’atto che, incidentalmente, qui si è visto dover essere qualificato come illegittimo e colposamente causativo di danno ingiusto”[12].

Nel caso in esame, risulta evidente che qualora le ricorrenti avessero proposto domanda di annullamento del provvedimento con cui venivano assegnati i lotti alle controinteressate, si sarebbe potuto escludere o per lo meno ridurre l’ammontare dei danni conseguenti alla mancata esecuzione dell’appalto, posto che “nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”.[13]

Il Tar Lazio, aderendo alla tesi espressa dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, ha affermato che “lo scrutinio di legittimità della procedura di gara, assente una domanda di annullamento della graduatoria ai fini dell’aggiudicazione, è dipendente dalla domanda di risarcimento[14].

Pertanto, la mancata limitazione delle conseguenze dannose da parte dell’avente diritto al risarcimento mediante l’ordinaria diligenza richiesta dall’art 1227 c.c., comporta l’esclusione della responsabilità dell’Amministrazione, laddove emerga che il danno poteva essere contenuto o addirittura evitato attraverso la diligente cura, anche giudiziale, delle proprie situazioni giuridiche soggettive.


[1] Consiglio di Stato, sent. 13 aprile 2018, n. 2219

[2] Consiglio di stato sent. 22 gennaio 2013, n. 359, sez. IV

[3] Consiglio di Stato, sent.14 dicembre 2011, n. 6537, sez. V

[4] Consiglio di Stato, sent. 25 febbraio 1991, n. 177

[5] TAR Lazio sent. 4094/2021

[6] T.A.R. Campania, sent. 3221/2013

[7] Cfr. Consiglio di Stato, A.P. 23 marzo 2011, n.3; Consiglio di Stato, sez. VI, 31 marzo 2011, n.1983

[8] Ibidem

[9] Consiglio di Stato, A.P. 23 marzo 2011, n.3

[10] C.p.a. art. 124 comma 2

[11] Cfr. Consiglio di Stato, A.P. 23 marzo 2011, n.3

[12] Cfr. Consiglio di Stato sez. VI, 31 marzo 2011, n.1983

[13] C.p.a. art. 30 comma 3

[14] TAR Lazio, sez. II sent. 4094/2021

LEGGI LA SENTENZA

N. 04094/2021 REG.PROV.COLL.

N. 06965/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6965 del 2012, proposto da
Soc. F.lli Catalano S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, e Carmelo Catalano, rappresentati e difesi dall'avvocato Giacomo Falcone, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Sistina, 149;

contro

Roma Capitale, Municipio XIII, in persona del Sindaco e del Presidente, legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Antonio Graziosi e dall'avvocato Tiziana Di Grezia, dell’Avvocatura Capitolina, con domicilio in Roma, presso la sua sede, in via Tempio di Giove, 21 e domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Coop. Sociale Le Tamerici, Soc. Coop. Smart Coop Arl, Consorzio Delta, ciascuno in persona del rispettivo legale rappresentate p.t., non costituiti in giudizio;

per il risarcimento

dei danni subiti in conseguenza dell’illegittimo esercizio dell’azione amministrativa nell’affidamento, in via sperimentale, per la concessione dell’esercizio del parcheggio con sosta a pagamento in 21 (ventuno) aree asfaltate prospicienti il lungomare di Ostia, previa statuizione (ai soli fini risarcitori) dell’illegittimità:

a) della Determinazione Dirigenziale nr. 1659 del 26.6.2012, con la quale è stata approvata la graduatoria definitiva per l’affidamento in via sperimentale per la concessione dell’esercizio del parcheggio con sosta a pagamento fino al 30.09.2012;

b) della Determinazione Dirigenziale nr. 1805 del 16.7.2012, con la quale sono stati aggiudicati i lotti della graduatoria approvata con D.D. n. 1659 del 26.6.2012;

c) del verbale prot. 71283/12 nella parte in cui aggiudica alle altre concorrenti (rispetto ai ricorrenti) i lotti rimasti liberi perché privi di offerte;

d) delle Determinazioni Dirigenziali nn 1834 e 1835 del 18.07.2012, con le quali sono state modificate le determinazioni precedentemente assunte, in ordine al corrispettivo del servizio;

e) della missiva del 24.7.2012, con la quale l’Amministrazione considerava la richiesta formulata dalle ricorrenti (di mutare il colore delle strisce da bianche a blu) come diniego dell’accettazione delle condizioni proposte dall’Amministrazione;

f) della nota prot. 76287 del 27.7.2012, a firma del Dirigente dell’UOT, con la quale si comunica la rinuncia, da parte di due imprese aggiudicatrici, di complessivi 12 lotti, ad iniziare i lavori alle condizioni definite in corso di assegnazione;

g) della Determinazione Dirigenziale nr. 1878 del 25.7.2012, con la quale sono state rettificate le precedenti determinazioni in ordine alla ripartizione dei lotti rimasti liberi;

h) della Determinazione Dirigenziale nr. 604 del 27.7.2012, prot. 45907 con la quale l’Amministrazione ha illegittimamente modificato le statuizioni del bando e del capitolato (in favore delle altre concorrenti, essendo state – a quella data – già pretermesse le ricorrenti) ponendo le spese di realizzazione della segnaletica orizzontale a carico del Municipio;

i) nonché di ogni altro atto presupposto (ivi compreso il bando ed il capitolato speciale) preparatorio, prodromico, concernente, connesso o consequenziale, anche non conosciuto e comunque lesivo degli interessi delle ricorrenti, ivi compreso il contratto eventualmente stipulato con l’illegittima aggiudicataria.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Roma Capitale e del Municipio XIII;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 19 febbraio 2021, celebratasi in collegamento da remoto, il dott. Salvatore Gatto Costantino, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

Espone parte ricorrente di avere preso parte alla procedura aperta per l’affidamento in via sperimentale, per la concessione dell’esercizio del parcheggio con sosta a pagamento di 21 aree asfaltate prospicienti il lungomare di Ostia fino al 30.09.2012 (indetta con bando approvato con DD nr. 1052 del 27.4.2012, successivamente variato come da DD nr. 1100 del 3.5.2012).

Ricevuti nove plichi di altrettanti partecipanti, veniva nominata la commissione di gara con D.D. nr. 1245 del 21.5.2012 e quest’ultima elaborava la graduatoria definitiva poi approvata con D.D. n. 1659 del 26.6.2012.

I lotti della graduatoria venivano assegnati con D.D. nr. 1805 del 16.7.2012: precisa la ricorrente che per i lotti 1 – 2- 3 – 4 – 5 – 6 – 7 – 8 – 11 – 12 – 15 non erano pervenute offerte e che i lotti 20 e 21 rimanevano non aggiudicati; le concorrenti chiedevano l’assegnazione dei lotti rimasti liberi (verbale prot. 71283/12).

Riferisce quindi parte ricorrente di avere inviato, in data 17.7.2012, una nota contenente richiesta di modifica dell’art. 1 della bozza di convenzione (trasmessa via mail il 16.7.2012, ore 13:24), nella parte in cui si prevedeva la realizzazione della segnaletica orizzontale di colore bianco, in quanto detta prescrizione si poneva in contrasto con le norme del Codice della Strada (secondo il quale l’area di sosta soggetta a tariffa va delimitata in blu, solo in quest’ultimo caso potendosi pretendere un pagamento del parcheggio).

Il 24.07.2012, l’Amministrazione considerava la richiesta di cui al punto precedente come diniego di accettazione delle condizioni proposte e consegnava tutti gli stalli di sosta in gestione ad altre concorrenti.

Il 25.7.2012 entrambe le ricorrenti precisavano a mezzo raccomandata a/r (anticipata a mezzo fax) che la missiva non poteva essere intesa come rinuncia all’appalto, ma esclusivamente quale richiesta mera di modifica dell’art. 1 della Convenzione. Tale missiva rimaneva priva di riscontro.

Sulla base di tali presupposti, con l’atto introduttivo dell’odierno giudizio, le ricorrenti chiedono di accertare l’illegittimità degli atti e dei provvedimenti meglio elencati in epigrafe, che deducono per le seguenti ragioni.

A) Violazione dell’art. 97 della Costituzione e dei principi costituzionali in tema di buona amministrazione, violazione dell’art. 1 della l. n. 241/90 e del principio generale di legalità, violazione di legge, eccesso di potere per sviamento, illogicità, irrazionalità, violazione della par condicio, dell’imparzialità e della trasparenza, falso presupposto in fatto ed in diritto, violazione e falsa applicazione del bando di gara e del capitolato speciale.

Secondo parte ricorrente, la richiesta formulata in esito alla ricezione dello schema di convenzione non avrebbe dovuto essere considerata quale un rifiuto alla firma della convenzione stessa, essendo intesa solo a far valere la illegittimità della previsione del pagamento su strisce bianche, quest’ultima in contrasto con il codice della strada (come risulterebbe sia dal sito dell’ATAC di Roma Capitale, sia dall’art. 149 del Regolamento di esecuzione del nuovo codice della strada di cui al DPR 495/1992; tale illegittima previsione, secondo le ricorrenti, le avrebbe esposte ad evidenti perdite di introiti e non era prevista né nel bando, né nel disciplinare di gara (con la conseguenza che non poteva essere valutato il relativo pregiudizio dei concorrenti); a riprova di quanto dedotto, la ricorrente allega eventi successivi (articoli di stampa e richiesta di risoluzione consensuale dell’appalto avanzata da altro concorrente).

B) Violazione di legge, dell’art. 97 della Costituzione, dei principi costituzionali in tema di buona amministrazione, artt. 41, 42 e 48 del Dlgs nr. 163/2006, violazione dell’art. 1 della l. n. 241/90 e del principio generale di legalità, eccesso di potere per sviamento, illogicità, irrazionalità, violazione della par condicio, dell’imparzialità, della trasparenza, falso presupposto in fatto ed in diritto, violazione e falsa applicazione del bando di gara e del capitolato speciale, difetto e carenza di motivazione e di istruttoria, disparità di trattamento, carenza dei requisiti tecnici (art. 42 del dlgs 163/2006) in capo alle società aggiudicatarie, difetto nel controllo sul possesso dei requisiti ex art. 48 del d.lgs. 163/2006 e conseguente carenza dei requisiti di partecipazione alla gara, erronea valutazione dei fatti.

Secondo la ricorrente sarebbero state illegittimamente ammesse all’appalto le controinteressate Consorzio Delta, Coop. Le Tamerici e la Coop.Smart, che, come si evincerebbe dalle rispettive visure di iscrizione al Registro delle Imprese, non sarebbero in possesso della apposita qualificazione per esercitare l’attività; tale circostanza (sulla quale la difesa dei ricorrenti si sofferma in ricorso) sarebbe stata anche segnalata all’Autorità procedente, ma senza esito; ciò integrerebbe un grado di negligenza tale da escludere la scusabilità dell’errore in capo all’Amministrazione che sarebbe responsabile per il danno causato alle ricorrenti – uniche operatrici in possesso dei requisiti necessari per conseguire l’appalto - in ragione dell’illegittima aggiudicazione; la determina nr. 45907 del 27.7.2012 (adottata quando le ricorrenti erano già state pretermesse) avrebbe illegittimamente modificato le statuizioni del bando ponendo le spese di realizzazione della segnaletica a carico del Municipio. Precisa la difesa delle ricorrenti che, in difetto di tale illegittima inclusione nella gara di soggetti non abilitati, l’intero appalto (per oltre 4.000 stalli) sarebbe stato assegnato alle ricorrenti stesse, considerando che queste ultime sono le uniche in possesso dei requisiti e ne avevano fatto richiesta (con perdita di euro 1.903.021 per la ricorrente F.lli Catalano srl, ed euro 1.675.927 per la ditta individuale Carmelo Catalano).

C) Sulla base di tali elementi di censura, chiedono la condanna dell’Amministrazione al risarcimento dei danni, che articolano come segue.

Non essendo possibile ottenere l’aggiudicazione dell’appalto, essendo quest’ultimo in scadenza al momento della presentazione del ricorso, prospettano l’azione come di natura contrattuale, dovendo solo provare l’attore che si duole della mancata aggiudicazione di un appalto pubblico che gli spettava, l’ammontare del danno; in ogni caso, sussisterebbe la negligenza inescusabile dell’Amministrazione per violazione delle regole di imparzialità e buon andamento; la difesa di parte ricorrente allega una serie di circostanze che comproverebbero in concreto la lesione sofferta, tra cui altre procedure analoghe cui le ricorrenti non prendevano parte per ottemperare all’impegno assunto con l’Amministrazione comunale resistente ed altri indici di danno “curriculare”.

D) Il danno patito – ottenuto moltiplicano le tariffe di sosta per il numero dei posti auto (decurtati di una percentuale del 20% considerata una occupazione parziale), per almeno tre turnazioni al giorno e deducendo i costi (illustrati in apposito prospetto) - ammonterebbe così ad euro 1.903.021,00 (per la ricorrente F.lli Catalano Srl) ed euro 1.675.927 (per la ditta Carmelo Catalano). A titolo di danno curriculare – perdita di chance (di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti in conseguenza dell’aumentata esperienza), ammonterebbe nel 5% dell’importo globale del servizio (fatturato presunto, come da sentenza del Consiglio di Stato, IV; 16 maggio 2011, n. 2955).

Il danno non patrimoniale ammonterebbe ad euro 2.000 in favore di ciascuna parte ricorrente, stimato in via equitativa ex 1226 e 2056 del cod.civ. Una specifica ed ulteriore voce di danno all’immagine e lesione del nome viene chiesta in ordine alla ditta individuale “Carmelo Catalano” che avrebbe subito tale pregiudizio in conseguenza dell’apposizione della propria insegna nella cartellonistica verticale, che avrebbe consentito a “parcheggiatori abusivi” di profittare del marchio per riscuotere pagamenti non dovuti del prezzo di sosta.

E) Sulle somme attinenti il risarcimento del danno da inadempimento dell’obbligazione, parte ricorrente chiede interessi legali e svalutazione monetaria come per legge.

Si è costituita Roma Capitale che deposita documenti e resiste al ricorso.

Ritualmente richiesta da parte delle ditte ricorrenti la fissazione dell’udienza e sollecitato il prelievo ex art. 71 bis del c.p.a. (22 settembre 2020), l’Amministrazione resistente, in vista dell’udienza straordinaria del 19 febbraio 2021, con propria memoria (8 gennaio 2021) eccepisce e deduce quanto segue.

In fatto, rileva la difesa di Roma Capitale che la determina di indizione della gara per la concessione, in via sperimentale, di 21 aree asfaltate prospicienti il lungomare di Ostia (DD n. 1052 del 27.4.2012) del Municipio di Roma XIII, richiamava la Delibera della GM del Municipio nr. 15 del 18.4.2012, con la quale si approvava il “Progetto di collaborazione sperimentale pubblicoprivato per l’ottimizzazione del servizio e il controllo della legalità nelle 22 (ventidue) aree di parcheggio” e si individuavano le aree.

La durata dell’appalto veniva fissata dal 1.6.2012 al 30.9.2012.

La graduatoria definitiva veniva approvata con DD n. 1659 del 26.6.2012 e le odierne ricorrenti ottenevano l’assegnazione dei lotti 16 e 17 (ditta F.lli Catalano Srl) e 18 e 10 (ditta Carmelo Catalano).

I fratelli Catalano chiedevano in concessione l’affidamento dei lotti rimasti liberi (28.6.2012) ed in data 3.7.2012, in riscontro alla nota prot. CO/67575 del 03.07.2012, confermavano la partecipazione alla convocazione per il completamento dell’iter relativo al bando in questione.

Il 13.07.2012, la S.A. convocava i ricorrenti per la sottoscrizione della convenzione di affidamento del parcheggio con sosta a pagamento, ma il ricorrente Catalano con la missiva del 17.7.2012 contestava all’Amministrazione il ritardo nella consegna del servizio e condizionava l’espletamento dello stesso alla realizzazione della segnaletica di colore blu invece che bianco.

Con la determinazione n. 1834 del 18.07.2012 del Municipio Roma XIII venivano aggiudicati i lotti per l’affidamento in via sperimentale per la concessione dell’esercizio di parcheggio con sosta a pagamento fino al 30.09.2012, e si determinava di applicare il valore concordato in considerazione del periodo effettivo di gestione.

Con la determinazione n. 1835 del 18.07.2012 del Municipio Roma XIII venivano aggiudicati i lotti rimasti liberi per l’affidamento in via sperimentale della concessione per l’esercizio di parcheggio con sosta a pagamento fino al 30.09.2012 e si dava atto che i rapporti tra l’Amministrazione e l’aggiudicatario saranno disciplinati dalla convenzione sottoscritta dalle parti.

In virtù della citata determinazione, agli odierni ricorrenti venivano assegnati anche i seguenti lotti: Lotto 6, 7, 11 e 15 F.lli Catalano, lotto 5, 20 e 21 Ditta Catalano, ma il 23.07.2012, i ricorrenti, in relazione alla bozza di convenzione, inviavano una missiva di cui la difesa della resistente riporta alcuni passi, per significare che detta comunicazione non poteva che avere il significato esplicito di non accettazione dell’appalto se non a condizioni diverse da quelle poste a base del bando di gara.

Quest’ultimo e la bozza di convenzione sarebbero, secondo Roma Capitale, pienamente coincidenti, e dunque correttamente il Municipio XIII replicava ai ricorrenti (note prot. n. 74990 e n. prot. n. 74991 del 24.07.2012) che la risposta in esame veniva considerata “come diniego all’accettazione delle condizioni proposte dall’Amministrazione”, rendendo noto che si sarebbe proceduto all’esclusione delle imprese in forza del diniego espresso.

Con ulteriore nota prot. 74821 del 24.07.2012, il Municipio XIII precisava altresì che il colore delle strisce era previsto rimanesse bianco, essendo l’affidamento in questione una sperimentazione temporanea ed invitando le concorrenti “a voler comunicare definitivamente l’adesione alla convenzione o formulare esplicito diniego al fine di consentire l’affidamento agli idonei che ne facciano richiesta”.

Sulla base di tali rilievi in fatto, l’Amministrazione deduce circa il difetto di giurisdizione (trattandosi di una fase successiva all’aggiudicazione definitiva), l’infondatezza dei profili di illegittimità dedotti. A tale proposito precisa che il bando ed il disciplinare di gara prevedevano l’affidamento delle aree di parcheggio con strisce bianche e non blu, in quanto il procedimento aveva natura sperimentale ed era destinato a concludersi nella sola stagione estiva in corso; il piano di perimetrazione delle zone di particolare rilevanza urbanistica nelle quali applicare la sosta tariffata, approvato con delibera di Giunta del 15.2.2012 nr. 43 di Roma Capitale non include alcuna zona nel territorio del XIII Municipio; sul territorio comunale, ex art. 7 del codice della strada la sosta tariffata era gestita da ATAC in virtù del contratto di servizio approvato con DGC nr. 81/2007; sebbene tali aree non fossero previste nel territorio di Ostia, con DCC n. 18 del 19 aprile 2012, l’Assemblea Capitolina attribuiva al predetto Municipio XIII competenze speciali per la concessione del suolo pubblico, in virtù delle quali si riteneva di dover ricercare soluzioni in via amministrativa ai fenomeni di “piccola malavita” -come le attività di parcheggiatori, questuanti, danneggiamenti di auto e così via- particolarmente frequenti intorno ai luoghi della c.d. “movida delle spiagge” nei mesi estivi; in altri termini, si voleva istituire un servizio legale di custodia-vigilanza delle auto in sosta -circa il 5% del totale delle superfici destinate a parcheggi- con l’obiettivo di fornire ausilio alle attività di controllo del territorio di competenza di forze dell’ordine e vigili urbani; ne deriverebbe un servizio con presupposti, connotati ed obiettivi del tutto diversi dalla sosta tariffata; la mancata impugnativa del bando di gara di cui alla DD n. 1052 del 27.4.2012 osterebbe all’azione dei ricorrenti che sarebbe inammissibile; le ricorrenti presentavano foto a corredo delle schede tecniche di come avrebbe dovuto essere realizzata la segnaletica orizzontale, laddove esse risultano essere di colore bianco e giallo; nell’offerta economica gli stessi dichiaravano di aver valutato tutte le circostanze della determinazione del prezzo; al punto IV.3.5 del bando di gara era testualmente previsto che la mancata sottoscrizione dell’atto sarebbe equivalsa a revoca dell’aggiudicazione; l’Amministrazione nelle missive sopra richiamate aveva chiaramente avvisato le ricorrenti della correttezza delle previsioni che chiedevano di modificare, sollecitandole alla firma, senza esito; sarebbe dunque il comportamento delle ricorrenti a violare l’art. 1337 del cod.civ.; le doglianze inerenti l’illegittima ammissione delle concorrenti, in mancanza di impugnativa della graduatoria, sarebbe inammissibile; la quantificazione delle somme richieste a titolo di risarcimento sarebbe erronea e comunque priva di prova.

Nella pubblica udienza straordinaria del 19 febbraio 2021, la causa è stata trattenuta in decisione sulla base degli scritti difensivi.

Nell’odierno giudizio, parte ricorrente agisce per ottenere il risarcimento del danno che afferma di aver subito in ragione di una gara negligentemente e illegittimamente condotta dall’Amministrazione resistente e della ingiustificata mancata sottoscrizione del relativo contratto.

I) Deve preliminarmente prendersi in esame l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa di Roma Capitale, secondo la quale sussisterebbe la cognizione del giudice ordinario in quanto l’odierna fattispecie verterebbe in ordine alla fase di stipula del contratto, non venendo in rilievo aspetti relativi all’espletamento della gara.

Tale eccezione è fondata solo in parte, perché le parti chiedono accertarsi la sussistenza di un pregiudizio articolato, scaturente sia da aspetti collegati all’esercizio del potere ed alla fase amministrativa di selezione delle imprese, sia da ulteriori profili non ricollegabili neppure mediatamente a tale fattispecie.

Tenuto conto di tale premessa, si esamineranno nel merito i profili dedotti così da meglio individuare quelli soggetti alla giurisdizione del giudice amministrativo e quelli in ordine ai quali dovrà declinarsi la cognizione in favore del giudice ordinario.

II) Sotto il primo profilo (ovvero in ordine ai presupposti della domanda di risarcimento del danno direttamente collegati alla fase pubblicistica di espletamento della gara, ai fini della selezione dei contraenti per la successiva concessione delle aree di parcheggio, come tali soggetti alla cognizione del giudice amministrativo), viene in rilievo la censura di illegittimità degli atti impugnati laddove questi ultimi avevano ad oggetto la concessione di aree erroneamente delimitate, così da non poter consentire (o comunque tali da pregiudicare) la remuneratività dell’investimento ed avrebbero disposto l’ammissione di imprese concorrenti non in possesso delle relative qualificazioni.

Si tratta di censure infondate nel merito, ciò che esime dall’approfondire i numerosi e pur prospettabili profili di rito, primi tra i quali quelli relativi alla natura meramente collettiva e cumulativa delle domande di condanna azionate da due soggetti distinti (che prendevano parte alla gara separatamente) in un unico ricorso introduttivo (posto che non sussistono ragioni di connessione tra le posizioni di ciascun ricorrente - essendo titolare ciascuno di una pretesa autonoma, soggetta a variabili presupposti in fatto - e dunque prive tra loro di legami procedimentali o teleologici; sul punto, cfr. T.A.R. , Firenze , sez. II , 10/11/2020 , n. 1390, T.A.R. , Napoli , sez. II , 09/11/2020 , n. 5088 ed altre).

Quanto alla delimitazione delle strisce bianche invece che nel colore proprio delle soste soggette a tariffa, nella prospettiva delle ricorrenti tale errore costituirebbe un vizio di legittimità dell’oggetto dell’affidamento (che sarebbe successivamente emerso, rispetto alla celebrazione della gara), avendo errato l’Amministrazione nel prevedere una concessione dell’area di parcheggio a pagamento, senza rispettare le condizioni previste dal codice della strada a tali fini (ciò che renderebbe impossibile o particolarmente difficile esigere il pagamento del parcheggio da parte dell’automobilista).

Osserva il Collegio, intanto, che non è privo di rilievo che tali aspetti – ai fini della partecipazione alla gara da parte delle concorrenti – sono sicuramente assorbiti nelle apposite dichiarazioni di presa visione degli atti, con le quali le concorrenti dichiarano di considerare l’offerta concretamente remunerativa (“di aver valutato tutte le circostanze che hanno portato alla determinazione del prezzo ed alle condizioni contrattuali che possono influire sull’esecuzione del servizio”), tanto da avere redatto le loro offerte (depositate in copia da parte di Roma Capitale), descrivendo la segnaletica da realizzarsi come “bianca” (oppure, per determinati casi, gialla).

Nessun dubbio può quindi sussistere sulla piena consapevolezza di quale fosse l’oggetto della gara e le relative condizioni, aspetti, questi ultimi, che renderebbero già di per sé inammissibile la doglianza in quanto essa costituisce un “venire contra factum proprium” contrario a buona fede.

Ma tale esito può essere tralasciato, sulla base di quanto ampiamente dedotto da parte della difesa di Roma Capitale circa la natura sperimentale e delimitata nel tempo dell’affidamento e l’esigenza di utilizzare l’affidamento in concessione delle aree di parcheggio in funzione di tutela amministrativa dell’ordine pubblico.

Quelle esposte integrano circostanze atte a qualificare in maniera peculiare il servizio da svolgersi nelle aree di parcheggio in concessione.

La previsione ordinaria ed a regime di un regime speciale per le aree di sosta tariffata non preclude che, in casi e per tempi determinati, anche in via sperimentale, l’Amministrazione – titolare di un’area pubblica utilizzabile quale parcheggio per le autovetture – istituisca un servizio di ausilio per gli automobilisti da gestirsi in concessione, che si incentri, come nel caso di specie, nella sorveglianza del veicolo, dal momento che tale istituzione trova fondamento negli ordinari poteri di disposizione per fini di pubblica utilità del bene demaniale (o del patrimonio indisponibile, a seconda dei casi) che sono attribuiti all’Ente proprietario.

Sotto questi profili, le ragioni ed i presupposti dell’istituzione sperimentale del servizio sono ampiamente approfondite nelle deliberazioni istitutive, depositate agli atti del giudizio da parte di Roma Capitale, con particolare riguardo alle facoltà costituite dal Regolamento Speciale del Decentramento Amministrativo nel Municipio XIII di cui alla delibera consiliare nr. 18 del 19 aprile 2011 (doc. 33 della costituzione di Roma Capitale, art. 7, 11 e 13) ed alla deliberazione della Giunta del Municipio XIII del 18 aprile 2012 che ha esercitato in concreto tali facoltà nel caso all’esame odierno del Collegio.

Ne deriva che correttamente la difesa di Roma Capitale precisa che “il servizio posto a gara del XIII Municipio ha presupposti, connotati ed obiettivi del tutto diversi dalla sosta tariffata laddove il primo presuppone quale attività (pressochè) esclusiva la vigilanza (= presenza costante di un custode) che non è invece contemplata nella sosta a tariffa quale corrispettivo commisurato ai tempi e luoghi della sosta, di una utilizzazione particolare della strada (Corte Cost. n. 66|2005)”.

Il primo e principale profilo di censura è dunque infondato.

A non diverso esito conduce lo scrutinio del secondo argomento di censura.

Secondo la ricorrente, le controinteressate avrebbero dovuto essere escluse dalla gara perché nessuna svolgeva attività “inerente” all’oggetto della gara (come prescritto dall’art. 1.1 lett. a) n. 5 del Bando): il Consorzio Delta si occupava di installazione e manutenzione di segnaletica (anche) stradale, la coop. “Le Tamerici” di “servizi di pulizia ed assistenza domiciliare”, disinfezione, derattizzazione, giardinaggio, facchinaggio; la coop. Smar Coop a r.l. risultava inattiva alla data dell’11.6.2012.

La doglianza è sia inammissibile che infondata.

Osserva il Collegio che – come già accennato - le due ricorrenti erano concorrenti nella medesima gara, seppure per lotti diversi.

Poiché presumono che, all’esito dell’esclusione delle altre concorrenti, esse avrebbero potuto ottenere l’affidamento dei lotti rimasti non assegnati, in ordine a tale aspetto le loro posizioni sono intrinsecamente in conflitto, posto che (sulla base di quanto esse prospettano) avrebbero ciascuna un distinto interesse ad ottenerne il maggior numero (o tutte).

La natura meramente cumulativa del ricorso, cui si è dapprima accennato, si dimostra ostativa all’ammissibilità dell’azione anche sotto questo specifico profilo.

Peraltro, lo scrutinio di legittimità della procedura di gara, assente una domanda di annullamento della graduatoria ai fini dell’aggiudicazione, è dipendente dalla domanda di risarcimento.

Essendo quest’ultima formulata nella prospettiva di una illegittimità dell’oggetto di gara considerata preclusiva della legittimità del servizio, tale contesto avrebbe reso impossibile la sottoscrizione della convenzione a prescindere dal numero di aree di sosta assegnate.

Ma, in ogni caso, ancora una volta prescindendo dai descritti profili di rito, nel merito va evidenziato che – stando alle previsioni della delibera di Giunta del Municipio XIII del 18 aprile 2012 (di istituzione del servizio e di approvazione del relativo disciplinare) – erano da ammettersi alla partecipazione alla procedura “tutti i soggetti costituiti in Società, Cooperative, Associazioni, ONLUS, società di capitale e Persone, Ditte individuali anche costituitesi in ATI o ATS che abbiano presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa per l’Amministrazione”.

Alla luce di tale prescrizione, la violazione della previsione contenuta nel bando, al punto 1.1, lett. a) nr. 5, secondo cui “le imprese partecipanti dovranno produrre, a pena di esclusione, le seguenti dichiarazioni – requisiti relativi all’iscrizione nell’albo professionale o nel registro commerciale….l’attività economica svolta che dovrà essere inerente all’oggetto della gara”, non era idonea a determinare la non ammissione alla gara delle concorrenti controinteressate e dunque non sussiste l’illegittimità denunciata.

Infatti, in primo luogo, il bando prevedeva “ a pena di esclusione “ solo la presentazione delle dichiarazioni, non anche la coerenza dell’attività economica svolta con “l’oggetto della gara”; quest’ultimo requisito non era richiesto dalla deliberazione a contrarre del 18 aprile 2012, che costituisce un rilevante parametro di interpretazione del bando; né risulta possibile considerare la indicazione circa la coerenza dell’attività delle concorrenti con l’oggetto del bando come espressiva di un interesse qualificato ed essenziale della S.A. posto che l’oggetto del servizio in concessione era privo di qualsiasi specializzazione o requisito esperienziale tecnico-organizzativo, trattandosi di attività le cui prestazioni potevano essere rese da chiunque (come indicato nella deliberazione del 18 aprile 2012).

Conclusivamente, in forza del principio di tassatività delle clausole di esclusione, assente ogni indicazione in tal senso nella deliberazione di istituzione del servizio e mancando ogni relazione effettiva di essenzialità della “coerenza” dell’attività svolta con l’oggetto dell’affidamento le concorrenti odierne controinteressate non avrebbero potuto essere escluse dalla gara, come pretenderebbe parte ricorrente.

Quanto all’impresa “Smart Coop” a r.l. (che, peraltro, dall’oggetto sociale della visura allegata risulta anche svolgere la gestione in proprio conto e per conto terzi di aree di parcheggio), è irrilevante la circostanza che risulti “inattiva”, posto che il bando non considera tale condizione (che indica solo uno stato di quiescenza nello svolgimento delle attività, che possono essere riprese in qualunque momento) ostativa alla partecipazione alla gara.

Per tutte queste ragioni, le censure di legittimità dello svolgimento della gara sono infondate e come tali vanno respinte, insieme alla domanda di risarcimento che da esse dipende e nella relativa misura, corrispondente alla lamentata perdita di chance per la mancata possibilità di conseguire il maggior numero di lotti in dipendenza della esclusione delle controinteressate (come meglio articolato in ricorso sub “C”).

III) Deve adesso esaminarsi il distinto profilo della domanda correlato al risarcimento del danno costituito dal mancato guadagno conseguente alla omessa stipula del contratto di concessione in affidamento.

Su tale aspetto, come anticipato in precedenza, non sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo.

Invero, nella odierna fattispecie non viene in rilievo il mancato compimento di un procedimento di affidamento di un appalto in dipendenza di una revoca dell’aggiudicazione o del rifiuto della PA di sottoscrivere il contratto per motivi attinenti o riconducibili alla fase pubblicistica o all’esercizio provvedimentale di poteri di autotutela di qualunque genere, bensì per effetto di una questione relativa alla interpretazione delle clausole del bando e della corrispondenza intercorsa tra le parti ai fini della stipula. Invero, la risoluzione della odierna controversia dipende dall’esatta qualificazione delle note con le quali le due concorrenti hanno sollevato la necessità di procedere alla apposizione di una segnaletica diversa da quella (legittimamente) prevista ed hanno fatto presente che, attesa la parziale decorrenza del periodo di servizio (che era previsto da giugno a settembre e che veniva invece fatto decorrere sostanzialmente dall’inizio di agosto 2012, quindi per una durata pari a quasi il 50% della iniziale previsione sulla base della quale era stata svolta la gara) ovvero se dette note dovessero intendersi come un rifiuto alla firma della convenzione oppure come una contro-proposta contrattuale ed, in tal caso, se il conseguente diniego dell’Amministrazione sia stato o meno corretto.

Si tratta, all’evidenza, di questioni aventi natura negoziale che dunque dovranno essere esaminate dal giudice munito di giurisdizione, presso il quale il giudizio potrà essere riassunto dalle odierne ricorrenti nei limiti ed alle condizioni di cui all’art. 11 del c.p.a.: trova applicazione la regola giurisprudenziale secondo la quale “nella fase successiva all'aggiudicazione e sino alla conclusione del contratto, si rispande il normale criterio di riparto imperniato sulla distinzione fra interesse legittimo e diritto soggettivo di modo che si configura la giurisdizione (generale di legittimità) del g.a. solo in presenza di una controversia inerente all'esercizio da parte dell'amministrazione di un potere astratto previsto dalla legge (compresi eventuali provvedimenti dell'amministrazione di revoca provvedimentale o di annullamento d'ufficio della stessa aggiudicazione ai sensi degli artt. 21- quinques e 21-nonies della l. n. 241 del 1990 ), mentre, al di fuori di tal caso (e, dunque, in assenza di riconducibilità dell'agire dell'Amministrazione ad un potere di quel genere), la situazione è di diritto comune “ (cfr. Tribunale Roma sez. XVII, 09/01/2020, n.430, T.A.R. , Venezia , sez. III , 18/04/2019 , n. 497, v. anche T.A.R. , Firenze , sez. I , 29/03/2018 , n. 474).

Analoga sorte spetta alla specifica domanda di risarcimento con la quale la ditta individuale Carmelo Catalano si duole del danno d’immagine conseguente all’apposizione di cartellonistica con il proprio marchio, che attiene ad una fattispecie del tutto indipendente dal procedimento di gara (che, nella domanda di parte ricorrente, è proposto quale mero antecedente storico e non giuridico-formale dell’evento lesivo) vertendosi in ordine ad un mero comportamento (imputabile, secondo la ricorrente, all’Amministrazione comunale) interamente da accertarsi in fatto.

Nei predetti limiti, l’azione delle due ricorrenti va dunque dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo che si declina in favore del giudice ordinario ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 del c.p.a.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

-rigetta la domanda di accertamento della illegittimità degli atti di gara impugnati e la correlativa domanda di risarcimento del danno per perdita di chance nei limiti indicati in parte motiva.

-dichiara inammissibile, per la restante parte, il ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo che declina in favore del giudice ordinario.

Condanna le ricorrenti in solido tra loro alle spese di giudizio che liquida in favore di Roma Capitale nell’importo complessivo di euro 5.000,00 oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2021, tenutasi in modalità di collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25 del DL 28 ottobre 2020, n. 137 ed art. 4, comma 1, del Dl 30 aprile 2020, n. 28, conv. in l. 25 giugno 2020, n. 70, con l'intervento dei magistrati:

Elena Stanizzi, Presidente

Salvatore Gatto Costantino, Consigliere, Estensore

Rocco Vampa, Referendario