Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, sentenza 26 aprile 2021, n. 371

C.g.a. 26 aprile 2021, n. 371 enuncia l'interessante principio, espressione del generale canone di buona fede processuale e del dovere di correttezza solidaristica, per cui​​ “al fine di reprimere un “abuso del rinvio pregiudiziale”, sono  da considerare inammissibili questioni pregiudiziali non pertinenti perché manifestamente irrilevanti per la soluzione del giudizio principale o perché del tutto generali o di natura meramente ipotetica, o, comunque,  ove risulti in modo evidente che la richiesta di interpretazione del diritto dell’Unione non presenta alcun legame concreto con l’oggetto della causa".

Aggiungono i giudici siciliani che "non è concepibile, nell’ambito di un corretto andamento processuale ispirato a leale collaborazione dei soggetti del processo, che una questione pregiudiziale, quale può essere la rimessione alla Corte di giustizia Ue, ben sollevabile prima della decisione della causa, venga prospettata solo dopo la decisione – parziale - della causa stessa, ove l’esito della decisione sia considerato non soddisfacente”.

Ha ricordato la Sezione che, secondo Cons. Stato, sez. IV, 7 agosto 2020, n. 4970, la formulazione di un' “inconferente” e “irrilevante” istanza di rimessione alla Corte di giustizia UE esclude l’obbligo di rinvio pregiudiziale. Ha aggiunto che, a seguito di ordinanza 5 marzo 2012 n. 1244- con la quale il Consiglio di Stato ha sottoposto alla Corte di Giustizia il quesito “se osti o meno all’applicazione dell’art. 267, [comma] 3, TFUE, in relazione all’obbligo del giudice di ultima istanza di rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto comunitario sollevata da una parte in causa, un potere di filtro da parte del giudice nazionale in ordine alla rilevanza della questione e alla valutazione del grado di chiarezza della norma comunitaria”-, la Corte (con la nota decisione 18 luglio 2013 causa C-136/12, punto 26) ha chiaramente risposto che “dal rapporto fra il secondo e il terzo comma dell’art. 267 TFUE deriva che i giudici di cui al comma terzo dispongono dello stesso potere di valutazione di tutti gli altri giudici nazionali nello stabilire se sia necessaria una pronuncia su un punto di diritto dell’Unione onde consentir loro di decidere. Tali giudici non sono, pertanto, tenuti a sottoporre una questione di interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dinanzi ad essi se questa non è rilevante, vale a dire nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non possa in alcun modo influire sull’esito della controversia (sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a., 283/81).

 La decisione in esame risulta di particolare interesse perché ha il merito di incastonare  il vincolo di rinvio, il principio di “primautè” unionale e l'obbligo di interpretazione conforme nell'alveo delle regole processuali nazionali, espressione a loro volta dell'autonomia procedurale degli Stati membri. Viene così posto un argine ad approcci intransigenti e impostazioni manichee secondo cui la preminenza, "à tout prix", del diritto euro-unitario imporrebbe la ricorribilità in Cassazione,  per questioni di giurisdizione, delle decisioni anti-europee del Consiglio di Stato che non abbiano soggiaciuto al dovere di rinvio  (è l'impostazione suggerita da Cass. sezioni unite Ord n. 2930/2021, di rimessione alla Corte di Lussemburgo), la revocabilità "europea" delle sentenze nazionali ribelli (è il dubbio posto da  Cons. Stato, sez. VI, Ordinanza 18 marzo 2021, n. 2327) e il dovere di rimuovere, a ogni costo e con ogni sforzo,  un giudicato ribelle, a Bruxelles,  oltre che quello di assicurare l'attuazione conforme del dictum definitivo (Plen. n. 11/2016).

In tale prospettiva, propensa a valorizzare la preminenza comunitaria senza svilire i connotati del nostro sistema processuale, il Consiglio  di Palermo, riprendendo i propri precedenti (da ultimo CGA 22 febbraio 2021, n. 131) ribadisce  che, secondo la   Corte di giustizia dell’Unione Europea, il principio dell’intangibilità del giudicato nazionale è assunto anche come principio generale dell’ordinamento giuridico comunitario e che, al di fuori di alcuni casi eccezionali, il diritto unionale non impone a un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata auna decisione, pur  quando ciò permetterebbe di porre rimedio ad una violazione del diritto comunitario da parte di tale decisione (sentenza del 3 settembre 2009 su causa C-2/08; cfr. anche  della sez. I, 16 marzo 2006, C-234/04). E se anche ci sono limitati spazi per superare un giudicato nazionale in contrasto con il diritto euro-unitario, tanto deve ritenersi ammesso quando il contrasto non era denunciabile prima del giudicato, e si manifesta dopo di esso, a causa di sopravvenienze normativa o di una sopravvenuta decisione della Corte di giustizia.

Non è certo concepibile, nell’ambito di un corretto andamento processuale ispirato a leale collaborazione dei soggetti del processo, che una questione pregiudiziale, ben prospettabile prima della decisione della causa, venga prospettata solo dopo la decisione- parziale- della causa stessa, ove l’esito della decisione sia considerato non soddisfacente. Questo costituisce una singolare inversione dell’ordine logico delle questioni, in cui quelle “pregiudiziali” vanno decise, per definizione normativa e logica, “prima” del “giudizio di merito” e non dopo, al fine di porre nel nulla un giudizio di merito non conforme alle aspettative di parte. ​​​​​​​

Insomma, osserviamo a questo punto noi, attenti a essere più realisti del re.

La primazia europea non significa negazione dell'appartenenza, ma faticosa ricerca di una conciliazione virtuosa  delle  direttici unionali con i capisaldi del nostro processo, come il principio dispositivo, la giurisdizione soggettiva, la parità delle parti, la ripartizione della nomofilachia tra giurisdizione ordinaria e giurisdizioni speciali, la certezza del diritto e la forza tenace del giudicato.

Essere europei non e’ brutale cancellazione   dell’originalità statale, ma equilibrio armonico tra meravigliose diversità.

LEGGI LA SENTENZA

Pubblicato il 26/04/2021

N. 00371/2021REG.PROV.COLL.

N. 00753/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

Sezione giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 753 del 2020, proposto da
Consorzio Stabile Sinergica, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Vittorio Nardelli e Francesco Paolo Tronca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege in Palermo, via Valerio Villareale, n. 6;
Eurovega Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimiliano Mangano e Francesco Stallone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Francesco Stallone in Palermo, via Nunzio Morello, n. 40;
Invitalia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Nunzio Pinelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Presidenza del Consiglio dei Ministri e Commissario straordinario unico acque reflue d.P.C.M. 26/04/2017 prof. Enrico Rolle, non costituiti in giudizio;

nei confronti

Eurovega s.r.l., Celi Energia s.r.l., Cedit s.r.l. non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del TAR della Sicilia - Sezione Prima - n. 640/2020, depositata il 17.3.2020, resa tra le parti sul ricorso n. 654/2019 R.G. concernente l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione nei confronti del Consorzio ricorrente dell’appalto per l'affidamento di lavori in materia di collettamento, fognatura e depurazione acque;

 

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze, di Eurovega Costruzioni s.r.l. e di Invitalia s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 aprile 2021, tenutasi da remoto ai sensi dell’art. 4, d.l. n. 84/2020 e dell’art. 25, d.l. n. 137/2020, il Cons. Maria Stella Boscarino;

Uditi per le parti gli avvocati Giovanni Vittorio Nardelli, Alfonso Celotto su delega di Francesco Paolo Tronca, Massimiliano Mangano, Francesco Stallone e Paola Librizzi su delega di Nunzio Pinelli e vista la richiesta di passaggio in decisione senza discussione presentata dall'Avvocatura dello Stato con nota di carattere generale a firma dell’Avvocato distrettuale del 2 febbraio 2021;

Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO

I. Con l’appello in epigrafe il Consorzio Stabile Sinergica espone di avere partecipato alla procedura aperta indetta, ai sensi dell’art. 60, d.lgs. n. 50/2016, dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa -Invitalia s.p.a., quale Centrale di committenza per il Commissario straordinario unico acque reflue ex d.P.C.M. 26 aprile 2017, con bando pubblicato il 17 maggio 2018, per l’aggiudicazione, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, dell’appalto dei “lavori di realizzazione del collettamento del sistema fognario delle acque nere al servizio della zona Tonnarella, Trasmazzaro e collegamento alla rete esistente di Lungomare Mazzini – Comune di Mazara del Vallo (TP)”, per un importo complessivo € 16.845.000,00.

Il bando prevedeva la classificazione dei lavori come di seguito indicato:

1) acquedotti, gasdotti, oleodotti, opere d’irrigazione ed evacuazione: categoria OG6 VIII; importo totale: € 16.505.479,14; incidenza percentuale sul totale: 97,98%; qualificazione obbligatoria;

2) interventi a basso impatto ambientale: categoria OS35 II; importo totale: € 339.520,86; incidenza percentuale sul totale: 2,02%; qualificazione obbligatoria.

Il Consorzio rappresenta che, a conclusione dell’articolato iter di gara, con provvedimento prot. n. 7171 del 21 gennaio 2019, era risultato aggiudicatario, ma l’aggiudicazione era stata annullata in autotutela, con provvedimento prot. n. 16448 dell’11 febbraio 2019 (allegati 003/1 e 004/2 al ricorso in appello), in quanto dagli accertamenti finalizzati alla verifica dei requisiti era risultato che, a partire dall’11 ottobre 2019 (e sino al 6 febbraio 2019), il Consorzio aveva perso l’attestazione di qualificazione SOA, relativamente alla categoria OS35, per effetto del venir meno della partecipazione al consorzio della Tiemme Energia s.r.l. (allegato 024/22 al ricorso in appello), consorziata non designata per l’esecuzione dei lavori (come da dichiarazione resa in gara, All. 004/3 al ricorso in primo grado).

Conseguentemente la gara veniva aggiudicata in favore dell’a.t.i. con mandataria Eurovega Costruzioni s.r.l. con provvedimento parimenti assunto in data 11.2.2019.

II. Il Consorzio impugnava sia l’annullamento in autotutela dell’aggiudicazione in proprio favore che l’aggiudicazione in favore di Eurovega Costruzioni s.r.l. con ricorso avanti al T.A.R. Sicilia, con il quale lamentava l’illegittimità dell’atto impugnato per:

1) omessa comunicazione dell'avvio del procedimento (motivo non riproposto in appello);

2) violazione degli artt. 83, co. 2, 84 e 216, co, 14, d.lgs. n. 50/2016 e 7 del disciplinare di gara: venuta meno dalla compagine consortile la Tiemme Energia s.r.l., il Consorzio era rimasto privo della qualificazione necessaria per la categoria OS35 che era stata assicurata da Tiemme mediante avvalimento di Cargo. Ma con l’ammissione provvisoria al Consorzio, in data 10 settembre 2018, a cui aveva fatto seguito, in data 18 gennaio 2019, quella definitiva, della Cargo s.r.l., qualificata nella categoria OS35, la qualificazione era stata riacquistata;

3) violazione degli artt. 83, co. 2, 84 e 216, co, 14, d.lgs. n. 50/2016 e 7 del disciplinare di gara, eccesso di potere: non sarebbe più vigente l’obbligo del mantenimento del possesso dei requisiti dalla data di presentazione dell’offerta e sino all’esecuzione dei lavori, cosicché l’Amm.ne avrebbe dovuto tener conto del fatto che il Consorzio, qualificato nella categoria OS35 alla data della presentazione dell’offerta, dopo la perdita della qualificazione, l’aveva comunque riacquistata;

4) la stazione appaltante avrebbe dovuto imporre la sostituzione della consorziata, che aveva perduto la qualificazione in questione, ai sensi dell’art. 89, d.lgs. n. 50/2016 e dell’art. 63, direttiva 2014/24/UE, i quali sarebbero applicabili a tutti i casi di affidamento di un’impresa sui requisiti di un altro soggetto, e non solo all’ipotesi dell’avvalimento;

5) violazione e falsa applicazione dell’art. 12, d.l. n. 47/2014: il Consorzio avrebbe potuto eseguire direttamente tutti i lavori oggetto di appalto, in quanto in possesso della SOA VIII illimitata per la categoria prevalente con conseguente assorbimento della categoria scorporabile OS35 (motivo non riproposto in appello);

6) violazione e falsa applicazione dell’art. 83, co. 9, d.lgs. n. 50/2016: l’Amministrazione avrebbe dovuto attivare il soccorso istruttorio (motivo non riproposto in appello).

III. Con sentenza n. 640/2020 del 17.3.2020 il T.A.R. Sicilia ha respinto il ricorso.

In particolare, quanto al terzo motivo, il giudice di prime cure si richiama al principio di continuità nel possesso dei requisiti di ammissione sancito nella decisione dell’Adunanza plenaria n. 8 del 2015.

Sul secondo motivo, la sentenza premette che il Consorzio ricorrente, al momento della presentazione dell’istanza di partecipazione, possedeva la qualificazione nella categoria OS35, classifica III, in base al principio del cumulo alla rinfusa, tramite la propria consorziata Tiemme energia s.r.l., la quale, a sua volta, la derivava da un rapporto di avvalimento con la Cargo s.r.l., ma che, in data 31 agosto 2018, veniva meno il rapporto tra la Tiemme e la Cargo, cosicché, con provvedimento del 14 settembre 2018, l’organismo di attestazione CQOP SOA dichiarava decaduta la prima (e a cascata il Consorzio) dall’attestazione di qualificazione relativa alla categoria OS35; precisato che, in data 10 settembre 2018, l’assemblea dei soci del Consorzio, dichiarata decaduta la Tiemme, contestualmente ammetteva “provvisoriamente” la Cargo, inserita in via definitiva nella compagine consortile solo il 18 gennaio 2019, ha ritenuto infondata la censura in applicazione del principio della valenza costitutiva della certificazione rilasciata dalla SOA.

Il quarto motivo è stato poi ritenuto infondato escludendosi che l’impresa consorziata possa essere considerata soggetto terzo rispetto al consorzio, che risponde, pertanto, della sua condotta, senza che possa porsi un problema di affidamento incolpevole.

IV. Il ricorso in appello è affidato a tre censure.

Con il primo motivo si assume l’erroneità della statuizione in ordine al terzo motivo di ricorso, poiché nell’attuale sistema legislativo non esisterebbe più l’obbligo del mantenimento del possesso dei requisiti dalla data di presentazione dell’offerta sino all’esecuzione dei lavori.

Con il secondo motivo di appello si lamenta l’erroneità della statuizione in primo grado, in quanto, alla luce del principio del c.d. cumulo alla rinfusa applicabile in sede di qualificazione in gara, l’ammissione provvisoria al Consorzio in data 10 settembre 2018 della Cargo s.r.l. (qualificata per la OS35) avrebbe consentito al Consorzio di utilizzarne i requisiti ai fini della partecipazione alla gara.

Con il terzo motivo di appello si sostiene che il T.A.R. Sicilia avrebbe errato nel ritenere non applicabile ai consorzi stabili la possibilità di sostituire la consorziata non esecutrice “portatrice” della qualificazione che nelle more abbia perso il proprio requisito, in quanto da non considerare soggetto terzo rispetto al consorzio; infatti, l’art. 63, direttiva 2014/24/UE e l’art. 89, d.lgs. n. 50/2016 consentono la sostituzione del soggetto terzo che abbia perso i pertinenti requisiti di selezione e su

cui si sia fatto affidamento e tale normativa va applicata al rapporto “consorzio stabile/consorziata non esecutrice” a motivo della alterità tra tali soggetti, con conseguente obbligo dell’amministrazione di ordinare la sostituzione della consorziata.

V. La società Eurovega Costruzioni, costituitasi in giudizio, con memoria eccepisce che:

a) del Consorzio faceva originariamente parte la Tiemme Energia s.r.l. (dalla quale il Consorzio ripeteva il requisito OS35);

b) quest’ultima società, a sua volta, ripeteva il requisito in esecuzione di un contratto di avvalimento ex art. 88, co. 2, d.P.R. n. 207/2010;

c) la Cargo s.r.l. ad agosto 2018 cedeva le proprie quote di partecipazione nella Tiemme s.r.l.;

d) in ragione di ciò la SOA CQOP, a settembre 2018, accertava la perdita del requisito da parte del Consorzio per fatto della consorziata;

e) tali vicende sarebbero “interne” al Consorzio, il quale non ha partecipato alla gara fruendo dei requisiti di un terzo mediante l’istituto dell’avvalimento (che avrebbe consentito di invocare l’art. 89, co. 3, d.lgs. n. 50/2016), ma con requisiti propri.

Secondo l’appellata, quindi, nel caso in esame, il Consorzio non avrebbe perduto il requisito di qualificazione “per fatto di un soggetto terzo di cui si è avvalso” per l’esecuzione dell’appalto ai sensi dell’art. 89 del Codice Appalti, ma perché una sua consorziata (Tiemme Energia), nemmeno indicata per l’esecuzione dell’appalto (per cui era stata indicata Apulia S.r.l.), per fatti interni, relativi ai suoi rapporti con un’altra impresa (Cargo S.r.l.), ai sensi dell’art. 88, co. 3, d.P.R. n. 207/2010, è decaduta dalla validità della sua attestazione (nella parte in cui la stessa certificava la qualificazione nella categoria OS35 in capo al Consorzio di cui la medesima Tiemme Energia faceva parte).

In altri termini, il Consorzio avrebbe perduto il requisito non per il fatto di un ausiliario su cui aveva poggiato il proprio affidamento ex art. 89 (e/o art. 47, co. 2), d.lgs. n. 50/2016, ma per fatto proprio, ovvero per fatto addebitabile ad un suo consorziato.

L’appellata argomenta che l’art. 89 co. 3, d.lgs. n. 50/2016, in applicazione della direttiva 24/2014/UE, ha stabilito che un concorrente, ove, al fine di dimostrare il possesso dei requisiti di qualificazione in gara, concluda un contratto di avvalimento (ex art. 89 d.lgs. n. 50/2016 e ex art. 88 co. 1 d.P.R. n. 207/2010), non può subire un danno dall’affidamento riposto nell’impresa ausiliaria la quale, per causa non imputabile al concorrente, abbia perduto i requisiti che aveva prestato.

Ma, conclude l’appellata, si tratta di questione all’evidenza diversa dalla fattispecie in esame, nella quale il Consorzio Stabile, per fatto ad esso imputabile, ha perduto il requisito di qualificazione nella Categoria OS35.

Sia Invitalia che il Ministero si sono costituiti in giudizio, e, con memorie, resistono all’appello.

VI. Con ordinanza n. 705/2020 del 18.9.2020, ritenuta la preminenza dell’interesse pubblico relativo alla prosecuzione dei lavori in questione, iniziati da diversi mesi ed eseguiti nell’ambito di un intervento strategico disposto per superare una procedura di infrazione euro unitaria, la domanda cautelare è stata accolta ai soli fini della fissazione dell’udienza per la discussione dell’appello nel merito.

VII. In esito all’udienza del 16 dicembre 2020, con ordinanza n.1211/2020, pubblicata il 29.12.2020, questo Consiglio ha disposto il deferimento all'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato sottoponendo le seguenti questioni:

1. se, nell’ipotesi di partecipazione ad una gara d’appalto di un consorzio stabile, che ripeta la propria qualificazione, necessaria ai sensi del bando, da una consorziata non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, quest’ultima vada considerata come soggetto terzo rispetto al consorzio, equiparabile all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito durante la gara imponga alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione, in applicazione dell’art. 89 co. 3, d.lgs. n. 50/2016 e/o dell’art. 63, direttiva 24/2014/UE, derogandosi, pertanto, al principio dell’obbligo del possesso continuativo dei requisiti nel corso della gara e fino all’affidamento dei lavori;

2. in caso di risposta negativa al quesito sub “1”, se comunque, qualora la consorziata - non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori - derivi la qualificazione da un rapporto di avvalimento con altra impresa, trovino applicazione le disposizioni normative sopra citate e la conseguente deroga al richiamato principio dell’obbligo del possesso continuativo dei requisiti.

VIII. L’Adunanza plenaria, con sentenza 18 marzo 2021, n. 5 ha affermato, in risposta al quesito posto a mezzo dell’ordinanza di rimessione, il seguente principio: “La consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, è equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89 co. 3 del d.lgs. n. 50/2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito impone alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione”, rimettendo gli atti a questo Consiglio per l’ulteriore corso della causa.

IX. Calendarizzata la causa per l’udienza del 14.4.2021, Eurovega ha presentato istanza di rinvio, motivatamente respinta con decreto n. 55/2021 pubblicato il 22.3.2021.

X. L’appellante ha presentato una memoria con la quale insiste per l’accoglimento dell’appello proposto dal Consorzio Sinergica, quale conseguenza automatica e necessaria della statuizione adottata dall’Adunanza Plenaria e del principio di diritto in essa enunciato.

Quanto al risarcimento del danno, chiesto con il ricorso introduttivo, l’appellante si afferma disponibile al subentro nel contratto in corso di esecuzione, evidenziando che la stessa appellata ha dimostrato (allegato sub nr.3 produzione 23 marzo 2021, stato avanzamento n°4 dei lavori eseguiti a tutto il 26 febbraio 2021) che le lavorazioni eseguite non superano il 30% dei lavori a base di gara.

Nell’ipotesi in cui non fosse possibile il subentro e, comunque, per la parte di lavori già eseguita, il Consorzio insiste per il risarcimento per equivalente.

XI. Anche Eurovega Costruzioni ha presentato una memoria, con la quale evidenzia profili che, a suo dire, possono richiedere un intervento chiarificatore della Corte di Giustizia UE.

Evidenzia che un’interpretazione della normativa nazionale che ammetta la possibilità che alla stessa gara possano partecipare sia il Consorzio stabile che la consorziata dal quale il Consorzio ripeta la qualificazione, ancorché non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, consentirebbe di spendere due volte il medesimo requisito nella stessa gara, in contrasto con i principi, posti a tutela della concorrenza, di libertà di stabilimento, di reciprocità, di parità di trattamento e proporzionalità.

Altresì, l’appellata ritiene che sussistano profili di illegittimità costituzionale della medesima normativa, per contrasto con gli artt. 3, 97 e 117 Cost., in relazione alla violazione dell’art. 1 del protocollo n. 1 alla CEDU letto congiuntamente con l’art. 14 CEDU, nonché in relazione ai principi del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e in particolare la libera prestazione di servizi, nonché i principi di libertà di stabilimento, parità di trattamento, non discriminazione e proporzionalità.

Dalla tesi secondo la quale il rapporto tra il Consorzio e la consorziata Tiemme Energia s.r.l. non sarebbe di terzietà, l’appellata conclude che non possa sostenersi che il Consorzio abbia “incolpevolmente” perso il requisito per aver fatto affidamento su soggetti terzi.

Infine, l’appellante evidenzia che l’asserita ammissione provvisoria della Cargo al Consorzio sarebbe basata su documentazione sprovvista di data certa ed inopponibile ai terzi.

In subordine, si rileva che i lavori sono il risultato dell’esecuzione di un “progetto” modificato per recepire le offerte migliorative formulate dall’appellata in sede di gara.

Interrompere la continuità dei lavori oggetto dell’appalto sarebbe “contrario all’interesse della stazione appaltante” perché si tratta di opere che hanno lo scopo di tutelare della salute dei cittadini e dell’ambiente e di consentire l’uscita dell’agglomerato servito (Mazara) dall’infrazione di cui alle sentenze di condanna della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 19 luglio 2012 (Causa C –565/10) e il 10 aprile 2014 (Causa C-85/13),

In caso di subentro sarebbe necessario:

1. verificare lo stato di avanzamento dell’esecuzione dell’opera,

2. verificare se e in che misura le migliorie offerte dall’appellante siano incardinabili nello stato attuale di esecuzione;

3. ottenere il favorevole riesame del progetto modificato da parte degli organi di tutela dei vincoli gravanti sull’area anche mediante una conferma della VIA resa sul progetto originario

4. sostenere l’ulteriore peso economico della sanzione comminata dall’UE (per la parte relativa al necessario ritardo – difficilmente inferiore a 12 mesi – che tali attività determineranno).

Infine, anche l’appellata avrebbe titolo al risarcimento per aver fatto incolpevole affidamento sul provvedimento poi annullato, per quanto la questione involga anche profili di giurisdizione.

XII. Invitalia s.p.a., con memoria di replica, eccepisce, in ordine alla domanda di subentro nel contratto, che la quantità di opere eseguite è comunque significativa e che le stesse sono esecutive di un progetto diverso da quello messo a gara, in quanto la stazione appaltante ha recepito l’offerta migliorativa progettuale formulata dall’A.T.I. aggiudicataria; quindi, dovrebbe eseguirsi la diversa progettazione proposta dall’appellante e smantellarsi anche (almeno) una parte delle opere già eseguite, con dispendio di tempo e di pubbliche risorse.

Sul risarcimento per equivalente si argomenta circa la mancanza di colpa in capo all’amministrazione.

XIII. L’appellante replica alle eccezioni delle altre parti.

In particolare, sottolinea come la Tiemme, iniziale consorziata non esecutrice dell’appalto del Consorzio Sinergica, non abbia in alcun modo preso parte in proprio alla gara, e nemmeno la Cargo.

Quindi non vi è stata alcuna spendita duplice del requisito.

Comunque, il caso teorico di consorziata che presta i requisiti al consorzio e che, al contempo, partecipa in proprio alla gara sarebbe escluso dalla previsione dell’art. 83, co. 7, del d.lgs. n. 50/2016, in tal modo neutralizzandosi il rischio, su cui l’appellata fonda le proprie istanze di rimessione in via pregiudiziale e di costituzionalità, di spendita doppia dei requisiti della consorziata.

XIV. Eurovega replica argomentando ulteriormente le proprie tesi.

XV. All’udienza pubblica del giorno 14 aprile 2021, in esito alla discussione orale (da remoto), la

causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

XVI. Preliminarmente, in punto di fatto, giova chiarire che, contrariamente a quanto eccepito da Eurovega, nel corso del giudizio di primo grado è stata dimostrata sia l’ammissione provvisoria della Cargo al Consorzio appellante (copia verbale 10.9.2018, all.003 alla doc. dep. il 9.1.20) che l’ammissione definitiva (copia del verbale 18.1.2019 con firme autenticate da notaio, all.006 alla doc. dep. il 9.1.20).

Sempre in punto di fatto, si conferma (come eccepito dal Consorzio appellante) che Tiemme (la consorziata dalla quale il Consorzio ripeteva i requisiti ai fini della gara per cui è causa) non ha mai partecipato alla gara in questione (verbale di gara n.1, all.013 alla doc. dep. il 9.1.20).

XVII. L’appello è fondato.

Il suo accoglimento discende in via immediata e diretta dall’applicazione al caso concreto del principio di diritto espresso in questa stessa causa dall’Adunanza plenaria n. 5/2021.

XVII.1. In ordine alle questioni deferite da questo Consiglio, l’Adunanza plenaria, con sentenza 18 marzo 2021, n. 5, ha posto il seguente principio: “La consorziata di un consorzio stabile, non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, è equiparabile, ai fini dell’applicazione dell’art. 63 della direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89 co. 3 del d.lgs. n. 50/2016, all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, sicché la perdita da parte della stessa del requisito impone alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione”.

A tale conclusione la decisione perviene in forza di una interpretazione dell’art. 89 comma 3 del codice dei contratti pubblici orientata alla corretta applicazione dell’art. 63 della direttiva 2014/24/UE.

La decisione esamina compiutamente la peculiare configurazione del consorzio stabile, prevista dall’art. 45, comma 2, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016, rispetto al consorzio ordinario di cui agli artt. 2602 e ss. del codice civile, precisando, in particolare, che i partecipanti al primo danno vita ad una stabile struttura di impresa collettiva, la quale, oltre a presentare una propria soggettività giuridica con autonomia anche patrimoniale, rimane distinta e autonoma rispetto alle aziende dei singoli imprenditori ed è strutturata, quale azienda consortile, per eseguire, anche in proprio (ossia senza l’ausilio necessario delle strutture imprenditoriali delle consorziate), le prestazioni affidate a mezzo del contratto.

La decisione specifica che il rapporto tra consorzio e le consorziate non designate per l’esecuzione dei lavori è molto simile a quello dell’avvalimento (non a caso espressamente denominato tale dalla vecchia versione dell’art. 47 comma 2 del codice dei contratti, ratione temporis applicabile), anche se, per certi versi, meno intenso, data l’assenza di responsabilità.

L’opzione ermeneutica muove dall’ampia formulazione dell’art. 63 della direttiva 2014/24/UE, il quale, nel disciplinare l’avvalimento, vi ricomprende tutti i casi in cui un operatore economico, per un determinato appalto, fa “affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi”, per cui non v’è ragione per riservare al consorzio che si avvale dei requisiti di un consorziato “non designato”, un trattamento diverso da quello riservato ad un qualunque partecipante, singolo o associato, che ricorre all’avvalimento.

La decisione, poi, precisa che la chiave interpretativa innanzi delineata non tocca la perdurante validità del principio di necessaria continuità nel possesso dei requisiti, affermato dall’Adunanza Plenaria con sentenza 8/2015, né il più generale principio di immodificabilità soggettiva del concorrente; in particolare, l’argomentazione desumibile dalla richiamata sent. n.8/15 secondo la quale il principio di continuità dovesse valere anche per l’impresa avvalsa, dev’essere letta nel quadro normativo, ratione temporis vigente, anche comunitario, che escludeva la possibilità di una sostituzione dell’impresa rimasta priva di requisiti, a prescindere se essa fosse legata da un vincolo di associazione temporanea con l’aggiudicatario o da un più tenue rapporto di avvalimento (art. 44 della Dir. 31/03/2004, n. 2004/18/CE).

Quel quadro normativo è mutato, e per il tramite del più volte citato art. 63 della direttiva 2014/24/UE oggi pacificamente impone che il soggetto avvalso, che nelle more del procedimento di gara o durante l’esecuzione del contratto perda i requisiti, venga sostituito.

La sostituzione è appunto lo strumento "del tutto innovativo", che restituisce al soggetto avvalso la sua vera natura di soggetto che presta i requisiti al concorrente, senza partecipare alla compagine e all’offerta da questa formulata e risponde all'esigenza, stimata superiore, di evitare l'esclusione del concorrente, singolo o associato, per ragioni a lui non direttamente riconducibili o imputabili. Esigenza quest’ultima evidentemente strumentale a stimolare il ricorso all'avvalimento: il concorrente, infatti, può contare sul fatto che, nel caso in cui l'ausiliaria non presenti o perda i requisiti prescritti, potrà procedere alla sua sostituzione senza il rischio di essere, solo per questa circostanza, estromesso automaticamente dalla gara.

XVII.2. Alla stregua dei principi affermati dalla decisione n.5/2021 fin qui sinteticamente richiamati, risultano fondati i motivi secondo e terzo dell’appello con i quali il Consorzio appellante ripropone i motivi secondo e quarto del ricorso introduttivo.

Il Consorzio, al momento della presentazione dell’istanza di partecipazione, possedeva la qualificazione nella categoria OS35, classifica III, in base al principio del c.d. “cumulo alla rinfusa”, tramite la propria consorziata Tiemme energia s.r.l. (non designata per l’esecuzione dei lavori), la quale, a sua volta, la derivava da un rapporto di avvalimento con la Cargo s.r.l.

Venuto meno il rapporto tra la Tiemme e la Cargo (per scelta di quest’ultima), l’assemblea dei soci del Consorzio dichiarava la Tiemme decaduta per perdita dei requisiti e contestualmente ammetteva “provvisoriamente” la Cargo, che veniva inserita in via definitiva nella compagine consortile il 18 gennaio 2019.

Alla stregua del principio di diritto sopra affermato, poiché la Tiemme, consorziata non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori, da cui il Consorzio ritraeva la propria qualificazione ai sensi dell’art. 47, co. 2, d.lgs. n. 50/2016 (ratione temporis vigente), avrebbe dovuto essere equiparata all’impresa ausiliaria nell’avvalimento, all’appellante avrebbe dovuto applicarsi l’art. 89, co. 3, d.lgs. n. 50/2016, consentendogli di procedere alla sostituzione, come di fatto avvenuto nel corso della gara mediante ammissione alla compagine consortile della Cargo.

Ne consegue la fondatezza del ricorso introduttivo e l’erroneità in parte qua della statuizione appellata.

XVIII. L’A.T.I. Eurovega chiede che venga sollevata davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ex art. 267 TFUE, la seguente questione pregiudiziale: se i principi del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e in particolare la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, nonché i principi di parità di trattamento, non discriminazione, mutuo riconoscimento, proporzionalità di cui al considerando 1 della direttiva 2014/24/CE sugli appalti pubblici, nonché l’art. 18, l’art. 58, paragrafo 2, e l’art. 63, paragrafo 1, della medesima direttiva ostino ad una normativa nazionale, come quella di che trattasi di cui agli artt. 45, comma 2, lett. c), 47, comma 2, e 89, comma 3, del d.lgs. 50/2016, che sia interpretata nel senso di:

a) ammettere la possibilità che alla stessa gara possano partecipare sia il Consorzio stabile che la Consorziata, dalla quale il Consorzio ripeta la qualificazione, ancorché non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori;

b) in ipotesi di perdita da parte della consorziata del requisito dal quale il Consorzio stabile ripeta la qualificazione, imporre alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione.

Sostiene l’appellata che se al predetto quesito venisse data risposta nel senso della impossibilità della contemporanea partecipazione tra consorzio e consorziata, verrebbe meno il presupposto teorico della terzietà tra consorzio e consorziata e, per l’effetto, la possibilità di applicare il meccanismo sostitutivo previsto dall’art. 63 della direttiva 24/2014/UE e dell’art. 89, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016.

XIX. Di fatto, l’appellata, pur ponendo due questioni (sub “a” e sub “b”), argomenta solo in ordine alla prima (asserita incompatibilità con il diritto eurounitario della partecipazione ad una medesima gara di un consorzio stabile e di una consorziata, dalla quale il consorzio ripeta la qualificazione, ma non designata ai fini dell’esecuzione dei lavori).

Ma la questione risulta inammissibilmente posta.

XIX.1. Come esposto in premesse, nel caso in questione la Tiemme (consorziata, dalla quale il Consorzio appellante ripeteva la qualificazione) non ha affatto partecipato alla gara in questione, né vi ha partecipato Cargo (la consorziata ammessa al Consorzio in sostituzione di Tiemme).

Sicché il quesito si presenta meramente astratto, senza alcun collegamento con il giudizio in questione, e la pretesa violazione del diritto dell’Unione costituisce questione “manifestamente priva di rilevanza e teorica nell’ambito del procedimento principale (C.G.U.E., 18 luglio 2013 causa C-136/12, sub 35)”.

Al riguardo, a seguito di ordinanza 5 marzo 2012 n.1244, con la quale il Consiglio di Stato ha sottoposto alla Corte di Giustizia il quesito “se osti o meno all’applicazione dell’articolo 267, [comma] 3, TFUE, in relazione all’obbligo del giudice di ultima istanza di rinvio pregiudiziale di una questione di interpretazione del diritto comunitario sollevata da una parte in causa, un potere di filtro da parte del giudice nazionale in ordine alla rilevanza della questione e alla valutazione del grado di chiarezza della norma comunitaria”, la Corte (con la nota decisione 18 luglio 2013 causa C-136/12, punto 26) ha chiaramente risposto che “dal rapporto fra il secondo e il terzo comma dell’articolo 267 TFUE deriva che i giudici di cui al comma terzo dispongono dello stesso potere di valutazione di tutti gli altri giudici nazionali nello stabilire se sia necessaria una pronuncia su un punto di diritto dell’Unione onde consentir loro di decidere. Tali giudici non sono, pertanto, tenuti a sottoporre una questione di interpretazione del diritto dell’Unione sollevata dinanzi ad essi se questa non è rilevante, vale a dire nel caso in cui la sua soluzione, qualunque essa sia, non possa in alcun modo influire sull’esito della controversia (sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a., 283/81, Racc. pag. 3415, punto 10)”.

Al fine di reprimere un “abuso del rinvio pregiudiziale”, devono ritenersi inammissibili questioni non pertinenti perché manifestamente irrilevanti per la soluzione del giudizio principale o perché del tutto generali o di natura meramente ipotetica, o comunque ove risulti in modo evidente che la richiesta di interpretazione del diritto dell’Unione non presenta alcun legame concreto con l’oggetto della causa; la questione sollevata dall’appellante ricade esattamente in tali tipologie.

Anche Cons. Stato, sez. IV, 7 agosto 2020, n. 4970, ha affermato che la presenza di una “inconferente” e “irrilevante” istanza di rimessione alla Corte di giustizia UE esclude l’obbligo di rinvio pregiudiziale.

XIX.2. Quanto, poi, alla richiesta di rimettere alla Corte di giustizia la questione se sia compatibile con il diritto eurounitario “in ipotesi di perdita da parte della consorziata del requisito dal quale il Consorzio stabile ripeta la qualificazione, imporre alla stazione appaltante di ordinarne la sostituzione”, in sostanza la parte chiede a questo CGARS di rimettere in discussione, davanti alla C. giust. UE, l’esatto principio di diritto affermato in questa causa con la decisione della Plenaria n. 5/2021.

In questa prospettiva, la istanza è palesemente inammissibile.

Invero, il “rinvio pregiudiziale” alla C. giust. UE può essere effettuato in pendenza di un giudizio al fine di decidere questioni che in quel giudizio non sono ancora decise con forza di giudicato.

La questione che qui ora la parte sottopone appare intempestiva, perché andava semmai sollevata prima della decisione della Plenaria n. 5/2021.

Nella presente causa il principio di diritto espresso dalla Plenaria n. 5/2021 non è un principio astratto e avulso dalla causa, ma costituisce già decisione – sia pur parziale- della causa, con forza di giudicato.

Secondo la Corte di giustizia UE il giudicato nazionale è intangibile, se così stabiliscono le norme processuali interne, e per converso tangibile solo se le norme procedurali interne applicabili glielo consentono (C. giust. UE, 10.7.2014 C-213/13).

In tale ottica, questo Consiglio di Giustizia ha avuto occasione di affermare (sent. n. 131/2021 del 22/02/2021) che la Corte di giustizia dell’Unione Europea < ha ripetutamente precisato che il principio dell’intangibilità del giudicato nazionale è stato assunto anche come principio generale dell’ordinamento giuridico comunitario e che, al di fuori di alcuni casi eccezionali, “il diritto comunitario non impone ad un giudice nazionale di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata ad una decisione, anche quando ciò permetterebbe di porre rimedio ad una violazione del diritto comunitario da parte di tale decisione (sentenza del 3 settembre 2009 su causa C-2/08; cfr. anche sentenza della I Sez. del 16.3.2006 nel procedimento C-234/04)”>.

E se anche ci sono limitati spazi per superare un giudicato nazionale in contrasto con il diritto eurounitario, tanto deve ritenersi ammesso quando il contrasto non era denunciabile prima del giudicato, e si manifesta dopo di esso, a causa di sopravvenienze normativa o di una sopravvenuta decisione della Corte di giustizia.

Non è certo concepibile, nell’ambito di un corretto andamento processuale ispirato a leale collaborazione dei soggetti del processo, che una questione pregiudiziale, ben prospettabile prima della decisione della causa, venga prospettata solo dopo la decisione- parziale- della causa stessa, ove l’esito della decisione sia considerato non soddisfacente. Questo costituisce una singolare inversione dell’ordine logico delle questioni, in cui quelle “pregiudiziali” vanno decise, per definizione normativa e logica, “prima” del “giudizio di merito” e non dopo, al fine di porre nel nulla un giudizio di merito non conforme alle aspettative di parte.

La statuizione della Plenaria n. 5/2021, che enuncia il principio di diritto e rinvia alla Sezione rimettente per il seguito, costituisce decisione parziale da cui discende in via immediata e diretta l’annullamento dell’atto di ritiro dell’aggiudicazione in danno dell’odierna appellante e dell’aggiudicazione all’a.t..i. Eurovega Costruzioni s.r.l.

Nessuno spazio decisionale ulteriore residua in capo alla Sezione, in punto di annullamento di tali due provvedimenti.

Gli spazi decisionali residui afferiscono solo alle conseguenze dell’annullamento dell’aggiudicazione, in punto di sorte del contratto.

Non vi è perciò alcuno spazio processuale per rimettere in discussione davanti alla C. giust. Ue il principio di diritto enunciato in questa stessa causa dalla Adunanza plenaria.

E’ appena il caso di precisare che quanto fin qui detto non confligge con il principio affermato dalla Corte giust. UE, Grande Camera, 5 aprile 2016, C-689/13, Puligienica c. Airgest s.p.a., secondo il quale <l’articolo 267 TFUE deve essere interpretato nel senso che osta a una disposizione di diritto nazionale nei limiti in cui quest’ultima sia interpretata nel senso che, relativamente a una questione vertente sull’interpretazione o sulla validità del diritto dell’Unione, una sezione di un organo giurisdizionale di ultima istanza, qualora non condivida l’orientamento definito da una decisione dell’adunanza plenaria di tale organo giurisdizionale, è tenuta a rinviare la questione all’adunanza plenaria e non può pertanto adire la Corte ai fini di una pronuncia in via pregiudiziale>.

Infatti, il principio in questione venne affermato (come palese dalla lettura dell’ordinanza di questo C.G.A.R.S. n.848/2013 di domanda di pronuncia pregiudiziale) in un caso in cui veniva in rilievo l’applicazione del comma 3 dell’art.99 c.p.a., per cui il Consiglio avrebbe dovuto rimettere la causa all'Adunanza Plenaria non condividendo un principio di diritto dalla stessa enunciato (vale a dire, in relazione ad altra causa, quindi senza efficacia di giudicato nel giudizio in questione).

Mentre nel caso in esame l’appellata vorrebbe contestare il principio di diritto affermato dall’Adunanza Plenaria proprio su questo ricorso ed avente autorità di giudicato.

XIX.3. L’assoluta irrilevanza della questione posta rispetto al giudizio in questione si evidenzia anche dalle ulteriori considerazioni.

Poiché il bando della gara per cui è causa venne pubblicato il 17 maggio 2018 e la gara si concluse con provvedimento prot. n. 7171 del 21 gennaio 2019, trova applicazione (come precisato anche nella decisione della Plenaria n.5/21) l’art. 31 comma 1 d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, vigente all’epoca della gara, per il quale: “I consorzi di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c) e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto. Con le linee guida dell’ANAC di cui all’articolo 84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni”.

L'art. 1, comma 20, lett. l), n. 1), d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, ha poi ripristinato l’originaria e limitata perimetrazione del cd. cumulo alla rinfusa ai soli aspetti relativi alla “disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d'opera, nonché all'organico medio annuo”, i quali sono “computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate”. Ma la gara oggetto del giudizio ricade sotto il governo della precedente disciplina.

Per cui, l’astratta questione posta dall’appellante potrebbe venire in rilievo in una fattispecie (ipotetica ed all’evidenza diversa da quella in esame) nella quale:

- nel vigore della norma illo tempore vigente (che consentiva l’utilizzazione da parte del consorzio dei requisiti di qualificazione posseduti dalle singole imprese consorziate, non designate per l’esecuzione delle prestazioni, mediante l’istituto dell’avvalimento), abbiano partecipato a gara consorzio e consorziata;

- e il seggio di gara non abbia ritenuto applicabile il divieto di contemporanea partecipazione a gara dell’impresa ausiliaria e di quella che si avvale dei requisiti di cui all’art. 89, co. 7, del d.lgs. n. 50/2016.

Solo in tale evenienza, potrebbe concretamente realizzarsi la fattispecie delineata dall’appellata.

Pur senza voler tralasciare che la norma da ultimo citata non trae la propria fonte nel diritto eurounitario, che non prevede siffatto divieto.

Non solo; ma va altresì rilevato che, anche sul piano astratto, la parte vorrebbe che venga sottoposto alla Corte un quesito (compatibilità con i principi europei della contemporanea partecipazione a gara di Consorzio ed impresa ausiliaria, tale definita nella norma allora in vigore) già risolto sul piano positivo (giacché l’ordinamento interno, con disposizione più restrittiva, lo vieta, e quello eurounitario no).

Quindi, in ordine al quesito, già di per sé irrilevante ai fini della decisione della causa in questione (quale che fosse la risposta della Corte, in nulla influirebbe sulla definizione di questa causa, non interferendo con il principio di diritto affermato dalla Plenaria), non si pone neppure un minimo dubbio riguardo all’interpretazione o alla corretta applicazione del diritto UE.

XIX.3. Sotto altra angolatura, l’ipotetica affermazione, da parte della Corte di Giustizia, del divieto della contemporanea partecipazione a gara dell’impresa ausiliaria/consorziata (nella versione della normativa vigente all’epoca della gara per cui è causa) e di quella che si avvale dei requisiti/consorzio (divieto peraltro rinvenibile nel diritto interno ex art. 89, co. 7, del d.lgs. n. 50/2016, dandosi così luogo ad un quesito anche inutile), non servirebbe comunque a scardinare il ragionamento della Plenaria n.5/21, essendo la terzietà (contestata dall’appellata) già positivizzata nel richiamato art. 31 comma 1 d.lgs. 19 aprile 2017, n. 56, che aveva introdotto un meccanismo di qualificazione mediante l’istituto dell’avvalimento dei requisiti posseduti dalle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto.

Con conseguente inutilità della ipotetica decisione della Corte anche sotto tale ulteriore profilo.

Senza tralasciare che la Corte di Giustizia (C-376/08, 23 dicembre 2009) si è già pronunciata ritenendo che il diritto comunitario dev’essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che non consenta la contemporanea partecipazione alla medesima gara del consorzio stabile e della consorziata, ove quest’ultima non sia stata designata per l’esecuzione del contratto; ed in tale decisione non ha escluso dal principio alcuna delle tipologie di imprese consorziate.

XIX.4. In altri termini, dato atto dell’inquadramento del rapporto consorzio/consorziata come declinato dalla normativa vigente all’epoca ed interpretato dalla Plenaria, ove mai si verificasse un caso di contemporanea partecipazione a gara dell’uno e dell’altra, occorrerebbe, prima, interrogarsi sull’applicabilità della causa di esclusione di cui all’art. 89, co. 7, del d.lgs. n. 50/2016; e poi, eventualmente, della compatibilità con il diritto eurounitario di quest’ultima disposizione, ma in ottica speculare a quella sottoposta dall’impresa appellata.

XX. Conclusivamente, in riforma della sentenza appellata ed in accoglimento del ricorso introduttivo, vanno annullati: l’atto di annullamento in autotutela dell’originaria aggiudicazione in favore dell’appellante; l’atto di aggiudicazione in favore di Eurovega Costruzioni s.r.l.

XXI. Viene in rilievo la domanda risarcitoria.

XXI.1. L’appellante ha ribadito la propria (generica) disponibilità al subentro nel contratto in corso di esecuzione.

Le appellate sostengono però che tale soluzione obbligherebbe ad interrompere la continuità dei lavori oggetto dell’appalto, in quanto le opere in corso sarebbero esecutive di un progetto diverso da quello oggetto di gara, essendo stata recepita l’offerta migliorativa progettuale formulata dall’ATI; ove si dovesse eseguire una diversa progettazione, occorrerebbe smantellare almeno una parte delle opere già eseguite ed acquisire sul progetto i pareri degli organi di tutela dei vincoli gravanti sull’area anche mediante una conferma della VIA resa sul progetto originario.

Eurovega, al riguardo, sostiene che non appare possibile che l’appellante possa subentrare nell’esecuzione di un progetto che non corrisponde a quello della propria offerta.

XXI.2. Il Collegio non condivide detta affermazione, non rinvendendosi, nell’ampia ed elastica previsione dell’art. 122 c.p.a., alcun ostacolo giuridico a che l’appellante subentri nel contratto in corso di esecuzione alle condizioni contrattuali per esso pattuite.

Pertanto l’Amministrazione dovrà consentire l’accesso a tutti i documenti del contratto in corso di esecuzione (contratto, progetto, autorizzazioni e nulla osta, stato dei lavori) entro giorni 5 di calendario dalla comunicazione della presente decisione, ponendo a disposizione della parte tutta la documentazione necessaria per una consapevole ed approfondita valutazione delle modalità di esecuzione dell’opera e consentendole sopralluoghi sul posto. A tal fine l’Amministrazione dovrà invitare la parte a esercitare l’accesso con la dovuta tempestività affinché l’accesso abbia effettivamente luogo entro il suddetto termine.

L’appellante dovrà, quindi, entro il venti maggio 2021, depositare in giudizio una memoria volta a precisare la domanda risarcitoria, chiarendo se la domanda di subentro si intenda o meno formulata alle condizioni del contratto in corso, mediante prosecuzione nell’esecuzione del progetto approvato, senza soluzione di continuità. Restano invariati i termini per documenti, memorie e repliche, nel rito appalti, da calcolarsi a ritroso dalla nuova udienza che si fissa per il 16.6.2021.

Con espressa avvertenza che la condotta processuale costituirà oggetto di valutazione ai sensi dell’art. 124 comma 2 del c.p.a.

XXII. Ogni ulteriore determinazione in merito alla domanda risarcitoria, così come ogni statuizione sulle spese, viene rinviata al definitivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, parzialmente non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla:

il provvedimento 11. 2.2019 n. 16448 recante annullamento in autotutela dell’aggiudicazione in favore dell’odierna appellante;

il provvedimento 11.2.2019 recante aggiudicazione in favore dell’a.t.i. con mandataria Eurovega costruzioni s.r.l.

Dispone a carico delle parti gli incombenti di cui in motivazione entro i termini ivi previsti.

Rinvia la causa per l’ulteriore trattazione all’udienza pubblica del 16 giugno 2021.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso dal C.G.A.R.S. con sede in Palermo nella camera di consiglio del giorno 14 aprile 2021 tenutasi da remoto con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:

 

Rosanna De Nictolis, Presidente

Raffaele Prosperi, Consigliere

Maria Stella Boscarino, Consigliere, Estensore

Maria Immordino, Consigliere

Antonino Caleca, Consigliere