Cons. Stato, sez. V, 4 gennaio 2021 n. 68

L’indicazione puntuale dei mezzi, del personale, del know-how, della prassi aziendale e di ogni altro elemento utile, risulta indispensabile per rendere determinato l’impegno dell’impresa ausiliaria nei confronti della stazione appaltante e della ditta ausiliata, a pena di nullità strutturale del contratto ex artt. 1418, secondo comma, e 1346 c.c. per indeterminatezza del suo oggetto.

Peraltro, le lacune del contratto di avvalimento, tali da determinarne la nullità, non possono essere colmate con il soccorso istruttorio, dovendo il predetto contratto essere valido sin da principio, con conseguente impossibilità di apportarvi integrazioni postume.

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

 

sul ricorso numero di registro generale 5617 del 2020, proposto dalla

Quadrifoglio 2012 Società Cooperativa Sociale O.N.L.U.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale capogruppo mandataria dell’A.T.I. con KER Società Cooperativa Sociale O.N.L.U.S., rappresentata e difesa dall’avv. Luca Tozzi e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia

contro

Comune di Ostuni, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alfredo Tanzarella e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia

nei confronti

Cooperativa Sociale e di Lavoro – Operatori Sanitari Associati – O.S.A. Società Cooperativa Sociale O.N.L.U.S., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Mauro Renna e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia

Consorzio OPUS Società Cooperativa Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Cozzi, con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Filippo Lattanzi, in Roma, via Pierluigi da Palestrina, n. 47
Cooperativa San Riccardo Pampuri, non costituita in giudizio

per l’annullamento e/o la riforma,

previa sospensione dell’efficacia,

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia – Sez. staccata di Lecce, Sezione Terza, n. 591/2020 dell’8 giugno 2020, resa tra le parti, con cui è stato respinto il ricorso principale proposto dalla Quadrifoglio 2012 e dalla KER avverso la determinazione dirigenziale del Comune di Ostuni n. 2216 del 16 dicembre 2019, recante l’aggiudicazione in favore della Cooperativa Sociale O.S.A. dell’affidamento in concessione della Casa di Riposo “G. Pinto”, della R.S.S.A. – Residenza Socio Sanitaria Assistenziale “Pinto Cerasino” e dell’annesso Centro Diurno per le demenze “San Francesco di Paola”, ed è stato invece accolto il ricorso incidentale proposto da O.S.A. nei confronti della determinazione n. 1616 del 25 settembre 2019, nella parte in cui ha ammesso alla procedura di affidamento l’A.T.I. costituenda composta dalla Quadrifoglio 2012 e dalla KER.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista l’istanza di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata, proposta in via incidentale dall’appellante;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Ostuni, della Cooperativa Sociale e di Lavoro – Operatori Sanitari Associati – O.S.A. Società Cooperativa Sociale e del Consorzio OPUS Società Cooperativa Sociale;

Vista l’ordinanza n. 4575/2020 del 31 luglio 2020, con cui è stata respinta l’istanza cautelare;

Viste le memorie, i documenti, le repliche e le note di udienza delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137;

Visto, altresì, l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70;

Dato atto della presenza ai sensi di legge degli avvocati delle parti, come da verbale d’udienza;

Relatore nell’udienza del giorno 17 dicembre 2020 il Cons. Pietro De Berardinis e uditi per le parti gli avv.ti Luca Tozzi e Giuseppe Cozzi, in collegamento da remoto in videoconferenza;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Il Comune di Ostuni (BR) ha bandito una procedura aperta, da aggiudicare sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, per la selezione di un operatore economico al quale affidare la concessione triennale dei servizi di gestione della Casa di riposo “G. Pinto”, della R.S.S.A. (Residenza Socio Sanitaria Assistenziale) “Pinto – Cerasino” e del Centro Diurno per le Demenze “S. Francesco di Paola”, situati in un complesso immobiliare di proprietà comunale in via G. Pinto in Ostuni, da concedere in comodato.

Alla procedura aperta partecipava anche l’appellante Quadrifoglio 2012 Società Cooperativa Sociale O.N.L.U.S. (d’ora in avanti “Quadrifoglio”), quale capogruppo mandataria dell’A.T.I. costituenda (di seguito “A.T.I. Quadrifoglio”) con la mandante KER Società Cooperativa Sociale O.N.L.U.S. (d’ora in poi “KER”).

In esito alle operazioni di gara al primo posto della graduatoria si è collocata la Cooperativa Sociale e di Lavoro – Operatori Sanitari Associati – O.S.A. Società Cooperativa Sociale O.N.L.U.S. (d’ora in poi “O.S.A.”) con 79 punti; al secondo posto si è classificato il Consorzio OPUS Società Cooperativa Sociale (di seguito “Consorzio OPUS” o “Consorzio”) con 78 punti, mentre l’A.T.I. Quadrifoglio si è posizionata al terzo posto con 72 punti.

Per conseguenza, il Comune di Ostuni ha provveduto ad aggiudicare la concessione alla Cooperativa O.S.A. con determinazione dirigenziale n. 2216 del 16 dicembre 2019.

Avverso il predetto provvedimento di aggiudicazione, nonché gli atti presupposti e connessi (tra cui i verbali di gara, la lex specialis e i chiarimenti della stazione appaltante, le richieste di giustificativi del R.U.P. e la proposta di aggiudicazione), è insorta la Quadrifoglio, impugnandoli dinanzi al T.A.R. per la Puglia – Sez. staccata di Lecce e chiedendone l’annullamento.

La ricorrente ha censurato, in specie, l’operato procedimentale della stazione appaltante, nella parte in cui non ha escluso né il primo, né il secondo classificato e, in subordine, ha lamentato l’illegittimità della legge di gara.

L’aggiudicataria O.S.A. ha proposto ricorso incidentale, con il quale ha censurato gli atti di gara nella parte in cui hanno comportato l’ammissione dell’A.T.I. Quadrifoglio alla gara.

Con sentenza della Sezione Terza n. 591/2020 dell’8 giugno 2020 il T.A.R. per la Puglia – Lecce ha accolto il ricorso incidentale di O.S.A., respingendo invece il ricorso principale.

In particolare, in accoglimento del ricorso incidentale il T.A.R. ha annullato la determinazione della stazione appaltante n. 1616 del 25 settembre 2019 nella parte in cui ha disposto l’ammissione alla gara dell’A.T.I. Quadrifoglio.

Con l’appello in epigrafe la mandataria Quadrifoglio ha impugnato, dunque, l’ora vista sentenza di primo grado, chiedendone la riforma, previa sospensione dell’efficacia e deducendo, a supporto del gravame, i seguenti motivi:

1) error in iudicando per l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso incidentale proposto da O.S.A. e per l’errore in cui è incorsa la sentenza appellata nell’aver ritenuto fondato il ricorso incidentale in questione;

2) error in iudicando, violazione e falsa applicazione di legge (artt. 95 e 97 del d.lgs. n. 50/2016; art. 97 Cost.), violazione e falsa applicazione della lex specialis di gara (artt. 3, 13.2, 16.d; punto 25 dei chiarimenti), eccesso di potere, carenza dei presupposti, difetto di motivazione, per l’illegittimità dell’operato della stazione appaltante – non colta dal T.A.R. – lì dove la stessa non ha escluso dalla procedura i concorrenti primi due classificati. In sintesi, O.S.A. avrebbe dovuto essere esclusa sia per aver apportato una modifica postuma, in sede di giustificazioni, all’offerta economica fatta in gara, sia per l’insostenibilità della sua offerta. Sul punto l’appellante lamenta altresì la violazione dell’art. 83 del d.lgs. n. 50/2016 e degli artt. 17 e 18 del disciplinare;

3) error in iudicando per non avere il T.A.R. censurato la mancata esclusione dei concorrenti primi due classificati – O.S.A. e Consorzio OPUS – per l’indeterminatezza delle voci delle rispettive offerte economiche, stante l’errata proposizione delle stesse in violazione e falsa applicazione della legge di gara e dell’art. 95 del d.lgs. n. 50/2016;

4) error in iudicando, omessa motivazione, violazione e falsa applicazione di legge (artt. 95 e 97 del d.lgs. n. 50/2016; art. 97 Cost.), violazione e falsa applicazione della lex specialis (artt. 3, 13.2, 16.d; punto 25 dei chiarimenti), eccesso di potere, carenza dei presupposti, difetto di motivazione, in quanto il Consorzio OPUS, secondo classificato, avrebbe dovuto essere escluso per le medesime motivazioni che avrebbero dovuto determinare l’esclusione dell’aggiudicataria;

5) error in iudicando, per avere il T.A.R. omesso di prendere posizione in ordine alle censure, dedotte con il ricorso principale, attinenti:

a) la mancata dichiarazione, da parte del Consorzio OPUS, dell’insussistenza di cause di esclusione in merito al revisore contabile unico della Cooperativa Sociale “San Riccardo Pampuri” (consorziata esecutrice del Consorzio OPUS);

b) la mancanza in capo al Consorzio OPUS delle caratteristiche del consorzio stabile stante la carenza dell’elemento teleologico;

c) la violazione e falsa applicazione dell’art. 86, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016 perché il Consorzio non avrebbe provato il possesso dei requisiti economico-finanziari dichiarati in sede di partecipazione alla gara e, in ogni caso, non avrebbe potuto cumulare il proprio fatturato a quello della consorziata esecutrice “San Riccardo Pampuri”;

d) il mancato possesso dei requisiti di idoneità professionale in capo alla consorziata esecutrice “San Riccardo Pampuri”;

6) in via gradata, error in iudicando per illegittimità dell’intera procedura di gara, nella parte in cui questa valorizzerebbe illegittimamente, con l’attribuzione di 20 punti, la parte minoritaria dell’offerta economica relativa al canone soggetto a ribasso e non anche l’offerta economica complessiva su tutto l’importo oggetto di concessione;

7) erroneità della sentenza impugnata per avere essa giudicato inammissibile la censura del ricorso principale con cui si è dedotta l’illegittimità della lex specialis di gara per indeterminatezza/oscurità nella parte in cui non avrebbe reso possibile comprendere con chiarezza se la sovvenzione erogata dal Comune di Ostuni pari ad € 257.142,84, così come soggetta a ribasso, fosse o meno compresa nel valore complessivo della concessione;

8) erroneità della sentenza impugnata per avere essa giudicato inammissibile la censura del ricorso principale con cui si è contestata la clausola sociale inserita nella legge di gara.

Si è costituito in giudizio il Comune di Ostuni, depositando di seguito memoria difensiva e resistendo all’appello di controparte.

Si è costituita in giudizio, altresì, la controinteressata O.S.A., depositando a sua volta memoria con cui ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità dei motivi di appello volti all’esclusione dalla graduatoria del primo e del secondo classificato, poiché anche ad ipotizzare che la partecipazione alla gara dell’A.T.I. Quadrifoglio fosse legittima e che O.S.A. e il Consorzio OPUS fossero da escludere, la citata A.T.I. si collocherebbe solo al secondo posto della graduatoria. Nel merito, ha poi eccepito l’infondatezza dei motivi di appello.

Ancora, si è costituito in giudizio il controinteressato Consorzio OPUS, depositando successivamente memoria ed eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità dell’appello per difetto di interesse alla pronuncia, con riferimento, da un lato, alle riproposte censure relative alla mancata esclusione dalla gara del Consorzio stesso, dall’altro all’illegittimità dell’intera gara. Nel merito, ha poi contestato la fondatezza delle censure dell’appellante, nella parte di interesse del Consorzio.

L’istanza di sospensione della sentenza appellata è stata respinta dalla Sezione con ordinanza del 31 luglio 2020, n. 4575/2020, attesa l’insussistenza tanto del fumus boni juris, quanto del periculum in mora.

In vista dell’udienza di merito le parti hanno depositato memorie, documenti e repliche, nonché note d’udienza.

All’udienza del 17 dicembre 2020, tenutasi in collegamento da remoto in videoconferenza ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, dopo una sintetica discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Viene in decisione l’appello proposto dalla Quadrifoglio, capogruppo mandataria dell’A.T.I. con la mandante KER (A.T.I. Quadrifoglio), nei confronti della sentenza del T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. III, n. 591/2020 dell’8 giugno 2020, avente ad oggetto gli atti della gara indetta dal Comune di Ostuni per l’affidamento in concessione della gestione, per tre anni, della Casa di Riposo “G. Pinto”, della Residenza Socio Sanitaria Assistenziale “Pinto-Cerasino” e del Centro Diurno per le Demenze “S. Francesco di Paola”.

La sentenza appellata ha accolto il ricorso incidentale presentato dall’aggiudicataria O.S.A. avverso l’ammissione alla procedura aperta dell’A.T.I. Quadrifoglio, respingendo, invece, il ricorso principale proposto dalla Quadrifoglio e dalla KER.

Le ricorrenti principali avevano contestato l’aggiudicazione della concessione alla predetta O.S.A. ed avevano formulato, da un lato, censure contro la mancata esclusione dalla gara sia dell’aggiudicataria, sia del secondo classificato (il Consorzio OPUS), dall’altro, censure volte a far valere l’illegittimità dell’intera procedura.

In dettaglio il primo giudice ha condiviso il motivo del ricorso incidentale con cui è stata dedotta la nullità del contratto di avvalimento stipulato tra la mandante KER e la Pellicano Società Cooperativa Sociale O.N.L.U.S. (anche solo “Pellicano”): ciò, in ragione della genericità di detto contratto, che il T.A.R. ha qualificato come avvalimento operativo e non di mera garanzia.

In base al contratto di avvalimento, infatti – osserva la sentenza appellata – l’ausiliaria si è obbligata a mettere a disposizione della KER le risorse necessarie “nessuna esclusa, ivi comprese le strutture operative, il personale qualificato, le tecniche operative ed i mezzi organizzativi correlati alla propria attività”, senza altre specificazioni e in particolare senza elencare, neppure in sede separata, le risorse specifiche offerte in ausilio: con il ché, conclude il primo giudice, quella adoperata è da ritenere una formula di stile, priva di qualsivoglia consistenza.

Una volta accolto il ricorso incidentale, la sentenza è passata poi alla disamina del ricorso principale e lo ha respinto, ritenendo inammissibili e infondate le censure con esso dedotte.

In particolare, il T.A.R. ha ritenuto che O.S.A. non abbia effettuato alcuna modifica postuma della propria offerta economica in spregio al principio di immodificabilità dell’offerta, come lamentato nel ricorso principale, ma che si sia limitata alla correzione di un semplice errore materiale, consistente nell’aver riportato nell’offerta, quale costo della manodopera, l’importo (€ 4.188.983,36) che poi nei giustificativi è stato indicato quale sommatoria dei costi della manodopera e di gestione e produzione del servizio. La sentenza appellata precisa come quella in esame fosse una svista che emergeva in modo del tutto evidente dall’offerta, poiché, se si fosse prestato fede all’importo erroneo ivi indicato, l’aggiudicataria avrebbe assunto l’impegno a gestire il servizio in perdita.

Nei giustificativi, invece, è stata indicata la cifra reale del costo della manodopera (€ 3.179.392,22): a questo punto la stazione appaltante, rilevata la discrasia tra tale cifra e l’importo riportato in offerta, ha chiesto chiarimenti, che l’aggiudicataria ha fornito.

Sul punto le ricorrenti hanno lamentato l’illegittimità dell’attivazione del “soccorso istruttorio”, per giunta esperito due volte, ma il T.A.R ha disatteso la doglianza, ribadendo che il rimedio censurato è stato utilizzato per la correzione di una mera svista redazionale.

La sentenza impugnata ha poi respinto il secondo motivo del ricorso principale, volto a censurare la scelta di O.S.A. e del Consorzio OPUS di offrire un ribasso del 100% sul canone annuo a carico del Comune: scelta che portava ad azzerare il suddetto canone (o sovvenzione). Il primo giudice, infatti, ha rilevato come si trattasse dell’unica voce economica nella disponibilità del Comune (le tariffe del servizio essendo di competenza regionale), sicché questo non avrebbe potuto far altro che autorizzare il ribasso – e quindi il gioco concorrenziale tra le offerenti – su tale voce.

Quanto al terzo motivo, incentrato sulla mancata esclusione del Consorzio OPUS, la sentenza lo ha ritenuto inammissibile in ragione della legittimità della posizione di O.S.A.: ciò comportava, infatti, che, anche se il predetto Consorzio fosse stato escluso, l’A.T.I. Quadrifoglio comunque non avrebbe potuto conseguire il primo posto in graduatoria, ma si sarebbe limitata a scalare dal terzo al secondo posto e, quindi, non avrebbe ottenuto il bene della vita a cui aspirava.

Infine, il T.A.R. ha respinto le censure delle ricorrenti principali volte a far caducare l’intera gara. Il primo giudice ha evidenziato, sul punto, da un lato come le censure mosse avverso l’eccessivo peso nel punteggio attribuito al criterio del ribasso del canone anno a carico del Comune non tenessero in conto che, come già detto, questo è l’unico elemento dell’offerta economica nella disponibilità del Comune, in relazione al quale quest’ultimo poteva autorizzare il ribasso, per valutare la convenienza economica delle offerte. Dall’altro, come la legge di gara fosse stata chiara nell’indicare che il ribasso avrebbe dovuto essere fatto solo sulla citata sovvenzione annua.

Da ultimo, la sentenza appellata ha dichiarato tardive le censure formulate nel ricorso principale nei confronti della “clausola sociale”, rientrando tale clausola tra quelle cd. immediatamente escludenti e, dunque, da impugnare immediatamente (senza attendere l’esito della gara, com’è invece avvenuto nel caso ora in esame).

Nell’appello la Quadrifoglio contesta il percorso argomentativo e le conclusioni a cui è pervenuto il primo giudice, ma nessuna delle doglianze da essa formulate si mostra, ad avviso di questo Collegio, suscettibile di positivo apprezzamento.

Si premette, in proposito, che l’infondatezza nel merito dell’appello consente, in ossequio al criterio della “ragione più liquida” (C.d.S., A.P., 27 aprile 2015, n. 5), di prescindere dalle eccezioni di rito sollevate contro di esso dalle controparti.

Fatta tale doverosa premessa e venendo ad esaminare partitamente le censure dell’appellante, con il primo motivo la società si duole del capo della sentenza gravata che ha accolto il ricorso incidentale di O.S.A..

Sostiene, in sintesi, la Quadrifoglio che quello intercorso tra la KER e la Pellicano sarebbe un mero avvalimento di garanzia, non operativo, essendo KER in possesso dei requisiti di esperienza richiesti per la partecipazione alla procedura, ma non del requisito del fatturato commisurato alla propria quota di servizio. Il requisito della capacità tecnica e professionale relativo all’esperienza maturata sarebbe, dunque, una voce inserita nel contratto di avvalimento per mero tuziorismo, che, però, non basterebbe a mutarne la natura di avvalimento di garanzia, come tale non soggetto alla regola della necessaria specificazione, nel corpo del contratto, delle risorse e dei mezzi tecnici della ditta ausiliaria messi a disposizione dell’ausiliata.

La doglianza non può essere condivisa.

La distinzione tra avvalimento operativo e avvalimento di garanzia trova fondamento nell’art. 49, comma 2, lett. a), del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, secondo cui l’avvalimento richiede la “specifica indicazione” dei requisiti che ne sono oggetto, nonché nella norma sopravvenuta e sostanzialmente equivalente dell’art. 89, comma 1, ultima parte, del d.lgs. n. 50/2016, in base alla quale “il contratto di avvalimento contiene, a pena di nullità, la specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione”.

Su tali basi normative la giurisprudenza ha elaborato la distinzione (C.d.S., Sez. VI, 3 agosto 2018, n. 4798; Sez. V, 26 novembre 2018, n. 6693 e 28 febbraio 2018, n. 1216; Sez. III, 7 luglio 2015 n. 3390 e 17 luglio 2014, n. 3057):

- da un lato, si ha l’avvalimento di garanzia, che riguarda la capacità economica e finanziaria e serve a rassicurare la stazione appaltante sulla capacità della parte di far fronte alle obbligazioni derivanti dal contratto. Come tale, esso non richiede di essere riferito a beni capitali descritti e individuati con precisione;

- dall’altro, si ha l’avvalimento tecnico, ovvero operativo, che riguarda le risorse materiali in concreto necessarie per eseguire il contratto, per es. le dotazioni di personale ovvero di macchinari e, perciò, richiede l’individuazione specifica dei mezzi.

Pertanto, la validità del contratto di avvalimento va verificata alla luce della suesposta distinzione tra avvalimento di garanzia e avvalimento tecnico od operativo: il primo si ha “nel caso in cui l’ausiliaria mette a disposizione dell’ausiliata la sua solidità economica e finanziaria, rassicurando la stazione appaltante sulle sue capacità di far fronte agli impegni economici conseguenti al contratto d’appalto, anche in caso di inadempimento. È tale l’avvalimento che ha ad oggetto i requisiti di carattere economico-finanziario e, in particolare (…), il fatturato globale o specifico. L’avvalimento operativo ricorre, invece, quando l’ausiliaria si impegna a mettere a disposizione dell’ausiliata le risorse tecnico-organizzative indispensabili per l’esecuzione del contratto di appalto. È tale l’avvalimento che ha ad oggetto i requisiti di capacità tecnico-professionale tra i quali, ad esempio, la dotazione di personale dell’ausiliaria. Riguardo all’avvalimento di garanzia (…..) non è necessario che nel contratto siano specificatamente indicati i beni patrimoniali o gli indici materiali della consistenza patrimoniale dell’ausiliaria, essendo sufficiente che essa si impegni a mettere a disposizione dell’ausiliata la sua complessiva solidità finanziaria e il suo patrimonio di esperienza. Diversamente, nell’avvalimento operativo è imposto alle parti di indicare nel contratto i mezzi aziendali messi a disposizione dell’ausiliata per eseguire l’appalto (...). Con particolare riguardo, poi, all’avvalimento operativo che ha ad oggetto il prestito di personale, la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato richiede la disponibilità effettiva del personale dell’ausiliaria, onde evitare avvalimenti meramente astratti o cartolari, vale a dire potenzialmente ingannevoli” (così C.d.S., Sez. V, 14 febbraio 2018, n. 953)

Dunque, l’avvalimento tecnico o operativo ha ad oggetto requisiti diversi rispetto a quelli di capacità economico-finanziaria e in specie i requisiti di capacità tecnico-professionale, inclusa la dotazione di personale dell’ausiliaria (C.d.S., Sez. V, 5 aprile 2019, n. 2243 e 2 agosto 2018, n. 4775; Sez. III, 5 marzo 2018, n. 1339). Ciò, peraltro con l’avviso che qualora la lex specialis di gara intenda il fatturato specifico quale espressione della capacità tecnica e non già di solidità economico-finanziaria, e per la dimostrazione di tale requisito si faccia ricorso all’avvalimento, si è in presenza di un avvalimento non di garanzia, ma operativo, il che comporta la necessità da parte dell’ausiliaria di una concreta ed adeguata messa a disposizione di risorse determinate, affinché il suo impegno possa dirsi effettivo (C.d.S., Sez. III, 9 marzo 2020, n. 1704; Sez. V, 19 luglio 2018, n. 4396).

Orbene, andando ad applicare le suesposte coordinate giurisprudenziali al caso di specie, dalla lettura del contratto di avvalimento stipulato tra la KER e la Pellicano (v. l’all. 2 depositato il 30 novembre 2020 dall’appellante) si ricava che ci si trova alla presenza di un avvalimento operativo e non già di garanzia, atteso che il contratto contiene un esplicito riferimento, nel testo, alla carenza in capo alla mandante KER non solo dei requisiti di capacità economica e finanziaria, ma anche dei requisiti di capacità tecniche e professionali.

Si legge, infatti, nelle premesse del contratto de quo che la KER è “carente in parte” dei requisiti: 1) di capacità economico-finanziaria, sotto i profili del possesso di un fatturato globale negli ultimi tre esercizi finanziari non inferiore al 60% del valore della concessione e di un fatturato complessivo nel settore oggetto della concessione maturato negli ultimi tre esercizi finanziari, non inferiore al 35% del valore della concessione; 2) dei requisiti di capacità tecniche e professionali, per quanto riguarda “l’esperienza maturata nel servizio oggetto della presente procedura attraverso l’esecuzione negli ultimi tre anni di servizi analoghi a quello oggetto della gara”.

L’affermazione dell’appellante, secondo cui KER sarebbe stata in possesso dei requisiti di esperienza per la partecipazione alla procedura, ma non in possesso del requisito di un fatturato commisurato alla propria quota di servizio, e per questo motivo avrebbe stipulato il contratto di avvalimento con la Cooperativa Pellicano, è, dunque, contraddetta dal testo stesso del contratto, dove – come ora visto – KER afferma di essere priva del suddetto requisito esperenziale.

Del pari, risulta contraddetta dalla mera lettura del contratto di avvalimento l’ulteriore affermazione dell’appellante, per la quale il contratto in discorso sarebbe “chiaramente strumentale all’avvalimento dei requisiti di capacità economica e finanziaria”, in particolare del fatturato globale e complessivo, mentre il requisito della capacità tecnica e professionale relativo all’esperienza maturata sarebbe una “voce inserita per mero tuziorismo”.

In disparte, infatti, la circostanza che non si capiscono le ragioni del ricorso a un simile “tuziorismo”, resta fermo che, se davvero le parti del contratto di avvalimento avessero inteso limitarne l’oggetto al requisito di capacità economico-finanziaria, non solamente tale limitazione avrebbe dovuto essere esplicitata, ma neppure sarebbe stato necessario inserire nel testo del contratto il generico riferimento (che come si vedrà subito infra è del tutto insufficiente) alla messa a disposizione di “tutte le risorse” da parte dell’ausiliaria Pellicano in favore dell’ausiliata KER.

La messa a disposizione del requisito di esperienza, invero, non può essere unicamente cartolare, ma deve avere lo stigma dell’effettività. Essa, come sottolineato dalla recente giurisprudenza, comporta che il relativo contratto preveda “i modi – che possono essere diversi, a seconda delle circostanze, dall’affitto d’azienda alla messa a disposizione della dirigenza tecnica, ovvero alla predisposizione di un programma di formazione del personale o altro elemento comunque valutabile dalla stazione appaltante – perché l’esperienza dell'impresa ausiliaria si possa considerare effettivamente trasferita all’impresa ausiliata” (C.d.S., Sez. V, 23 febbraio 2015, n. 864; v. pure Sez. V, n. 4396/2018, cit., e Sez. III, 5 luglio 2017, n. 3328).

In conclusione, quello stipulato tra la KER e la Pellicano era un avvalimento operativo: per l’effetto, esso implicava l’esigenza della messa a disposizione da parte della citata ausiliaria in modo specifico di risorse determinate, con la conseguenza che il contratto avrebbe dovuto indicare con precisione gli strumenti, i mezzi, il personale, ecc., tramite cui la Pellicano avrebbe “prestato” alla KER il requisito di esperienza necessario per l’esecuzione dell’appalto.

Nulla di tutto ciò si rinviene, tuttavia, nelle clausole contrattuali, che recano il generico impegno della Pellicano a mettere a disposizione di KER, ai fini della partecipazione alla gara e per l’esecuzione dei relativi servizi, “tutte le risorse, nessuna esclusa, ivi comprese le strutture operative, il personale qualificato, le tecniche operative ed i mezzi organizzativi correlati alla propria attività, insomma il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che hanno consentito l’acquisizione del requisito de quo, oggetto di avvalimento”.

Ne segue che, come affermato dal primo giudice con motivazione che questo Collegio reputa corretta e da condividere in toto, il contratto di avvalimento era nullo ai sensi dell’art. 89, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016, che, come già si è visto, sanziona con la nullità l’omessa specificazione, nel contratto, dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria.

Come rilevato dal T.A.R, l’indicazione puntuale dei mezzi, del personale, del know-how, della prassi aziendale, ecc., risulta indispensabile per rendere determinato l’impegno dell’impresa ausiliaria nei confronti della stazione appaltante e della ditta ausiliata, a pena di nullità strutturale del contratto ex artt. 1418, secondo comma, e 1346 c.c. per indeterminatezza del suo oggetto (cfr. C.d.S., Sez. V, n. 2243/2019, cit.): invece, il contratto stipulato tra la KER e la Pellicano non contiene, neppure in sede separata, l’elencazione delle risorse specifiche offerte in ausilio, limitandosi ad una formula di stile, priva di consistenza e tale da rendere l’avvalimento stesso meramente cartolare.

La sentenza impugnata deve essere condivisa anche lì dove osserva che:

- a nulla vale obiettare che il modello di avvalimento utilizzato dalla concorrente sarebbe conforme a quello predisposto dalla stazione appaltante nella legge di gara, non dovendosi fare confusione tra la dichiarazione di avvalimento (dichiarazione di scienza con cui l’operatore economico comunica alla stazione appaltante che intende ricorrere all’avvalimento) e il contratto di avvalimento, che regola i rapporti interni tra ausiliaria ed ausiliata e che deve, perciò, rispondere ai requisiti dettati dall’art. 89 del d.lgs. n. 50/2016;

- non vale a sostegno dell’A.T.I. Quadrifoglio la doglianza della mancata attivazione, da parte della stazione appaltante, del cd. soccorso istruttorio per ovviare alla nullità del contratto di avvalimento stipulato tra la KER e la Pellicano.

Su quest’ultimo punto, infatti, va richiamato l’indirizzo giurisprudenziale, per il quale le lacune del contratto di avvalimento, tali da determinarne la nullità, non possono essere colmate con il soccorso istruttorio, dovendo il predetto contratto, necessario per consentire al concorrente di partecipare alla gara, essere valido sin da principio, con conseguente impossibilità di apportarvi integrazioni postume (C.d.S., Sez. V, 30 marzo 2017, n. 1456; Sez. III, 29 gennaio 2016, n. 346, 17 dicembre 2015, n. 5703 e 22 gennaio 2014, n. 294).

Invero, non può consentirsi alla stazione appaltante, in violazione della par condicio, di supplire al requisito indispensabile della determinatezza del contratto di avvalimento mediante il cd. soccorso istruttorio, che è un istituto volto solo a chiarire e a completare dichiarazioni o documenti comunque esistenti ed efficaci e non è, quindi, applicabile quando, in sede di gara, si sia accertata la sostanziale carenza di un requisito essenziale per la partecipazione (v. C.d.S., Sez. III, 19 giugno 2017, n. 2985; Sez. V, 27 luglio 2016, n. 3396 e 28 settembre 2015, n. 4507): ciò, anche perché l’istituto in discorso, se riferito al contenuto ed all’oggetto del contratto di avvalimento, non sarebbe più diretto a colmare unicamente una carenza degli elementi dimostrativi dell’esistenza e del possesso del requisito, ma finirebbe con l’essere strumentale alla formazione del titolo contrattuale da cui vorrebbe derivare il possesso del requisito, titolo del quale verrebbe consentita la formazione ex post e su impulso della stazione appaltante.

Come osserva infatti il primo giudice, l’indeterminatezza dell’oggetto del contratto di avvalimento si traduce nel sostanziale difetto di un requisito essenziale per la partecipazione e non è soltanto una carenza degli elementi dimostrativi dell’esistenza del requisito (carenza per colmare la quale si può ricorrere al cd. soccorso istruttorio).

Una volta accertata, per tutto quanto detto sopra, la nullità del contratto di avvalimento stipulato tra la KER e la Pellicano, ne discende che la stazione appaltante avrebbe dovuto estromettere dalla gara l’A.T.I. Quadrifoglio, non potendo trovare applicazione neppure il principio del favor participationis, che non può comportare l’alterazione del bilanciamento fra detto principio e quello della par condicio tra i concorrenti (C.d.S., Sez. V, 13 settembre 2016, n. 3854).

Ciò comporta l’illegittimità dell’atto di ammissione alla gara della predetta A.T.I., come giustamente rilevato dalla sentenza appellata, la quale, in accoglimento del ricorso incidentale proposto da O.S.A., ha annullato l’ammissione stessa.

Di qui, in conclusione, l’infondatezza del primo motivo di appello.

Parimenti infondato è poi il secondo motivo dell’appello, a mezzo del quale la Quadrifoglio si duole della mancata esclusione dalla gara di O.S.A. e censura la pronuncia di prime cure, che non ha accolto le doglianze formulate sul punto nel ricorso principale innanzi al T.A.R..

In primo luogo, infatti, l’appellante lamenta che l’aggiudicataria avrebbe proceduto ad una modifica postuma della propria offerta economica, che le sarebbe stata consentita dalla stazione appaltante, la quale avrebbe utilizzato a tal fine, addirittura per ben due volte, il rimedio del cd. soccorso istruttorio: il tutto, in violazione dei principi di immodificabilità dell’offerta e di par condicio, che stabiliscono i limiti entro cui è possibile esperire il rimedio in questione.

La doglianza non può essere condivisa, poiché la documentazione in atti dimostra che quella in cui è incorsa l’aggiudicataria O.S.A. è stata una mera svista materiale nella compilazione della sua offerta economica, come tale suscettibile – legittimamente – di correzione.

Invero, nella propria offerta economica (all. 19 all’appello) O.S.A. ha indicato quale costo totale della manodopera, per i tre anni di durata della concessione, la somma di € 4.188.983,36.

Una volta formata la graduatoria, poiché le offerte delle prime due classificate risultavano anomale, la stazione appaltante ha provveduto a richiedere alla (sola) prima classificata O.S.A. giustificazioni sulla sua offerta economica, finalizzate a dimostrare la concreta tenuta dell’ipotesi progettuale da essa presentata.

Non si è trattato, quindi, – come adombra l’appellante – di un primo ricorso al cd. soccorso istruttorio in favore di O.S.A., bensì dell’attivazione nei confronti di questa, ad opera della stazione appaltante, del sub-procedimento di verifica dell’anomalia ex art. 97 del d.lgs. n. 50/2016.

In riscontro alla richiesta, O.S.A. ha trasmesso giustificazioni assai puntuali con nota del 5 novembre 2019 (all. 20 all’appello), in cui ha precisato:

- che l’importo del costo della manodopera per la durata della concessione era pari ad € 3.179.392,99, specificando analiticamente, anche attraverso apposite tabelle, i calcoli mediante i quali si perveniva a una simile cifra;

- che l’importo dei costi di gestione e produzione del servizio, sempre per la durata della concessione, era di € 988.140,37. Anche per questa voce è stato fornito un calcolo analitico, attraverso un’apposita tabella in cui essa è stata scomposta in tutte le relative sotto-voci;

- che l’importo degli oneri per la sicurezza era pari ad € 21.450,00;

- che, pertanto, l’importo di € 4.188.983,36 corrispondeva al totale dei costi della concessione.

La stazione appaltante, rilevate le suesposte discrasie (costi della manodopera indicati nell’offerta in € 4.188.983,36, nei giustificativi in € 3.179.392,99; € 4.188.983,36 indicati nei giustificativi come la sommatoria dei costi della concessione, e non della sola manodopera), a questo punto ha chiesto dei chiarimenti alla società: chiarimenti che O.S.A. ha fornito, confermando l’esattezza dei dati contenuti nelle precedenti giustificazioni e sottolineando come quello contenuto nell’offerta economica fosse un mero errore materiale (all. 21 all’appello).

La tesi della svista redazionale, avente natura di mero errore materiale, è stata accolta dal T.A.R. ed è condivisa da questo Collegio, per le ragioni di seguito esposte.

A) I primi giustificativi (nota di O.S.A. del 5 novembre 2019) contengono indicazioni sui costi chiare ed analitiche, recando valori che, nel loro complesso, non subiscono alcuna modificazione.

Infatti, l’importo totale dei costi (€ 4.188.983,36) deriva dalla sommatoria del costo della manodopera (€ 3.179.392,99) con altre voci di costo (e in specie: con i costi di produzione e gestione del servizio, pari ad € 988.140,37, e con gli oneri per la sicurezza, pari ad € 21.450,00).

Ma, allora, per “far quadrare i conti”, cioè per mantenere immutata la cifra di € 4.188.983,36 da essa indicata in offerta, O.S.A. avrebbe dovuto procedere a rimodulare non solo il costo della manodopera (come afferma la Quadrifoglio), ma anche le ulteriori voci attinenti, appunto, ai costi di produzione e gestione del servizio e agli oneri della sicurezza: della rimodulazione di tali altre voci, tuttavia, non vi è alcuna prova e, per vero, l’appellante neppure la allega.

Per di più, si tratta di un’operazione che è arduo ipotizzare che sia realmente accaduta, ove si consideri l’estrema analiticità delle sotto-voci che compongono l’importo di € 988.140,37, indicato a titolo di costi di produzione e gestione del servizio: non è, dunque, verosimile pensare a una rimodulazione di dette sotto-voci, tale da lasciare intatta “al centesimo” la voce di costo complessiva.

Per quanto riguarda, poi, gli oneri della sicurezza vi è la prova contraria alla loro rimodulazione, dal momento che questi sono stati indicati in € 21.450,00 sia nell’offerta economica, sia nei giustificativi trasmessi dall’aggiudicataria.

B) L’offerta economica di O.S.A. è rimasta invariata, atteso che l’unica parte di essa in cui si poteva fare il gioco concorrenziale era il ribasso sulla sovvenzione annua a carico del Comune (cfr. infra) e, per questo verso, non vi è stata nessuna variazione nel ribasso proposto dalla società, che è rimasto del 100% (id est: con sovvenzione annua ridotta a zero).

C) Come giustamente rilevato dal primo giudice, che si trattasse di mero errore materiale emergeva con chiarezza dalla circostanza che, mantenendo fermi gli importi indicati in offerta, O.S.A. si sarebbe impegnata a gestire il servizio in perdita, laddove, invece, nei giustificativi la società ha dimostrato l’esistenza di un ampio avanzo di gestione.

Infatti, il valore totale della concessione era stimato dalla legge di gara (art. 3 del bando/disciplinare di gara e art. 19 del capitolato: v. all.ti 4 e 5 al ricorso di primo grado) in € 4.761.687,09 nel triennio, di cui € 4.504.544,25 da corrispondersi dagli utenti e dalla A.S.L. ed € 257.142,84 come sovvenzione a carico del Comune (€ 85.714,28 per ciascun anno).

Orbene, essendo l’importo di € 4.188.983,36 corrispondente alla sommatoria totale dei costi (e non ai soli costi della manodopera) ed avendo O.S.A. proposto un ribasso del 100% sulla sovvenzione a carico del Comune di Ostuni, che veniva così azzerata, il margine di avanzo per la concorrente è pari ad € 315.680,89 (= € 4.761.687,09 – 4.188.983,36 – 257.142,84).

Da quanto esposto discende che quello in cui è incorso l’aggiudicataria nel formulare la sua offerta economica è un errore materiale percepibile e rilevabile ictu oculi dal contesto stesso dell’atto e senza bisogno di complesse indagini ricostruttive di una volontà agevolmente individuabile e chiaramente riconoscibile da chiunque, che pertanto, proprio in ragione di tali sue caratteristiche, era emendabile (cfr. C.d.S., Sez. III, 20 marzo 2020, n. 1998; Sez. V, 11 gennaio 2018, n. 113 e 5 novembre 2014, n. 5468; Sez. VI, 2 marzo 2017, n. 978). “D’altra parte, è principio consolidato che le offerte, intese come atto negoziale, devono essere interpretate al fine di ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità o gli errori di scritturazione e di calcolo, a condizione di giungere ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale assunto (ex multis, Cons. Stato, sez. V, n. 2082/2015; Id., sez. III, n. 5196/2014 e n. 1998/2020)” (così C.d.S., Sez. III, 28 ottobre 2020, n. 6610).

Legittimamente, perciò, nel caso di specie la stazione appaltante ha consentito che fosse emendata la svista contenuta nell’offerta di O.S.A., né è ravvisabile un uso illegittimo, a tal fine, del rimedio del cd. soccorso istruttorio e ciò tanto più che è manifestamente erroneo sostenere – come fa l’appellante – che detto rimedio sia stato attivato addirittura due volte, visto che quantomeno la prima richiesta di chiarimenti rivolta ad O.S.A. attiene non al “soccorso istruttorio”, ma al sub-procedimento di verifica dell’anomalia.

Come eccepito dall’aggiudicataria, inoltre, la stazione appaltante ha esperito non già un vero e proprio “soccorso istruttorio”, che presuppone la regolarizzazione di una carenza da colmare, ma una rettifica dell’errore materiale (cfr. C.d.S., Sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 854), diversa dal “soccorso istruttorio” sotto i profili sia concettuale che procedimentale.

Di qui, in definitiva, l’infondatezza della censura ora analizzata.

In secondo luogo, l’appellante si duole dell’insostenibilità dell’offerta economica di O.S.A., ma tale doglianza, anche sulla base di quanto esposto sopra, si rivela priva di pregio, avendo l’aggiudicataria dimostrato l’esistenza di un avanzo di gestione derivante dalla propria offerta.

Al riguardo, oltre a ciò che si è detto poc’anzi al punto C) in ordine all’esistenza di un avanzo totale nel triennio pari ad € 315.680,89, mette conto aggiungere:

- che i calcoli dell’appellante sono palesemente fuorviati dall’avere essa assunto a presupposto la cifra di € 4.188.983,36 come relativa al solo costo della manodopera, di tal ché, sommandovi l’importo di € 988.140,37 per i costi di gestione e produzione del servizio dichiarati da O.S.A., la Quadrifoglio giunge ad un costo totale di € 5.177.123,73, che dimostrerebbe come l’offerta dell’aggiudicataria sia in perdita. Ma è evidente l’equivoco in cui incorre l’appellante;

- che di nessuna rilevanza è il fatto che nella sentenza appellata sia contenuto un refuso, lì dove questa indica il costo della manodopera in “3.17.92,99 euro”, trattandosi di un refuso, peraltro chiaramente riconoscibile, che non incide né sulla sostanziale giustezza dell’iter argomentativo del primo giudice, né sull’esistenza di un avanzo di gestione nell’offerta dell’aggiudicataria.

Da ultimo, l’appellante reitera la censura di incongruità e insostenibilità dell’offerta di O.S.A. a causa della presunta inosservanza del Regolamento Regionale n. 4/2007.

Si tratta, tuttavia, di censura che il T.A.R. ha esplicitamente dichiarato inammissibile, perché proposta per la prima volta con semplice memoria, senza l’osservanza delle forme previste per la proposizione del ricorso per motivi aggiunti “proprio” ex art. 43 c.p.a.: e nell’appello nulla si dice per contrastare siffatta statuizione.

A ben vedere, anzi, l’appellante ammette di avere “specificato” in sede di memoria difensiva i rilievi di inosservanza da parte di O.S.A. del Regolamento Regionale n. 4/2007, ma è palese l’inidoneità di una simile argomentazione a superare la statuizione di inammissibilità della censura emessa dal primo giudice per la sua irrituale proposizione con semplice memoria.

Si ricorda, infatti, sul punto che “nel processo amministrativo sono inammissibili le censure dedotte in memoria non notificata alla controparte sia nell’ipotesi in cui risultino completamente nuove e non ricollegabili ad argomentazioni espresse nel ricorso introduttivo sia quando, pur richiamandosi ad un motivo già ritualmente dedotto, introducano elementi sostanzialmente nuovi o in origine non indicati, con conseguente violazione del termine decadenziale e del principio del contraddittorio, essendo affidato alla memoria difensiva il solo compito di una mera illustrazione esplicativa dei precedenti motivi di gravame senza possibilità di ampliare il thema decidendum” (C.d.S., Sez. III, 9 luglio 2014, n. 3493; Sez. V, 24 ottobre 2013, n. 5156; Sez. IV, 26 marzo 2013, n. 1715).

Se ne evince, in conclusione, che il secondo motivo di appello è complessivamente infondato, essendo prive di fondamento tutte le varie censure in cui esso si articola.

Venendo al terzo motivo di appello, con lo stesso la Quadrifoglio censura la sentenza di prime cure per non avere questa accolto la doglianza del ricorso principale volta a far valere l’indeterminatezza dell’offerta sia dell’aggiudicataria, sia del Consorzio secondo classificato.

In particolare, tanto O.S.A. quanto il Consorzio OPUS hanno offerto un ribasso del 100% sul canone annuo a carico del Comune di Ostuni, che – sostiene l’appellante – avrebbe eroso tutti i costi indiretti, compresi gli oneri di sicurezza di cui all’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016 relativi alla quota di servizi connessi alla sovvenzione comunale. A nulla varrebbe, perciò, che i riferiti oneri siano stati quantificati espressamente nell’offerta economica, poiché essi non potrebbero essere concretamente congrui rispetto all’importo offerto, stante l’espressa indicazione della quota di ribasso nella misura del 100%.

Infatti la legge di gara (art. 16.d del bando/disciplinare di gara, cfr. all. 4 al ricorso di primo grado) avrebbe richiesto in modo espresso che il prezzo derivante dall’applicazione del ribasso offerto fosse comprensivo di tutti gli oneri e le spese che l’operatore economico deve sostenere, dunque – afferma la Quadrifoglio – anche degli oneri di cui all’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016. Da ciò sarebbe derivato che detti oneri avrebbero dovuto essere necessariamente indicati e quantificati separatamente rispetto a quelli dell’importo generale della concessione.

Un ribasso del 100% della sovvenzione a carico del Comune, comportandone l’azzeramento, sarebbe dunque incompatibile con qualunque indicazione dei costi della manodopera e degli oneri aziendali riguardanti la sicurezza sul lavoro, anche se della sola quota beneficiata dalla sovvenzione comunale: detti oneri, infatti, essendo ricompresi nella percentuale del ribasso (100%) sarebbero a propria volta azzerati.

Il motivo non è suscettibile di positivo apprezzamento.

Al riguardo occorre premettere che il ribasso del canone o sovvenzione annua a carico del Comune di Ostuni era il solo elemento sul quale si poteva indirizzare il ribasso dei concorrenti, trattandosi del parametro economico nella disponibilità del Comune.

Ciò premesso, in nessuna parte dell’offerta economica né dell’aggiudicataria, né del Consorzio OPUS si rinvengono elementi tali da supportare la doglianza dell’appellante, secondo cui l’azzeramento del canone dovuto dal Comune, offerto da ambedue i concorrenti, avrebbe comportato l’azzeramento, nel contempo, della quota-parte di oneri per la sicurezza.

In realtà, leggendo l’offerta economica di O.S.A. e quella del Consorzio (all.ti 19 e 24 dell’appello) si nota che in entrambe gli oneri di sicurezza aziendali sono specificamente indicati (rispettivamente in € 21.450,00 e in € 70.000,00). Per quanto riguarda l’aggiudicataria, tale indicazione resta immutata nei giustificativi di cui alla sua missiva del 5 novembre 2019.

Non vi sono elementi per affermare, dunque, che il ribasso del 100% proposto da O.S.A. e quello di pari entità proposto dal Consorzio OPUS abbiano interessato, oltre al canone, anche – in parte qua – gli oneri della sicurezza. Come osservato dal T.A.R. in relazione alla posizione dell’aggiudicataria – ma il ragionamento vale altresì per il Consorzio – l’indicazione nell’offerta economica di un ribasso del 100% ha operato sull’unica voce suscettibile di ribasso (il canone dovuto dal Comune), tenendo fermi i costi degli oneri di sicurezza, sottratti ex lege a riduzione.

Del resto, nota giustamente la difesa dell’aggiudicataria, il ribasso offerto aveva ad oggetto una voce di entrata per il concorrente, mentre gli oneri della sicurezza consistono in una voce di costo, che va esplicitata al fine di consentire alla P.A. di verificare che il minore introito, che l’offerente si vincola a sopportare, non sia proposto a detrimento degli irrinunciabili oneri di sicurezza (oltre che dei livelli retributivi minimi della manodopera).

Sia O.S.A., sia il Consorzio hanno offerto di coprire il costo del servizio in concessione, ivi compresi gli oneri per la sicurezza dei lavoratori, per intero e unicamente mediante le entrate garantite dalle tariffe regionali, assumendo in pieno il rischio operativo di gestione: la verifica della sostenibilità di una copertura del genere è stata effettuata, con riguardo all’offerta di O.S.A., dalla stazione appaltante in sede di sub-procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.

Ne segue, per tutte le suesposte considerazioni, l’infondatezza del motivo d’appello ora esaminato – il terzo – nonché del quarto motivo, nella parte in cui con esso la Quadrifoglio cerca di dimostrare che anche il ribasso sul canone offerto dal Consorzio OPUS, essendo del 100%, avrebbe comportato l’azzeramento pro quota degli oneri della sicurezza.

Accertata l’infondatezza di tutti i motivi con i quali l’appellante ha inteso ottenere l’esclusione dalla gara dell’offerta dell’aggiudicataria, non residua più alcun interesse all’esame delle censure mediante cui la Quadrifoglio si duole della mancata estromissione dalla procedura del Consorzio OPUS: questo si è, infatti, classificato al secondo posto in graduatoria e quindi, anche se la sua offerta fosse rimossa dalla graduatoria, l’A.T.I. Quadrifoglio non riuscirebbe ad innalzarsi al primo posto, ma resterebbe comunque dietro ad O.S.A., non ottenendo il bene della vita a cui aspirava (l’affidamento del servizio in concessione per tre anni).

Ciò spiega perché la sentenza appellata non ha esaminato nel merito le predette censure, circostanza di cui l’appellante si duole: ma la doglianza, per quanto ora detto, è priva di pregio. Anzi, il fatto che, una volta divenuta intangibile la posizione dell’aggiudicataria, non residui più alcun interesse in capo all’appellante a sopravanzare il Consorzio, comporta la declaratoria di inammissibilità dei seguenti motivi dell’appello:

- del quarto motivo, nella parte di esso con cui si lamenta che il Consorzio OPUS avrebbe utilizzato un modello di offerta economica diverso da quello che la stazione appaltante ha messo a disposizione delle ditte concorrenti, ovvero modificato;

- del quinto motivo, in toto (omessa dichiarazione, da parte del Consorzio, della mancanza di cause di esclusione in capo al revisore contabile unico della Cooperativa Sociale “San Riccardo Pampuri”, consorziata esecutrice; carenza in capo al Consorzio OPUS delle caratteristiche del consorzio stabile; omessa dimostrazione, ad opera del Consorzio, dei requisiti economico-finanziari dichiarati all’atto della partecipazione; divieto di cumulo del fatturato con quello della consorziata esecutrice “San Riccardo Pampuri”; assenza dei requisiti di idoneità professionale in capo alla consorziata esecutrice “San Riccardo Pampuri”).

Rimangono a questo punto da esaminare il sesto, il settimo e l’ottavo motivo dell’appello, con i quali la Quadrifoglio fa valere l’interesse strumentale all’annullamento dell’intera procedura di gara, ai fini della sua rinnovazione.

Anzitutto, è privo di fondamento il sesto motivo dell’appello.

Con detto motivo, invero, la Quadrifoglio censura la sentenza appellata per non avere essa accolto la doglianza relativa all’illegittimità dell’intera procedura di gara, in dipendenza dall’illegittimità della clausola della lex specialis che reca l’assegnazione fino ad un massimo di 20 punti per il ribasso sul canone dovuto dal Comune.

Tale clausola (art. 13.2 del bando/disciplinare di gara) avrebbe – ad avviso dell’appellante – premiato in modo manifestamente illogico, contraddittorio e sproporzionato l’offerta economica su una parte minoritaria del contratto, soggetta al ribasso (per un importo totale nel triennio di € 257.142,84), in luogo di premiare l’offerta economica complessiva su tutto l’importo oggetto di concessione (pari ad € 4.761.687,09 per i tre anni).

Aggiunge l’appellante che il primo giudice avrebbe errato nel considerare irrilevante che, a causa del meccanismo di attribuzione dei punteggi, la stazione appaltante non sia riuscita neppure al momento dell’aggiudicazione ad individuare il valore economico dell’offerta dell’aggiudicataria.

Il T.A.R. non avrebbe nemmeno rilevato che la mancata indicazione, nell’aggiudicazione, del prezzo offerto da O.S.A. per la gestione triennale del Centro Anziani “Pinto” rappresenterebbe un autonomo vizio di illegittimità del provvedimento, per effetto della completa indeterminatezza del valore del vincolo precontrattuale della società: ciò, poiché secondo la sentenza appellata basterebbe che la lex specialis abbia consentito il confronto competitivo tra gli operatori.

Ma – obietta la Quadrifoglio – in realtà non vi sarebbe stato un effettivo confronto competitivo serio e gestito consapevolmente dalla stazione appaltante, visto che questa neppure sarebbe stata in grado di conoscere il reale valore economico dell’offerta del concorrente poi divenuto aggiudicatario (come dimostrerebbe la circostanza che il provvedimento di aggiudicazione non indica il prezzo offerto da O.S.A. per la gestione triennale del Centro Anziani).

Il Collegio non condivide, in primo luogo, la censura mossa avverso la clausola della lex specialis di gara che ha previsto l’attribuzione di un massimo di 20 punti per il ribasso sulla sovvenzione annua posta a carico del Comune di Ostuni.

Al riguardo va preliminarmente richiamato l’insegnamento della giurisprudenza consolidata, secondo il quale “rientra nel potere della p.a. la determinazione dell’esatto contenuto di un bando di gara e delle relative clausole in modo da conseguire l’interesse pubblico affidato alle sue cure; l’esercizio di tale potere costituisce infatti manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa che non è sindacabile in sede di legittimità, salvo che essa non sia macroscopicamente viziata da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza o irrazionalità” (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 9 aprile 2010, n. 1999). In particolare, la stazione appaltante ha una piena discrezionalità nella determinazione dei requisiti di ammissione alla gara e dei criteri di valutazione delle offerte, sindacabili in sede giurisdizionale solo se manifestamente illogici, irragionevoli o sproporzionati (C.d.S., Sez. III, 1° febbraio 2019, n. 799; 17 gennaio 2018, n. 279).

Ebbene, nel caso di specie non si ravvisa alcuna manifesta illogicità, irragionevolezza o sproporzione nella clausola della lex specialis attributiva del punteggio contestato, atteso che – come già si è avuto modo di sottolineare e come ha rimarcato anche il primo giudice – il canone annuo da corrispondersi dal Comune di Ostuni era l’unica parte dell’offerta economica nella disponibilità del citato Comune: la sola parte, cioè, sulla quale poteva svolgersi, come in effetti si è svolto, il confronto concorrenziale tra gli operatori partecipanti alla gara.

Era invero, di palmare evidenza l’interesse del Comune di Ostuni di premiare il migliore ribasso sulla sovvenzione annua a suo carico, nell’ottica – sottolinea l’aggiudicataria – della massimizzazione del risparmio dell’erario locale. Di qui l’infondatezza della censura, a nulla valendo che la competizione si sia svolta (rectius: abbia potuto avere luogo) su una porzione ridotta del valore economico della concessione.

Per quanto riguarda, poi, le ulteriori censure, il Collegio ritiene che le stesse siano infondate in fatto, in quanto il valore economico complessivo dell’offerta dell’aggiudicataria è quello che emerge dalla lettura dell’offerta stessa e dei giustificativi, come prima rammentato.

In particolare, O.S.A., di fronte ad un importo della concessione indicato dalla lex specialis di gara in € 4.761.687,09, ha previsto un costo totale della concessione di € 4.188.983,36, oltre € 257.142,84 per effetto del ribasso del 100% sul canone ad essa spettante, per un avanzo di gestione residuo pari ad € 315.680,89. Ha previsto, inoltre, di far fronte a detto importo (costo totale della concessione + ribasso sul canone + avanzo di gestione) esclusivamente mediante le entrate delle rette garantite dalle tariffe regionali, assumendosi, come già detto, il rischio operativo di gestione.

Venendo ora al settimo motivo dell’appello, con lo stesso la Quadrifoglio lamenta che la sentenza di prime cure ha dichiarato la tardività e l’infondatezza del motivo del ricorso di primo grado avente ad oggetto l’illegittimità della lex specialis per indeterminatezza ed oscurità.

Nello specifico, con detto motivo le ricorrenti principali avevano dedotto come la legge di gara non consentisse di comprendere con chiarezza se la sovvenzione di € 257.142,84 a carico del Comune di Ostuni (soggetta a ribasso) fosse o meno compresa nel valore complessivo della concessione pari ad € 4.761.687,09.

Il T.A.R. ha ritenuto che le asserite oscurità ed ambiguità della clausola della lex specialis avrebbero imposto la sua immediata impugnazione entro il termine decadenziale di cui all’art. 120, comma 5, primo periodo, c.p.a..

Il primo giudice ha rilevato, in ogni caso, l’infondatezza nel merito della doglianza, essendo il tenore della lex specialis, sul punto, chiaro ed inequivocabile.

L’appellante contesta le motivazioni della sentenza, sostenendo:

- quanto alla tardività dell’impugnazione, che nel caso di specie non ci si troverebbe dinanzi ad una clausola soggetta all’onere dell’immediata impugnazione, non comportando essa alcuna impossibilità di effettuare il calcolo di convenienza tecnica ed economica per la partecipazione alla gara, tanto che l’A.T.I. Quadrifoglio, pur in presenza della riferita clausola ambigua e difficilmente intellegibile, ha comunque presentato la propria offerta;

- con riguardo al merito della censura, che il T.A.R. non avrebbe risposto al quesito se il ribasso e/o il rialzo riguardi o meno il prezzo complessivo della concessione di € 4.761.687,09. La conferma che su questo punto la legge di gara avrebbe ingenerato incertezza tra i concorrenti, e sarebbe per questa ragione illegittima, si riscontrerebbe nel fatto che, fermo il ribasso operato da tutti i concorrenti sulla sovvenzione a carico del Comune, sarebbero intervenute sul prezzo complessivo della concessione offerte molto discordanti tra di loro (sia a rialzo che a ribasso).

La doglianza è priva di pregio.

L’art. 3 del bando/disciplinare di gara è chiaro ed inequivocabile nello stabilire che il valore stimato della concessione è pari ad € 4.761.687,09, discendente dalla sommatoria di € 4.504.544,25 (importo proveniente da utenti e quota A.S.L.) ed € 257.142,84 (id est l’importo triennale del canone a carico del Comune, pari ogni anno ad € 85.714,28).

Il citato art. 3 è altresì chiaro e inequivoco nel precisare che “oggetto del ribasso di gara” è la somma di € 85.714,28 che il Comune di Ostuni si impegna a corrispondere a titolo di sovvenzione annua. La previsione è ripetuta nella relativa tabella contenuta nell’art. 3, ove si legge che l’importo annuo di € 85.714,28 a carico del Comune è “al lordo del ribasso eventuale di gara”.

Dette previsioni sono poi presenti, in termini identici, nell’art. 19 del capitolato.

Dalle ora viste clausole della lex specialis emerge dunque con nettezza:

a) che l’importo di € 257.142,84, previsto quale sovvenzione triennale corrisposta al concessionario dal Comune di Ostuni, è ricompreso nel valore totale stimato della concessione (che la legge di gara indica in € 4.761.687,09);

b) che il ribasso è ammesso su detta sovvenzione, il che, del resto, ben si spiega per essere la stessa – come già più volte sottolineato – la sola parte dell’offerta economica nella disponibilità del Comune, mentre la fissazione delle tariffe delle rette è demandata alla Regione.

Il tenore chiaro ed inequivocabile delle clausole della legge di gara dimostra l’infondatezza nel merito della doglianza ora esaminata, il che consente, in ossequio al già ricordato criterio della “ragione più liquida”, di prescindere dalla questione di rito se dette clausole fossero o meno sottoposte all’onere dell’immediata impugnazione.

Da ultimo, con l’ottavo motivo dell’appello la Quadrifoglio contesta che la sentenza impugnata abbia dichiarato la tardività della censura di illegittimità rivolta contro la “clausola sociale” posta dall’art. 8 della lex specialis di gara.

In particolare, il T.A.R. ha ritenuto anche con riguardo a tale clausola che si trattasse di previsione da impugnare immediatamente, rientrando essa tra le previsioni immediatamente escludenti, secondo la classificazione di queste operata dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con decisione n. 4 del 26 aprile 2018.

Il primo giudice ha affermato in particolare, che la “clausola sociale”, pur non precludendo in modo automatico la partecipazione, è in grado di rendere “il rapporto contrattuale eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente” e di impedire così all’operatore economico di formulare un’offerta che possa essere accettata.

La Quadrifoglio contesta le conclusioni del T.A.R., richiamando l’indirizzo giurisprudenziale per il quale non ha effetto immediatamente escludente l’impegno previsto nella lex specialis di riassunzione di tutti i lavoratori, trattandosi di una prescrizione di limitato impatto economico, la quale consente la posticipazione del momento lesivo all’effettiva esclusione.

Ripropone poi nel merito le argomentazioni già formulate in primo grado a supporto della doglianza di illegittimità della medesima clausola. In particolare, lamenta che la lex specialis avrebbe previsto obblighi di assunzione necessariamente vincolati anche al livello retributivo e quindi al monte orario, e che proprio per tal ragione la clausola sarebbe illegittima, in quanto contraria ai principi di libertà dell’iniziativa economica dell’imprenditore.

Senonché, sono proprio le argomentazioni esposte dall’appellante a sostegno della sua doglianza a dare la prova che, quantomeno nel caso ora in esame, la “clausola sociale” era compresa tra quelle immediatamente escludenti, comportando essa – secondo la prospettazione della stessa appellante e come giustamente evidenziato dal T.A.R. – il rischio dell’instaurazione di un rapporto eccessivamente oneroso e obiettivamente non conveniente per l’operatore economico.

La clausola presentava poi un secondo profilo di criticità, tale da renderne necessaria l’impugnazione immediata in base all’insegnamento dell’Adunanza Plenaria n. 4/2018, essendo essa di ostacolo alla formulazione di un’offerta economica pienamente consapevole ad opera degli operatori partecipanti alla gara.

Per tutte queste ragioni, quindi, la clausola de qua avrebbe dovuto essere immediatamente impugnata dall’A.T.I., senza attendere l’esito della gara: il che, però, non è avvenuto.

Anche l’ottavo e ultimo motivo di appello, in conclusione, è destituito di fondamento.

In definitiva, l’appello è nel suo complesso infondato e da respingere, meritando la sentenza di primo grado di essere integralmente confermata.

Sussistono, comunque, giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese della fase di merito del giudizio di appello, essendo sufficiente la liquidazione compiuta nella fase cautelare con ordinanza n. 4575/2020 cit., che in questa sede si tiene ferma.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Terza (III^), così definitivamente pronunciando sul ricorso in appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa le spese della fase di merito del giudizio, tenendo ferme quelle liquidate con l’ordinanza cautelare n. 4575/2020.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2020.

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

Con la pronuncia in commento, la III Sezione del Consiglio di Stato di sofferma sulla questione relativa alla nullità del contratto di avvalimento per omessa specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria.

Al fine di dirimere la questione controversa, il Collegio ha inteso porre alla base della propria decisione la teoria generale del contratto prevista dal codice civile, rapportandola al procedimento amministrativo di scelta del contraente nelle procedure ad evidenza pubblica.

Come noto, ogni contratto dovrebbe essere sorretto dall’impalcatura fornita dalla contestuale sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 1325 c.c., la cui mancanza è idonea a generare la nullità strutturale dello stesso in virtù dell’art. 1418 c.c.

A tali requisiti non si sottrae, evidentemente, anche l’avvalimento, comunque soggetto alla puntuale applicazione della teoria generale del contratto.

Uno dei punti critici di tale tipo contrattuale è costituito dalla determinatezza o, quanto meno, dalla determinabilità dell’oggetto.

Come sovente accade, l’impresa ausiliaria si impegna a fornire i requisiti di esperienza di volta in volta richiesti dalla lex specialis di gara che costituiscono l’oggetto contrattuale dell’avvalimento. Tuttavia, la messa a disposizione dei requisiti esperienziali non può essere unicamente cartolare, ma deve avere lo stigma dell’effettività. In altri termini, deve avere un oggetto determinato.

Ne deriva che il generico impegno a mettere a disposizione “tutte le risorse, nessuna esclusa, ivi comprese le strutture operative, il personale qualificato, le tecniche operative ed i mezzi organizzativi correlati alla propria attività, insomma il proprio apparato organizzativo in tutte le parti che hanno consentito l’acquisizione del requisito de quo, oggetto di avvalimento” non consente di ritenere soddisfatto il generale criterio di determinatezza dell’oggetto contrattuale come previsto dall’art. 1346 c.c.

Logica conseguenza è il contratto di avvalimento così stipulato sarà affetto da nullità strutturale non solo ai sensi dei delle disposizioni generali previste dal codice civile, ma è altresì nullo ai sensi dell’art. 89, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016, che sanziona con la nullità l’omessa specificazione, nel contratto, dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria.

Ed infatti, l’indicazione puntuale dei mezzi, del personale, del know-how, della prassi aziendale, ecc., risulta indispensabile per rendere determinato l’impegno dell’impresa ausiliaria nei confronti della stazione appaltante e della ditta ausiliata.  

Le conclusioni che precedono, peraltro, sono state assunte dalla giurisprudenza prevalente (cfr. C.d.S., Sez. V, n. 2243/2019), nella quale è ricorrente l’affermazione che, nel caso di avvalimento c.d. “tecnico od operativo”, ovvero avente a oggetto requisiti diversi rispetto a quelli di capacità economico-finanziaria, sussiste sempre l’esigenza di una messa a disposizione in modo specifico di risorse determinate: onde è imposto alle parti di indicare con precisione i mezzi aziendali messi a disposizione dell’ausiliata per eseguire l’appalto (Cons Stato, V, 22 dicembre 2016, n. 5423; 28 febbraio 2018, n. 1216).

In parte diversa è invece la figura dell’avvalimento c.d. “di garanzia”, nel quale l’impresa ausiliaria si limita a mettere a disposizione il suo valore aggiunto in termini di solidità finanziaria e di acclarata esperienza di settore e nel quale non è conseguentemente necessario, in linea di massima, che la dichiarazione negoziale costitutiva dell’impegno contrattuale si riferisca a specifici beni patrimoniali o a indici materiali atti a esprimere una certa e determinata consistenza patrimoniale, ma è sufficiente che dalla ridetta dichiarazione emerga l’impegno contrattuale a prestare e a mettere a disposizione dell’ausiliata la complessiva solidità finanziaria e il patrimonio esperienziale, così garantendo una determinata affidabilità e un concreto supplemento di responsabilità (Cons. Stato, V, 30 ottobre 2017, n. 4973; III, 11 luglio 2017, n. 3422; V, 15 marzo 2016, n. 1032).

Restando, comunque, fermo in ogni caso (Cons. Stato, V, n. 6651/2018) che, anche al di là della tipologia di requisito prestato (capacità economico-finanziaria o capacità tecnico-professionale), va sicuramente esclusa la validità del contratto di avvalimento che applichi formule contrattuali del tutto generiche, ovvero meramente riproduttive del dato normativo o contenenti parafrasi della clausola della lex specialis descrittiva del requisito oggetto dell’avvalimento stesso.

Una siffatta modalità di specificazione delle “risorse” prestate non soddisfa infatti l’obbligo imposto dal Codice dei contratti pubblici, in quanto la stazione appaltante non è messa in grado né di comprendere quali siano gli impegni concretamente assunti dall’ausiliaria nei confronti della concorrente, né di verificare e controllare, in sede di gara e di esecuzione, che la messa a disposizione del requisito non sia meramente cartolare bensì corrisponda a una prestazione effettiva di attività e di mezzi da una impresa all’altra, non dovendosi fare confusione tra la dichiarazione di avvalimento (dichiarazione di scienza con cui l’operatore economico comunica alla stazione appaltante che intende ricorrere all’avvalimento) e il contratto di avvalimento, che regola i rapporti interni tra ausiliaria ed ausiliata e che deve, perciò, rispondere ai requisiti dettati dall’art. 89 del d.lgs. n. 50/2016.

Si segnala, comunque, l’indirizzo giurisprudenziale, per il quale le lacune del contratto di avvalimento, tali da determinarne la nullità, non possono essere colmate con il soccorso istruttorio, dovendo il predetto contratto, necessario per consentire al concorrente di partecipare alla gara, essere valido sin da principio, con conseguente impossibilità di apportarvi integrazioni postume (C.d.S., Sez. V, 30 marzo 2017, n. 1456; Sez. III, 29 gennaio 2016, n. 346, 17 dicembre 2015, n. 5703 e 22 gennaio 2014, n. 294).

Invero, non può consentirsi alla stazione appaltante, in violazione della par condicio, di supplire al requisito indispensabile della determinatezza del contratto di avvalimento mediante il cd. soccorso istruttorio, che è un istituto volto solo a chiarire e a completare dichiarazioni o documenti comunque esistenti ed efficaci e non è, quindi, applicabile quando, in sede di gara, si sia accertata la sostanziale carenza di un requisito essenziale per la partecipazione (v. C.d.S., Sez. III, 19 giugno 2017, n. 2985; Sez. V, 27 luglio 2016, n. 3396 e 28 settembre 2015, n. 4507).