Consiglio di Stato, sez. V, del 19 gennaio 2021, n. 575.

L’individuazione della decorrenza del termine per ricorrere dipende dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla “informazione” e alla “pubblicizzazione” degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’accesso informale con una “richiesta scritta”; più nel dettaglio, detto termine può decorrere dalla proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara con conseguente dilazione temporale fino al momento in cui è consentito l’accesso se i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4696 del 2020, proposto da
Istituto di Vigilanza Poggio Imperiale s.a.s., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Vittorio Nista e Virginio Nista, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

contro

Consorzio per la Bonifica della Capitanata, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato Nicola Libero Zingrillo, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

nei confronti

Securpool Centro Sud s.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia (Sezione Terza) n. 00600/2020, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Consorzio per la Bonifica della Capitanata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2020 il Cons. Federico Di Matteo e data la presenza degli avvocati Vittorio Nista e Nicola Libero Zingrillo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Per determinazione dirigenziale del Consorzio per la bonifica della Capitanata 17 maggio 1991, n. 758 l’Istituto di vigilanza Poggio Imperiale s.a.s. svolgeva il servizio di guardiania presso il complesso “Tre Titoli” (detto anche impanato irriguo “Pozzilli” in agro di San Paolo di Civitate) e presso il complesso “Vaccareccia” in agro di Lesina, per il corrispettivo di € 1.652,64 oltre a Iva mensili.

1.1. Con lettera dell’11 giugno 2019 il Consorzio comunicava l’indizione di una procedura di gara ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. b) d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, per l’affidamento, con il criterio del minor prezzo, del “Servizio di vigilanza dell’impianto irriguo Pozzilli in agro di San Paolo di Civitate”, invitando l’Istituto di vigilanza Poggio Imperiale s.a.s. a presentare una propria offerta, come, infatti, avveniva il 20 giugno 2019.

1.2. Con nota 14 gennaio 2020 prot. 867/2020 il Consorzio intimava alla società disdetta dal contratto di appalto del servizio di vigilanza di entrambi i complessi poiché “… a seguito di apposita procedura di gara (…), il servizio in questione è stato affidato ad altra ditta”.

Afferma l’Istituto di vigilanza Poggio Imperiale s.a.s. di aver così appreso che la procedura di gara si era conclusa con aggiudicazione ad altra impresa, non avendo ricevuto preventiva comunicazione ex art. 76, comma 5, d.lgs. n. 50 e di aver, allora, presentato formale istanza di accesso agli atti di gara mediante nota trasmessa al Consorzio via PEC il 16 gennaio 2020 (e a mani il 17 gennaio 2020).

Non ricevendo formale riscontro, inoltrava diversi solleciti (l’ultimo dei quali il 14 febbraio 2020) e solamente il 17 febbraio 2020 le veniva concesso di accedere agli atti di gara; poteva così apprendere che con determinazione presidenziale 1°agosto 2019 n. 621 il contratto era stato aggiudicato alla Securpol Centro Sud s.r.l. che aveva offerto per l’intera durata del servizio (mesi 24 dalla consegna) un prezzo pari ad € 26.400,00 oltre Iva e così il minor prezzo per l’esecuzione del servizio.

2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, notificato il 16 marzo 2020, l’Istituto di vigilanza Poggio Imperiale s.a.s. impugnava il provvedimento di aggiudicazione e gli atti di gara sulla base di tre motivi di ricorso.

Era proposta, altresì, domanda di risarcimento del danno per equivalente pecuniario.

Si costituiva il Consorzio per la bonifica della Capitanata con eccezioni pregiudiziali di rito.

2.1. Il giudice di primo grado, con la sentenza della sezione terza, 30 aprile 2020, n. 600, dichiarava irricevibile il ricorso in quanto tardivamente proposto.

Il tribunale riteneva irrilevante che la ricorrente non avesse ricevuto la comunicazione di avvenuta aggiudicazione del contratto ai sensi dell’art. 76, comma 5, del codice dei contratti pubblici per aver conosciuto dell’aggiudicazione sin dalla data di comunicazione della disdetta contrattuale (il 14 gennaio 2020) o, comunque dalla nota di riscontro ad essa del suo difensore (il 24 gennaio 2020), rispetto alle quali il ricorso, notificato il 17 marzo 2020, era comunque tardivamente proposto.

Dichiarava il giudice di aderire all’orientamento giurisprudenziale per il quale la conoscenza del provvedimento dal quale decorrono i termini di impugnazione è integrata dalla cognizione dei suoi elementi essenziali, del suo contenuto dispositivo e della sua lesività rispetto agli interessi della parte ricorrente, potendo far valere con motivi aggiunti le ulteriori ragioni di illegittimità acquisite mediante conoscenza successiva degli atti.

La domanda risarcitoria – a volerla considerare tempestivamente proposta nel termine decorrente dal ricevimento della disdetta o dall’invio della nota di riscontro – era ritenuta inammissibile per mancanza di causa petendi, o, comunque, del presupposto della illegittimità degli atti impugnati in quanto: a) relativamente ai vizi supposti con il primo motivo di ricorso, nessuna verifica su eventuali anomalie delle offerte è imposta in presenza di due sole offerte, e, comunque, ad un “esame sommario delle offerte” era possibile verificare che l’importo offerto dalla controinteressata risultava essere allineato al costo storico del servizio, il ribasso rispetto alla base d’asta non significativo e che le due offerte presentavano differenze di poco conto, considerata l’inconferenza del richiamo alle tabelle ministeriali dei servizi di vigilanza in mancanza nelle lettere di invito dell’esatto computo delle ore-uomo necessarie; b) quanto al secondo motivo, non qualificabile come ragione di esclusione il sopralluogo operato dal rappresentante della società controinteressata oltre il termine fissato nella lettera di invito, poiché, in ragione della ratio cui risponde la preventiva verifica dei luoghi di esecuzione del servizio, solo la mancanza assoluta del sopralluogo poteva condurre all’esclusione dell’impresa; c) il terzo motivo, diretto a censurare la mancata comunicazione dell’aggiudicazione ex art. 76, comma 5, del codice dei contratti pubblici, era suscettibile di incidere sulla tempestività del ricorso, non condurre alla caducazione del provvedimento.

3. Propone appello l’Istituto di vigilanza Poggio Imperiale s.a.s.; si è costituito il Consorzio per la bonifica della Capitanata.

Il Consorzio per la Bonifica della Capitanata ha presentato memoria ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm., cui è seguita replica dell’Istituto di vigilanza Poggio Imperiale s.a.s..

All’udienza del 15 dicembre 2020 la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

1. Con l’unico motivo di appello l’Istituto di vigilanza Poggio Imperiale s.a.s. contesta la decisione di irricevibilità del ricorso per tardività per “Violazione di legge, errata applicazione dell’art. 120 comma 5 c.p.a.”. L’appellante ritiene erronea la fissazione del dies a quo per l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione al 14 gennaio 2020, data in cui ha ricevuto la comunicazione di disdetta dal contratto, priva tuttavia di indicazioni relative “all’ammissione e/o esclusione dell’offerta presentata dalla ricorrente, agli offerenti che avevano partecipato, al numero di offerte valide, al provvedimento di aggiudicazione ed al soggetto aggiudicatario”; come pure al 24 gennaio 2020, data di invio della nota legale di contestazione della disdetta, ma in cui essa appellante continuava ad ignorare “il contenuto, gli estremi del provvedimento di aggiudicazione e le generalità del soggetto aggiudicatario, ovvero tutti gli elementi basilari per la predisposizione del ricorso”. Secondo l’Istituto di Vigilanza, in mancanza di pubblicazione sul profilo del committente del provvedimento di aggiudicazione – avvenuta solo a partire dal 17 marzo 2020, risultando in precedenza la gara ancora “in corso di valutazione” – come pure di comunicazione dell’avvenuta aggiudicazione ai sensi dell’art. 76 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, il dies a quo dell’impugnazione andrebbe fissato al 17 febbraio 2020: a questa data infatti la stazione appaltante, dopo diversi solleciti, le consentiva l’accesso agli atti di gara, grazie al quale poteva prendere conoscenza dell’effettivo esito della gara, dell’identità dell’offerente aggiudicatario, del contenuto della relativa offerta e degli estremi e del contenuto del provvedimento di aggiudicazione.

2. Il motivo è fondato; la sentenza di primo grado va riformata per aver dichiarato irricevibile il ricorso in quanto tardivamente proposto.

2.1. La questione della decorrenza del termine di impugnazione degli atti di una procedura di gara per l’affidamento di un contratto di appalto è stata affrontata e risolta dall’Adunanza plenaria con la sentenza 2 luglio 2020, n. 12, mediante la predisposizione di uno schema articolato in momenti diversi di possibile conoscenza degli atti di gara ad ognuno dei quali corrispondono precise condizioni affinché possa aversi decorrenza del termine di impugnazione dell’aggiudicazione, in base alla considerazione, di carattere generale, per la quale l’individuazione della decorrenza del termine per ricorrere “continua a dipendere dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla “informazione” e alla “pubblicizzazione” degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’accesso informale con una “richiesta scritta” per la quale sussiste il termine di quindici giorni previsto dall’art. 76, 2°comma, del “secondo codice” applicabile per identità di ratio anche all’accesso informale”. Più precisamente l’Adunanza plenaria ha modulato tale decorrenza nei termini che seguono:

a) dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara – comprensiva anche dei verbali (ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentante) ai sensi dell’art. 29, comma 1, ultima parte, d.lgs. n. 50 del 2016;

b) dall’acquisizione, per richiesta della parte o per invio officioso, delle informazioni di cui all’art. 76 d.lgs. n. 50 del 2016 ma solo a condizione che esse “consentano di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati o per accertarne altri”, così da permettere la presentazione non solo dei motivi aggiunti ma anche del ricorso principale;

c) dalla proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara con conseguente dilazione temporale fino al momento in cui è consentito l’accesso se “i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta”;

d) dalla comunicazione o dalla pubblicità nelle forme individuate negli atti di gara ed accettate dai partecipanti alla gara “purchè gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati”.

2.2. Applicando il predetto schema alla vicenda in esame, anche alla luce delle contrapposte allegazioni delle parti, si ha che:

- è pacifico tra le parti che l’avvenuta aggiudicazione alla Securpool centro sud s.r.l. non è stata mai comunicata nelle forme previste dall’art. 76 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50;

- non v’è prova che la pubblicazione sul profilo del committente sia avvenuta tempestivamente e in maniera completa così come richiesto dall’Adunanza plenaria, poiché a fronte della circostanziata censura dell’appellante (che ha depositato la stampa della pagina web del 17 marzo 2020, in cui la procedura di gara risulta “in corso di valutazione” ed allegato il solo verbale contenente la “proposta di aggiudicazione”), la stazione appaltante ha replicato in maniera generica affermando di aver pubblicato la delibera di approvazione degli esiti della gara – e, quindi, comunque, non anche tutti gli atti della stessa – il 1°agosto 2019 sull’Albo consortile cartaceo e in quello on line, senza peraltro dare sicura prova nei depositi documentali;

- solo con l’istanza del 16 gennaio 2020, tempestivamente effettuata in seguito all’avvenuta conoscenza della conclusione della procedura di gara (con la lettera di disdetta del 14 gennaio 2020), cui è stato dato riscontro consentendo l’accesso il 17 febbraio 2020, l’appellante ha acquisito conoscenza degli atti di gara;

- è irrilevante la comunicazione di disdetta dal contratto del 14 gennaio 2020, poiché essa non conteneva alcun elemento utile a predisporre il ricorso principale (se si considera che neppure era indicato il nominativo dell’aggiudicatario), né tantomeno v’erano allegati gli atti di gara, come pure la contestazione della disdetta del 24 gennaio 2020, in quanto meramente dichiarativa della volontà di continuare nell’esecuzione del contratto e non contenente elementi di presuntiva conoscenza degli atti della procedura.

2.3. In conclusione, il dies a quo per la proposizione del ricorso introduttivo del giudizio va individuato nel 17 febbraio 2020, data di accesso agli atti della procedura, per cui il ricorso notificato il 16 marzo 2020 è tempestivamente proposto.

3. Può, dunque, passarsi all’esame dei motivi del ricorso principale al fine di vagliare la fondatezza della domanda di annullamento dell’aggiudicazione proposta in via principale.

Il primo motivo è diretto a contestare il provvedimento di aggiudicazione per “Eccesso di potere, difetto di istruttoria, illogicità e violazione di legge”; l’appellante, preliminarmente, espone i criteri seguiti per la determinazione del costo della manodopera da inserire necessariamente nell’offerta economica secondo le indicazioni della lettera di invito: considerato per il servizio di vigilanza cinque visite giornaliere, con l’aggiunta di ulteriori due visite nei giorni di sabato, domenica e festivi, e stimando il tempo materiale minimo di visita di circa 19 – 20 minuti, era giunta a calcolare l’utilizzo necessario di una guardia giurata particolare per circa 52 ore mensili (13 ore settimanali) con un costo della manodopera mensile pari a € 843,66, in applicazione del costo medio orario per il personale dipendente dagli istituti di vigilanza privata per la Regione Puglia (riportato nelle tabelle ministeriali allegate al d.m. 21 marzo 2016); e così fissando la cifra complessiva per il costo della manodopera per l’intera durata del servizio in € 20.248,00.

Precisa che la controinteressata aveva offerto un costo del servizio sostanziale equivalente, pari a € 26.400,00, ma con l’indicazione della componente relativa al costo della manodopera nettamente inferiore e pari ad € 8.800,00; lamenta, allora, che, a fronte di tale discrepanza e in presenza di un costo della manodopera di gran lunga inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle ministeriali, la stazione appaltante avrebbe dovuto svolgere la verifica di cui all’art. 95, comma 10, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, sul rispetto dei minimi salariali ed eventualmente richiede spiegazioni prima di procedere all’aggiudicazione.

Contesta, pertanto, la sentenza di primo grado per aver, seguendo le difese della stazione appaltante, ritenuto sufficiente un sommario esame delle offerte per escludere qualsivoglia violazione in punto di corretta determinazione del costo di lavoro.

3.1. Il secondo motivo è diretto a contestare l’aggiudicazione per “Eccesso di potere, violazione dei termini procedimentali”: a parere dell’appellante, il sopralluogo presso l’impianto oggetto del servizio avvenuto oltre il termine imposto dalla lettera di invito (alla pag. 5 “…entro dieci giorni prima della scadenza del termine per la presentazione delle offerte…”) comporterebbe l’esclusione dalla procedura; aggiunge che tale effetto deve conseguire non solo al mancato sopralluogo ma anche al ritardato sopralluogo, sul rilievo che l’adempimento in questione ha lo scopo di consentire ai concorrenti di formulare un’offerta che tenga in adeguata considerazione le effettive esigenze e caratteristiche del servizio richiesto e che per questo sia elaborata in maniera ponderata in un tempo adeguato.

4. Il primo motivo è fondato; il secondo è infondato.

4.1. Per quanto l’art. 97 (Offerte anormalmente basse), commi 2, 2 – bis) e 3 – bis) del codice dei contratti pubblici riservi la verifica di anomalia dell’offerta, in caso di contratto da aggiudicarsi con il criterio del presso più basso, alla condizione della presenza in un numero di offerte ammesse pari o superiore a cinque, l’art. 95 (Criteri di aggiudicazione dell’appalto), comma 10, del medesimo codice specifica, nel suo ultimo periodo, che: “Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione, procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d)”, vale a dire che il costo del personale non sia inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16 (cfr. Cons. Stato, V, 8 gennaio 2021, n. 283, nonché, per ulteriore approfondimento sui rapporti tra le due disposizioni, cfr. Cons. Stato, V, 13 marzo 2020, n. 1818).

4.2. Il giudice di primo grado ha ritenuto corretta l’aggiudicazione perché l’esame sommario delle due offerte concorrenti non spingeva ad ulteriori approfondimenti, in particolare, per essere il costo del servizio offerto sostanzialmente equivalente e, comunque, allineato al costo storico e, comunque, il ribasso a base d’asta non significativo.

Il ragionamento non convince: ammesso pure che le offerte possano vagliarsi sommariamente, già solo una superficiale lettura dell’offerta della controinteressata avrebbe dovuto indurre la stazione appaltante ad ulteriori approfondimenti in relazione proprio al rispetto dei limiti minimi retributivi del personale dipendente.

Se è vero, infatti, che il costo complessivo del servizio offerto dalle due concorrenti risultava sostanzialmente equivalente, v’è un dato di evidente differenziazione tra le due: la Securpool Centro sud s.r.l. fissava in € 8.800,00 il costo della manodopera, a fronte del costo della manodopera stimato dall’appellane in € 20.248,00, e senza che fosse dato evincere a cosa si riferissero i restanti costi – evidentemente preponderanti rispetto a quello della manodopera in un servizio che, invece, è di gran lunga incentrato sull’attività lavorativa dei dipendenti – in grado di condurre ad un costo finale del servizio pari ad € 26.400,00.

4.3. In conclusione sul punto, alla luce del costo della manodopera indicato dalla Securpool Centro sud. S.r.l. nella propria offerta e della percentuale con cui lo stesso incideva sul costo complessivo offerto, la stazione appaltante era tenuta ad effettuare ogni approfondimento necessario a verificare il rispetto dei minimi salariali retributivi indicati nelle tabelle ministeriali, come pure la serietà e l’attendibilità dell’offerta ricevuta.

4.4. E’ infondato, invece, il secondo motivo poiché il tardivo sopralluogo non può essere causa di esclusione dalla procedura di gara.

La giurisprudenza amministrativa ha attribuito all’obbligo di sopralluogo un ruolo sostanziale, e non meramente formale, per consentire ai concorrenti di formulare un’offerta consapevole e più aderente alle necessità dell’appalto essendo esso strumentale a garantire una completa ed esaustiva conoscenza dello stato dei luoghi e conseguentemente funzionale alla miglior valutazione degli interventi da effettuare in modo da formulare, con maggiore precisione, la migliore offerta tecnica ed economica (cfr. Cons. Stato, III, 12 ottobre 2020, n. 6033; VI, 23 giugno 2016, n. 2800; IV, 19 ottobre 2015, n. 4778) e, tuttavia, ha anche dubitato della correttezza della sua previsione a pena di esclusione dalla partecipazione alla gara nella vigenza del nuovo codice dei contratti pubblici, sia per la formulazione dell’art. 79, comma 2, che fa sì riferimento alle ipotesi in cui “le offerte possono essere formulate soltanto a seguito di una visita dei luoghi o dopo consultazione sul posto dei documenti di gara”, ma solo per farne conseguire la necessità che i termini per la presentazione delle offerte siano calibrati in modo che gli operatori interessati “possano prendere conoscenza di tutte le informazioni necessarie per presentare le offerte”, senza, dunque, derivarne effetti espulsivi automatici in caso di mancato compimento, e sia per possibile contrasto con i principi di massima partecipazione alle gare e divieto di aggravio del procedimento, ogni qualvolta, per le peculiarità del contratto da affidare, la sua inosservanza in alcun modo impediva il perseguimento dei risultati verso cui era diretta l’azione amministrativa, né il suo adempimento poteva dirsi funzionale a garantire il puntuale rispetto delle ulteriori prescrizioni imposte dalla legge di gara (cfr. Cons. Stato, V, 29 maggio 2019, n. 3581).

Per le predette considerazioni, allora, il disciplinare di gara – a tutto voler concedere, e cioè senza soffermarsi sulla compatibilità con il principio di tassatività delle cause di esclusione – andava inteso in senso restrittivo, oltre che reso coerente con il favor partecipationis alle procedure di affidamento di contratti pubblici, come comportante l’esclusione per il solo mancato sopralluogo e non anche in caso di sopralluogo ritardato, come avvenuto nel caso di specie; situazione, questa, che può riverberarsi sulla adeguata formulazione dell’offerta e non sulla partecipazione del concorrente alla procedura di gara.

Le altre censure svolte dall’appellante – in punto di carenza di immedesimazione organica del soggetto che ha eseguito il sopralluogo – sono infondate per essere la dichiarazione di presa visione dei luoghi depositata in atti sottoscritta da soggetto delegato dalla società (e che la società potesse dar delega a proprio dipendente consentito dal disciplinare).

4.5. Il terzo motivo, con il quale è contestata la mancata comunicazione dell’aggiudicazione, è assorbito.

5. L’appellante, nelle conclusioni rassegnate, ha riproposto la domanda di annullamento degli atti impugnati, di dichiarazione di inefficacia del contratto stipulato con la controinteressata ex tunc e di subentro nel contratto; in via subordinata, poi, ha domandato la condanna della stazione appaltante al risarcimento del danno per equivalente.

Non v’è in atti copia del contratto stipulato con l’aggiudicataria Sicurpool Centro sud s.r.l., ma con la memoria di costituzione il Consorzio ha allegato copia del verbale di avvio dell’esecuzione del servizio da parte dell’aggiudicataria datato 22 giugno 2020 in cui le parti sottoscrivono la clausola di voler eseguire il servizio “ai patti e alle condizioni previsti nei documenti di gara e dell’offerta economica presentata in sede di gara”.

Nella memoria difensiva depositata in vista della camera di consiglio del 16 luglio 2020 l’appellante ha allegato di aver continuato a svolgere il servizio di vigilanza in forza di proroga fino al 17 giugno 2020 e che la Sicurpool Centro sud s.r.l. aveva successivamente rinunciato all’esecuzione del contratto con conseguente affidamento diretto del servizio ad altro soggetto, depositando quale elemento di prova una mail proveniente dalla controinteressata e diretta al Consorzio di bonifica in cui la società esprimeva la richiesta di valutare congiuntamente “un possibile nostro esonero dal prosieguo del servizio di vigilanza di cui alla suddetta gara, considerato peraltro il notevole lasso di tempo trascorso nostro malgrado sino ad oggi”.

Il Consorzio di Bonifica, da parte sua, nulla ha allegato circa le predette circostanze sopravvenute.

5.1. Alla luce della documentazione allegata, pertanto, non può dirsi raggiunta la prova dell’intervento nuovo affidamento del medesimo servizio ad altro operatore in seguito a procedura di gara, sebbene non possa escludersi che sia intervenuta un affidamento meramente temporaneo; né che il contratto stipulato con la Sicurpool centro sud s.r.l. – che è da presumere le parti hanno inteso concluso con il verbale di avvio di esecuzione del servizio sottoscritto da entrambe – sia stato medio tempore risolto.

Può dunque essere accolta la domanda di annullamento degli atti di gara nei termini di cui in precedenza con dichiarazione di inefficacia del contratto con Sicurpool Centro sud s.r.l. sin dalla sua stipulazione (22 giugno 2020), in presenza delle condizioni previste dall’art. 122 cod. proc. amm.: a questo riguardo, l’appellante ha dimostrato interesse all’esecuzione del servizio, v’è per lui effettiva possibilità di conseguire l’aggiudicazione del servizio, il contratto non è stato eseguito.

La domanda di condanna al risarcimento del danno per equivalente, proposta in via dichiaratamente subordinata, è dunque assorbita.

6. La peculiarità della vicenda conduce a compensare tra le parti in causa le spese di entrambi i gradi del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per gli effetti, in riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia n. 600/2020, accoglie il ricorso di primo grado dell’Istituto di vigilanza Poggio Imperiale s.a.s. nei termini di cui in motivazione.

Compensa tra le parti in causa le spese di entrambi i gradi del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Con la pronuncia in esame, il Consiglio di Stato ha rimarcato ed evidenziato che la questione della decorrenza del termine di impugnazione degli atti di una procedura di gara per l’affidamento di un contratto di appalto è stata pienamente risolta dall’Adunanza Plenaria con la sentenza n. 12 del 2 luglio 2020, mediante la predisposizione di uno schema articolato in momenti diversi di possibile conoscenza degli atti di gara ad ognuno dei quali corrispondono precise condizioni affinché possa aversi decorrenza del termine di impugnazione dell’aggiudicazione, in base alla considerazione, di carattere generale, per la quale l’individuazione della decorrenza del termine per ricorrere “continua a dipendere dal rispetto delle disposizioni sulle formalità inerenti alla “informazione” e alla “pubblicizzazione” degli atti, nonché dalle iniziative dell’impresa che effettui l’accesso informale con una “richiesta scritta” per la quale sussiste il termine di quindici giorni previsto dall’art. 76, 2°comma, del “secondo codice” applicabile per identità di ratio anche all’accesso informale”. Più precisamente l’Adunanza plenaria ha modulato tale decorrenza nei termini che seguono:

a) dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara – comprensiva anche dei verbali (ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentante) ai sensi dell’art. 29, comma 1, ultima parte, d.lgs. n. 50 del 2016;

b) dall’acquisizione, per richiesta della parte o per invio officioso, delle informazioni di cui all’art. 76 d.lgs. n. 50 del 2016 ma solo a condizione che esse “consentano di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati o per accertarne altri”, così da permettere la presentazione non solo dei motivi aggiunti ma anche del ricorso principale;

c) dalla proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara con conseguente dilazione temporale fino al momento in cui è consentito l’accesso se “i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta”;

d) dalla comunicazione o dalla pubblicità nelle forme individuate negli atti di gara ed accettate dai partecipanti alla gara “purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati”.

Come noto, infatti, sulla decorrenza del termine di impugnazione degli atti amministrativi, il c.p.a. contiene regole generali all’art. 41, comma 2, e regole speciali, tra cui quelle previste dall’art. 120, comma 5, in tema di impugnazione degli atti delle gare d’appalto.

Le regole generali contenute nell’art. 41, comma 2, prima parte, sono le seguenti: “qualora sia proposta azione di annullamento, il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, alla pubblica amministrazione che ha emesso l'atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell'atto stesso entro il termine previsto dalla legge, decorrente dalla notificazione, comunicazione o piena conoscenza, ovvero, per gli atti di cui non sia richiesta la notificazione individuale, dal giorno in cui sia scaduto il termine della pubblicazione se questa sia prevista dalla legge o in base alla legge”.

In tema di impugnazione degli atti delle gare d’appalto, l’art. 120, comma 5, dispone che “per l'impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso, principale o incidentale e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente, per il ricorso principale e per i motivi aggiunti, dalla ricezione della comunicazione di cui all'articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all'articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell'atto”. Ebbene, l’Adunanza Plenaria ha ritenuto che – ai fini della decorrenza del termine di impugnazione – malgrado l’improprio richiamo all’art. 79 del “primo codice appalti” (i.e. d.lgs. n. 163/2006), ancora contenuto nell’art. 120, comma 5, del c.p.a. – rilevano: (i) le regole che le Amministrazioni aggiudicatrici devono rispettare in tema di “Informazione dei candidati e degli offerenti” (ora contenute nell’art. 76 del d.lgs. n. 50/2016 o “secondo codice appalti”); (ii) le regole sull’accesso informale (contenute in termini generali nell’art. 5 del d.P.R. n. 184 del 2006), esercitabile – anche quando si tratti di documenti per i quali la legge non prevede espressamente la pubblicazione – non oltre il termine previsto dall’art. 76, prima parte del comma 2, del “secondo codice appalti”; (iii) le regole (contenute nell’art. 29, comma 1, ultima parte, del “secondo codice appalti”) sulla pubblicazione degli atti, completi dei relativi allegati, “sul profilo del committente”, il cui rispetto comporta la conoscenza legale di tali atti, poiché l’impresa deve avere un comportamento diligente nel proprio interesse. Detti principi, secondo quanto stabilito dai giudici amministrativi, “risultano conformi alle esigenze di celerità dei procedimenti di aggiudicazione di affidamenti di appalti pubblici”. Tali esigenze, infatti, (I) sono state specificamente valutate dal legislatore in sede di redazione dapprima dell’art. 245 del “primo codice appalti” (come modificato dal d.lgs. n. 53 del 2010) e poi dell’art. 120, commi 1 e 5, del c.p.a. (con le connesse regole sopra richiamate della esclusione della proponibilità del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica e della fissazione del termine di trenta giorni, ancorata per quanto possibile ad una “data oggettivamente riscontrabile”); (II) sono concretamente soddisfatte – anche nell’ottica della applicazione dell’art. 32, comma 9, del “secondo codice appalti” sullo stand still – in un sistema nel quale le Amministrazioni aggiudicatrici rispettino i loro doveri sulla trasparenza e sulla pubblicità, previsti dagli articoli 29 e 76 del “secondo codice appalti”, fermi restando gli obblighi di diligenza ricadenti sulle imprese, di consultare il ‘profilo del committente’ ai sensi dell’art. 29, comma 1, ultima parte, dello stesso codice e di attivarsi per l’accesso informale, ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. n. 184 del 2006, da considerare quale ‘normativa di chiusura’ anche quando si tratti di documenti per i quali l’art. 29 citato non prevede la pubblicazione (offerte dei concorrenti, giustificazioni delle offerte).

Per completezza, nella medesima pronuncia, l’Adunanza Plenaria ha specificato altresì che il principio della “piena conoscenza o conoscibilità” si applica anche quando l’esigenza di proporre il ricorso emerga dopo aver conosciuto i contenuti dell’offerta dell’aggiudicatario o le sue giustificazioni rese in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, rilevando il tempo necessario per accedere alla documentazione presentata dall’aggiudicataria, ai sensi dell’art. 76, comma 2, del “secondo codice appalti”. Poiché, dunque, il termine di impugnazione comincia a decorrere dalla conoscenza del contenuto degli atti, anche in tal caso “non è necessaria la previa proposizione di un ricorso al buio [“in abstracto”, nella terminologia della Corte di Giustizia, e di per sé destinato ad essere dichiarato inammissibile, per violazione della regola sulla specificazione dei motivi di ricorso, contenuta nell’art. 40, comma 1, lettera d), del c.p.a.]”, cui dovrebbe seguire la proposizione di motivi aggiunti.