Consiglio di Stato, Sez. III, 3 luglio 2020, n. 4289

1. In materia di appalti pubblici è principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese; tale principio, come recepito all'art. 51 del D.Lgs. n. 50/2016, non costituisce peraltro una regola inderogabile: la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, essendo il precetto della ripartizione in lotti funzionale alla tutela della concorrenza.

2. La previsione del vincolo di aggiudicazione costituisce una facoltà discrezionale dell’amministrazione, il cui mancato esercizio non costituisce di per sé sintomo di illegittimità. 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 159 del 2020, proposto da 

Servizi Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Paolo Sansone, Eleonora E.L. Bonsignori, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

contro

Adapta S.p.A. in proprio e quale mandataria del Rti con Servizi Sanitari Integrati S.r.l. e Colim S.r.l., Regione del Veneto, Azienda Ulss 4 Veneto Orientale, Azienda Ulss 3 Serenissima, Azienda Ulss 5 Polesana, Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie, Azienda Ulss n. 6 "Euganea", Azienda Ospedaliera di Padova, I.O.V. Istituto Oncologico Veneto - Irccs non costituiti in giudizio; 

Azienda Zero, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Nicola Creuso, Fabio Pinelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Andrea Manzi in Roma, via Confalonieri n. 5; 

nei confronti

Adapta S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Corrado Mastropierro, Antonio Colavecchio, Massimo Felice Ingravalle, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; 

e con l'intervento di

ad opponendum:

Lavanderia Industriale Cipelli S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gabriele Pafundi, Cataldo Giuseppe Salerno, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Gabriele Pafundi in Roma, viale Giulio Cesare 14/A; 

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) n. 01288/2019, resa tra le parti, concernente la procedura aperta telematica suddivisa in cinque lotti per l'affidamento del servizio di lavanolo biancheria, materasseria, capi di vestiario per le Aziende Sanitarie della Regione del Veneto, per l'Ospedale Riabilitativo di Alta Specializzazione di Motta di Livenza e per l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (lotti 2 e 3);

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Zero e di Adapta S.p.A.;

Visto l’atto di intervento ad opponendum di Lavanderia Industriale Cipelli S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica, tenutasi da remoto, del giorno 4 giugno 2020 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti gli avvocati Paolo Sansone e Massimo Felice Ingravalle;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. - Azienda Zero, centrale di committenza della Regione Veneto, con determinazione dirigenziale n. 255 del 15 giugno 2018 ha indetto la procedura aperta telematica, suddivisa in cinque lotti, del valore complessivo di €139.603.306,39, IVA esclusa, per l'affidamento, per cinque anni (prorogabili a sette), del servizio di lavanolo biancheria, materasseria, capi di vestiario, per soddisfare il fabbisogno delle Aziende Sanitarie della Regione del Veneto, dell'Ospedale Riabilitativo di Alta Specializzazione di Motta di Livenza e dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie.

Il RTI con mandataria Adapta che ha partecipato a tutti e cinque i lotti, classificandosi al quarto posto nella gara relativa al lotto 2 e al secondo posto in quella relativa al lotto 3, ha impugnato con autonomi ricorsi, l’aggiudicazione disposta in favore di Servizi Italia dei lotti n. 2 e 3 e gli atti con i quali è stata indetta la procedura contestando le regole con cui è stata strutturata la gara, ed in particolare, la decisione della stazione appaltante di suddividere l’appalto in cinque maxi lotti, senza prevedere alcun vincolo di aggiudicazione: tale decisione, avrebbe favorito, a suo dire, l’insorgenza di una situazione di monopolio, poi concretamente verificatasi, essendo stati tutti i lotti aggiudicati alla medesima impresa (Servizi Italia), in forma singola o aggregata.

1.1 - Si sono costituite nel giudizio di primo grado la stazione appaltante Azienda Zero e la società Servizi Italia; quest’ultima ha anche proposto ricorso incidentale escludente per contestare l’ammissione alla gara della ricorrente principale.

2. - Con la sentenza n. 1288/2019 il TAR ha disposto la riunione dei due ricorsi RG 777/2019 e 779/2019 relativi ai due lotti; ha poi respinto il ricorso incidentale ed ha accolto quello principale disponendo l’annullamento degli atti di gara.

3. - Avverso tale decisione Servizi Italia ha proposto appello chiedendone l’integrale riforma.

3.1 - Azienda Zero si è costituita in giudizio chiedendo anch’essa la riforma della sentenza del TAR.

3.2 - Anche Adpta si è costituita in giudizio contestando le prospettazioni delle controparti ed insistendo per il rigetto dell’appello.

3.3 - Ha spiegato intervento ad opponendum la Lavanderia Industriale Cipelli, partecipante alla gara e gestore uscente del servizio, chiedendo anch’essa la conferma della sentenza di primo grado.

Alla camera di consiglio del 3 febbraio 2020 l’istanza cautelare è stata abbinata al merito.

3.4 - In prossimità dell’udienza di discussione le parti hanno depositato memorie e memorie di replica a sostegno delle rispettive tesi difensive.

4. - All’udienza pubblica, tenutasi da remoto, del 4 giugno 2020, l’appello è stato trattenuto in decisione.

5. - L’appello è fondato e va, dunque, accolto.

6. - E’ opportuno richiamare per sintesi i presupposti sui quali si fonda la sentenza appellata.

6.1 - Il TAR ha dapprima respinto l’eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione passiva e per carenza di interesse al ricorso, sostenendo che pur non essendo la ricorrente Adapta una PMI, avrebbe avuto interesse al recupero della chance di partecipare al nuovo esperimento di gara conseguente alla declaratoria della sua illegittimità, che le aveva in concreto impedito di conseguire un risultato utile.

Ha anche precisato che tale società non aveva lamentato solo la violazione dell’art. 51 c.p.a., ma anche la violazione dell’art. 30 D.lgs. n. 50/2016 e dei principi generali di libera concorrenza, par condicio, trasparenza e non discriminazione dettati dal codice dei contratti pubblici e dalla normativa europea.

Ha poi sottolineato che, non trattandosi di clausole direttamente escludenti, legittimamente la ricorrente aveva impugnato la lex specialis unitamente all’aggiudicazione: ha ritenuto, quindi, infondata l’eccezione di inammissibilità del ricorso.

6.2 - Superati gli aspetti di rito il TAR è passato ad esaminare il merito.

Dopo aver richiamato la decisione di questa Sezione n. 1350 del 2019, nella quale è stata sottolineata la preferenza dell’ordinamento per una ragionevole divisione in lotti fondata non solo sull’esigenza di favorire la partecipazione delle PMI, ma anche di assicurare la libera concorrenza e la massima partecipazione, il primo giudice ha ritenuto gli atti di indizione della procedura ingiustamente lesivi della concorrenza, ed idonei a far sorgere un monopolio regionale nella gestione del servizio in favore di Servizi Italia; ha quindi reputato illegittima la legge di gara (e in via derivata l’aggiudicazione dei singoli lotti impugnati), ritenendo non sufficientemente motivata la decisione della stazione appaltante di suddividere la gara in cinque macro lotti, senza prevedere alcun vincolo di aggiudicazione.

6.5 - Ha sottolineato, infatti:

- la rilevanza economica della gara, avente un valore di circa 140 milioni di euro;

- l’ampia durata dell’affidamento (5 anni estensibili a 7);

- l’incidenza del servizio, di natura standardizzata, su circa il 60% - 65% del mercato regionale;

- l’articolazione della gara in solo 5 lotti, senza prevedere un vincolo di aggiudicazione;

- la mancanza di una idonea motivazione sulla scelta di suddividere la gara in 5 lotti rilevando, peraltro, l’insufficiente riferimento, in relazione alla scelta di suddivisione in lotti, della dislocazione geografica delle sedi ospedaliere e territoriali interessate dal servizio, e della necessità di costituire lotti omogenei per valore ed estensione tenendo conto dell’articolazione delle Aziende Sanitarie della Regione come da L.R 19/2016;

- in definitiva, ha evidenziato l’inadeguatezza della motivazione della scelta operata dalla stazione appaltante nell’indizione della gara, ritenendola contraria ai principi di concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità di cui all’art. 30 del codice degli appalti; ha infine aggiunto che la scarsa motivazione del provvedimento di indizione della gara non avrebbe potuto essere integrata dagli argomenti svolti in giudizio da Azienda Zero e diretti a sostenere che l’omessa previsione del vincolo di aggiudicazione sarebbe derivato dalla necessità di evitare cartelli tra le imprese.

7. - L’appello è articolato sulla base di due motivi di impugnazione, il primo diretto a contestare il capo di sentenza che ha rigettato i profili di rito, il secondo relativo alle statuizioni di merito.

7.1 - Assorbente ai fini del decidere si appalesa il secondo motivo di appello, con il quale l’appellante ha dedotto l’erroneità della sentenza di primo grado, nella parte in cui ha ritenuto insufficiente la motivazione relativa alla suddivisione in lotti, l’erronea applicazione dell’art. 51 del d.lgs. n. 50/2016, l’erronea e falsa applicazione dell’art. 134 c.p.a, l’erronea applicazione del principio di divieto di integrazione della motivazione in giudizio.

L’appellante ha contestato tali presupposti contestando la sussistenza dei vizi rilevati dal giudice di prime cure; nella memoria conclusionale ha anche richiamato la giurisprudenza più recente di questa Sezione (sentenza del 7 maggio 2020 n. 2881) alla quale si è riportata anche Azienda Zero nella propria memoria redatta in vista dell’udienza pubblica di discussione.

7.2 - Ritiene il Collegio di dover preventivamente richiamare i principi esposti in tale recente decisione, ritenuta pienamente condivisibile, secondo cui l’art. 51 del d.lgs. n. 50/2016 “ contempla due disposizioni, una prescrittiva e l’altra facoltativa. La prima, relativa ai lotti, prescrive che “1. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l'accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. ….. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l'effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese” (comma 1); la seconda facultizza le stazioni appaltanti a “limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell'invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare”.

6.6. Ebbene, quanto alla prima, il Collegio osserva, con il conforto della giurisprudenza prevalente, 

che sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio che tale principio non costituisca un precetto inviolabile né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le Stazioni Appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie (Cons. Stato, sez. V, 11/01/2018, n.123; Sez. III, 12/02/2020, n. 1076) e derogabile, seppur attraverso una decisione che deve essere adeguatamente motivata (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4669, Sez III, n. 1076/2020 cit.)”.

Ha quindi aggiunto che, in quello specifico caso, la gara era stata suddivisa in quattro lotti e il quomodo della suddivisione non aveva certamente impedito all’appellante di partecipare: ha quindi ritenuto che “l’amministrazione ha pedissequamente applicato il disposto di legge, senza derogarvi, pur potendo, in astratto, motivatamente farlo. Nessuna violazione di legge v’è stata”.

“Quando al secondo aspetto, la legge configura il cd vincolo di aggiudicazione quale mera facoltà (le stazione appaltanti “possono”, recita il comma 3 cit.), sicchè non si comprende per quali motivi e in che misura l’averne omessa la previsione possa ridondare in illegittimità stigmatizzabile dinanzi al giudice amministrativo. La stessa sentenza della Sezione, citata dall’appellante (n. 1491/2019 cit.), ribadisce il principio per il quale “la possibilità di stabilire un limite alla aggiudicazione di tutti i lotti di cui all’articolo 51 del codice dei contratti è una facoltà discrezionale il cui mancato esercizio non è – da solo e di per sé -- sintomo di illegittimità”. E’ pur vero che nella medesima sentenza si sottolinea, subito dopo, che in alcuni peculiari casi il difetto del vincolo di aggiudicazione può essere il sintomo di una gara sbilanciata a favore di determinate imprese, e tuttavia in quell’occasione la Sezione aveva acclarato che la “Centrale di committenza per la Regione Veneto aveva dato luogo alla formazione di un vero e proprio “mercato chiuso” di tutte le Aziende Sanitarie Locali della Regione, per un importo rilevantissimo e per un periodo prolungato..”. Circostanza che nel caso di specie, il collegio ritiene possa escludersi, giusto quanto sopra detto”.

7.3 - Con specifico riferimento al c.d. “vincolo di aggiudicazione”, questa Sezione con la recente sentenza del 9 giugno 2020 n. 3682 ha ritenuto che: 

- il c.d. vincolo di aggiudicazione e la decisione di limitare l’aggiudicazione di tutti i lotti allo stesso concorrente, costituisce una facoltà discrezionale dell’amministrazione, il cui mancato esercizio non costituisce ex sè sintomo di illegittimità;

- nella fattispecie ciascun concorrente, compreso l’appellante, aveva potuto prendere parte alla gara e presentare la propria offerta liberamente in tutti i lotti, che legittimamente erano stati assegnati all’aggiudicatario la cui offerta era risultata migliore;

- non erano rinvenibili elementi di irrazionalità nella ripartizione dei lotti né il contrasto con il principio della concorrenza nella circostanza della loro assegnazione al miglior offerente, di tutti i lotti, le cui caratteristiche del resto, al di là del differente ambito territoriale, erano similari;

- non è l’assenza di tale vincolo, la cui previsione è meramente discrezionale (art. 51, comma 3, del d. lgs. n. 50 del 2016), a determinare in sé la violazione della concorrenza, bensì la strutturazione della gara in modo tale che la sua apparente suddivisione in lotti, per le caratteristiche stesse di questi o in base al complesso delle previsioni della lex specialis, abbia favorito in modo indebito taluno dei concorrenti e gli abbia consentito di acquisire l’esclusiva nell’aggiudicazione dei lotti;

- anche il vincolo dell’aggiudicazione, del resto, può propiziare, strategie antinconcorrenziali e intese illecite tra i singoli concorrenti, tese a favorire la spartizione dei singoli lotti messi a gara e, da questo punto di vista, l’argomento dell’appellante, secondo cui la sua previsione avrebbe evitato un monopolio o un accentramento del potere economico in capo ad un solo operatore, prova troppo perché detto accentramento viene realizzato vieppiù in alcuni settori di mercato, ormai, attraverso le intese restrittive della concorrenza e la spartizione sottobanco dei lotti, non aggiudicabili tutti ad un singolo operatore.

7.3 - Applicando tali linee ermeneutiche ne deriva che non sussistono i vizi stigmatizzati dal TAR, in quanto:

- in materia di appalti pubblici è principio di carattere generale la preferenza per la suddivisione in lotti, in quanto diretta a favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese; tale principio, come recepito all'art. 51 d.lgs. n. 50 del 2016, non costituisce peraltro una regola inderogabile: la norma consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono essere puntualmente espressi nel bando o nella lettera di invito, essendo il precetto della ripartizione in lotti funzionale alla tutela della concorrenza (es. Cons. Stato, V, 7 febbraio 2020, n. 973; 26 giugno 2017, n. 3110; Sez. III, 21 marzo 2019, n. 1857);

- secondo la giurisprudenza di questo Consiglio (da ultimo, Cons. Stato sez. VI, 02/01/2020, n.25; Cons. Stato, III, 13 novembre 2017, n. 5224) la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall'ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico; in tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale dell'Amministrazione deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del codice dei contratti, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza; 

- la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico, deve dunque costituire una decisione che deve essere funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (così da ultimo, Cons. Stato, III, 4 marzo 2019, n. 1491); sicchè non può ritenersi preclusa alla stazione appaltante la possibilità di suddividere l’appalto in lotti di importo elevato (Cons. Stato, Sez. III, 26/9/2018 n. 5534) ove tale scelta risponda all’esigenza di tutelare l’interesse pubblico;

- secondo il costante orientamento della giurisprudenza la suddivisione in lotti è espressione di una valutazione discrezionale dell’amministrazione sindacabile in sede giurisdizionale sotto l’aspetto della ragionevolezza e proporzionalità e dell’adeguatezza dell’istruttoria (ex multis, cfr. Cons. Stato, Sez. III n. 1857/2019; Sez. V n. 2044/2018; Cons. Stato, VI, n. 25/2020); in ogni caso l’ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito non è suscettibile di essere censurato in base a meri criteri di opportunità (cfr. Cons. Stato, Sez. III, n. 1138/2018).

7.4 - Nel caso di specie la stazione appaltante ha suddiviso l’appalto in cinque lotti e la società ricorrente in primo grado ha potuto liberamente parteciparvi;

- nella determina di indizione della procedura di gara (n. 255 del 15 giugno 2018) e nel capitolato d’appalto la stazione appaltante ha fornito la motivazione espressa circa la suddivisione in cinque lotti, precisando che l’articolazione è stata pianificata tenendo conto della dislocazione geografica delle sedi ospedaliere e territoriali interessate dal servizio, della necessità di configurare lotti omogenei per valore ed estensione, dell’articolazione delle Aziende Sanitarie della Regione come da L.R. 19/2016;

- la determina di indizione e il capitolato richiamano anche la DGRV n. 129/2016 ed, in particolare l’indirizzo, ivi stabilito alla pag. 8 secondo cui “I capitolati tecnici di gara dovranno prevedere il raggruppamento dei prodotti in lotti omogeni per tecnologie di impiego e che il numero dei lotti dovrà essere il più possibile contenuto, al fine di creare la massima concorrenza tra le imprese partecipanti alla procedura di acquisizione”;

- tale ripartizione non presenta vizi di palese irragionevolezza, sproporzionalità né risulta emessa in carenza di istruttoria;

- la gara è stata preceduta, infatti, anche da una consultazione preliminare di mercato delle ditte interessate ai sensi dell’art. 66 d.l.gs. 50/2016 e in tale consultazione nessun partecipante, pur essendovi PMI, ha osservato l’opportunità di suddividere la gara in ulteriori lotti o di prevedere un vincolo di aggiudicazione;

- nell’art. 1 del Capitolato Speciale si faceva riferimento al ruolo di soggetto aggregatore di Azienda Zero e alla circostanza che i servizi di lavanderia per gli enti del SSN erano ricompresi tra quelli per le quali gli enti del SSN devono ricorrere a Consip o ad altri soggetti aggregatori per lo svolgimento delle procedure di gara ai sensi dell’art. 9, comma 3, d.l. n. 66/2014, conv. con mod. dalla legge n. 89/2014;

- la procedure di acquisto centralizzate sono state istituite, oltre che per evitare fenomeni corruttivi connessi e comportamenti opportunistici ed impropri delle singole stazioni appaltanti, principalmente allo scopo di sfruttare economie di scala e realizzare risparmi di spesa a favore di tutto il settore pubblico (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 4 febbraio 2016, n. 445); la DGRV n. 129/2016, che prevede la riduzione del numero dei lotti ai fini di ottenere la massima concorrenza tra i partecipanti, si richiama a questo principio;

- da tale richiamo potevano, quindi, implicitamente desumersi le esigenze di risparmio di spesa sottese alla scelta di limitare il numero dei lotti (5) rispetto alla situazione precedente (9) con la conseguenza che le precisazioni rese sul punto da Azienda Zero nella proprie difese non costituiva una motivazione postuma.

7.5 - Non sussiste, pertanto, il vizio di motivazione rilevato dal TAR, tenuto conto che la ripartizione in lotti rientra pacificamente nella discrezionalità della stazione appaltante la cui scelta oltre a non presentare palesi vizi, nei limiti del sindacato di cui è titolare questo giudice amministrativo, non ha arrecato nocumento alla ricorrente in primo grado che ha potuto legittimamente partecipare a tutti i lotti;

- la violazione del principio di concorrenza non può desumersi dalla sola circostanza che i lotti siano stati aggiudicati tutti al medesimo operatore economico, trattandosi di un elemento neutro, di per sé solo non indicativo di vizi nella strutturazione della gara;

- l’aggiudicazione di tutti i lotti al medesimo operatore può semplicemente discendere dalla sua capacità di offrire la prestazione oggetto di gara a migliori condizioni;

- la violazione del principio di concorrenza, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità di cui all’art. 30 del d.lgs. n. 50/2016 deve essere dedotto fornendo concreti elementi induttivi, desunti dalla specifica disciplina di gara, idonei a sostenere, in concreto, tale violazione; tale elemento induttivo non può essere desunto dalla sola circostanza che tutti i lotti sono stati aggiudicati al medesimo operatore economico; 

- nella sentenza appellata, invece, come ha correttamente l’appellante, il TAR ha attuato una meccanicistica applicazione dei principi esposti nella sentenza n. 1350 /2019 (seguita dalle successive sentenze n. 1486 e 1491/2019) senza svolgere una adeguata istruttoria e, quindi, senza tener conto del particolare disegno di quella particolare lex specialis (cfr. delibera ANAC n. 427/2019), connotata da particolari condizioni in favore di un determinato operatore economico tali da rendere irragionevoli le regole di gara;

- la valutazione di illegittimità in quel caso è derivata, infatti, dal complessivo assetto della vicenda e non può essere automaticamente trasposta in fattispecie differenti senza eseguire un’approfondita valutazione di tutti gli elementi sulla base dei quali è strutturata la gara, al fine di fornire sufficienti elementi da quali desumere la presenza di regole idonee a falsare la concorrenza;

- le due gare – assimilate dal TAR – presentano, peraltro, come evidenziato dall’appellante, invece differenze sostanziali, in quanto:

a) in questa gara hanno partecipato 6 operatori economici mentre in quella di riferimento gli operatori erano solo 3;

b) l’importo è inferiore rispetto alla gara relativa alla ristorazione oggetto della sentenza n. 1350/2019 né consente di assimilare la presente gara con le macro-gare CONSIP;

c) la gara è stata preceduta da consultazioni di mercato, cui hanno partecipato la PMI e l’associazione di categoria delle medie imprese e nessun rilievo è stato svolto sulla suddivisione in lotti e sulla mancanza del vincolo di aggiudicazione; 

d) l’appalto in questione non determina un mercato chiuso, in quanto il servizio del lavanolo non si riferisce solo alle strutture sanitarie ed ospedaliere pubbliche e, comunque, quello aggiudicato copre circa il 60% di esso;

e) i requisiti di partecipazione alla gara erano idonei a favorire la concorrenza e la partecipazione delle PMI, infatti: 

(i) la capacità economica richiesta era pari a due annualità poste a base di gara;

(ii) in caso di partecipazione a più lotti era richiesta la sola capacità economica per il lotto di importo più elevato;

(iii) era possibile partecipare a tutti i lotti anche in conformazioni diverse;

(iv) per la capacità economico-finanziaria era richiesto il fatturato specifico nel settore del solo lavaggio e non del lavanolo, ampliando la platea dei possibili concorrenti.

- non sono stati evidenziate clausole particolari, come quella relativa ai “centri di cottura”, idonee a falsare la concorrenza, come nel caso deciso con la sentenza n. 1350/2019, che hanno supportato il giudizio di inidoneità della suddivisione in lotti.

Inoltre, come già rilevato, la suddivisione in lotti non ha impedito alla ricorrente Adapta di partecipare alla gara e di classificarsi al secondo posto; nessun rilievo è stato svolto in relazione a specifiche clausole della legge di gara deducendone la loro anticoncorrenzialità.

8. - Quanto alla mancata previsione del c.d. vincolo di aggiudicazione è sufficiente richiamare i principi in precedenza esposti nelle sentenze di questa Sezione n. 2881/2020 e n. 3682/2020, sottolineando che la previsione di tale clausola costituisce una mera facoltà per la stazione appaltante e che, quindi, dall’omessa previsione del vincolo di aggiudicazione non può automaticamente desumersi la violazione delle norme sulla concorrenza; come ricordato correttamente dalla Sezione nella sentenza n. 3682/2020 il c.d. vincolo di aggiudicazione può prestarsi anche ad “accordi” tra le concorrenti, in violazione del principio di concorrenza.

9. - In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado.

10. - Le spese del doppio grado possono compensarsi tra le parti tenuto conto dell’alterno esito dei giudizi e dell’oscillazione della giurisprudenza in ordine alle problematiche oggetto della presente controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

La sentenza in esame suscita particolare interesse in quanto consolida i principi di diritto affermati in recenti pronunce in materia di suddivisione degli appalti in lotti e vincolo di aggiudicazione.

L’oggetto della contesa verte sulla legittimità di una procedura di evidenza pubblica, suddivisa in cinque lotti, indetta dalla Centrale di committenza per la Regione Veneto per l’affidamento del servizio avente ad oggetto il c.d. lavanolo ospedaliero. Più precisamente, il ricorrente ha contestato le regole con cui è stata strutturata la gara e, in particolare, la decisione della stazione appaltante di suddividere l’appalto in cinque maxi lotti, senza prevedere alcun vincolo di aggiudicazione. Secondo la prospettazione dell’operatore economico, tale scelta avrebbe determinato infatti l’insorgenza di una situazione di monopolio in favore dell’impresa risultata poi aggiudicataria di tutti i lotti.

La tematica innanzi richiamata è disciplinata dall’art. 51 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50, che ha sostanzialmente confermato il principio già sancito dall’art. 2, comma 1-bis dell’abrogato D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (introdotto con l'art. 44, comma 7, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214 e successivamente modificato dall'art. 1, comma 2, D.L. 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 135 e dall'art. 26-bis, comma 1, D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98). La vigente disposizione normativa stabilisce espressamente che: 

1. Nel rispetto della disciplina comunitaria in materia di appalti pubblici, sia nei settori ordinari che nei settori speciali, al fine di favorire l'accesso delle microimprese, piccole e medie imprese, le stazioni appaltanti suddividono gli appalti in lotti funzionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera qq), ovvero in lotti prestazionali di cui all'articolo 3, comma 1, lettera ggggg), in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture. Le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell'appalto in lotti nel bando di gara o nella lettera di invito e nella relazione unica di cui agli articoli 99 e 139. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l'effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese. E’ fatto divieto alle stazioni appaltanti di suddividere in lotti al solo fine di eludere l'applicazione delle disposizioni del presente codice, nonché di aggiudicare tramite l'aggregazione artificiosa degli appalti.

Questa previsione riflette l’impostazione complessiva della direttiva 2014/24/UE la quale, da un lato, nel “Considerando (2)” pone il sostegno alle PMI tra i cardini informatori dell’attuazione della strategia “Europa 2020”, dall’altro, nell’art. 46 prevede delle disposizioni del tutto identiche a quelle in precedenza già introdotte nel nostro ordinamento giuridico. 

Occorre evidenziare che la suddivisione di un appalto in lotti è volta ad assicurare la tutela della concorrenza – sotto il profilo della massima partecipazione alle gare – e della non discriminazione tra i concorrenti, ossia finalità di eminente interesse pubblico che, trascendendo le vicende della singola gara, attengono all’ordinato ed equilibrato sviluppo economico della società intera (cfr. in questi termini, Cons. Stato, Sez. III, 4 marzo 2019, n. 1491).

Appare opportuno evidenziare che questa scelta costituisce “una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall’ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico” (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 22 febbraio 2018, n. 1138) e deve essere “funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza” (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 2 gennaio 2020, n. 25). 

Ed invero, come qualsiasi scelta della pubblica amministrazione, tale decisione “si presta ad essere sindacata in sede giurisdizionale amministrativa e ciò ancorché l’incontestabile ampiezza del margine di valutazione attribuito all’amministrazione in questo ambito conduca per converso a confinare questo sindacato nei noti limiti rappresentati dai canoni generali dell’agire amministrativo, ovvero della ragionevolezza e della proporzionalità, oltre che dell’adeguatezza dell’istruttoria”. (cfr. cit. Cons. Stato, Sez. VI, 2 gennaio 2020, n. 25; Sez. III, 21 marzo 2019, n. 1857; Sez. V, 3 aprile 2018, n. 2044; 6 marzo 2017, n. 1038).

Come più volte chiarito dalla giurisprudenza, in via generale, sussiste una tendenziale preferenza dell’ordinamento per una ragionevole divisione in lotti fondata non solo sulla menzionata esigenza di favorire le PMI, ma anche, e soprattutto, “di assicurare realmente la libera concorrenza e la massima partecipazione non solo al momento dell’effettuazione della gara ma anche in relazione a tutto il periodo successivo di svolgimento del rapporto” (cfr. cit. Cons. Stato, Sez. III, 4 marzo 2019, n. 1491; 26 febbraio 2019, n. 1350; cit. Sez. V, 3 aprile 2018, n. 2044). 

Tuttavia, il principio sancito dall’art. 51 del D.Lgs. n. 50/2016 non costituisce una regola inderogabile; la norma, infatti, consente alla stazione appaltante di derogarvi per giustificati motivi, che devono puntualmente essere espressi nel bando o nella lettera di invito, essendo il precetto funzionale alla tutela della concorrenza, la cui violazione si verifica in caso di previsione di lotti di importo spropositato e riferiti ad ambiti territorialmente incongrui (cfr. ex multis Cons. Stato, Sez. V, 7 febbraio 2020, n. 973; cit. 6 marzo 2017, n. 1038; cit. Sez. III 21 marzo 2019, n. 1857; cit. 22 febbraio 2018, n. 1138).

Pertanto, è di fondamentale importanza verificare se la stazione appaltante abbia ottemperato all’obbligo di motivazione allorquando decida di derogare alla regola generale. 

Nella fattispecie in esame, il giudice di primo grado aveva reputato “illegittima la legge di gara (e in via derivata l’aggiudicazione dei singoli lotti impugnati), ritenendo non sufficientemente motivata la decisione della stazione appaltante di suddividere la gara in cinque macro lotti, senza prevedere alcun vincolo di aggiudicazione” (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. III, 27 novembre 2019, n. 1288). In dettaglio, i giudici amministrativi veneti, richiamando i consolidati principi espressi dal Consiglio di Stato nella citata sentenza della Terza Sezione n. 1350 del 2019, hanno rilevato la genericità, l’apoditticità e l’apparenza della motivazione dalla quale non era possibile evincere “le ragioni che hanno guidato la stazione appaltante nella scelta di strutturare la gara, secondo regole (basso numero dei lotti in cui l’appalto è stato suddiviso; loro rilevante importo; notevole estensione temporale; assenza del vincolo di aggiudicazione) idonee a restringere la concorrenza e a favorire la formazione di un vero e proprio “mercato chiuso” del settore del cd. lavanolo ospedaliero per circa il 60-65% del fabbisogno regionale, per un importo rilevantissimo (quasi 140 milioni di euro) e per un periodo prolungato (5 anni rinnovabile per ulteriori anni 2)”. Pertanto, il giudice di prime cure, ritenendo che la legge di gara avesse tradito lo spirito e gli obiettivi della normativa nazionale ed europea in tema di appalti, aveva accolto il ricorso e annullato gli atti della procedura di gara con conseguente annullamento, in via di illegittimità derivata, dell’aggiudicazione dei lotti in contestazione. 

A diverse conclusioni è pervenuto il Consiglio di Stato nella sentenza in commento che, pur richiamando la medesima decisione, ha messo in evidenza le differenze sostanziali intercorrenti tra i due contenziosi e ha ritenuto, al contrario, che la ripartizione in lotti non presentasse vizi di palese irragionevolezza, sproporzionalità e di carenza di istruttoria.

In secondo luogo, il ricorrente ha censurato la scelta dell’Amministrazione di non prevedere alcun vincolo di aggiudicazione. Al riguardo, il comma 3 del predetto art. 51 del Codice dei contratti pubblici stabilisce testualmente quanto segue:

“3. Le stazioni appaltanti possono, anche ove esista la facoltà di presentare offerte per alcuni o per tutti i lotti, limitare il numero di lotti che possono essere aggiudicati a un solo offerente, a condizione che il numero massimo di lotti per offerente sia indicato nel bando di gara o nell'invito a confermare interesse, a presentare offerte o a negoziare. Nei medesimi documenti di gara indicano, altresì, le regole o i criteri oggettivi e non discriminatori che intendono applicare per determinare quali lotti saranno aggiudicati, qualora l'applicazione dei criteri di. aggiudicazione comporti l'aggiudicazione ad un solo offerente di un numero di lotti superiore al numero massimo.

Dunque, la norma configura il vincolo quale mera facoltà esercitabile dalle stazioni appaltanti. Al riguardo, i giudici di Palazzo Spada, aderendo al recente indirizzo ermeneutico compendiato nelle sentenze n. 2881/2020 e n. 3682/2020 della Terza Sezione, ha ribadito che “la previsione di tale clausola costituisce una mera facoltà per la stazione appaltante e che, quindi, dall’omessa previsione del vincolo di aggiudicazione non può automaticamente desumersi la violazione delle norme sulla concorrenza”, aggiungendo altresì che “il c.d. vincolo di aggiudicazione può prestarsi anche ad “accordi” tra le concorrenti, in violazione del principio di concorrenza”.

Pertanto, alla stregua delle suesposte argomentazioni, il Consiglio di Stato ha accolto l’appello proposto dall’aggiudicataria e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, ha respinto il ricorso di primo grado.