Consiglio di Stato, Sez. V, 12.05.2020, n. 2969

In sede di gara d’appalto e allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione, mentre le seconde si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante.

Le proposte migliorative consistono pertanto in soluzioni tecniche che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara, investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell’opera, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste”.

La sentenza in argomento merita particolare attenzione in quanto la stessa prende in esame la delicata materia degli interventi sul progetto oggetto di appalto che possono essere effettuati dall’operatore economico.

Come detto la tematica in esame riveste un ruolo essenziale, specialmente in considerazione degli eventi verificatesi, nel contesto nazionale ed internazionale, a causa della recente epidemia da Covid-19 che ha drasticamente frenato le procedure di gara pubbliche.

Nello specifico la pronuncia sofferma l’attenzione sugli interventi che possono essere compiuti a favore di un’opera; in particolare quali azioni siano in grado di incidere, in modo più o meno rigoroso, sull’attività della stessa impresa interessata alla realizzazione della suddetta opera.

In effetti la richiamata distinzione riguarda il differente modus operandi che, nel caso di utilizzo dell'offerta economicamente più vantaggiosa, intercorre tra le “soluzioni migliorative” da apportare all’opera, e le specifiche “varianti” che possono riguardare lo stesso progetto.

Nella fattispecie in esame il Consiglio di Stato riesce a delimitare l’ambito operativo dei due istituti, cosi come disciplinati dall’articolo 95 del Codice degli appalti. Il Collegio, infatti, anche con il conforto della numerosa giurisprudenza, sottolinea come gli stessi, pur rientrando, come detto, nel raggio di azione del citato articolo 95, possano tuttavia produrre effetti giuridici palesemente differenti.

In particolare le suddette “soluzioni migliorative” costituiscono un istituto in grado di produrre miglioramenti tecnici al progetto senza che quest’ultimo venga essenzialmente intaccato nel corpo centrale; in pratica, con il ricorso alle suddette migliorie, l’operatore economico acquista uno spazio di libertà nel modus agendi. Nello specifico quest’ultimo può qualificare meglio il programma operando in un campo caratterizzato, come detto, da ampia libertà; non solo, il medesimo operatore riesce a trovare soluzioni tecniche atte a far si che le stesse possano determinare l’attuazione del progetto nel miglior modo possibile, configurandosi, pertanto, come integrazioni e precisazioni. Contestualmente l’aspetto limitativo che si configura in merito alle citate soluzioni migliorative consiste nel fatto che le aziende interessate non possono intaccare in alcun modo le caratteristiche del piano, già precedentemente stabilite dall’Amministrazione.

A seguire il supremo Consesso esamina il secondo istituto, le “varianti”, che, in contrapposizione alle suddette migliorie, generano un effettivo e concreto coinvolgimento di entrambi gli attori, la stazione appaltante e l’operatore economico.

Tale elemento induce a notare come il ricorso alle varianti possa incidere profondamente sul progetto originale dell’opera in quanto si concretizza l’intervento effettivo della stazione appaltante. Infatti quest’ultima deve necessariamente compiere una nuova attività discrezionale finalizzata all’approvazione della modifica apportata dall’operatore economico al progetto “dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale”.

In definitiva, secondo il supremo Consesso. le soluzioni migliorative, a differenza delle varianti, riguardano singole lavorazioni e singoli aspetti tecnici dell’offerta che possono essere oggetto di differenti soluzioni; quest’ultime, senza intaccare, come detto, il progetto originario, lo rendono tuttavia più corrispondente alle esigenze della medesima stazione appaltante.

In conclusione il Collegio afferma come il concorrente possa ricorrere alla modifica progettuale solo nel caso in cui tale intervento rientri nel campo di azione della discrezionalità riconosciuta all’operatore oppure sia effettivamente prevista dal bando di gara.

In caso contrario si verificherebbe un’inaccettabile difformità alle previsioni previste proprio dalla lex specialis che comporterebbero, inevitabilmente, l’esclusione dell’offerente, in base al noto principio “aliud pro alio”.  

LEGGI LA SENTENZA

Pubblicato il 12/05/2020

N. 02969/2020REG.PROV.COLL.

N. 07365/2017 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 7365 del 2017, proposto da
Collini Lavori s.p.a., in proprio e nella qualità di mandataria del Rti con Ediltione s.p.a., Progress s.p.a. e Cooperativa Lagorai, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Antonio Tita, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Francesco Vannicelli in Roma, via Varrone, n. 9;

contro

Consorzio Integra soc. coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Saverio Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, p.zza S. Lorenzo in Lucina, n. 26;

nei confronti

Provincia Autonoma di Trento, Agenzia Provinciale per gli Appalti e Contratti - Apac, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale regionale di giustizia amministrativa della Provincia di Trento n. 00252/2017, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale del Consorzio Integra soc. coop.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, comma 10, Cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2020 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Cinquemani per delega di Tita, e Sticchi Damiani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

1. Con bando in data 8 febbraio 2016 la Provincia autonoma di Trento indiceva procedura di gara per l’affidamento dell’appalto per la progettazione ed esecuzione dei lavori di costruzione di nuovi laboratori per l’innovazione, sviluppo e ricerca presso il “Polo Meccatronica” di Rovereto che veniva aggiudicata al Rti capeggiato dalla Collini Lavori s.p.a.

2. Avverso l’aggiudicazione e gli altri atti di gara proponeva ricorso, integrato da motivi aggiunti, il Consorzio Integra, capogruppo del Rti secondo classificato in graduatoria, che lamentava l’inammissibilità dell’offerta del Rti aggiudicatario e la sua irregolare presentazione.

La Collini lavori proponeva a sua volta ricorso incidentale, di natura escludente, anch’esso integrato da motivi aggiunti, deducendo l’illegittima ammissione alla gara del Rti ricorrente.

3. Il Tribunale amministrativo adìto, nella resistenza della Provincia autonoma di Trento - oltreché, in relazione ai reciproci ricorsi, della Collini Lavori e del Consorzio Integra - accoglieva parzialmente entrambi i ricorsi annullando l’ammissione alla gara del Consorzio Integra nonché l’ammissione alla stessa e la successiva aggiudicazione in favore della Collini Lavori.

4. Avverso la sentenza ha proposto appello principale la Collini Lavori, nella qualità in atti, deducendo:

I) error in procedendo: mancata e/o errata applicazione dei principi processuali in tema di rapporto tra ricorso incidentale e principale; in particolare, erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto di esaminare il ricorso principale pur a fronte del previo accoglimento del ricorso incidentale escludente;

II) error in iudicando sull’asserita fondatezza del secondo motivo aggiunto al ricorso proposto dal Consorzio Integra: mancata e/o errata applicazione della lex specialis di gara, della direttiva del Dipartimento lavori pubblici, trasporti e reti della Provincia autonoma di Trento del maggio 2008, denominata “Prima direttiva per l’applicazione del Decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti 14 gennaio 2008 in materia di nuove norme tecniche per le costruzioni” e del d.m. Ministero infrastrutture e trasporti del 14 gennaio 2008;

III) error in iudicando sull’asserita infondatezza degli ulteriori motivi del ricorso incidentale spiegato da Collini Lavori: mancata e/o errata applicazione della lex specialis di gara, dell’allegato b) d.p.p. 11 maggio 2012 n. 9-84/Leg., degli artt. 37, 46 comma 1-bis, e 74 d.lgs n. 163 del 2006, dell’art. 263 d.P.R. n. 207 del 2010 e dell’art. 28 d.p.p. n. 9-84/Leg./2012.

5. S’è costituito in giudizio il Consorzio Integra, anch’esso nella qualità in atti, resistendo all’appello e proponendo anche appello incidentale autonomo coi seguenti motivi:

I) erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha accolto il primo motivo aggiunto al ricorso incidentale;

II) erroneità della sentenza appellata nella parte in cui ha rigettato il primo motivo del ricorso principale e il primo dei motivi aggiunti al ricorso principale proposti in primo grado: violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 5-quinquies, l.p. n. 26 del 1993, in relazione all’art. 20 l.p. n. 26 del 1993; violazione e falsa applicazione degli artt. 16 e 17 l.p. n. 26 del 1993 e allegati b) e c) d.p.p. 11 maggio 2012, n. 9/84/Leg.; violazione e falsa applicazione del bando di gara; eccesso di potere sotto il profilo del presupposto e della insufficiente istruttoria;

III) erroneità della sentenza appellata nella parte in cui non ha esaminato il secondo motivo del ricorso principale di primo grado: violazione e falsa applicazione della lex specialis di gara; violazione dell’art. 35-bis l.p. n. 26 del 1993; eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà e del difetto di motivazione; eccesso di potere sotto il profilo dell’erronea valutazione dei presupposti; violazione del principio del giusto procedimento e di buona amministrazione; violazione del principio di par condicio;

IV) erroneità della sentenza appellata nella parte in cui non ha esaminato il terzo motivo aggiunto al ricorso principale di primo grado: violazione della lex specialis di gara, par. 3.10 “vincoli strutturali” del documento 3880 120 002 “capitolato speciale di appalto - clausole tecniche”; eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà e del difetto di motivazione; eccesso di potere sotto il profilo dell’erronea valutazione dei presupposti; violazione del principio del giusto procedimento e di buona amministrazione; violazione del principio di par condicio;

V) erroneità della sentenza nella parte in cui non ha esaminato il quarto motivo aggiunto al ricorso principale di primo grado: violazione e falsa applicazione della lex specialis di gara, par. 4, 5, 6, 7 e 8 del documento 3880 120 002 “capitolato speciale di appalto - clausole tecniche”, 3880 110 005 “relazione specialistica sugli impianti”, 3880 120 003 “capitolato speciale di appalto - clausole tecniche - schede”; eccesso di potere sotto il profilo della contraddittorietà e del difetto di motivazione; eccesso di potere sotto il profilo dell’erronea valutazione dei presupposti; violazione del principio del giusto procedimento e di buona amministrazione; violazione del principio di par condicio;

VI) erroneità della sentenza appellata nella parte in cui non ha esaminato e/o ha implicitamente rigettato l’istanza di declaratoria di inefficacia del contratto e di condanna al subentro.

Resiste all’appello incidentale la Collini Lavori.

6. Nonostante regolare notifica degli appelli, non s’è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Trento.

7. Giusta ordinanza n. 7 del 2 gennaio 2019 la Sezione ha disposto la sospensione impropria del processo a fronte della pendenza davanti alla Corte di Giustizia della questione sui rapporti fra ricorso principale e ricorso incidentale escludente in presenza di altre offerte in gara, questione sollevata con ordinanza n. 6 del 2018 dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato e qui rilevante per la decisione del primo motivo dell’appello principale.

8. A seguito della pronuncia della Corte del 6 settembre 2019 (causa C-333/18) il giudizio è stato riattivato giusta istanze di fissazione udienza proposte da entrambe le parti costituite.

9. Dopo la rituale discussione all’udienza pubblica del 13 febbraio 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni preliminari stante l’infondatezza nel merito di entrambi gli appelli.

2. Col primo motivo dell’appello principale la Collini Lavori deduce l’illegittimità dell’esame del ricorso principale pur a seguito di accoglimento del ricorso incidentale escludente in presenza di altre offerte, la cui difettosità non risulterebbe debitamente provata, nonché a fronte di vizi del tutto diversi denunciati a carico del ricorrente incidentale rispetto a quelli rilevanti nei confronti del ricorrente principale. In definitiva, una volta accolto il ricorso principale, quello incidentale avrebbe dovuto essere dichiarato improcedibile per carenza d’interesse.

2.1. Il motivo è infondato.

2.1.1. La questione sollevata, lungamente dibattuta nella giurisprudenza interna ed europea, attiene al rapporto fra l’esame del ricorso incidentale escludente - con cui si censura l’ammissione alla gara del ricorrente principale, con effetti potenzialmente rifluenti sulle condizioni dell’azione dello stesso ricorso, in specie sul sottostante interesse ad agire e sulla legittimazione - e lo scrutinio del ricorso principale.

Sul punto è sufficiente ricordare che da ultimo con la sentenza del 6 settembre 2019, in causa C-333/18, la Corte di Giustizia (proprio decidendo la questione pregiudiziale che le era stata sottoposta dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 6 del 2018) ha affermato che “l’articolo 1, paragrafo 1, terzo comma, e paragrafo 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un ricorso principale, proposto da un offerente che abbia interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e che sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o delle norme che traspongono quest’ultimo, ed inteso ad ottenere l’esclusione di un altro offerente, venga dichiarato irricevibile in applicazione delle norme o delle prassi giurisprudenziali procedurali nazionali disciplinanti il trattamento dei ricorsi intesi alla reciproca esclusione, quali che siano il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto e il numero di quelli che hanno presentato ricorsi”.

La Corte ha evidenziato che “quando, a seguito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, due offerenti presentano ricorsi intesi alla reciproca esclusione, ciascuno di detti offerenti ha interesse ad ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto (…). Infatti, da un lato, l’esclusione di un offerente può far sì che l’altro ottenga l’appalto direttamente nell’ambito della stessa procedura. Dall’altro lato, nell’ipotesi di un’esclusione di tutti gli offerenti e dell’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione di appalto pubblico, ciascuno degli offerenti potrebbe parteciparvi e quindi ottenere indirettamente l’appalto (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, PFE,C‑689/13, EU:C:2016:199, punto 27)”.

La regola del necessario scrutinio di ambedue i ricorsi, già affermata in caso di assenza di altri concorrenti in gara (Corte di Giustizia, 4 luglio 2013, causa C-100/12), nonché di presenza di altre offerte potenzialmente viziate (Corte di Giustizia, 5 aprile 2016, causa C-689/13) “risulta applicabile anche quando, come nella controversia di cui al procedimento principale, altri offerenti abbiano presentato offerte nell’ambito della procedura di affidamento e i ricorsi intesi alla reciproca esclusione non riguardino offerte siffatte classificate alle spalle delle offerte costituenti l’oggetto dei suddetti ricorsi per esclusione”.

Il principio del necessario esame dei ricorsi reciprocamente escludenti, fondato sul rilievo “secondo cui gli interessi perseguiti nell’ambito di ricorsi intesi alla reciproca esclusione sono considerati in linea di principio equivalenti” si traduce, per il giudice investito di tali ricorsi, “nell’obbligo di non dichiarare irricevibile il ricorso per esclusione principale in applicazione delle norme procedurali nazionali che prevedono l’esame prioritario del ricorso incidentale proposto da un altro offerente”.

Da ciò consegue che “la ricevibilità del ricorso principale non può - a pena di pregiudicare l’effetto utile della direttiva 89/665 - essere subordinata alla previa constatazione che tutte le offerte classificate alle spalle di quella dell’offerente autore di detto ricorso sono anch’esse irregolari. Tale ricevibilità non può neppure essere subordinata alla condizione che il suddetto offerente fornisca la prova del fatto che l’amministrazione aggiudicatrice sarà indotta a ripetere la procedura di affidamento di appalto pubblico. L’esistenza di una possibilità siffatta deve essere considerata in proposito sufficiente”.

Alla stregua di tali principi la doglianza formulata dalla Collini Lavori è infondata.

2.1.2. Né può sostenersi che, essendo frattanto intervenuta nella procedura in esame l’aggiudicazione in favore di altro concorrente utilmente collocato in graduatoria (i.e., aggiudicazione disposta in favore della I. s.p.a. il 31 gennaio 2019, la cui impugnativa è stata dichiarata inammissibile dal Trga Trento giusta sentenze n. 51 e 52 del 22 marzo 2019) con conseguente evidenza della non perseguibilità della riedizione della gara, l’interesse al ricorso principale sia per ciò venuto meno.

Come emerge proprio dalla citata sentenza della Corte di Giustizia costituisce valido interesse, idoneo a sorreggere il ricorso, anche la mera chance o possibilità di riedizione della gara controversa.

Pertanto il fatto che, in esecuzione della sentenza di primo grado, detta chance - ben assicurata dall’effetto demolitorio della decisione - non sia pervenuta a buon fine per effetto dell’aggiudicazione disposta in favore di altro concorrente in graduatoria non vale di per sé a escludere l’interesse al ricorso del Consorzio Integra.

Infatti, secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale, l’interesse ad agire si collega alla “lesione della posizione giuridica del soggetto” e sussiste qualora “sia individuabile un’utilità della quale esso fruirebbe per effetto della rimozione del provvedimento” (Cons. Stato, II, 20 giugno 2019, n. 4233); esso è individuato in particolare nel vantaggio che il ricorrente può conseguire per effetto dell’accoglimento del ricorso, e consiste nella “concreta possibilità di perseguire un bene della vita, anche di natura morale o residuale, attraverso il processo, in corrispondenza ad una lesione diretta ed attuale dell’interesse protetto” (Cons. Stato, V, 7 gennaio 2020, n. 83; II, 24 giugno 2019, n. 4305; IV, 1 marzo 2017, n. 934; 23 agosto 2016, n. 3672; VI, 21 marzo 2016, n. 1156; IV, 20 agosto 2015, n. 3952).

2.1.3. Nel caso di specie la lesione dell’interesse del ricorrente alla possibile riedizione della procedura (oltreché all’affidamento in proprio favore della commessa) nasce di per sé dal provvedimento gravato, avente a oggetto l’aggiudicazione della gara nei confronti della controinteressata.

Né il fatto che nelle more sia stata disposta l’aggiudicazione ad altra impresa utilmente collocata in graduatoria vale a far venir meno l’interesse al ricorso, atteso che questo si collega alla mera possibilità di riedizione della gara, non già all’effettiva rinnovazione della stessa, e tale possibilità non può ritenersi retrospettivamente travolta dalla successiva mancata riedizione in conseguenza dell’aggiudicazione eseguita in attuazione della sentenza. Tanto più che lo stesso interesse ad agire va valutato in termini astratti, con riferimento al contenuto della domanda, e non scundum eventum litis (cfr., inter multis, Cons. Stato, V, 22 ottobre 2019, n. 7156; 4 ottobre 2019, n. 6689; VI, 17 aprile 2018, n. 2313), sicché le vicende esecutive della sentenza rappresentano un posterius che non può rifluire a monte sino a travolgere l’interesse a ricorrere, che ne costituisce piuttosto un presupposto antecedente. Tanto ciò è vero che, in caso d’ipotetico riconoscimento del difetto d’interesse, l’annullamento della sentenza farebbe rivivere di per sé il provvedimento originario d’aggiudicazione, così conducendo alla (paradossale) rivitalizzazione anche dell’interesse ritenuto carente.

3. Col secondo motivo di gravame l’appellante principale censura l’accoglimento della doglianza con cui la ricorrente aveva dedotto in primo grado l’inadeguatezza del progetto dell’aggiudicataria in relazione alla classe d’uso dell’edificio a fini antisismici.

Secondo l’appellante la sentenza avrebbe erroneamente ricavato dalla lex specialis il requisito della classe d’uso III anziché solo II, come in realtà prevista; in ogni caso il progetto presentato soddisferebbe anche i più elevati requisiti prescritti per la classe d’uso III, sicché l’offerta era comunque conforme alle previsioni di gara.

3.1. Il motivo non merita favorevole considerazione.

3.1.1. La sentenza ha accolto la doglianza formulata dal Consorzio Integra ritenendo da un lato che la lex specialis prescriveva per l’edificio la classe d’uso III e dall’altro che l’offerta della Collini Lavori era difforme da tale prescrizione, avendo a oggetto un edificio di classe d’uso II, dando luogo ad un inammissibile aliud pro alio.

Tali conclusioni non risultano erronee o irragionevoli ed anzi trovano adeguate conferme dall’esame delle prescrizioni di gara.

3.1.2. Quanto alla classe d’uso prescritta dai documenti di gara, essa coincide con la III, così come ritenuto dalla sentenza appellata.

In proposito, è vero che il paragrafo 3.11 delle clausole tecniche del capitolato speciale (documento n. 3880, cat. 120, tav. 002), vincolanti ai sensi degli artt. 1, comma 4 e 11, comma 1 del capitolato, prevede “ai fini del dimensionamento delle nuove costruzioni” la classe d’uso II, ma a sua volta la relazione geologico geotecnica (documento n. 3880, cat. 340, tav. 001), richiamata dalle stesse clausole tecniche, prevedeva a tal fine, al paragrafo 4, il riferimento alla “classe 3”.

Sul punto la stazione appaltante, sollecitata con apposito quesito (“si chiede di voler… precisare a quale delle due prescrizioni dovrà fare riferimento il progetto definitivo”), con nota del 24 maggio 2016 ha chiarito che “la prescrizione da considerare è quella riportata al paragrafo 4 (…) della relazione geologico geotecnica”, la quale veniva riportata anche testualmente nei seguenti termini: “si assume che l’edificio oggetto dell’intervento sia di Classe 3 e che la vita nominale (VN) sia pari a 100 anni”.

Tale chiarimento costituisce una (legittima) interpretazione autentica della stazione appaltante idonea a chiarire la volontà provvedimentale, e tale da rendere univoco il dettato originariamente incerto (cfr. al riguardo, inter multis, Cons. Stato, V, 25 febbraio 2019, n. 1247 e 1248; III, 29 gennaio 2019, n. 726; 7 febbraio 2018, n. 781; V, 27 aprile 2015, n. 2097).

Il che è peraltro coerente con la normativa di settore a fronte delle caratteristiche dell’opera, atteso che le direttive provinciali adottate in relazione all’applicazione del d.m. 14 gennaio 2008, recante «Approvazione delle nuove norme tecniche per le costruzioni», espressamente prescrivono la classe d’uso III rispetto a “sale convegni, con capacità superiore a 50 posti a sedere”, come in specie previsto nel progetto della Collini Lavori.

Né vale affermare, in senso contrario, che detta prescrizione sia applicabile ai soli edifici deputati in via “prevalente e continuativa” a sala convegni, atteso che non v’è ragione per escludere il medesimo regime tecnico - in difetto di indicazioni testuali rivenienti dalla direttive - a seconda che l’edificio si esaurisca nella sala convegni e vi coincida, ovvero la ricomprenda insieme con altri locali.

3.1.3. Il progetto della Collini Lavori prevedeva invece inequivocabilmente un edificio di classe d’uso II (cfr. la “relazione tecnico illustrativa opere strutturali”) ed era pertanto difforme dalle previsioni di gara.

Né può al riguardo opporsi la “vita nominale” di 100 anni prevista dal progetto, superiore a quella indicata nelle clausole tecniche del capitolato, atteso che da un lato ciò non incide di per sé sulla classe d’uso, che nella stessa enunciazione nel progetto dell’appellante risulta essere la II; dall’altro la nota geologica e lo stesso chiarimento reso dalla stazione appaltante prescrivevano comunque una vita nominale dell’edificio di 100 anni, sicché nessun profilo di miglioria è rinvenibile al riguardo nella previsione progettuale della Collini Lavori.

Ugualmente non vale sostenere che l’opera progettata dalla Collini integrava comunque i requisiti prescritti per la classe II, e che la rappresentazione fornita in proposito nel progetto risentiva in realtà di un dato prudenziale applicato sul cd. “fattore di struttura”: è sufficiente osservare che l’offerta non può che essere apprezzata e valutata, in fase di gara e in successiva sede giudiziale, per come formulata e resa palese dal concorrente attraverso il progetto presentato, non modificabile successivamente, né tanto meno emendabile in relazione ai calcoli sottostanti.

Il che vale, in sede giudiziale, anche alla luce dell’oggetto della cognizione rimessa al giudice amministrativo, costituito dalla legittimità dell’azione amministrativa per come svoltasi, e dunque a fronte della documentazione d’offerta presentata in gara dai concorrenti: rispetto a ciò, non può assumere rilievo una diversa prospettazione dei contenuti o anche dei soli dati di calcolo esposti nell’offerta, che esorbiterebbe da quanto apprezzato dall’amministrazione in sede procedimentale e darebbe luogo, in ogni caso, a una forma di inammissibile “soccorso” impingente su profili di contenuto sostanziale dell’offerta.

4. Con il terzo motivo la Collini Lavori censura il rigetto delle doglianze già formulate nel ricorso incidentale, ma non accolte dalla sentenza, con le quali si deduceva la necessaria esclusione del Consorzio Integra per omessa sottoscrizione di un allegato al progetto (i.e., “elenco descrittivo delle voci”) da parte di tutti i progettisti, nonché per l’inserimento fra i progettisti di un geologo, in violazione dei requisiti di qualificazione previsti dalla lex specialis.

4.1. Le doglianze sono improcedibili per difetto d’interesse a fronte dal rigetto dell’appello incidentale del Consorzio Integra (su cui v. infra, sub § 6 ss.), da cui discende la conferma di per sé dell’esclusione dalla gara dello stesso (v. peraltro infra, sub § 7.1, in ordine all’ulteriore profilo di doglianza sollevato dalla Collini, relativo alla nullità di clausola della lex specialis, assorbito in conseguenza dell’improcedibilità del simmetrico motivo dell’appello incidentale).

5. In conclusione l’appello principale è infondato e va respinto.

6. Col primo motivo d’appello incidentale il Consorzio Integra si duole dell’accoglimento della censura con cui la Collini Lavori aveva dedotto in primo grado la necessaria esclusione del Consorzio per difformità della sua offerta dalle prescrizioni di gara in relazione alla componente impiantistica del progetto: la sentenza avrebbe errato nel ritenere l’offerta del Consorzio priva delle dotazioni impiantistiche primarie, atteso che il progetto presentato risultava nel complesso rispettoso delle previsioni della lex specialis e prevedeva alcuni elementi migliorativi rispetto alle stesse.

6.1. Il motivo è da respingere.

6.1.1. La sentenza ha accolto la doglianza formulata dalla Collini Lavori in primo grado ritenendo che il progetto presentato dal Consorzio Integra fosse difforme dalle previsioni di gara in quanto non contenente lo sprinkler in relazione alla dotazione impiantistica e antincendio, fosse inoltre privo del gruppo elettrogeno e del gruppo di continuità e perciò configurasse un’ipotesi di aliud pro alio.

Deve rilevarsi che le citate clausole tecniche del capitolato speciale prevedevano espressamente sia un impianto di protezione attiva automatica cd. “sprinkler” a servizio dell’autorimessa interrata (oltreché dei depositi e dei locali a rischio specifico) nell’ambito delle dotazioni antincendio (cfr. le clausole tecniche, in particolare, par. 5.10, nonché par. 8.1 con specifico riferimento all’autorimessa), sia il gruppo elettrogeno e il gruppo di continuità nel quadro dell’impiantistica (cfr., in particolare, par. 6.1); lo stesso risultava dalla “relazione specialistica sugli impianti”, che includeva gli elementi (sub par. 2.7 e 2.9) fra quelli previsti e definiti secondo criteri volti a garantire “il soddisfacimento delle caratteristiche prestazionali minime richieste” (cfr. par. 2).

L’art. 1, comma 4, del richiamato capitolato speciale prevedeva in proposito che “i requisiti tecnici minimi per la progettazione ed esecuzione dell’opera sono (…) riportati [proprio nel suddetto] documento (…) capitolato speciale d’appalto - clausole tecniche” (v. anche l’art. 11, comma 1, da cui risultava parimenti il carattere vincolante delle clausole tecniche del capitolato).

Le previsioni contenute nelle clausole tecniche costituivano pertanto le prescrizioni minime inderogabili cui i concorrenti erano chiamati ad attenersi nella predisposizione dei loro progetti.

6.1.2. Nell’affrontare la questione dei margini di derogabilità o modificabilità delle previsioni tecniche contenute nella lex specialis la giurisprudenza ha posto in risalto che “è stato precisato (da ultimo Cons. Stato, sez. V, 3 maggio 2019, n. 2873) che ‘…in sede di gara d’appalto e allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione, mentre le seconde si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante (…)” (Cons. Stato, V, 8 ottobre 2019, n. 6793; 17 gennaio 2018, n. 269 e 270; VI, 19 giugno 2017, n. 2969; CGA, 30 aprile 2018, n. 251).

In tale prospettiva “le proposte migliorative consistono pertanto in soluzioni tecniche che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara, investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell’opera, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste” (Cons. Stato, n. 6793 del 2019, cit.; Id., V, 14 settembre 2018, n. 5388).

In definitiva, solo allorché la modifica progettuale sia ricompresa entro i margini di discrezionalità riconosciuti all’operatore, ovvero sia espressamente prevista dalla lex specialis può essere legittimamente apportata dal concorrente; diversamente, si sarà in presenza d’una inammissibile difformità dalle previsioni di gara, con conseguente esclusione dell’offerta per integrato aliud pro alio.

6.1.3. Nel caso di specie lo stesso Consorzio Integra ammette di avere omesso nel proprio progetto l’impianto “sprinkler” nella dotazione antincendio relativa all’autorimessa, pur deducendo che la (diversa) soluzione progettuale proposta, incentrata su un differente sfruttamento degli spazi, “risolverebbe (…) in modo diverso, decisamente più efficace e migliorativo, il tema della sicurezza antincendio dell’autorimessa, adottando una strategia di protezione passiva, sempre preferibile perché ad efficacia certa ed indipendente da sistemi di protezione attiva, come l’impianto sprinkler” (cfr. appello incidentale, pag. 9).

Il che è sufficiente a ravvisare - al di là della fondatezza o meno delle valutazioni tecniche esposte, contraddette dalla Collini Lavori - una difformità dalle previsioni di gara idonea a determinare aliud pro alio.

Lo stesso è a dirsi in relazione al gruppo di continuità e al gruppo elettrogeno previsti nelle clausole tecniche di gara, dei quali il Consorzio Integra ha parimenti ammesso l’assenza nel proprio progetto, affermando che “nell’offerta di Integra sono esplicitamente escluse le forniture sia del gruppo elettrogeno sia di un gruppo di continuità (UPS). La ragione di tale esclusione è nella volontà di Integra di formulare un’offerta economica rispettosa della insufficiente base d’asta. Nella relazione tecnica di progetto ed all’interno degli elaborati grafici di progetto tali esclusioni sono chiaramente indicate” (cfr. memoria in primo grado Consorzio Integra del 4 luglio 2017, pag. 33 s.).

In particolare, a fronte di clausole tecniche che prescrivevano inequivocamente l’inserimento di detti impianti, indicandone anche le principali caratteristiche tecniche e requisiti performativi (cfr. par. 6.1, cit., che prevede “gruppo elettrogeno con un’autonomia di esercizio pari ad almeno 10 ore”, nonché varie indicazioni in merito a sistema di continuità-UPS; nello stesso senso, par. 2.9 della relazione specialistica sugli impianti, cit.; v. al riguardo anche le collegate schede tecniche di dettaglio), la relazione tecnico illustrativa presentata dal Consorzio espressamente indicava, nella “sintesi degli interventi da realizzare”, che per il “gruppo elettrogeno” era “prevista la sola predisposizione”, e lo stesso per il gruppo di continuità UPS da 400kVA (“per le apparecchiature Gruppo Elettrogeno P=1250kVA e UPS P=400KVA a servizio delle utenze informatiche si prevede la sola predisposizione: la fornitura e posa risulta esclusa dalla presente fornitura”, cfr. par. 1.1.1 della relazione); il che veniva confermato in dettaglio anche nella sezione dedicata alle “opere da realizzare” (cfr. par 2.2), ove risultava la mera predisposizione dei suddetti impianti, salva l’installazione di due soli UPS, l’uno da “1000VA Aut. 70min. a 0.8kW per l’alimentazione dei servizi del locale MT utente” l’altro “P=10kVA Aut. 15min. a 7,5kW servizio degli Aux del QGUTENZE della Cabina di Trasformazione”, difettando in ogni caso l’installazione del gruppo elettrogeno, per cui era prevista la mera “predisposizione”.

Anche rispetto a tali componenti l’appellante incidentale ha qui posto in risalto l’irrilevanza della “circostanza che nell’offerta Integra non siano compresi il gruppo elettrogeno ed un UPS di elevata potenza”: ciò sia in relazione al criterio di flessibilità dei laboratori, “essendo le linee e le utenze di emergenza completamente previste così come i loro sganci”, sia rispetto alle prestazioni energetiche dell’edificio, “non dipendendo le prestazioni energetiche dell’edificio dalla presenza o meno di un gruppo elettrogeno o di un gruppo di continuità in aggiunta” (cfr. memoria 28 gennaio 2020, pag. 8; memoria 27 marzo 2018, pag. 5).

Il che non vale tuttavia a superare i profili di difformità dalle previsioni di gara, tali da rendere l’offerta inammissibile in quanto irrispettosa di quanto richiesto dalla lex specialis; la stessa circostanza che il disciplinare abbia previsto criteri valutativi (quali “l’ottimizzazione delle performances energetiche”) in tesi non sacrificati dalla diversa soluzione offerta dal Consorzio Integra non vale a obliterare le chiare e vincolanti prescrizioni sul necessario inserimento nel progetto del gruppo elettrogeno e di continuità (oltreché dello sprinkler) nei termini previsti dalle clausole tecniche e disattesi dal Consorzio.

Né rilevano, in senso inverso, le variazioni e gli adeguamenti progettuali consentiti per gli appalti integrati dall’art. 95 d.p.p. 11 maggio 2012, n. 9-84/Leg., richiamato anche dal capitolato, da attuarsi nella fase successiva all’aggiudicazione, atteso che detti adeguamenti non possono servire per superare le chiare e rilevanti difformità progettuali rispetto alla lex specialis, e dunque per sanare le originarie violazioni delle prescrizioni tecniche di gara.

Neppure rileva il richiamo al principio di equivalenza di cui all’art. 68 d.lgs. n. 163 del 2006 e all’art. 12 l.p. n. 26 del 1993, che trova applicazione per le singole specifiche tecniche, e dunque “in presenza di una specifica in senso propriamente tecnico, e cioè di uno standard - espresso in termini di certificazione, omologazione, attestazione, o in altro modo - capace di individuare e sintetizzare alcune caratteristiche proprie del bene o del servizio”, non già rispetto al contenuto e alle componenti strutturali del progetto definite nei documenti di gara (cfr. Cons. Stato, V, 25 luglio 2019, n. 5258, che si sofferma sulla corrispondente disposizione di cui all’art. 68 d.lgs. n. 50 del 2016).

Per questo, il motivo si rivela infondato e va respinto, unitamente al dipendente sesto motivo, con cui è stata reiterata la richiesta di subentro nell’affidamento controverso.

7. Con i successivi motivi d’appello il Consorzio Integra reitera le censure escludenti nei confronti della Collini Lavori formulate in considerazione della carenza della figura del geologo fra i progettisti, dell’omessa sottoscrizione di tutte le pagine dei documenti dell’offerta economica e dei difetti progettuali dell’offerta della controinteressata, con particolare riguardo alla cd. “gru a ponte” e alla dotazione impiantistica.

7.1. Anche tali motivi, in quanto diretti all’esclusione della Collini Lavori, risultano improcedibili per carenza d’interesse a fronte del consolidamento della suddetta esclusione in esito al rigetto dell’appello principale, con conseguente assorbimento anche dell’eccezione di nullità della clausola di gara relativa alla sottoscrizione di tutte le pagine di alcuni documenti d’offerta riproposta dall’appellante principale quale motivo di doglianza, nonché ex art. 101, comma 2, Cod. proc. amm. a fronte della rinnovazione del corrispondente motivo escludente da parte dell’appellante incidentale.

8. In conclusione vanno respinti sia l’appello principale sia l’appello incidentale.

9. Attesa la reciproca soccombenza, le spese di lite sono integralmente compensate fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, respinge l’appello principale e l’appello incidentale;

Compensa integralmente le spese fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 febbraio 2020 con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere

Federico Di Matteo, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere, Estensore