Cons. Stato, sez. V, 24 febbraio 2020, n. 1371

Nel procedimento di verifica dell’anomalia la competenza spetta al RUP ma negli appalti aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa tale valutazione viene fatta con l’ausilio della commissione giudicatrice. In sostanza, per gli appalti in cui, per il criterio di selezione, la valutazione dell’offerta dal punto di vista tecnico si presenta più complessa, viene indicata la necessità di un “intervento” da parte della commissione esaminatrice che ha già esaminato l’offerta anche nelle sue componenti tecniche. Il riferimento al “supporto” da parte della commissione esaminatrice nella valutazione di anomalia contenuto nelle linee Guida ANAC palesa, quindi, l’esigenza che il RUP, prima di assumere le valutazioni definitive in ordine al giudizio di anomalia, chieda il parere, se pure, non vincolante, della commissione.

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1317 del 2019, proposto da
Croce Rossa Italiana – Comitato di Udine Onlus, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca De Pauli e Luca Mazzeo, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Luca Mazzeo in Roma, alla via Eustachio Manfredi, 5;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Cooperativa Stella soc. coop. sociale, in proprio e quale mandante del costituendo raggruppamento temporaneo di imprese con Coop. Soc. Badia Grande, non costituite in giudizio;
Società Cooperativa Sociale Consorzio Matrix, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Ceceri, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli - Venezia Giulia, sez. I, n. 54/2019, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Società Cooperativa Sociale Consorzio Matrix;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 novembre 2019 il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti gli avvocati Caruso, in sostituzione dell'avv. Mazzeo, Ceceri e l’avvocato dello Stato Federica Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, Croce Rossa Italiana – Comitato di Udine Onlus, come in atti rappresentata e difesa, premetteva di aver partecipato (relativamente al lotto n. 1, avente ad oggetto “fornitura di servizi alla persona, gestione amministrativa, assistenza sanitaria, distribuzione dei beni e servizi connessi”) alla procedura aperta, indetta dalla Prefettura di Udine determina prot. n. 6502 del 31 gennaio 2018, per la fornitura, per il periodo dal 1° giugno 2018 al 31 maggio 2019, di beni e servizi relativi al funzionamento del Centro accoglienza per richiedenti asilo di Udine, classificandosi al secondo posto in graduatoria, subito dopo la concorrente Coop. Soc. Badia Grande.

L’appellante precisava che – essendo risultate anomale le offerte formulate dai due primi graduati – l’Amministrazione aveva proceduto alla necessaria verifica di congruità che, all’esito di articolata interlocuzione, si era conclusa per entrambi negativamente, con il critico riscontro, relativamente alla propria offerta, della “mancata valutazione integrale del costo tabellare medio del personale”, inclusivo delle sostituzioni per ferie, malattie e altre cause di legittima assenza dal servizio.

L’appellante poi esponeva che la conseguente aggiudicazione, disposta dalla stazione appaltante a favore del terzo graduato (il raggruppamento temporaneo di imprese capeggiato dalla società cooperativa Consorzio Matrix), era stata impugnata dinanzi al Tribunale amministrativo per il Friuli – Venezia Giulia per lamentare, anche attraverso la formalizzazione di motivi aggiunti: a) l’incompetenza della Commissione a disporre la verifica della anomalia; b) l’illegittimità dell’aggravamento procedimentale; c) l’esistenza di plurimi errori e travisamenti nell’apprezzamento di anomalia.

Con ordinanza cautelare n. 109, resa inter partes alla camera di consiglio del 7 ottobre 2018, quel giudice aveva disposto il complessivo riesame del subprocedimento di valutazione dell’anomalia, sollecitando “adeguata e intellegibile motivazione” a supporto della rinnovanda determinazione.

Avendo la Prefettura confermato il giudizio di anomalia, l’appellante aveva presentato nuovi motivi aggiunti, lamentando: a) la violazione del contenuto conformativo della ordinanza cautelare, anche alla luce del fatto che il secondo giudizio di anomalia era risultato fondato su elementi del tutto nuovi e rispetto ai quali non vi era stata garanzia di contraddittorio; b) la complessiva erroneità degli apprezzamenti effettuati e delle rassegnate conclusioni.

Nel rituale contraddittorio delle parti, con sentenza n. 54 del 5 febbraio 2019 il giudice adito aveva dichiarato il ricorso in parte improcedibile (relativamente alle determinazioni relative alla prima dichiarazione di anomalia, superate dal rinnovato apprezzamento reso all’esito della misura cautelare propulsiva), in parte infondato, nel merito delle formalizzate ragioni di doglianza.

La sentenza è contestata dall’appellante, che ne lamenta la complessiva erroneità e ne domanda l’integrale riforma.

Si sono costituiti, per resistere al gravame, il Ministro dell’Interno e la società cooperativa Consorzio Matrix.

Alla pubblica udienza del 28 novembre 2019, sulle reiterate conclusioni dei difensori delle parti, la causa veniva riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- L’appello non è fondato e va respinto.

2.- L’appellante affida al gravame un duplice ordine di censure:

a) per un verso (con il primo motivo) l’appello contesta la declaratoria di improcedibilità in parte qua del ricorso di primo grado (reiterando, per tal via, le doglianze assorbite dalla decisione in rito, con le quali aveva lamentato l’incompetenza della Commissione ai fini del giudizio di anomalia e l’aggravio procedimentale correlato alla reiterata richiesta di integrazioni esplicative alle fornite giustificazioni);

b) per altro verso (con il secondo, il terzo e il quarto motivo) l’appello lamenta l’erroneità del giudizio di non congruenza della propria offerta, con il quale: b1) sarebbe stato considerato il contratto collettivo ANFASS anziché quello ANPAS; b2) sarebbero stati erroneamente inclusi nel costo della manodopera il cd. “delta” (pari a € 113.263,81) e l’aliquota IRAP; b3) sarebbe stata erroneamente applicata l’indennità di lavoro notturna; b4) sarebbe stato trascurato l’apporto del personale volontario impiegato; b5) sarebbe stata utilizzata, da parte del RUP, una tabella di calcolo errata; b6) sarebbe stato violato, in sede di rinnovazione del giudizio di anomalia, il vincolo conformativo derivante dalla ordinanza cautelare resa inter partes.

3.- Sotto un primo profilo, l’appellante lamenta che la valutazione di non congruità della propria offerta sia stata adottata, in sede procedimentale, direttamente dalla commissione di gara e non già dal responsabile del procedimento, con conseguente alterazione dell’ordine legale delle competenze.

3.1.- L’assunto non è persuasivo.

Vero è che la giurisprudenza formatasi nella vigenza del d. lgs. n. 163 del 2016 (cfr., in particolare, gli artt. 84 e 88, comma 1-bis) assumeva, in effetti, che nelle gare pubbliche da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, quando si apre la fase di verifica delle offerte anormalmente basse la commissione aggiudicatrice avesse ormai esaurito il proprio compito, essendosi, in tale momento, già proceduto alla valutazione delle offerte tecniche ed economiche, all'assegnazione dei relativi punteggi ed alla formazione della graduatoria provvisoria tra le offerte: di tal che una sua riconvocazione era ipotizzabile, di norma, solo se, in sede di controllo sulle attività compiute, fossero emersi errori o lacune tali da imporre una rinnovazione delle valutazioni, oltre che nell'ipotesi di regressione della procedura a seguito di annullamento giurisdizionale (in termini, cfr. Cons. Stato, V, 24 luglio 2017, n. 3646; Id., V, 10 febbraio 2015, n. 689; Id., ad. plen., 29 novembre 2012, n. 36).

È, in effetti, fisiologico che sia il RUP, in tale fase, ad intervenire con la propria funzione di verifica e supervisione sull'operato della commissione aggiudicatrice, in ordine alle offerte sospette di anomalia: del resto, ben diverse sono le valutazioni da compiersi nell'ambito del subprocedimento di verifica di anomalia, rispetto a quelle compiute dalla commissione in sede di esame delle offerte. Invero, mentre la commissione deve soprattutto esprimere un giudizio sulla qualità dell'offerta, concentrando la propria attenzione sui suoi elementi tecnici, invece il giudizio di anomalia si concentra sull'offerta economica e, segnatamente, su una o più voci di prezzo considerate non in linea con i valori di mercato o, comunque, con i prezzi ragionevolmente sostenibili. Inoltre, mentre la valutazione delle offerte tecniche dei concorrenti è compiuta dalla commissione aggiudicatrice su base comparativa, dovendo i punteggi essere attribuiti attraverso la ponderazione di ciascun elemento dell'offerta, al contrario il giudizio di congruità o non congruità di un'offerta economica è formulato in assoluto, avendo riguardo all'affidabilità dei prezzi praticati ex se considerati (così, ancora, Cons. Stato, V, n. 3646/2017).

Tali conclusioni meritano, in generale, di essere confermate anche nella vigenza del d.lgs. n. 50 del 2016 (Codice degli appalti pubblici), che non contiene elementi che depongano per il passaggio delle competenze inerenti alla verifica dell’offerta anomala in capo alla commissione giudicatrice, di cui all’art. 77 d.lgs. n. 50 del 2016, in grado di supportare un mutamento rispetto all’orientamento formatosi in vigenza del previgente Codice dei contratti pubblici.

Segnatamente, l’attuale art. 97 del d.lgs. n. 50 del 2016, continua ad attribuire tale competenza (in conformità al previgente art. 84 del d. lgs. n. 163 del 2006) alla «stazione appaltante», senza ulteriori specificazioni. Inoltre, l’art. 31 d.lgs. n. 50 del 2016, oltre a indicare alcuni specifici compiti del RUP, delinea la sua competenza in termini residuali precisando che «quest’ultimo, svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti». Tra i espressamente attribuiti alla Commissione giudicatrice di cui all’art. 77 non figura la verifica dell’anomalia dell’offerta.

Si deve, nondimeno, escludere che si tratti di competenza non derogabile e che, pertanto, il RUP possa in concreto delegare il relativo apprezzamento, di carattere eminentemente tecnico, proprio alla commissione giudicatrice, in considerazione della posizione che questa riveste nel procedimento di gara, in quanto composta da “esperti nello specifico settore cui afferisce l’oggetto del contratto” (cfr. Cons. Stato, III, 21 luglio 2017, n. 3615).

Coerentemente, le Linee guida ANAC n. 3 del 2016 relative al RUP (approvate con deliberazione n. 1096 del 26 ottobre 2016), specificamente previste dall’art. 31, comma 5, del Codice, prescrivono: a) che nel, caso di aggiudicazione con il criterio del minor prezzo, il RUP si occupi direttamente della verifica di anomalia (potendo, peraltro, affidarsi, in caso di valutazioni particolarmente complesse, alla struttura di supporto o alla speciale commissione istituita ai sensi dell’art. 31, comma 9); b) che, nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, rilevante nel caso di specie, la valutazione sia effettuata dal RUP “con il supporto” della commissione giudicatrice.

Quest’ultimo precetto, quindi, conferma la competenza in capo al RUP delle valutazioni di anomalia di offerta ma prevede che, per gli appalti aggiudicati con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, tale valutazione venga fatta con l’ausilio della commissione giudicatrice. In sostanza, per gli appalti in cui, per il criterio di selezione, la valutazione dell’offerta dal punto di vista tecnico si presenta più complessa, viene indicata la necessità di un “intervento” da parte della commissione esaminatrice che ha già esaminato l’offerta anche nelle sue componenti tecniche.

Il che, a ben considerare, appare coerente con l’art. 77 del Codice, nella parte in cui rimette l’apprezzamento anche dei profili economici (oltreché di quelli tecnici) alla commissione composta di esperti.

Il riferimento al “supporto” da parte della commissione esaminatrice nella valutazione di anomalia contenuto nelle linee Guida ANAC palesa, quindi, l’esigenza che il RUP, prima di assumere le valutazioni definitive in ordine al giudizio di anomalia, chieda il parere, se pure, non vincolante, della commissione.

Né, vale soggiungere, può essere utilmente invocato il principio di speditezza o non aggravio del procedimento amministrativo: e ciò in quanto, con ogni evidenza, le esigenze di valutazione ponderata, attenta e competente dell’anomalia dell’offerta devono ritenersi senz’altro prevalenti su una (generica ed inqualificata) esigenza di celerità.

3.2.- Ciò posto, osserva il Collegio, tali modalità operative risultano rispettate nella vicenda in esame, che ha visto il RUP sollecitare il parere della Commissione, al quale ha ritenuto di conformarsi (peraltro neppure integralmente).

Ne discende – di là ogni rilievo in ordine alla ritenuta improcedibilità, in parte qua, del ricorso di primo grado – l’assorbente infondatezza delle ventilate ragioni di doglianza.

4.- Sotto distinto profilo, l’appellante lamenta che il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta si sia svolto con illegittimo aggravio procedimentale, posto che, in thesi, l’art. 97 del Codice prevederebbe una (sola) richiesta da parte della stazione appaltante e una sola risposta (c.d. one shot) da parte dell’operatore economico, senza possibilità di successive interlocuzioni e di ulteriori ampliamenti, nell’ottica della massima concentrazione e speditezza.

4.1.- L’assunto, prima che infondato, è inammissibile.

Non è dato, in effetti, rilevare quale pregiudizio possa discendere, in capo al concorrente chiamato a giustificare il tenore anomalo della propria offerta, dalla sollecitazione di chiarimenti ulteriori ed integrativi, quando siano preordinati a colmare l’insufficienza o l’inidoneità delle osservazioni giustificative già rese: la dilazione della fase procedimentale è, in effetti, destinata ad operare, in tali casi, in bonam partem.

Naturalmente, ciò che resta precluso alla stazione appaltante è di parcellizzare abusivamente la richiesta di chiarimenti, ovvero di ampliare o rimodulare, con plurime e successive istanze, l’ambito delle giustificazioni richieste. Ma, nel caso di specie, i chiarimenti richiesti si sono concentrati sui medesimi aspetti e profili già oggetto della prima interlocuzione procedimentale, che l’appellante – a giudizio della commissione – non aveva sufficientemente chiarito.

5.- Con distinto motivo di appello, si contesta, nel merito, la ritenuta insuperabilità dei profili di anomalia riscontrati.

In particolare, l’appellante assume criticamente che il RUP:

a) avrebbe erroneamente applicato, ai fini del calcolo del costo della manodopera, la tabella ministeriale allegata al CCNL ANFFASS (Associazione nazionale famiglie di disabili intellettivi e relazionali), anziché quella relativa al CCNL ANPAS (Associazione nazionale pubbliche assistenze), deducendo tale errore dalla circostanza che nella cd. “tabella croce RUP” viene riportato il valore numerico di 432 relativo alle ore “non lavorate”;

b) avrebbe travisato il senso delle proprie giustificazioni, laddove, ai fini del calcolo del costo della manodopera, avrebbe computato anche il cd. “delta” (pari a € 113.263,81), e cioè l’importo pari alla differenza tra l’offerta economica complessiva (€ 1.940.748,80) e il costo della manodopera integrale (cioè quello calcolato senza l’apporto di personale volontario, pari a € 1.827.484,99);

c) avrebbe incluso nel calcolo del costo effettivo della manodopera il costo dell’IRAP che, a suo avviso, non avrebbe dovuto essere considerato, essendovi le ONLUS esentate in virtù della L.R. n. 3/2002;

d) avrebbe erroneamente applicato l’indennità notturna (pari a € 2,50) per il periodo orario 20.00-08.00 e non per il periodo 22.00-06.00;

e) avrebbe sottostimato l’apporto del personale volontario.

5.1.- Le censure non sono fondate.

In via preliminare, occorre premettere che, per consolidato intendimento, il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzato ad accertare l’attendibilità e la serietà dell’offerta, nonché l’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte (cfr. Cons. Stato, V, 16 aprile 2019, n. 2496; Id., III, 29 marzo 2019, n. 2079; V, 5 marzo 2019, n. 1538); a tal fine, la valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce esercizio di discrezionalità tecnica insindacabile in sede giurisdizionale se non per illogicità, manifesta irragionevolezza, arbitrarietà (cfr. Cons. Stato, V, 26 giugno 2019, n. 44; Id., V, 3 gennaio 1019, n. 69; Id., VI, 3 dicembre 2018, n. 6838.

Ne discende che, in caso di negativo riscontro delle giustificazioni, è onere della parte individuare gli specifici elementi da cui si possa evincere, in sede giudiziale, che la valutazione tecnico-discrezionale dell’amministrazione sia stata manifestamente irragionevole ovvero sia stata basata su fatti erronei o travisati (Cons. Stato, V, 24 agosto 2018, n. 5047; Id., V, 30 marzo 2017, n. 1465).

Inoltre, proprio in considerazione del ridetto carattere globale e complessivo dell’apprezzamento di affidabilità, è onere della parte confutare tutti gli aspetti in base ai quali la stazione appaltante abbia ritenuto l’insufficienza delle giustificazioni fornite in sede di contraddittorio (dovendo, in difetto, operare il consolidato canone conservativo che salvaguarda gli atti c.d. plurimotivati da censure non idonee a superare tutti i profili giustificativi).

5.2.- Ciò premesso, nel caso di specie il RUP ha ritenuto, sul punto avallando le valutazioni formulate dalla Commissione giudicatrice:

a) che il costo della manodopera, analiticamente individuato dall’appellante nella propria offerta, non contemplasse una serie di voci fondamentali (incidenza delle ore non lavorate; incidenza del lavoro notturno; rimborso delle spese da corrispondere obbligatoriamente al personale volontario);

b) che il costo del personale fosse stato calcolato per un periodo di tempo inferiore rispetto alla intera durata dell’appalto, risultando, perciò sottostimato;

c) che emergesse, in concreto, una discrepanza tra il costo presunto del personale indicato nelle giustificazioni (stimati in: € 1.800.937,55 nella relazione del 29 maggio e in € 1.827.484,80 in quella del 19 giugno) e quello indicato nell’offerta economica (importo ricostruito sommando aritmeticamente le singole voci di costo delle figure professionali indicate nell’offerta economica, pari a € 1.921.560,004);

d) che ci fosse un errore di calcolo delle ore della figura del direttore [cfr. tabella pag. 6 giustificativi del 19 giugno ove risultano offerte per tale figura professionale 82 ore anziché 92 ore (e cioè: 36 ore per 1 direttore richiesto dal capitolato + 36 ore per 1 direttore offerto in aggiunta + 20 ore indicate nell’offerta tecnica = 92 ore)].

5.3.- Osserva il Collegio che, a fronte dei circostanziati rilievi ed alle evidenziate discrepanze operate dal RUP, l’appellante non ha fornito giustificazioni esaustive e compiute.

In particolare, a fronte della reiterata richiesta di illustrare il costo orario “reale” (id est, comprensivo degli oneri datoriali per le sostituzioni per ferie, malattie e ogni altra causa di legittima assenza dal lavoratore) e “globale” (id est, comprensivo del personale minimo e di quello aggiuntivo offerti) applicato al personale dipendente per ogni tipo di qualifica, è stato evidenziato il calcolo inclusivo del solo costo delle ferie e dei permessi retribuiti (quantificati in n. 216 ore), escludendo gli oneri per malattie, gravidanza, festività, etc..

Orbene, è noto che, per il costo orario del personale, da dimostrare in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta, non va assunto a criterio di calcolo il “monte-ore teorico”, comprensivo cioè anche delle ore medie annue non lavorate (per ferie, festività, assemblee, studio, malattia, formazione, etc.) di un lavoratore che presti servizio per tutto l’anno; ma va, appunto, considerato il “costo reale” (o costo ore lavorate effettive, comprensive dei costi delle sostituzioni), atteso che il costo tabellare medio è indicativo di quello “effettivo”, che include i costi delle sostituzioni cui il datore di lavoro deve provvedere per ferie, malattie e tutte le altre cause di legittima assenza del lavoratore.

L’omissione, sul punto, è perciò obiettivamente significativa. Né rileva la dichiarazione dell’appellante di utilizzare “personale volontario” al fine di “ridurre l’apporto orario del personale retribuito”, posto che l’utilizzo di personale volontario in sostituzione di personale dipendente è idoneo a garantire, in caso di assenza, la continuità del servizio, ma non altera il regime retributivo della manodopera assunta (posto che, all’evidenza, il personale dipendente, in caso di assenza dal lavoro, deve comunque essere retribuito per ferie, malattie, permessi, formazione professionale, ecc.: voci di costo che, appunto, sono state omesse nell’offerta della dell’appellante, che neppure ha evidenziato le somme da corrispondere, in caso di occorrenza, al personale volontario a titolo di rimborso delle spese sostenute).

In proposito, è parimenti significativo l’omesso calcolo della incidenza, sul complessivo onere per la manodopera, del maggior costo del lavoro notturno (pari a 2,50 €/h): ciò in quanto l’appellante non ha idoneamente dimostrato che il RUP, come essa presume, abbia, in realtà, parametrato l’incidenza del lavoro notturno per un arco temporale diverso e più lungo, rispetto a quello contrattuale (dalle 20.00 alle 08.00, invece che dalle 22.00 alle 06.00).

Del resto, anche applicando la maggiorazione per lavoro notturno al numero di operatori notturni (sette) che l’appellante ha dichiarato di voler impiegare, per otto ore giornaliere (appunto dalle 22.00 alle 06.00, come indicato), l’importo complessivo, non indicato nell’offerta né evidenziato in sede giustificativa, ammonterebbe a € 51.000 (considerati 365 giorni annui), cui andrebbero aggiunti i contributi previdenziali e assicurativi a carico dell’azienda, pari al 26,90% Inps più lo 0.8% INAIL).

5.5.- L’appellante non chiarisce, altresì, il rilievo del RUP secondo cui il calcolo del costo del personale impiegato per l’appalto sarebbe stato sufficiente a coprire solo 336 giorni e non, dunque, l’intero anno, composto da 365 giorni.

In effetti, la richiesta di chiarimenti muoveva dal riscontro che il calcolo del costo del personale fosse stato effettuato su base settimanale (7 giorni alla settimana per 4 settimane, per un totale di 28 giorni che, moltiplicato per 12 mesi, dà, appunto, 336 giorni), laddove avrebbe dovuto partire dal costo settimanale moltiplicato per 52 settimane: discendendone una differenza, non giustificata, di 29 giorni e, sul piano economico, una indicazione di € 1.827.484,99, in luogo di € 1.979.775: valore, peraltro, difforme sia da quello indicato in sede di offerta economica (€ 1.921.560,00), sia a quello indicato nei primi giustificativi (€ 1.800.937,55).

6.- I rilievi che precedono danno conto della complessiva correttezza del giudizio di anomalia dell’offerta.

L’appello, perciò, va complessivamente respinto.

La complessità delle questioni esaminate giustifica, peraltro, l’integrale compensazione, tra le parti costituite, di spese e competenze di lite.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2019.

 

 

 

 

GUIDA ALLA LETTURA

I criteri di aggiudicazione sono i metodi che, all’esito di una gara di appalto, permettono l’individuazione dell’offerta vincitrice.

La relativa disciplina trova regolamentazione negli artt. 95-97 del Codice dei contratti pubblici, nel richiamo ai criteri dell’offerta economicamente più vantaggiosa (criterio ordinario) e del prezzo più basso (criterio eccezionale), tanto al fine di non conferire alla stazione appaltante un potere di scelta illimitata del contraente: “essi garantiscono la possibilità di una concorrenza effettiva e sono accompagnati da specifiche che consentono l’efficace verifica delle informazioni fornite dagli offerenti al fine di valutare il grado di soddisfacimento dei criteri di aggiudicazione delle offerte” (art. 95 cod. appalti).

La norma pone, dunque, alle stazioni appaltanti l’onere di prestar maggior attenzione alle cosiddette offerte anomale ovvero a quelle troppo basse rispetto all’entità delle prestazioni richieste nel bando, tali da suscitare il sospetto della scarsa serietà dell’offerente e di una possibile non corretta esecuzione della prestazione contrattuale.

La questione centrale di diritto diventa, allora, individuare a quale organo compete procedere alla scrupolosa verifica della serietà e della attendibilità dell’offerta contestualizzata nella realtà di mercato e aziendale. Ergo, il problema si riversa nella vexata quaestio  se a decidere sulla congruità  debba essere la commissione di gara o il responsabile del procedimento incaricato dalla stazione appaltante, atteso che, in caso di violazioni di legge, la fase posta in essere dal soggetto incompetente determina, inesorabilmente, un vizio di legittimità del provvedimento di aggiudicazione definitiva.

La recentissima pronuncia in commento della V Sezione del Consiglio di Stato, in linea con il solco tracciato  della giurisprudenza consolidata e maggioritaria, non lascia spazio a dubbi: nel caso di appalto con aggiudicazione con il criterio del minor prezzo, il RUP si occupa direttamente della verifica di anomalia; nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa la valutazione va effettuata dal RUP “con il supporto” della commissione giudicatrice.

Invero deve preliminarmente rilevarsi che l’art. 97 d.lgs. 50/16 (in conformità al previgente art. 84 del d. lgs. n. 163 del 2006) stabilisce una generica competenza della stazione appaltante in ordine alla verifica di anomalia dell’offerta. A tal riguardo occorre evidenziare come sia il RUP sia la Commissione siano, nella normalità dei casi, organi della stazione appaltante, espressamente  richiamati in via alternativa dai commi 2 e 2-bis del su menzionato articolo come titolari del compito di valutazione delle offerte che rasentano un ribasso pari o superiore alla soglia di anomalia negli appalti aggiudicati con il parametro del prezzo più basso.

Tuttavia, se il dato letterale dell’art. 97 del codice in commento è insufficiente, l’interpretazione sistematica delle norme impone l’analisi congiunta con le linee guida dell’ANAC n. 3 del 2016, emanate in attuazione dell’art. 31, comma 5, del d.lgs n. 50/2016.

Segnatamente l’art. 31 d.lgs. n. 50 del 2016, oltre a indicare alcuni specifici compiti del RUP, delinea la sua competenza in termini residuali precisando che «quest’ultimo, svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti». Tra quelli espressamente attribuiti alla Commissione giudicatrice di cui all’art. 77 non figura la verifica dell’anomalia dell’offerta.

Coerentemente, spiega la giurisprudenza in esame, le Linee guida ANAC n. 3 del 2016, prescrivono: a) che nel, caso di aggiudicazione con il criterio del minor prezzo, il RUP si occupi direttamente della verifica di anomalia (potendo, peraltro, affidarsi, in caso di valutazioni particolarmente complesse, alla struttura di supporto o alla speciale commissione istituita ai sensi dell’art. 31, comma 9); b) che, nel caso di aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, rilevante nel caso di specie, la valutazione sia effettuata dal RUP “con il supporto” della commissione giudicatrice.

Se ne deduce che se da un lato il RUP è e rimane il vero e proprio “motore” della procedura selettiva dall’altro, con riferimento alle gare da aggiudicare con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, la commissione mantiene una sorta di “monopolio” (che si concretizza nell’emissioni di pareri non vincolanti) nella fase del subprocedimento collocato dopo l’apertura delle buste e prima dell’aggiudicazione dell’appalto (v. Cons. Stato III, 16 marzo 2012, n. 1467). In quest’ultima ipotesi, infatti, la valutazione dell’offerta dal punto di vista tecnico si presenta più complessa tanto da giustificare la necessità del “supporto”  da parte della commissione esaminatrice nella valutazione di anomalia e quindi, l’esigenza che il RUP, prima di assumere le valutazioni definitive, chieda il parere, se pure, non vincolante, della commissione

Alla medesima conclusione vi si giunge anche alla luce di un ragionamento meramente pragmatico, come da giurisprudenza formatasi nel regime antecedente al nuovo codice dei contratti pubblici e in vigenza dell’art. 88, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163.

Invero, se la commissione valuta le offerte tecniche ed economiche, assegna i punteggi e forma le graduatorie provvisorie, necessariamente esaurisce in questa prima fase il proprio compito lasciando fisiologicamente spazio al RUP nel successivo subprocedimento. Infatti, se la commissione ha il ruolo di valutare le offerte a monte –  valutazione comparativa e ponderata di tutti gli elementi tecnici delle singole offerte -, è il RUP  ad avere a valle una funzione di controllo non solo sull’operato della commissione di gara (nel caso di appalto da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa) e del seggio di gara (nel caso di appalto da aggiudicarsi al minor prezzo), ma anche delle restanti operazioni e seguenti provvedimenti da adottare – valutazione di congruità e affidabilità dei prezzi praticati ex se considerati - (Cons. Stato, se. V, 12 febbraio 2020, n. 1104; Cons. Stato, sez. V, 13 settembre 2018, n. 5371; Cons. Stato, sez. III, 19 giugno 2017, n. 2983; Cons. Stato, V, n. 3646/2017; Cons. Stato, sez. V, 6 maggio 2015, n. 2274; Cons. Sato, sez. V, 21 novembre 2014, n. 5760;).

Tuttavia un secondo nuovo intervento della commissione si impone e giustifica sia laddove, in sede di controllo sulle attività compiute, emergano errori o lacune tali da imporre una rinnovazione totale delle valutazioni (oltre che nell’ipotesi di regressione della procedura a seguito di annullamento giurisdizionale, come previsto dal comma 12 dell’art. 84, d.lgs. n. 163 del 2006), sia nell’ipotesi in cui sia necessario un ausilio tecnico al responsabile unico del procedimento negli appalti strutturalmente più complessi quali quelli conclusi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (Cons. Stato 9 marzo 2020, n. 1655 Il legislatore ha rimesso proprio al Rup ogni valutazione innanzitutto in ordine al soggetto cui affidare la verifica, non escludendo che, a seconda dei casi, possa ritenere sufficienti e adeguate le competenze degli uffici e organismi della stazione appaltante, o invece concludere nel senso della necessità di un nuovo coinvolgimento della commissione aggiudicatrice anche per la fase de qua”).

Sulla scorta di tali argomentazioni il Consiglio di Stato ha dunque rigettato l’impugnazione proposta dalla appellante, fondata sulla presunta incompetenza della Commissione nel giudizio di anomalia. Invero, la società, arrivata seconda nella gara indetta dal Comune per la fornitura di servizi e distribuzione di beni, con aggiudicazione all’offerta economicamente più vantaggiosa è stata scartata dal RUP che, come da protocollo, ha ritenuto l’offerta anomala e incongrua previo parere della commissione, al quale ha ritenuto di conformarsi, seppur in parte.

Né alcuna rilevanza può avere il secondo motivo di doglianza, che ritiene il doppio passaggio (parere della commissione – decisione del RUP) una mera dilazione del tempo di scelta in antitesi al principio di speditezza o non aggravio del procedimento amministrativo e ciò in quanto, con ogni evidenza, le esigenze di valutazione ponderata, attenta e competente dell’anomalia dell’offerta devono ritenersi senz’altro prevalenti su una (generica ed inqualificata) esigenza di celerità.

Da ultimo, per mera completezza di indagine, il Consiglio di Stato ha altresì ricordato che è onere della parte confutare tutti i valori ritenuti insufficienti dalla stazione appaltante, dovendo l’offerta essere precisa nell’analisi dei costi. Laddove la società, come nel caso di specie, si mantenga su costi tabellari medi non fornendo indicazioni precise, per esempio, sull’incidenza delle ore non lavorate, del lavoro notturno, del  rimborso delle spese da corrispondere obbligatoriamente al personale volontario, inevitabilmente falsa l’offerta impedendo alla stazione appaltante un giudizio globale e sintetico che costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che per la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato (Cons. di Stato, Sez. V, 28/5/2019 n. 3502).