Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sez. IX, C-152/2017

1. La direttiva 2004/17 e i principi generali ad essa sottesi devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a norme di diritto nazionale, come quelle di cui al procedimento principale, che non prevedono la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti rientranti nei settori considerati da tale direttiva.

 

SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

19 aprile 2018 (*)

Nella causa C‑152/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con ordinanza del 24 novembre 2016, pervenuta in cancelleria il 24 marzo 2017, nel procedimento

Consorzio Italian Management,

Catania Multiservizi SpA

contro

Rete Ferroviaria Italiana SpA,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da C. Vajda (relatore), presidente di sezione, E. Juhász e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il Consorzio Italian Management e la Catania Multiservizi SpA, da E. Giardino e A. Cariola, avvocati;

–        per la Rete Ferroviaria Italiana SpA, da U. Cossu, avvocato;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Fiorentino, avvocato dello Stato;

–        per il governo spagnolo, da M.J. García‑Valdecasas Dorrego, in qualità di agente;

–        per il Parlamento europeo, da L. Visaggio e R. van de Westelaken, in qualità di agenti;

–        per il Consiglio dell’Unione europea, da E. Moro e M. Balta, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da G. Gattinara e P. Ondrůšek, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, TUE, degli articoli 26, da 56 a 58 e 101 TFUE, dell’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») e della direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali (GU 2004, L 134, pag. 1), come modificata dal regolamento (UE) n. 1251/2011 della Commissione, del 30 novembre 2011 (GU 2011, L 319, pag. 43) (in prosieguo: la «direttiva 2004/17»), e sulla valutazione della validità della direttiva 2004/17.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, il Consorzio Italian Management e la Catania Multiservizi SpA e, dall’altro, la Rete Ferroviaria Italiana SpA (in prosieguo: la «RFI») in merito al rifiuto di quest’ultima di accogliere la loro domanda diretta, dopo l’aggiudicazione di un appalto vertente, segnatamente, su prestazioni di pulizia delle stazioni ferroviarie, alla revisione del prezzo di tale appalto.

Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        La direttiva 2004/17 istituisce un coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici in settori specifici, considerati agli articoli da 3 a 7 di quest’ultima, tra cui rientrano i servizi dei trasporti.

4        Contenuto nel capo III, intitolato «Principi generali», del titolo I di tale direttiva, l’articolo 10, rubricato «Principi per l’aggiudicazione degli appalti», è così formulato:

«Gli enti aggiudicatori trattano gli operatori economici su un piano di parità e in modo non discriminatorio e agiscono con trasparenza».

5        Ai sensi dell’articolo 16 di tale direttiva, intitolato «Importi delle soglie degli appalti»:

«La presente direttiva si applica agli appalti che non sono esclusi in virtù delle eccezioni di cui agli articoli da 19 a 26 o ai sensi dell’articolo 30 concernente l’esercizio dell’attività in questione e il cui valore stimato al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) è pari o superiore alle soglie seguenti:

a)      400 000 EUR per quanto riguarda gli appalti di forniture e di servizi;

(...)».

6        L’articolo 20 della medesima direttiva, intitolato «Appalti aggiudicati per fini diversi dall’esercizio di un’attività interessata o per [l]’esercizio di un’attività in un paese terzo», al paragrafo 1, così dispone:

«La presente direttiva non si applica agli appalti che gli enti aggiudicatori aggiudicano per scopi diversi dall’esercizio delle loro attività di cui agli articoli da 3 a 7 (...)».

7        L’articolo 55 della direttiva 2004/17, intitolato «Criteri di aggiudicazione degli appalti», al paragrafo 1, prevede quanto segue:

«Fatte salve le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative nazionali relative alla remunerazione di taluni servizi, i criteri su cui gli enti aggiudicatori si basano per aggiudicare gli appalti sono i seguenti:

a)      quando l’appalto è aggiudicato all’offerta economicamente più vantaggiosa dal punto di vista dell’ente aggiudicatore, diversi criteri collegati con l’oggetto dell’appalto in questione, quali i termini di consegna o di esecuzione, il costo di utilizzazione, l’economicità, la qualità, il carattere estetico e funzionale e le caratteristiche ambientali, il pregio tecnico, il servizio post vendita e l’assistenza tecnica, l’impegno in materia di pezzi di ricambio, la sicurezza di approvvigionamento e i prezzi; oppure

b)      esclusivamente il prezzo più basso».

8        Ai sensi dell’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte:

«Oltre al testo delle questioni sottoposte alla Corte in via pregiudiziale, la domanda di pronuncia pregiudiziale contiene:

a)      un’illustrazione sommaria dell’oggetto della controversia nonché dei fatti rilevanti, quali accertati dal giudice del rinvio o, quanto meno, un’illustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basano le questioni;

(...)

c)      l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla causa principale».

Diritto italiano

9        L’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo del 12 aprile 2006, n. 163 – Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (supplemento ordinario alla GURI n. 100, del 2 maggio 2006; in prosieguo il «decreto legislativo n. 163/2006»), così dispone:

«Per quanto non espressamente previsto nel presente codice, l’attività contrattuale dei soggetti di cui all’articolo 1 si svolge nel rispetto, altresì, delle disposizioni stabilite dal codice civile».

10      Ai sensi dell’articolo 115 del decreto legislativo n. 163/2006, rubricato «Adeguamenti dei prezzi»:

«1.      Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’articolo 7, comma 4, lettera c) e comma 5».

11      L’articolo 115 di tale decreto legislativo non era indicato tra le disposizioni di quest’ultimo che, ai sensi dell’articolo 206, erano applicabili agli appalti pubblici rientranti nei settori speciali corrispondenti a quelli di cui agli articoli da 3 a 7 della direttiva 2004/17.

12      L’articolo 1664 del codice civile, rubricato «Onerosità o difficoltà dell’esecuzione», al comma 1, prevede quanto segue:

«Qualora per effetto di circostanze imprevedibili si siano verificati aumenti o diminuzioni nel costo dei materiali o della mano d’opera, tali da determinare un aumento o una diminuzione superiori al decimo del prezzo complessivo convenuto, l’appaltatore o il committente possono chiedere una revisione del prezzo medesimo. La revisione può essere accordata solo per quella differenza che eccede il decimo».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

13      La RFI ha aggiudicato ai ricorrenti nel procedimento principale un appalto relativo ai servizi di pulizia, di mantenimento del decoro dei locali ed altre aree aperte al pubblico e servizi accessori ubicati in stazioni, impianti, uffici ed officine variamente dislocati nell’ambito della giurisdizione della Direzione compartimentale movimento di Cagliari (Italia). Il contratto conteneva una clausola specifica che stabiliva le modalità di revisione del prezzo concordato, le quali derogavano all’articolo 1664 del codice civile.

14      Durante l’esecuzione di tale appalto, i ricorrenti nel procedimento principale hanno chiesto alla RFI la revisione del prezzo dell’appalto precedentemente concordato affinché si tenesse conto di un incremento dei costi contrattuali dovuto all’aumento delle spese per il personale. Con decisione del 22 febbraio 2012 la RFI ha respinto tale domanda.

15      A seguito di tale rigetto, i ricorrenti nel procedimento principale hanno adito il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna (Italia) proponendo un ricorso diretto all’annullamento della decisione in parola.

16      Con sentenza dell’11 giugno 2014 il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna ha respinto il ricorso. Tale giudice ha ritenuto che l’articolo 115 del decreto legislativo n. 163/2006 non fosse applicabile agli appalti afferenti a settori speciali, come l’appalto di cui al procedimento principale. Detto giudice ha, infatti, considerato che le prestazioni di servizi di pulizia delle stazioni, impianti, uffici ed officine erano funzionali all’esercizio delle attività rientranti nei settori speciali, in quanto vertevano su elementi necessari facenti parte della rete di trasporto ferroviario. Tale giudice ha aggiunto che una revisione dei prezzi non era dovuta neppure in forza dell’articolo 1664 del codice civile, posto che le parti di un contratto possono derogare a tale disposizione inserendo in tale contratto una clausola contrattuale limitativa della revisione del prezzo, come è avvenuto nella causa di cui al procedimento principale.

17      I ricorrenti nel procedimento principale hanno presentato ricorso in appello avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio, sostenendo, nell’ambito del loro primo e secondo motivo, che all’appalto di cui al procedimento principale era applicabile l’articolo 115 del decreto legislativo n. 163/2006 o, in alternativa, l’articolo 1664 del codice civile, a differenza di quanto giudicato dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna. Inoltre, i ricorrenti nel procedimento principale hanno contestato la conformità al diritto dell’Unione, in particolare, degli articoli 115 e 206 del decreto legislativo n. 163/2006, sostenendo che tali disposizioni, nella parte in cui portano ad escludere la revisione dei prezzi nel settore dei trasporti e, segnatamente, nei relativi contratti di pulizia, erano contrarie, in particolare, all’articolo 3, paragrafo 3, TUE, agli articoli 26, 101 TFUE e seguenti, nonché alla direttiva 2004/17. La disciplina nazionale sarebbe così ultronea e ingiustificata rispetto alla legislazione dell’Unione. Tale disciplina sarebbe altresì ingiustamente sproporzionata e tale da porre l’impresa aggiudicataria di un appalto relativo a servizi di pulizia in posizione di soggezione e di debolezza nei confronti dell’impresa pubblica, producendosi in tal modo un ingiusto e sproporzionato disequilibrio contrattuale che finirebbe per alterare le regole di funzionamento del mercato. Infine, nell’ipotesi in cui l’esclusione della revisione dei prezzi in tutti i contratti stipulati e applicati nei settori speciali discendesse direttamente dalla direttiva 2004/17, quest’ultima non sarebbe valida.

18      Per quanto riguarda il primo motivo dedotto dai ricorrenti nel procedimento principale, il giudice del rinvio manifesta l’intenzione di respingerlo, confermando l’analisi del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, secondo la quale l’appalto di cui trattasi, essendo legato da un nesso di strumentalità ai settori speciali, rientra nelle disposizioni del decreto legislativo n. 163/2006 applicabile a tali settori. Il giudice del rinvio indica che esso intende respingere anche il secondo motivo dedotto dai ricorrenti nel procedimento principale in quanto: tali disposizioni, aventi carattere imperativo, prevalgono sull’articolo 1664 del codice civile; le parti nel procedimento principale hanno previsto una regola specifica che deroga a tale articolo e la condizione riguardante le «circostanze imprevedibili» di cui al suddetto articolo non era soddisfatta nel caso di specie. Tale giudice ritiene tuttavia che, poiché esso giudica in ultima istanza e poiché i ricorrenti di cui al procedimento principale gli hanno rivolto una richiesta in tal senso, gli spetta verificare la conformità al diritto dell’Unione, segnatamente, dell’articolo 206 del decreto legislativo n. 163/2006, nella parte in cui esclude l’applicabilità dell’articolo 115 di tale decreto non solo agli appalti rientranti nei settori speciali, ma altresì, in via d’interpretazione giurisprudenziale, agli appalti di servizi che, pur non rientrando nei settori speciali, sono a questi legati da un nesso di strumentalità. Inoltre, il giudice del rinvio ritiene di essere tenuto, conformemente alla giurisprudenza della Corte, a sottoporre a quest’ultima la questione della validità della direttiva 2004/17, sollevata dai ricorrenti nel procedimento principale.

19      Alla luce di quanto sopra, il Consiglio di Stato (Italia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se sia conforme al diritto dell’Unione (in particolare [agli] articoli 3, co. 3, TUE, articoli 26, 56-58 e 101 TFUE, articolo 16 [della Carta]) ed alla direttiva 2004/17 l’interpretazione del diritto interno che escluda la revisione dei prezzi nei contratti afferenti ai (...) settori speciali, con particolare riguardo a quelli con oggetto diverso da quelli cui si riferisce la stessa direttiva, ma legati a questi ultimi da un nesso di strumentalità.

2)      Se la direttiva 2004/17 (ove si ritenga che l’esclusione della revisione dei prezzi in tutti i contratti stipulati ed applicati nell’ambito dei (...) settori speciali discenda direttamente da essa), sia conforme ai principi dell’Unione europea (in particolare, agli articoli 3, co. 1 TUE, 26, 56-58 e 101 TFUE, articolo 16 [della Carta], “per l’ingiustizia, la sproporzionatezza, l’alterazione dell’equilibrio contrattuale e, pertanto, delle regole di un mercato efficiente”».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

20      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 3, TUE, gli articoli 26, da 56 a 58 e 101 TFUE, l’articolo 16 della Carta nonché la direttiva 2004/17 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a norme di diritto nazionale, come quelle di cui al procedimento principale, che non prevedono la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti nei settori considerati da tale direttiva.

21      In via preliminare, occorre rammentare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, la necessità di pervenire a un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo rispetti scrupolosamente i requisiti relativi al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale e indicati in maniera esplicita all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, i quali si presumono noti al giudice del rinvio (sentenza del 26 luglio 2017, Persidera, C‑112/16, EU:C:2017:597, punto 27, e giurisprudenza ivi citata). Tali requisiti sono inoltre richiamati nelle raccomandazioni della Corte all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2012, C 338, pag. 1).

22      Dunque, è indispensabile, come enunciato all’articolo 94, lettere a) e c), del regolamento di procedura, che la decisione di rinvio contenga, da un lato, un’illustrazione sommaria dei fatti rilevanti o, quanto meno, un’illustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basano le questioni e, dall’altro, l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla causa principale (v., in tal senso, sentenza del 26 luglio 2017, Persidera, C‑112/16, EU:C:2017:597, punti 28 e 29 e giurisprudenza ivi citata).

23      Si deve evidenziare, a tal riguardo, che l’ordinanza di rinvio non fornisce alcuna spiegazione in merito alla rilevanza dell’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 3, TUE, nonché degli articoli 26, 57, 58 e 101 TFUE per la soluzione della controversia nel procedimento principale. Lo stesso dicasi per l’articolo 56 TFUE laddove esso verte su aspetti diversi rispetto a quelli oggetto dell’esame della Corte figuranti al punto 32 della presente sentenza.

24      Ne consegue che la prima questione è, sotto tale profilo, irricevibile.

25      In primo luogo, per quanto attiene all’interpretazione della direttiva 2004/17 e dei principi generali ad essa sottesi, il giudice del rinvio ritiene che l’appalto di cui al procedimento principale rientri in tale direttiva poiché è stato aggiudicato da un’amministrazione aggiudicatrice ai sensi della direttiva, nel caso di specie la RFI, ed è collegato mediante un nesso di strumentalità all’attività di trasporto ferroviario rientrante nell’ambito di applicazione della suddetta direttiva.

26      Al riguardo, dalla giurisprudenza della Corte emerge che la direttiva 2004/17 si applica effettivamente non solo agli appalti che sono aggiudicati nel settore di una delle attività espressamente considerate agli articoli da 3 a 7, ma altresì agli appalti che, anche se sono di natura diversa e potrebbero così, in quanto tali, rientrare di norma nell’ambito di applicazione della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, p. 114), servono per l’esercizio delle attività definite dalla direttiva 2004/17. Di conseguenza, nei limiti in cui un appalto aggiudicato da un ente aggiudicatore ha un nesso con un’attività da questo esercitata nei settori considerati dagli articoli da 3 a 7 di tale direttiva, tale appalto deve essere assoggettato alle procedure previste dalla direttiva in parola (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2008, Ing. Aigner, C‑393/06, EU:C:2008:213, punti da 56 a 59).

27      Inoltre, benché l’ordinanza di rinvio non contenga alcun elemento relativo al valore dell’appalto di cui trattasi nel procedimento principale, dagli atti di causa di cui dispone la Corte risulta che tale valore supera la soglia rilevante di applicazione della direttiva in parola, fissata a EUR 400 000 ai sensi del suo articolo 16, lettera a).

28      La direttiva 2004/17 è, pertanto, rilevante ai fini della risposta da fornire alla prima questione pregiudiziale.

29      A tal riguardo, occorre rilevare che da nessuna disposizione di tale direttiva emerge che quest’ultima debba essere interpretata nel senso che essa osta a norme di diritto nazionale, quale il combinato disposto degli articoli 115 e 206 del decreto legislativo n. 163/2006, che non prevedono la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti rientranti nei settori considerati dalla medesima direttiva, dal momento che quest’ultima non impone agli Stati membri alcun obbligo specifico di prevedere disposizioni che impongano all’ente aggiudicatore di concedere alla propria controparte contrattuale una revisione al rialzo del prezzo dopo l’aggiudicazione di un appalto.

30      Parimenti, nemmeno i principi generali sottesi alla direttiva 2004/17, segnatamente il principio di parità di trattamento e l’obbligo di trasparenza che ne deriva, sanciti dall’articolo 10 di tale direttiva, ostano a siffatte norme. Al contrario, non si potrebbe escludere che una revisione del prezzo dopo l’aggiudicazione dell’appalto possa entrare in conflitto con tale principio e con tale obbligo (v., per analogia, sentenza del 7 settembre 2016, Finn Frogne, C‑549/14, EU:C:2016:634, punto 40). Infatti, come rileva la Commissione nelle sue osservazioni scritte, il prezzo dell’appalto costituisce un elemento di grande rilievo nella valutazione delle offerte da parte di un ente aggiudicatore, così come nella decisione di quest’ultimo di attribuire l’appalto a un operatore. Tale importanza emerge peraltro dal riferimento al prezzo contenuto in entrambi i criteri relativi all’aggiudicazione degli appalti di cui all’articolo 55, paragrafo 1, della direttiva 2004/17. In tali circostanze, le norme di diritto nazionale che non prevedono la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti rientranti nei settori considerati da tale direttiva sono piuttosto idonee a favorire il rispetto dei suddetti principi.

31      Da tali considerazioni risulta che la direttiva 2004/17 e i principi generali ad essa sottesi devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a norme di diritto nazionale, come quelle di cui al procedimento principale, che non prevedono la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti rientranti nei settori considerati da tale direttiva.

32      In secondo luogo, per quanto attiene all’interpretazione dell’articolo 56 TFUE, occorre rilevare che tale articolo sancisce, in materia di libera prestazione dei servizi, i principi di uguaglianza e non discriminazione nonché l’obbligo di trasparenza, rispetto ai quali la compatibilità di norme di diritto nazionale come quelle di cui al procedimento principale è già stata valutata al punto 30 della presente sentenza. Di conseguenza, non occorre procedere nuovamente all’interpretazione, sotto tale profilo, di detto articolo.

33      In terzo luogo, per quanto riguarda l’interpretazione dell’articolo 16 della Carta, occorre rammentare che, ai sensi del suo articolo 51, paragrafo 1, le disposizioni di quest’ultima si applicano agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 2, della Carta, quest’ultima non estende l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione, né introduce competenze nuove o compiti nuovi per l’Unione, né modifica le competenze e i compiti definiti nei trattati. Così, la Corte è chiamata a interpretare, alla luce della Carta, il diritto dell’Unione nei limiti delle competenze che le sono attribuite (sentenza del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a., C‑198/13, EU:C:2014:2055, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

34      A tal riguardo, si deve rammentare che la nozione di «attuazione del diritto dell’Unione» ai sensi dell’articolo 51 della Carta richiede l’esistenza di un collegamento tra un atto di diritto dell’Unione e il provvedimento nazionale di cui trattasi. In particolare, la Corte ha affermato che erano inapplicabili i diritti fondamentali dell’Unione ad una normativa nazionale per il fatto che le disposizioni dell’Unione nella materia in questione non imponevano alcun obbligo specifico agli Stati membri in relazione alla situazione oggetto del procedimento principale (sentenza del 10 luglio 2014, Julián Hernández e a., C‑198/13, EU:C:2014:2055, punti 34 e 35 e giurisprudenza ivi citata).

35      Nel caso di specie, poiché dai punti 29 e 30 della presente sentenza risulta che né la direttiva 2004/17 né i principi generali ad essa sottesi impongono agli Stati membri un obbligo specifico di prevedere disposizioni che esigano dall’ente aggiudicatore che esso riconosca alla propria controparte contrattuale una revisione al rialzo del prezzo dopo l’aggiudicazione di un appalto, le disposizioni di cui al procedimento principale del decreto legislativo n. 163/2006, non prevedendo la revisione periodica dei prezzi degli appalti rientranti nei settori considerati da tale direttiva, non presentano un collegamento con tale direttiva e non si può, pertanto, ritenere che essi attuino il diritto dell’Unione.

36      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla prima questione dichiarando che la direttiva 2004/17 e i principi generali ad essa sottesi devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a norme di diritto nazionale, come quelle di cui al procedimento principale, che non prevedono la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti rientranti nei settori considerati da tale direttiva.

Sulla seconda questione

37      Dalla giurisprudenza della Corte emerge che, qualora appaia in modo manifesto che l’interpretazione di una norma dell’Unione o il giudizio sulla sua validità, chiesti dal giudice nazionale, non hanno alcuna relazione con l’effettività o con l’oggetto della controversia di cui al procedimento principale o qualora il problema sia di natura ipotetica, la Corte respinge la domanda presentata dal giudice nazionale in quanto irricevibile (v., in tal senso, sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

38      A tal riguardo, si deve rilevare che la presente questione, con cui il giudice del rinvio chiede lumi sulla validità della direttiva 2004/17, si fonda sulla premessa secondo cui le disposizioni di cui al procedimento principale del decreto legislativo n. 163/2006, non prevedendo la revisione periodica dei prezzi degli appalti rientranti nei settori considerati da tale direttiva, costituiscono un’attuazione di quest’ultima.

39      Orbene, dal momento che dall’esame della prima questione emerge che né la direttiva 2004/17 né i principi generali ad essa sottesi ostano a norme di diritto nazionale, come quelle di cui al procedimento principale, che non prevedono la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti rientranti nei settori considerati da tale direttiva, la presente questione ha carattere ipotetico.

40      Di conseguenza, si deve constatare che la seconda questione è irricevibile.

Sulle spese

41      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

La direttiva 2004/17/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che coordina le procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia, degli enti che forniscono servizi di trasporto e servizi postali, come modificata dal regolamento (UE) n. 1251/2011 della Commissione, del 30 novembre 2011, e i principi generali ad essa sottesi devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a norme di diritto nazionale, come quelle di cui al procedimento principale, che non prevedono la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti rientranti nei settori considerati da tale direttiva.

Vajda                                                               Juhász                                                        Lycourgos

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 aprile 2018.

Guida alla lettura

La previgente disciplina europea in materia di c.d. settori speciali (direttiva 2004/17/CE) e i principi generali ad essa sottesi non ostano a norme di diritto nazionale che, come quelle italiane, non prevedono la revisione periodica dei prezzi dopo l’aggiudicazione di appalti di servizi rientranti nei c.d. settori speciali.

E’ questo il principio di diritto affermato dalla Nona Sezione della Corte di Giustizia Europea, secondo cui il combinato disposto degli articoli 115 e 206 del d.lgs. n. 163/2006 (applicabile ratione temporis al caso di specie), nella misura in cui non prevede la revisione periodica dei prezzi per gli appalti di servizi nei settori speciali, non contrasta con il diritto europeo.

La questione pregiudiziale era stata rimessa alla Corte di Giustizia dal Consiglio di Stato (ordinanza n. 1297/2017), chiamato a pronunciarsi su una controversia relativa ad un appalto di servizi di pulizia, nell’ambito del quale la stazione appaltante aveva rifiutato di applicare la revisione del prezzo sull’assunto che tale meccanismo non fosse previsto dal contratto.

Per la Corte di Giustizia, la Direttiva 2004/17/CE non impone agli Stati membri alcun obbligo specifico di prevedere disposizioni che obblighino la stazione appaltante a concedere alla propria controparte contrattuale una revisione del prezzo dopo l’aggiudicazione di un appalto; né la scelta del legislatore nazionale si pone in potenziale contrasto con il principio di parità di trattamento e con l’obbligo di trasparenza, anche perché la mancata previsione della clausola di revisione del prezzo è nota ai concorrenti sin dal momento della partecipazione alla gara.

Si tratta di una pronuncia che, seppur riferita al previgente assetto normativo di cui alla direttiva CE n. 17/2004 e al d.lgs. n. 163/2006, mantiene una rilevanza ancora attuale sotto il profilo pratico in ragione dei numerosi contratti pubblici affidati sotto la vigenza della precedente disciplina e ad oggi ancora in corso di esecuzione ovvero, conclusi da poco tempo e in relazione ai quali potrebbero quindi essere avanzate richieste di revisione prezzi.

Da un punto di vista teorico, invece, il principio di diritto affermato non può più ritenersi attuale alla luce della diversa disciplina dettata in materia di revisione prezzi dal nuovo Codice dei contratti del 2016 che, come noto, tanto per i settori ordinari quanto per i settori speciali, rimette espressamente alla facoltà della stazione appaltante la possibilità di inserire o meno nei documenti di gara clausole di revisione prezzi (art. 106, comma 1, lett. a, d.lgs. n. 50/2016).