Cons. Stato, Sez. V, 28 ottobre 2017 n. 4813

Il diritto di accesso disciplinato dall’art. 53 D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 va considerato di natura eccezionale e pertanto la sua portata applicativa va limitata sia soggettivamente ad altro concorrente che proponga istanza di accesso alla stazione appaltante, che oggettivamente alla sola tutela in giudizio dei propri interessi. Le fattispecie diverse da quelle ricordate dalla giurisprudenza circa i concorrenti, restano per i terzi disciplinate dalle disposizioni generali degli articoli 22 e ss. l. 7 agosto 1990, n. 241. 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2547 del 2017, proposto da:
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Milano, in persona del legale rappresentante, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, 12, sono domiciliati ope legis;

contro

Coenergica s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Federico Sorrentino e Claudio Bonora, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avvocato Federico Sorrentino in Roma, Lungotevere delle Navi, 30;

nei confronti di

Associazione Culturale Acuarinto, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, SEZIONE IV n. 00267/2017, resa tra le parti, concernente ACCESSO AGLI ATTI DELLA PROCEDURA PER L’AFFIDAMENTO DEL “SERVIZIO DI ACCOGLIENZA DI CITTADINI STRANIERI RICHIEDENTI PROTEZIONE INTERNAZIONALE, NELL’AMBITO DI MILANO E PROVINCIA, DELLA GESTIONE DEI SERVIZI CONNESSI E LA MESSA A DISPOSIZIONE DELLE STRUTTURE DI ACCOGLIENZA” PER L’ANNO 2016

FATTO e DIRITTO

1. Con istanza 7 settembre 2016 la società Coenergica s.r.l. domandava alla Prefettura di Milano l’accesso agli atti della procedura per l’affidamento del “servizio di accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale, nell’ambito di Milano e Provincia, della gestione dei servizi connessi e la messa a disposizione delle strutture di accoglienza. Anno 2016”.

2. Premesso di essere proprietaria di undici unità immobiliari, dislocate in cinque palazzine all’interno del Condominio “Palazzo Rocca Barra” sito a San Colombano al Lambro (MI) e di aver appreso dall’Amministrazione comunale che otto unità immobiliari del detto condominio erano state poste a disposizione dell’Associazione culturale Acuarinto per consentirne la partecipazione alla procedura indetta dalla Prefettura di Milano e il conseguente affidamento del servizio di accoglienza di cittadini stranieri richiedenti protezione internazionale per l’anno 2016, Coenergica s.r.l. dichiarava di avere interesse a prendere visione degli atti della procedura (in particolare, della domanda di partecipazione alla gara presentata dalla Associazione culturale Acuartino) al fine di verificare i dati identificativi del concorrente e le dichiarazioni rese per attestare la certificazione urbanistica e sanitaria degli immobili a disposizione, allo scopo di tutelare e difendere i propri interessi giuridici anche, ove necessario, dinanzi all’autorità giudiziaria.

3. La Prefettura di Milano, con nota del 5 ottobre 2016, respingeva l’istanza di accesso per mancanza di “una situazione giuridicamente rilevante o un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata”.

4. Con ricorso notificato il 13 ottobre 2016, la Coenergica s.r.l. impugnava il diniego di accesso al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, domandandone l’annullamento. La società, dopo aver precisato di operare nel settore immobiliare, svolgendo l’attività di acquisto, costruzione, ristrutturazione e vendita di immobili, ribadiva di aver interesse a prendere visione dei documenti al fine di valutare le iniziative, anche giudiziarie, da intraprendere per la tutela dei propri diritti; dubitava, infatti, che l’accoglienza dei migranti fosse compatibile con la destinazione degli immobili ad uso abitativo, o ufficio o studio professionale, prevista dal regolamento condominiale; il condominio, d’altronde, risultava privo di strutture necessarie per ricevere un numero elevato di persone straniere bisognose di assistenza alimentare, sanitaria ed amministrativa. La ricorrente concludeva che la situazione era in grado di pregiudicare la quiete dei residenti e di impedire la prosecuzione della sua attività di ristrutturazione degli immobili e successiva vendita.

5. Il Ministero dell’Interno si costituiva in giudizio e insisteva per il rigetto del ricorso, ribadendo le considerazioni espresse nel diniego impugnato.

6. Il Tribunale amministrativo per la Lombardia, con sentenza 2 febbraio 2017 n. 267, accoglieva il ricorso di Coenergica s.r.l.: esaminata la documentazione versata in atti dalla ricorrente, riconosceva la sussistenza di interessi diretti concreti e attuali, corrispondenti a una situazione giuridicamente tutelata, in quanto riconducibili alla tutela delle prerogative condominiali. Sicché ordinava alla Prefettura di Milano l’esibizione dei documenti richiesti entro trenta giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notificazione della decisione.

7. Propone appello il Ministero dell’interno con atto notificato il 3 aprile 2017 e istanza di sospensione degli effetti della sentenza. Si è costituita con memoria Coenergica s.r.l., che ha anche depositato memoria difensiva in vista della camera di consiglio. Alla camera di consiglio del 28 settembre 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

8. Con un unico motivo di appello, il Ministero dell’interno critica la sentenza per non aver considerato che le prerogative condominiali della società interessata possono essere adeguatamente tutelate anche senza conoscere gli atti della procedura di gara; in breve, la società non trarrebbe utilità, neppure indiretta, dalla conoscenza degli atti di gara, potendo, comunque, nelle sedi giudiziarie, opporsi alla destinazione ad abitazione e accoglienza migranti degli appartamenti siti nel condominio. La domanda di accesso si tradurrebbe in impropria e abusiva forma di controllo dell’attività istituzionale dell’Amministrazione.

9. L’appello del Ministero dell’interno è infondato e va respinto.

10. Vale rammentare che l’accesso agli atti di una procedura di affidamento di contratti pubblici è oggi, nel settore degli appalti pubblici, disciplinato dall’art. 53 d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. La giurisprudenza sull’immediato antecedente normativo, l’art. 13 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, di identico tenore, ha affermato trattarsi di norma eccezionale la cui portata va limitata sia soggettivamente ad altro concorrente che proponga istanza di accesso alla stazione appaltante, che oggettivamente alla sola tutela in giudizio dei propri interessi (cfr. Cons. giust. amm. Sic., 23 settembre 2016, n. 324 e Cons. Stato, V, 16 marzo 2016, n. 1056).

11. Nondimeno, al di là della platea dei concorrenti che competono per il bene della vita dell’aggiudicazione e di quanto l’accesso è strumentale, e in ragione del rinvio contenuto nel primo comma dell’art. 53 alla l. 7 agosto 1990 n. 241, le fattispecie, diverse da quelle ricordate dalla giurisprudenza circa i concorrenti, restano per i terzi disciplinate dalle disposizioni generali degli articoli 22 e ss. l. 7 agosto 1990, n. 241. Tra queste rientra quella del presente giudizio in cui a richiedere l’accesso agli atti è un soggetto estraneo alla procedura di gara, sulla consistenza e valore del cui diritto di proprietà però l’appalto stesso va evidentemente adincidere: perciò titolare di un interesse differenziato e qualificato, inerente al godimento della sua proprietà immobiliare. Egli, in ragione di tale distinzione dell’interesse di cui è portatore, ben può accedere agli atti della procedura nei presupposti, che ricorrono, e nelle condizioni dell’art. 22 l. n. 241 del 1990.

12. Il Ministero, nell’appello, non nega sussistere una situazione soggettiva in capo all’appellata, tanto è che richiama le “prerogative condominiali” (i poteri e le facoltà riconosciuti dal codice civile a chi riveste lo status di condomino), ma assume che l’interessata non potrebbe ricevere utilità diretta dalla conoscenza degli atti della procedura di gara.

Così agendo e così argomentando, tuttavia, il Ministero si sostituisce indebitamente al privato interessato nella valutazione delle modalità, naturalmente libere, di salvaguardia dei propri interessi: e, senza averne legittimazione in ragione dei principi dello Stato di diritto, esercita un non previso sindacato di tutelasull’istanza di accesso: che è naturalmente precluso all’Amministrazione che detiene i documenti.

13. Nemmeno pare ricorrere una delle cause di esclusione dell’art. 24, commi 1 e 6, l. 7 agosto 1990, n. 241.

14. Vale aggiungere che il vaglio dell’Amministrazione sull’istanza di accesso èper costante giurisprudenza limitato in un perimetro ristretto dalla legge e non contempla alcuna valutazione dell’utilizzo che il privato intenda fare del documento ( Cons. Stato, V, 23 marzo 2015 n. 1545; IV, 29 gennaio 2014 n. 461; IV, 19 marzo 2014, n. 1339, ma già Cons. Stato, V, 10 gennaio 2007, n. 55).

15. Il collegamento dell’interesse differenziato dell’istante società con i documenti di cui chiede l’accesso era dunque palese, essendo essa condomina dello stabile dove si trovano gli immobili adibiti ad abitazione e accoglienza. Sicché è del tutto naturale che, a meglio tutelare il proprio definito interesse, stimasse funzionale l’acquisizione della conoscenza degli atti in questione, tra cui ad esempio le certificazioni urbanistiche e sanitarie, sulla cui base l’Associazione culturale Acuarintoha partecipato alla procedura e la Prefettura ne ha disposto l’affidamento, così destinando gli appartamenti condominiali a fini che l’interessata assume diversi da quelli consentiti dal regolamento condominiale.

16. Le spese di lite seguono la soccombenza e devono essere liquidata a carico del Ministero dell’Interno ed a favore della società Coenergica s.r.l. nei termini di cui in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia n. 267/2017.

Condanna il Ministero dell’Interno – Prefettura di Milano al pagamento delle spese di lite che liquida, per la presente fase del giudizio, in € 5.000,00 (cinquemila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

La pronuncia in esame ribadisce ancora una volta la natura eccezionale del diritto di accesso disciplinato dall’art. 53 D.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 (ex art. 13 D.lgs. 12 aprile 2006 n. 163), la cui portata applicativa risulta giocoforza contenuta soggettivamente ai soli concorrenti della procedura di gara e oggettivamente alla sola tutela in giudizio di un proprio interesse.

Con maggior impegno esplicativo, il peculiare diritto di ostensione disciplinato all’interno del nuovo Codice appalti (che di fatto riproduce la disposizione normativa contenuta nel vecchio Codice) presenta ristretti profili applicativi rispetto allo strumento di carattere ordinario, la sua specialità producendo una contrazione dei soggetti legittimati attivi e delle informazioni oggetto di accessibilità.

Occorre tuttavia precisare che il diritto di accesso nella materia contrattualistica resta uno strumento complementare rispetto allo strumento ordinario, quest’ultimo trovando applicazione tutte le volte in cui non sussistono i presupposti del primo.

In buona sostanza il diritto di ostensione di cui all’art. 53 cit. non conosce una competenza per materia, quanto piuttosto una competenza delineata dal soggetto istante e dal tipo di atto di cui si chiede l’accesso. Ne deriva che una medesima procedura ad evidenza pubblica assegna ai soggetti terzi (estranei alla procedura di gara) un diritto di accesso ordinario, in quanto tale disciplinato dai presupposti di cui agli artt. 22 e ss. Legge 241/90.

Per poter fornire al lettore un inquadramento generale della materia, occorre premettere che il diritto di accesso, introdotto dalla legge sul procedimento amministrativo (Legge 241/90), rappresenta il passaggio da un sistema incentrato sul principio di segretezza (consacrato nell’art. 15 D.P.R. n. 3/1957) a un sistema basato sui principi di pubblicità e trasparenza, a loro volta espressione dei principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, codificati dalla Carta costituzionale.

Superato il retaggio culturale secondo cui l’operato della Pubblica Amministrazione non può mai cadere nel baratro della illiceità, l’ordinamento ha ritenuto necessaria la disciplina di uno strumento che, propedeuticamente al pieno esercizio del diritto a far valere un proprio diritto, consentisse al privato cittadino di accedere agli atti posti in essere dal soggetto pubblico, sebbene entro stringenti limiti applicativi che garantissero il corretto bilanciamento tra tale diritto e l’interesse pubblico al perseguimento dello stesso da parte della P.A. 

Da sempre controversa la ricostruzione della natura giuridica del diritto d’accesso: il dato letterale, infatti, nasconde un importante dibattito interpretativo che, oscillando tra i sostenitori della natura di diritto soggettivo (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 11 aprile 2014, n. 1768) e quanti propendono per la natura di interesse legittimo (cfr. Cons. Stato, sez. V, 22 giugno 2012, n. 3683), culmina nella pronuncia della Adunanza Plenaria 18 aprile 2006, n. 6, a parere della quale il diritto d’accesso rappresenta una situazione giuridica che, più che fornire utilità finali alla stregua di diritti soggettivi o interessi legittimi, mette a disposizione del titolare poteri di natura procedimentale, finalizzati alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti, si tratti di diritti o interessi. La situazione giuridica in parola viene quindi qualificata come di carattere essenzialmente strumentale, in quanto strumento per la tutela di situazioni giuridiche tendenti ad assicurare utilità finali.

Superato il tema della natura giuridica, più agevole risulta l’individuazione dei caratteri che il diritto di accesso deve possedere per risultare meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, al riguardo la giurisprudenza essendo ormai pacificamente ferma nel ritenere che detto diritto deve essere qualificato, attuale e concreto: “la presenza di una situazione giuridicamente tutelata non è condizione sufficiente perché l’interesse rivendicato possa considerarsi diretto, concreto e attuale, essendo anche necessario che la documentazione cui si chiede di accedere sia realmente collegata a quella posizione sostanziale, impedendone o ostacolandone il soddisfacimento” (Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2476); ed ancora “l’Amministrazione deve accertare se l’interesse sia diretto, concreto e attuale: ciò significa che l’istante deve essere il portatore della posizione giuridica soggettiva tutelata (o un suo rappresentante), che l’esigenza di tutela non deve essere astratta o meramente ipotetica, ed ancora che vi siano riflessi attuali del documento sulla posizione giuridica tutelata” (Cons. Stato, sez. IV, 29 gennaio 2014, n. 461).

Ai sensi dell’art. 24 Legge 241 cit., poi, il diritto di acceso va escluso in determinate ipotesi: tassative o eventuali. È sempre la medesima disposizione a delineare i criteri di bilanciamento tra interessi contrapposti.

Tra i criteri di bilanciamento il comma 7 della medesima disposizione individua il diritto alla difesa e alla tutela degli interessi giuridici che funge di fatto da cosiddetto controlimite.

Al riguardo si registrano contrasti interpretativi sorti in materia di limiti all’accesso, specie con riguardo a quelli della segretezza e della riservatezza che, com’è noto, rappresentano gli “ostacoli” di maggiore pregnanza: il riferimento è all’ammissibilità del diritto di ostensione avverso cartelle cliniche, agli elaborati delle procedure concorsuali, agli atti di gara.

Con riguardo alle procedura concorsuali quesito giuridico si è posto attorno alla esercitabilità, da parte dei privati, del diritto d’accesso a fronte di attività poste in essere dai gestori di un servizio pubblico

In merito è utile rievocare il principio di diritto enunciato dall’Adunanza Plenaria 22 aprile 1999, n. 4 secondo cui “un interesse pubblico prevalente è ravvisabile quando il gestore del servizio, spontaneamente o in applicazione di una disposizione, ponga in essere un procedimento di natura comparativa con criteri precostituiti, per la scelta del personale più meritevole e per organizzare con efficacia il servizio”.

Pertanto, non può revocarsi in dubbio che le scelte derivanti da tale procedimento abbiano un rilievo pubblicistico poiché trattasi di una selezione di coloro i quali entreranno a far parte di un’organizzazione che opera in stretto contatto con il settore pubblico determinandone la qualità del servizio.

In buona sostanza per l’orientamento maggioritario “il soggetto che assume di essere stato leso dal gestore nel corso di un procedimento per l’assunzione o per la promozione di dipendenti non solo può lamentare la violazione dei principi di buona fede e di correttezza innanzi al giudice ordinario, ma può accedere agli atti del medesimo procedimento, in quanto vi è lo svolgimento di un’attività strettamente connessa e strumentale alla quotidiana attività di gestione del servizio pubblico”.

Con maggiore chiarezza espositiva, dunque, quando un gestore di un servizio pubblico pone in essere un procedimento, che sebbene sia disciplinato dal diritto privato, sia finalizzato all’organizzazione efficiente e alla qualità del servizio erogato, deve ritenersi prevalente l’interesse pubblico alla trasparenza e, pertanto, deve considerarsi sussistente un diritto d’accesso. Il vincolo di strumentalità al conseguimento del pubblico interesse, quindi, produce l’assoggettamento ai doveri di trasparenza, pubblicità e partecipazione.

Nel condividere la tesi favorevole all’ostesibilità degli atti di diritto privato la giurisprudenza amministrativa distingue tra attività privatistica della P.A., per la quale in virtù del dictum su esposto l’accesso deve ritenersi sempre possibile e attività privatistica dei gestori di pubblico servizio. Con riguardo a quest’ultima attività si è ammesso il diritto di accesso in virtù della funzione di rilievo pubblicistico dell’attività da tali soggetti espletata e nel loro conseguente assoggettamento ai principi di imparzialità e buon andamento di cui all’art 97 Cost.

 

Discorso a parte merita invece il peculiare diritto di accesso in materia di contratti pubblici, esercitabile solo allorquando lo stesso sia preordinato all’esercizio del diverso diritto di difesa in giudizio dei propri interessi.

Tale diritto trova un primo aggancio normativo nell’art. 13 D.lgs. 163/2006, il quale mette in evidenza una ridotta portata applicativa di tale strumento, atteso che alla concretezza e alla personalità dell’interesse va accostata la finalità difensiva per cui si avanza la pretesa ostensiva.

La disciplina riceve poi una integrazione da parte dell’art. 79 comma 5 quater introdotto dal D.lgs. 53/2010 (decreto di recepimento della direttiva ricorsi) a tenore del quale “fermi i divieti e differimenti dell’accesso previsti dall’art. 13, l’accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro 10 giorni dall’invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia”.

Così ricostruita, la disciplina concernente l’accesso nella materia dei contratti pubblici presenta i caratteri della specialità rispetto allo strumento ordinario nella misura in cui l’esercizio del diritto d’accesso alla documentazione posta a corredo dell’offerta selezionata, va escluso ove l’impresa aggiudicataria abbia dichiarato che sussistano esigenze di tutela del segreto tecnico o commerciale e il richiedente non abbia dimostrato la concreta necessità di utilizzare tale documentazione in uno specifico giudizio.

Il legislatore tenta così di raggiungere il corretto punto di equilibrio tra il diritto alla segretezza industriale e il diritto di ostensione, ritendendo che, sebbene la partecipazione alla gara rende accessibili tutti quegli atti concernenti l’offerta che per loro natura sono destinati ad essere posti a confronto con quelli prodotti da altri, non possono essere oggetto di ostensione gli atti relativi al segreto industriale, alla scoperta scientifica o al cosiddetto know how aziendale.

A seguito dell’entrata in vigore del nuovo Codice appalti, poi, la disciplina in materia è confluita nell’art. 53, a parere del quale hanno titolo ad accedere agli atti di gara tutti i partecipanti alla procedura, ossia coloro che possano dimostrare che il provvedimento e gli atti interni dello stesso sono idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei propri confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica.

L’esame comparativo della disciplina speciale e di quella generale porta così ad affermare che la relazione giuridica esistente tra le due forme di accesso è chiaramente di natura complementare, le disposizioni di carattere generale trovando applicazione in tutte le ipotesi in cui non sussistono i presupposti per l’applicazione della disciplina derogatoria.

Dall’esame della previsione di cui all’art. 53, che ricalca il previgente art. 13, è possibile affermare che il rapporto tra la normativa generale in materia di accesso e quella particolare dettata per i contratti pubblici si attesta in termini di complementarietà, nel senso che le disposizioni generali di cui alla legge sul procedimento amministrativo trovano applicazione in tutte le ipotesi in cui non si rinvengono disposizioni derogatorie nel Codice dei contratti.

In chiusura per dovere di completezza espositiva va evidenziato che l’art. 53 cit. dispone a chiare lettere la riconducibilità alla fattispecie criminosa disciplinata dall’art. 326 c.p. della condotta inosservante delle disposizioni in materia di accesso agli atti di gara da parte di pubblici ufficiali o incaricati di pubblici servizi.

Novità sono ulteriormente state inserite nei commi 4 e 7 del medesimo art. 53.

La disposizione così come innanzi delineata si arricchisce inoltre della previsione di cui all’art. 29 D.lgs. 50/2016, il quale detta i principi generali sulla trasparenza e impone la pubblicità di tutti gli atti delle procedure di affidamento sul sito delle stazioni appaltanti.