Tar Puglia – Lecce sez. II, sentenza n. 1670 del 27/10/2017

  1. L'art. 164, comma 2, del D.lgs. 50/2016 prevede che alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, anche le disposizioni relative ai “criteri di aggiudicazione”, espressamente richiamate, fra le altre, come corpo normativo da trasporre dal settore degli appalti pubblici a quello delle concessioni.
  2. La verifica di congruità dell’offerta costituisce uno strumento specifico per pervenire alla corretta applicazione del criterio di aggiudicazione prescelto dalla stazione appaltante.
  3. La verifica di congruità dell’offerta appare del tutto in linea con l’obiettivo generale di selezionare il miglior contraente possibile, la qual cosa rappresenta traguardo immanente anche in materia di affidamento di concessioni.

GUIDA ALLA LETTURA

 

Nel D.lgs. n. 50/2016 le “concessioni” sono qualificate come i contratti in cui la maggior parte dei ricavi di gestione proviene dalla vendita dei servizi resi al mercato. Detti contratti comportano il trasferimento al concessionario del rischio operativo riferito alla possibilità che, in condizioni operative normali, le variazioni del mercato incidano sull’equilibrio del piano economico finanziario (art. 165 Codice).

 

Le concessioni sono regolate, oltre che dallo specifico corpus normativo contenuto nella parte III del nuovo Codice, anche attraverso il richiamo alle norme della Parte I e della Parte II. In particolare, l'art. 164 precisa che alle procedure di aggiudicazione dei contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, anche le disposizioni del Codice relative ai principi generali, alle modalità di affidamento, alle informazioni da inserire nei bandi di concessioni, agli avvisi di aggiudicazione delle concessioni, alla disponibilità elettronica dei documenti di gara, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai motivi di esclusione, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione, alla comunicazione ai candidati e agli offerenti, alla stipula del contratto, alle modalità di esecuzione e al project bond.

 

In proposito, è opportuno ricordare che l’art. 30 del previgente Codice (D.lgs n. 163 del 2006) considerava applicabili alle concessioni di servizi i soli principi desumibili dal Trattato e dalla normativa generale in materia di contratti pubblici, in particolare, i principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità.

L'applicazione della norma si è rivelata spesso controversa, facendo emergere criticità sotto il profilo della identificazione concreta dei principi realmente riversabili ai rapporti concessori: così, ad esempio, nel 2013 l’Adunanza Plenaria era dovuta intervenire sull’applicabilità ad una procedura di gara per l’affidamento in concessione di un servizio pubblico dell’art. 84 del D.lgs. n. 163 del 2006, con riguardo all’incompatibilità dei componenti della commissione giudicatrice[1].

 

Analogamente, sotto la vigenza dell'abrogato Codice si era posto il problema dell'applicabilità alle concessioni di servizi della disciplina relativa al procedimento di valutazione di anomalia delle offerte di cui all'art. 86.

Sul tema il Consiglio di Stato si era attestato su posizioni negative affermando che in nessuno dei richiamati principi generali poteva essere fatta rientrare la disciplina contenuta nel menzionato art. 86, il quale, nel disciplinare i “criteri di individuazione delle offerte anormalmente basse”, dettava prescrizioni puntuali, relative ai presupposti al ricorrere dei quali le stazioni appaltanti erano tenute o meramente facoltizzate a verificare l’eventuale anomalia delle offerte[2].

 

Nulla quaestio, invece, in ordine alla possibilità di applicare alle concessioni i principi di cui al comma 3 del ridetto art. 86, che rimetteva alle valutazioni delle stazioni appaltanti la verifica di congruità al di fuori dei casi tassativi previsti dai precedenti commi 1 e 2 (rispettivamente, per le gare da aggiudicare con il criterio del massimo ribasso e dell’offerta economicamente più vantaggiosa).

Al riguardo, il Consiglio di Stato ha costantemente affermato che le valutazioni in questione costituiscono tipica espressione di discrezionalità tecnico-amministrativa[3].

Quindi, se ciò valeva per le procedure di affidamento di appalti pubblici, a fortiori la regola in questione poteva essere estesa agli affidamenti di concessioni di servizi, in cui l’applicazione delle norme della parte II del Codice relative ai contratti d’appalto nei settori ordinari era limitata dall’art. 30 a quelle espressive dei principi generali in essa richiamati, in particolare dei principi consacrati nell’art. 2 che testualmente prevedeva: “l’affidamento e l’esecuzione di opere e lavori pubblici, servizi e forniture, ai sensi del presente codice, deve garantire la qualità delle prestazioni e svolgersi nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, tempestività e correttezza”.

La verifica dell’anomalia dell’offerta è, infatti, finalizzata alla corretta esecuzione del contratto posto a gara e costituisce una cautela preventiva della stazione appaltante, attraverso la quale essa anticipa nella fase dell’evidenza pubblica antecedente alla conclusione del contratto un approfondimento delle caratteristiche dell’offerta, al fine di saggiarne la sostenibilità economica, in tal modo prevenendo possibili inadempimenti dell’impresa aggiudicataria in fase esecutiva, fonti di gravi ripercussioni per l’interesse pubblico sotteso alla regolare esecuzione dei contratti stipulati dall’amministrazione.

 

Con l'entrata in vigore del nuovo Codice muta la prospettiva sul tema in discussione. Come innanzi ricordato, l'art. 164, comma 2, del D.lgs. 50/2016 prevede che alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, anche le disposizioni relative ai “criteri di aggiudicazione”, espressamente richiamate, fra le altre, come corpo normativo da trasporre dal settore degli appalti pubblici a quello delle concessioni.

Sotto tale aspetto, si deve evidenziare che la verifica di congruità dell’offerta, disciplinata dall’art. 97 del D.lgs. 50/2016, opera all’interno dei “criteri di aggiudicazione”, di cui parla non solo l’art. 164, secondo comma, ai fini della trasposizione dalla materia degli appalti pubblici a quella delle concessioni di lavori e servizi, ma anche l’art. 94.

Quest’ultima disposizione normativa, quando recita “gli appalti sono aggiudicati sulla base di criteri stabiliti conformemente agli articoli da 95 a 97…” include senza dubbio la verifica di congruità dell’offerta, disciplinata compiutamente dall’art. 97, quale strumento specifico per pervenire alla corretta applicazione del criterio di aggiudicazione. Da tanto deriva che la verifica di congruità dell’offerta è istituto applicabile anche all’affidamento di una concessione di servizi.

 

Questi i principi affermati dalla II sezione del Tar Lecce nella sentenza in commento con riferimento alla contestata esclusione da una gara pubblica, svolta con il criterio dell'OEPV, di un'impresa la cui offerta, sottoposta al procedimento di verifica di cui all'art. 97 del Codice per aver superato il limite di punteggio sancito dal comma 3, era stata giudicata “anomala” dal RUP.

Osserva il Collegio che la verifica di congruità dell’offerta appare del tutto in linea con l’obiettivo generale di selezionare il miglior contraente possibile, la qual cosa rappresenta traguardo immanente anche in materia di affidamento di concessioni.

Non vi è, quindi, alcuna ragione per escludere la gara in esame dal dominio dell’art. 97, terzo comma, del D.lgs. 50/2016, una volta che la Stazione appaltante abbia ravvisato i presupposti per procedere nel senso richiesto dalla norma in commento e, dunque, abbia individuato le previste criticità nella formulazione dell’offerta da parte della società ricorrente.

E, in ogni caso, non si può sostenere ragionevolmente che il richiamo all’art. 97 vada circoscritto, ai fini della applicazione all’affidamento delle concessioni, ai soli commi 1 e 6 perché una applicazione parziale della norma..... urta contro una lettura sistematica e coerente del rinvio disciplinato dall’art. 164, secondo comma del codice, che non tollera operazioni di trasposizione frammentaria di norme da un settore all’altro delle commesse pubbliche.

 

 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Seconda

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 c.p.a;

sul ricorso numero di registro generale 1124 del 2017, proposto da:

“G. Serv.” S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Mormandi e Giovanni Luigi Cassini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Mormandi in Casarano, via Trebbia n. 1;

contro

Liceo Statale “G. Comi” di Tricase, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, in persona dei legali rappresentanti p.t, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, presso i cui Uffici in Lecce, via Rubichi, 23, sono domiciliati;

nei confronti di

D.A.M. S.r.l., in persona del legale rappresentante p.t, rappresentata e difesa dall'avvocato Eliana De Luca, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Ernesto Sticchi Damiani in Lecce, via 95° Reggimento Fanteria, 9;

per l'annullamento

del provvedimento prot. n. 3494/C14 del 10 agosto 2017, con il quale è stata decretata, all'esito del sub-procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta, l'esclusione dell'impresa ricorrente dalla gara per l'affidamento della concessione del servizio di erogazione di bevande fredde, calde, snack/merende, all'interno della sede del Liceo Statale “G. Comi” di Tricase, nonché la contestuale aggiudicazione provvisoria in favore della “D.A.M.” S.r.l.;

del provvedimento prot. n. 3873/C14 del 12 settembre 2017, con il quale è stata disposta l'aggiudicazione definitiva della gara in oggetto in favore della controinteressata “D.A.M.” S.r.l.;

ove occorra, e nei limiti dell'interesse,

del Bando di gara-Disciplinare (CIG Z8E1EF3996) per l'affidamento della concessione del servizio di erogazione di bevande fredde, calde, snack/merende, all'interno della sede del Liceo Statale “G. Comi” di Tricase;

di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso, ivi compresi i verbali delle operazioni di gara e gli atti e i giudizi relativi al procedimento di verifica della congruità delle offerte;

nonché per la declaratoria di inefficacia e/o nullità

del contratto eventualmente sottoscritto tra la S.A. resistente ed il soggetto affidatario del servizio de quo;

per il risarcimento dei danni subiti e subendi dalla società ricorrente, ovvero per il subentro nell'ipotesi di sottoscrizione del contratto con l'impresa controinteressata;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Liceo Statale Comi di Tricase, del Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca e della D.A.M. S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2017 il dott. Carlo Dibello e uditi i difensori avv.ti G. Mormandi e G. L. Cassini per la ricorrente, avv. dello Stato S. Libertini e avv. E. De Luca per la controinteressata;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 c.p.a.;

Con avviso pubblico recante il n. prot. 0001547 del 28 marzo 2017, il Dirigente Scolastico del Liceo Statale “G. Comi” di Tricase determinava di avviare, ai sensi dell’art. 36, secondo comma, del D.lgs. n. 50 del 2016, un’indagine di mercato finalizzata all’individuazione di operatori economici interessati a partecipare, su invito della stessa Amministrazione scolastica, alla procedura negoziata per l’affidamento della concessione del servizio di erogazione di bevande calde, fredde, snack mediante distributori automatici per il triennio scolastico 2017/2020, da aggiudicarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla scorta degli elementi di valutazione indicati nella lettera di invito.

La società “G. Serv.” S.r.l., con istanza prot. n. 1810 dell’11 aprile 2017, manifestava il proprio interesse all’affidamento della concessione del servizio sopra citato.

La stessa società, concessionaria uscente del medesimo servizio, reso presso l’istituto scolastico nel 2016, partecipava, quindi, alla procedura di gara, indetta dal Liceo Statale “G. Comi” di Tricase con bando di gara del 9 giugno 2017, e si collocava al primo posto in graduatoria, avendo riportato un punteggio complessivo pari a 100,00 (40 punti per l’offerta tecnica; 60 punti per l’offerta economica).

La Stazione appaltante decideva, successivamente, di procedere, in diretta applicazione dell’art. 97, comma 3, D.lgs. 50/2016, alla verifica di congruità dell’offerta della G. Serv. S.r.l. <<in quanto sia il punteggio relativo al prezzo, sia la somma dei punteggi relativi agli altri elementi di valutazione dell’offerta tecnica, sono risultati entrambi superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara>> (nota di prot. 3291 del 19 luglio 2017).

La ditta “G. Serv.” veniva, pertanto, invitata a fornire – come indicato nella nota predetta - le <<giustificazioni relative al ribasso offerto in rapporto alle voci del prezzo dei prodotti>>.

La società “G. Serv.”, in riscontro a tale richiesta, trasmetteva nota del 28 luglio 2017, con la quale chiariva i criteri in base ai quali erano stati determinati i prezzi offerti in relazione ai singoli prodotti, evidenziando come – dall’analisi comparata tra il costo delle materie prime, il guadagno sul singolo prodotto in considerazione del prezzo offerto e la previsione di vendita – risultasse ragionevole la stima di un utile di circa € 17.000, 00, senz’altro remunerativo.

Una volta ritenuti insufficienti i chiarimenti forniti e invitata la G. Serv. ad integrare le giustificazioni prodotte in data 28 luglio 2017, nonché a produrre evidenze documentali a supporto, la stessa rimetteva, in risposta, le copie delle fatture di acquisto dei prodotti inseriti nell’offerta, i report analitici e le certificazioni riportanti i dati su costi, consumi e analisi di gestione riferiti al medesimo servizio oggetto di concessione per come svolto dalla società nell’anno precedente.

Cionondimeno, con provvedimento del 10 agosto 2017, il RUP decretava l’esclusione della ricorrente dalla gara in oggetto, ritenendo inadeguate le giustificazioni presentate, ovvero ritenendo che l’integrazione documentale e le argomentazioni svolte a sostegno nulla avessero aggiunto rispetto ai precedenti chiarimenti, e che risultassero assenti le giustificazioni in ordine, ad esempio, ai costi di manodopera, noleggio o proprietà dei distributori, all’originalità delle tecniche di produzione, alle particolari condizioni favorevoli per fornire i prodotti e prestare il servizio (nonostante nella richiesta di giustificazioni la stazione appaltante avesse fatto riferimento esclusivamente alle voci di prezzo dei prodotti).

La stazione appaltante provvedeva, contestualmente, all’aggiudicazione provvisoria in favore della ditta D.A.M. s.r.l. (la cui offerta, ugualmente sottoposta a verifica dell’anomalia, è invece risultata attendibile e congrua).

Con provvedimento del 12 settembre 2017, prot. n. 3873/C14, la gara in questione veniva aggiudicata definitivamente in favore della ditta “D.A.M. s.r.l.”

La società “G. Serv.” S.r.l., odierna ricorrente, dubita della legittimità del provvedimento con il quale è stata decretata la sua esclusione dalla gara; del pari, essa contesta la legittimità del provvedimento di aggiudicazione della gara in favore della “D.A.M. s.r.l.”.

La stessa ricorrente ha poi formulato istanza di risarcimento del danno in forma specifica, ovvero per equivalente “visto e considerato che il comportamento della S.A. è chiaramente caratterizzato dalla violazione di chiari ed elementari principi dell’azione amministrativa”.

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

1) Violazione ed errata applicazione art. 164, comma 2 D.lgs. 50/2016 – Violazione art. 97, commi 1 e 6, D.lgs. 50/2016 – Eccesso di potere per difetto di motivazione ed erroneità dei presupposti;

2) Eccesso di potere per irragionevolezza, difetto dei presupposti e carenza motivazionale – Eccesso di potere per disparità di trattamento, contraddittorietà intrinseca ed estrinseca – Violazione della par condicio tra concorrenti;

3) (In subordine) Violazione art. 77, comma 2 D.lgs. 50/2016 – Sull’illegittimità della nomina e della composizione della Commissione giudicatrice;

4) (Sempre in subordine) Violazione del principio di trasparenza e del principio di pubblicità delle sedute della Commissione;

5) Violazione e falsa applicazione art. 164, comma 2, D.lgs. 50/2016;

6) Illegittimità derivata dell’aggiudicazione definitiva.

Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, e il Liceo Statale “G. Comi” di Tricase si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso.

Anche la società controinteressata D.A.M. s.r.l., vincitrice della gara in questione, si è costituita in giudizio per contrastare le avverse richieste.

Alla Camera di Consiglio del 10 ottobre 2017, la controversia è passata in decisione nelle forme di cui all’art. 60 c.p.a.

Il ricorso è infondato e va respinto.

Con il primo motivo di gravame, la società “G. Serv.” S.r.l. sostiene la tesi dell’inapplicabilità, alle concessioni di servizi e, dunque, alla gara in esame, della verifica di congruità dell’offerta, disciplinata dall’art. 97, comma 3 D.lgs. 50/2016.

Deduce, infatti, la ricorrente che la Stazione appaltante “ha innanzitutto errato nell’aver ritenuto applicabile alla fattispecie in questione il comma 3 dell’art. 97 del D.lgs. 50/2016 e, conseguentemente, nell’aver ritenuto di dover procedere, automaticamente ed in ragione di un mero dato aritmetico (e dunque senza un previo giudizio tecnico sulla serietà e attendibilità dell’offerta, ovvero senza aver prima individuato e poi rappresentato specifici elementi dai quali poter inferire dubbi in ordine alla congruità della stessa), con la verifica della presunta anomalia dell’offerta prima classificatasi”(vedi pagina 5 del ricorso).

Nell’affidamento delle concessioni, prosegue la tesi difensiva della ricorrente, la Stazione appaltante avrebbe il potere di svolgere la verifica di anomalia sulle offerte in gara solo laddove un criterio di ragionevolezza evidenzi la manifesta inaffidabilità dell’offerta proposta.

Ed ancora, si opina, “negli affidamenti di concessioni, risulta applicabile solo il principio generale sancito dai commi 1 e 6 dell’art. 97 del D.lgs. 50/2016 (secondo i quali la stazione appaltante può in ogni caso valutare qualunque offerta la quale, in base a specifici elementi, appaia anormalmente bassa); mentre non sono applicabili i puntuali criteri, previsti dai commi 2 e 3 (rispettivamente, per le gare da aggiudicare con il criterio del prezzo più basso e dell’offerta economicamente più vantaggiosa), di individuazione delle offerte anormalmente basse”.

La tesi si giova anche dell’orientamento giurisprudenziale alla luce del quale, come sostenuto anche dal T.a.r. Toscana, con la sentenza n. 816 del 12 giugno 2017, l’art. 164, comma 2 del D.lgs. 50/2016 dispone un richiamo alle norme in materia di appalti pubblici chiaramente contenuto nei limiti della compatibilità delle stesse con l’istituto specifico della concessione, segno evidente, questo, che nelle concessioni di servizi non può trovare diretta applicazione il comma 3 dell’art. 97 cit., trattandosi di affidamenti, questi, sottratti alla puntuale disciplina di ogni norma del codice dei contratti pubblici ed invece assoggettati ai principi di carattere generale (ed alle norme espressione degli stessi) di trasparenza, proporzionalità, non discriminazione, parità di trattamento e ragionevolezza.

In concreto, poi, osserva la ricorrente, con riguardo specifico alla concessione controversa, non sarebbero rintracciabili dei parametri in base ai quali individuare le ipotesi in cui avrebbe dovuto ritenersi obbligatorio svolgere la verifica sull’anomalia dell’offerta.

Né potrebbe sostenersi con ragione, secondo la ricorrente, che la stazione appaltante si fosse autovincolata a procedere in diretta applicazione del comma 3 dell’art. 97 D.lgs. 5072016, atteso che “dalla formulazione del bando può solo e soltanto evincersi un generico richiamo all’art. 97(<<le offerte anormalmente basse verranno sottoposte a verifica, anche in base a quanto stabilito dall’art. 97 del D.lgs. n. 50/2016>>): generico richiamo che, in assenza di ulteriori specificazioni ed alla luce dei principi, anche di carattere giurisprudenziale, sopra precisati – deve intendersi come riferito agli istituti di carattere generale disciplinati dalla norma medesima (id est: solo ai commi 1 e 6)”.

In ultima analisi, con riguardo al motivo di censura sub 1, prima di rendere un giudizio di definitiva incongruità dell’offerta, la stazione appaltante avrebbe dovuto dimostrare in concreto, adeguatamente motivando, che le modalità concrete dell’offerta risultassero incongrue rispetto a quanto ragionevolmente richiesto in relazione a quella determinata tipologia di servizio.

Nel caso in questione, invece, la stazione appaltante si è limitata a contestare l’asserita non esaustività delle giustificazioni presentate, malgrado la ricorrente avesse provveduto a fornire, in riscontro alla specifica richiesta di evidenze documentali, le fatture d’acquisto dei prodotti e i report aziendali e, ancora, nonostante le giustificazioni fossero state richieste con esclusivo riferimento alle “voci del prezzo dei prodotti”.

La censura è infondata in tutte le sue articolazioni argomentative.

L’art.164, secondo comma del D.lgs. 50/2016 stabilisce che “Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione”.

Questo significa che, alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi, come quella in esame, si applicano, per quanto compatibili, anche le disposizioni relative ai criteri di aggiudicazione, espressamente richiamate dall’art. 164 del D.lgs. 50/2016 in commento come corpo normativo da trasporre dal settore degli appalti pubblici a quello delle concessioni.

Sotto tale aspetto, si deve evidenziare che la verifica di congruità dell’offerta, disciplinata dall’art. 97 del D.lgs. 50/2016, opera all’interno dei “criteri di aggiudicazione”, di cui parla non solo l’art. 164, secondo comma D.lgs. 50/2016, ai fini della trasposizione dalla materia degli appalti pubblici a quella delle concessioni di lavori e servizi, ma anche l’art. 94 stesso codice.

Quest’ultima disposizione normativa, quando recita “gli appalti sono aggiudicati sulla base di criteri stabiliti conformemente agli articoli da 95 a 97…” include senza dubbio la verifica di congruità dell’offerta, disciplinata compiutamente dall’art. 97, quale strumento specifico per pervenire alla corretta applicazione del criterio di aggiudicazione.

Da tanto deriva che la verifica di congruità dell’offerta è istituto applicabile anche all’affidamento di una concessione di servizi.

Una volta chiarito che anche l’aggiudicazione di un contratto di concessione di un servizio è assoggettata, in linea teorica, alla verifica di congruità dell’offerta, occorre farsi carico delle plurime perplessità che la difesa della società ricorrente ha ritenuto di sottoporre al Collegio sotto il profilo della concreta applicazione dell’art. 97, comma 3 alla controversia in esame.

Ritiene il Collegio che l’applicazione della norma regga anche sul fronte delle sue concrete implicazioni pratiche.

Deve, anzitutto, dirsi che, per quanto la difesa della ricorrente si sia soffermata lungamente sulla tesi della inapplicabilità dell’art. 97, comma 3 all’affidamento delle concessioni non è, però, emersa alcuna specifica ragione che conduca alla soluzione di una incompatibilità conclamata tra lo strumento della verifica di congruità dell’offerta ex art. 97, comma 3, e l’affidamento delle concessioni di cui si discute.

In altri termini, l’applicazione dell’art. 97, comma terzo del D.lgs. 50/2016 all’affidamento della concessione di servizi controversa non comporta alcun risultato aberrante, o paradossale o, ancora, inconciliabile con l’obiettivo della coerenza del sistema codicistico e della sua non contraddizione rispetto a principi generali.

Va, anzi, osservato che la verifica di congruità dell’offerta appare del tutto in linea con l’obiettivo generale di selezionare il miglior contraente possibile, la qual cosa rappresenta traguardo immanente anche in materia di affidamento di concessioni.

Non vi è, quindi, alcuna ragione per escludere la gara indetta dal Liceo di Tricase dal dominio dell’art. 97, terzo comma, del D.lgs. 50/2016, una volta che la Stazione appaltante abbia ravvisato i presupposti per procedere nel senso richiesto dalla norma in commento e, dunque, abbia individuato le previste criticità nella formulazione dell’offerta da parte della società ricorrente.

E, in ogni caso, non si può sostenere ragionevolmente che il richiamo all’art. 97 vada circoscritto, ai fini della applicazione all’affidamento delle concessioni, ai soli commi 1 e 6.

Questo perché, in primo luogo, una applicazione parziale della norma, così come pretende la difesa della ricorrente, non è suggerita da alcun elemento interpretativo convincente e, anzi, urta contro una lettura sistematica e coerente del rinvio disciplinato dall’art. 164, secondo comma del codice, che non tollera operazioni di trasposizione frammentaria di norme da un settore all’altro delle commesse pubbliche.

In secondo luogo, il fatto che il giudizio di congruità dell’offerta sia avvenuto, ai sensi dell’art. 97, comma 3, sulla scorta di un automatismo, come lamenta la ricorrente, dipende dalla circostanza che si tratta di verifica di congruità destinata ad operare “quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa”.

Lo stesso art. 97, comma 3 del D.lgs. 50/2016, la cui sicura applicazione all’affidamento delle concessioni di servizi è stata fin qui illustrata prevede che “quando il criterio di aggiudicazione è quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano sia i punti relativi al prezzo, sia la somma dei punti relativi agli altri elementi di valutazione, entrambi pari o superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara”.

La norma ha una sua logica spiegazione proprio in rapporto alla scelta effettuata a monte dalla stazione appaltante in ordine al criterio di aggiudicazione della gara prescelto.

Né può convintamente sostenersi che la stazione appaltante abbia inteso autovincolarsi al rispetto dei soli principi generali discendenti dal richiamo, in sede di disciplinare di gara, all’art. 97 del D.lgs. 50/2016.

La previsione del disciplinare di gara, secondo la quale: “le offerte anormalmente basse verranno sottoposte a verifica, anche in base a quanto stabilito dall’art. 97 del D.lgs. 50/2016…” non lascia alcuno spazio ad interpretazioni alternative, come quella proposta dalla difesa del ricorrente.

E la stazione appaltante, dal canto suo, non ha fatto altro che prendere atto delle risultanze dei lavori della Commissione di Gara e, in particolare, del resoconto della seduta del 10 luglio 2017, “al termine della quale è stato verificato che l’offerta di codesta ditta – prima classificata nella graduatoria stilata considerando il totale dei punteggi attribuiti per l’offerta tecnica e quella economica – è risultata “anomala” ai sensi dell’art. 97, comma 3 del Codice degli Appalti, in quanto sia il punteggio relativo al prezzo, sia la somma dei punteggi relativi agli altri elementi di valutazione dell’offerta tecnica, sono risultati entrambi superiori ai quattro quinti dei corrispondenti punti massimi previsti dal bando di gara…”(vedi notaLiceo Statale “G. Comi” del 19 luglio 2017, in tema di valutazione anomalia dell’offerta).

Anche la seconda censura, concernente la lamentata irragionevolezza del giudizio di incongruità dell’offerta formulata dalla ricorrente non è fondata.

La ricorrente ha mostrato, sotto tale specifico aspetto, di fare grande affidamento sulla circostanza di essere stata precedente gestore del servizio.

Ciò avrebbe consentito all’impresa di “…stimare, con ampia cognizione di fatto, i costi e i ricavi dell’affidamento in questione (e i report aziendali prodotti dimostravano appunto questo), e quindi calibrare con credibilità i ribassi offerti sui prezzi (basandosi su dati oggettivi e su esperienza reale e pregressa, e non certo su mere ipotesi future ed astratte)” (vedi pag. 10 del ricorso introduttivo).

Ma, paradossalmente, nel caso che ci occupa, proprio il fatto di avere già gestito il servizio ha indotto la società ricorrente a non preoccuparsi, nella cruciale fase di verifica di congruità dell’offerta, di fornire un quadro realistico dei prezzi dei prodotti, delle caratteristiche del servizio da offrire, in modo da convincere la stazione appaltante della serietà e affidabilità complessive dell’offerta.

Il ricorso risente di questa impostazione quando si afferma, ad esempio, “la S. A. aveva diretta conoscenza dell’impresa e del suo modus operandi (stante il pregresso rapporto) e quindi legittimamente poteva ritenersi non necessario evidenziare, in sede di giustificazioni, ulteriori circostanze note all’attuale resistente, come ad esempio la disponibilità di una sede operativa proprio in Tricase…” (vedi, ancora, pagina 10 del ricorso introduttivo).

Ma la Stazione appaltante non ha fatto altro che rimarcare, per un verso, l’aleatorietà di giustificazioni con le quali la ricorrente si è limitata ad indicare prezzi dei prodotti già praticati in passato senza alcuna considerazione per le eventuali oscillazioni di mercato anche in rapporto alla natura triennale del servizio; per altro verso, ha posto in risalto adeguatamente la non esaustività delle stesse giustificazioni che non hanno avuto riguardo, in alcun modo, a fenomeni o dinamiche commerciali, ad esempio, correlate alla pratica dello sconto, tali da giustificare un prezzo effettivamente allettante.

Può dunque dirsi che la produzione di fatture d’acquisto e di report aziendali inerenti il servizio precedentemente svolto, attraverso le quali la ricorrente si è limitata a giustificare la sua offerta, non fossero elementi idonei a persuadere la stazione appaltate della bontà dell’offerta formulata.

Deve dirsi che anche la terza censura riguardante la lamentata illegittima composizione del Seggio di gara non coglie nel segno.

La dedotta violazione dell’art. 77, comma 2 del D.lgs. 50/2016 risulta smentita proprio dall’esame dell’atto del 20 giugno 2017 di nomina della Commissione.

Da tale atto emerge testualmente che la Commissione “è così costituita (ALMENO 3 e sempre di numero dispari).

- Prof. CASTELLUZZO Teresa – Docente Coll. D.S. Scolastico (con funzione di Presidente);

- ACCOGLI Salvatore – Assistente Amministrativo (con funzione di Segretario verbalizzante);

- LAZZARI Vito – Assistente Tecnico (con funzione di componente della Commissione)”.

A fronte del chiaro tenore dell’atto suindicato, nessun elemento autorizza a ritenere che il Seggio di Gara sia stato composto addirittura da due elementi, come pretende la difesa della ricorrente; né ciò è decisivamente desumibile dal fatto che il Sig. Accogli abbia anche svolto l’attività di Segretario, ben potendo le due funzioni – di Commissario e di Segretario verbalizzante – essere svolte dalla medesima persona.

Quanto al quarto motivo di ricorso, anch’esso non può trovare accoglimento.

Attraverso questa censura, la ricorrente si duole della violazione del principio di pubblicità delle sedute della Commissione, il quale “quanto meno per ciò che riguarda la fase di verifica della integrità dei plichi contenenti la documentazione amministrativa e l’offerta economica e di apertura dei plichi stessi, è inderogabile” (Cons. Stato, Sez. V, 7 novembre 2006, n. 6529).

Sul punto, il Collegio reputa di poter condividere la tesi sostenuta dalla difesa della controinteressata D.A.M. che ha eccepito l’inammissibilità della censura per omessa impugnazione della previsione di cui al punto 5, ultimo periodo, del disciplinare di gara, a mente del quale “Al termine della verifica dei documenti delle buste “B”, la Commissione, in seduta privata, procederà all’apertura delle buste “C” – offerta economica – per accertare l’esistenza e la regolarità dei documenti in esse contenuti e, successivamente, per valutare l’offerta economica…”.

In un sistema processuale di carattere impugnatorio come il nostro, infatti, lo strumento ordinario per procedere all’eliminazione, dal mondo giuridico, di una previsione indittiva che si asserisce lesiva degli interessi legittimi di una parte non può che essere quello della impugnazione della clausola del bando di gara, che è mancata, invece, nel caso di specie. Né si rinviene nell’ordinamento una norma che consenta di ritenere che la previsione in questione sia nulla.

Anche la censura sviluppata dalla ricorrente sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 164, comma 2 del D.lgs. 50/2016 – ove il richiamo contenuto nel bando all’art. 97 del D. Lgs. cit. dovesse ritenersi inclusivo anche delle disposizioni di cui al 3° comma della norma da ultimo citata - non ha miglior sorte, per le ragioni già illustrate nell’esame del 1° motivo di ricorso.

Da quanto sopra discende, infine, l’infondatezza della censura di illegittimità derivata dell’aggiudicazione definitiva, disposta in favore della D.A.M. s.r.l..

Il ricorso va, conclusivamente, respinto sia per la parte impugnatoria, che per la parte concernente la domanda risarcitoria, stante l’accessorietà di quest’ultima rispetto alla domanda principale.

Le spese processuali possono essere compensate, tenuto conto della peculiarità della controversia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Seconda definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.


[1]                Sentenza n. 13 del 7 maggio 2013.

[2]           Cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 01.12.2014 n. 5915

[3]                Cfr. ex plurimis, Consiglio di Stato sez. III, 1 settembre 2014, n. 4449; sez. V, nella sentenza 20 agosto 2013, n. 4193