Cons. Stato Sez. V 27 luglio 2017 n. 3704

1. La sopravvenienza provvedimentale di cui si discute in questa sede, quindi, non solo non costituisce violazione del giudicato, ma non rappresenta neanche una causa che ne rende impossibile l’esecuzione in forma specifica (e che, quindi, può rilevare come presupposto per il rimedio di cui all’articolo 112, comma 3, c.p.a.). Si tratta, al contrario, di un nuovo esercizio di potere amministrativo che incide su un tratto di azione amministrativa non inciso dal giudicato, che non conteneva alcuna statuizione preclusiva in ordine al possibile adeguamento ai requisiti dell’in house della struttura organizzativa di InnovaPuglia (non obbligava in altri termini la Regione Puglia a fare ricorso al mercato). 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8330 del 2016, proposto da:
Megatrend s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fulvio Mastroviti, con domicilio eletto presso lo studio Andrea Botti in Roma, via Monte Santo N. 25;

contro

Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ada Matteo, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza S. Lorenzo in Lucina, 26;

nei confronti di

Innovapuglia s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ernesto Sticchi Damiani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina Nr 26;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE I n. 00864/2016, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Puglia e di Innovapuglia S.p.A.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2017 il Cons. Roberto Giovagnoli e uditi per le parti gli avvocati Fulvio Mastroviti, Manlio Conte, su delega dell'avvocato Ada Matteo, Alfredo Caggiula, su delega dell’avvocato Ernesto Sticchi Damiani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Viene in decisione l’appello proposto da Megatrend s.r.l. avverso la sentenza resa dal T.a.r. Puglia, sede di Bari, n. 864/2016, che ha dichiarato in parte inammissibile e in parte infondato il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla predetta società per chiedere che fosse ordinato alla Regione Puglia di ottemperare alla sentenza resa dal T.a.r. Puglia, sede di Bari, n. 458/2013, confermata in appello dal Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza n. 1181/2014.

2. Si sono costituiti in giudizio per resistere all’appello la Regione Puglia e InnovaPuglia s.p.a.

3. Alla camera di consiglio del 27 giugno 2017, la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. L’appello non merita accoglimento.

5. La società Megatrend ha domandato, ai sensi dell’articolo 112, comma 3, c.p.a., il risarcimento del danno connesso all’impossibilità di ottenere l’esecuzione del giudicato.

6. Il giudicato di cui si tratta aveva dichiarato illegittimo l’affidamento in house disposto dalla Regione Puglia a favore di InnovaPuglia s.p.a. (ritenendo, in particolare, che fosse carente il requisito del “controllo analogo” da parte della Regione Puglia).

Nel dare esecuzione della sentenza, la Regione ha modificato la struttura organizzativa di InnovaPuglia e i rapporti con essa, per renderli conformi ai requisiti dell’in house. Per effetto di tali modifiche, InnovaPuglia può dirsi, oggi, una società in house della Regione Puglia.

La ricorrente MegaTrend sostiene che, per effetto di questo sopravvenienze, l’esecuzione in forma specifica del giudicato sarebbe divenuta impossibile e, chiede, quindi il risarcimento del danno ex art. 112, comma 3, c.p.a. (sottolineando la diversità di questa domanda risarcitoria rispetto a quella già proposta nel giudizio di cognizione e respinta dal giudicato).

7. La domanda risarcitoria è infondata.

8. Il giudicato della cui esecuzione si tratta non era, infatti, un giudicato di “spettanza” (il che già vale a rendere la fattispecie oggetto del presente giudizio significativamente diversa da quella recentemente decisa dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 2 del 2017, ai cui principi l’appellante ha fatto più volte riferimento nei suoi scritti difensivi).

Nel caso di cui ci si occupa nel presente giudizio, dal giudicato nasceva, infatti, solo un effetto conformativo, che lasciava ampia discrezionalità all’Amministrazione: la Regione Puglia non poteva continuare ad operare in regime di affidamento diretto con InnovaPuglia s.p.a., ma certamente poteva modificarne la struttura di al fine di renderla conforme ai requisiti dell’in house.

La sopravvenienza provvedimentale di cui si discute in questa sede, quindi, non solo non costituisce violazione del giudicato, ma non rappresenta neanche una causa che ne rende impossibile l’esecuzione in forma specifica (e che, quindi, può rilevare come presupposto per il rimedio di cui all’articolo 112, comma 3, c.p.a.).

Si tratta, al contrario, di un nuovo esercizio di potere amministrativo che incide su un tratto di azione amministrativa non inciso dal giudicato, che non conteneva alcuna statuizione preclusiva in ordine al possibile adeguamento ai requisiti dell’in house della struttura organizzativa di InnovaPuglia (non obbligava in altri termini la Regione Puglia a fare ricorso al mercato).

9. Ѐ vero, come sostiene la ricorrente, che il giudicato non imponeva alla Regione di dotarsi di un soggetto in house, ma, per quel che più rileva in questa sede, neanche lo vietava: ne consegue che il provvedimento ora contestato ai fini risarcitori rappresenta una scelta consentita dal giudicato e, dunque, una forma di (corretta) esecuzione del medesimo (e non – diversamente da quel che deduce l’appellante – una sopravvenienza che ne determina l’impossibilità di esecuzione ai sensi dell’art. 112, comma 3, c.p.a.).

10. L’appello non merita accoglimento neanche nella parte in cui contesta la “ratifica” da parte della Regione Puglia dei rapporti contrattuali pregressi, conclusi con InnovaPuglia, quando questa non era un soggetto in house.

Sotto questo profilo, risulta dirimente la considerazione secondo cui, essendosi questi rapporti ormai svolti, non c’è più interesse da parte di Megatrend ad ottenerne la caducazione o l’accertamento della inefficacia. I relativi servizi, già espletati, non potrebbero, infatti, essere oggi oggetto di gara. Potrebbe al più residuare un profilo risarcitorio (in termini di danno da perdita della chance, per non esserci stata la gara in conseguenza dell’illegittimo affidamento diretto illo tempore disposto a favore di InnovaPuglia).

Questo tipo di danno, tuttavia, è riconducibile al provvedimento originariamente impugnato e, dunque, oggi anche la correlata pretesa risarcitoria è coperta dal giudicato che aveva respinto, per difetto di prova, la domanda di risarcimento del danno provocato dal provvedimento annullato.

11. Alla luce delle considerazioni che precedono l’appello deve, pertanto, essere respinto.

12. La peculiarità della vicenda e la controvertibilità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

 

Guida alla lettura

Con pronuncia del 27 luglio 2017 il Consiglio di Stato, chiamato a giudicare della fondatezza di una istanza risarcitoria per presunto mancato adempimento di un giudicato, mette in evidenza la netta distinzione esistente tra un “giudicato di spettanza” e un “giudicato conformativo”, nella misura in cui solo il primo costituisce un vero e proprio vincolo di adempimento per l’Amministrazione competente.

Qualora il fattore temporale produca la cristallizzazione di una decisione giudiziaria a contenuto meramente conformativo, pertanto, la P.A. conserva il potere di emanare un successivo provvedimento in tutti quei settori lasciati liberi dalla pronuncia.

La decisione del Supremo Consesso amministrativo si sviluppa dunque attorno all’istituto del giudicato amministrativo, sul quale si registrano diversi dibattiti interpretativi.

Il rinvio che attraverso l’art. 39 il Codice del processo amministrativo effettua nei confronti dell’ordinamento civile in materia di giudicato, infatti, non esaurisce il problema interpretativo che tale concetto pone, in particolare alla luce dell’evidente profilo di specialità che il giudicato amministrativo riveste rispetto a quello civile, a fronte della natura pubblica di una delle due parti processuali e dell’interesse (altrettanto) pubblico cui deve tendere l’intera attività amministrativa.

Ricostruito in termini di specialità il concetto di giudicato amministrativo, occorre evidenziare che non tutte le pronunce giurisdizionali sono suscettibili di acquistare autorità di cosa giudicata: assodata la pacifica riconducibilità al predetto concetto delle sentenze di merito, dubbi interpretativi si pongono sui lodi arbitrali e sulle decisioni di rito. Con particolare riferimento a queste ultime occorre precisare che la sentenza di rito può acquistare la forza di un giudicato solo allorquando l’accertamento della carenza dei presupposti processuali e delle condizioni dell’azione producono effetti sulla pretesa sostanziale avanzata dal ricorrente, con la conseguenza per cui la sentenza di inammissibilità o di improcedibilità si ripercuote sulla questione di diritto sostanziale.

Quanto agli effetti che un giudicato è in grado di produrre è possibile distinguere diverse tipologie: effetto costitutivo (attraverso il quale l’atto impugnato è colpito dalla patologia dell’annullabilità), effetto preclusivo (che impedisce la prosecuzione di un nuovo giudizio avente ad oggetto la medesima questione), effetto ripristinatorio (che impone al soggetto pubblico competente di ripristinare lo stato di fatto e di diritto preesistente all’adozione) ed effetto conformativo (che vincola l’Amministrazione nell’espletamento dell’attività successiva al precetto giudiziale).

Con riguardo a quest’ultimo effetto occorre rilevare che la sua portata applicativa muta a seconda del tipo di attività svolta dall’Amministrazione: in presenza di un’attività vincolata l’effetto conformativo è pieno, mentre in presenza di un’attività discrezionale l’effetto conformativo è parziale.

In buona sostanza, a fronte di una sentenza passata in giudicato la pubblica amministrazione può esercitare nuovamente il proprio potere, ma solo all’interno delle zone d’ombra lasciate dal giudicato. Detto altrimenti, il giudicato non consuma sic et simpliciter il potere pubblico, bensì ne ridimensiona soltanto la sua modalità esplicativa, lo stesso potendo insediarsi solo negli spazi vuoti lasciati dalla decisione giudiziaria.

Proprio in relazione a quello che appare essere l’effetto più importante scaturente dal giudicato si sviluppa il delicato problema del perfetto equilibrio tra l’interesse pubblico all’esercizio del potere discrezionale e l’interesse privato all’effettività della tutela giurisdizionale: la necessità di superare tale ostacolo porta all’elaborazione giurisprudenziale del concetto di “giudicato a formazione progressiva”, strettamente connesso alla natura giuridica del giudizio di ottemperanza.

Tale strumento, generando un vero e proprio “confronto dialettico” tra la P.A. e il privato, impone di chiarire quale sia il limite entro cui l’Amministrazione può riesecitare il proprio potere a seguito di un giudicato.

Sul punto la giurisprudenza è ormai pacificamente addivenuta all’adozione della regola del one shot temperato, tale per cui a seguito di un giudicato l’amministrazione può rinnovare una sola volta il proprio potere (cfr. Cons. Stato, sez. III, 14 febbraio 2017, n. 660).

Tutto quanto premesso, l’attenzione va da ultimo riposta sul delicato rapporto tra la forza vincolante del giudicato e il diritto sopravvenuto. Ci si chiede in buona sostanza cosa accada nell’ipotesi in cui il mutamento normativo modifichi le condizioni o i presupposti sui quali si è fondato un pronunciamento del giudice.

Sul punto la giurisprudenza distingue preliminarmente due diverse tipologie di sopravvenienze: sopravvenienze di fatto (che si sostanziano in una impossibilità materiale per il giudice di eseguire la sentenza) e sopravvenienze di diritto (che consistono in un novum legislativo successivo al giudicato).

Ciò posto, altra distinzione riguarda la natura delle fattispecie giuridiche: in presenza di una situazione giuridica istantanea il momento della notificazione della sentenza definitiva solidifica definitivamente la situazione di fatto o di diritto oggetto di controversia, impedendo qualsivoglia efficacia al diritto sopravvenuto. In presenza di una situazione giuridica durevole, invece, lasciando fermo quanto detto in ordine alla notificazione della sentenza, non può negarsi efficacia al diritto sopravvenuto in relazione a quella parte del rapporto ancora in corso di svolgimento.

Tanto premesso diverse le posizioni sviluppatesi sul tema.

Per una prima posizione l’amministrazione non può prescindere dal diritto sopravvenuto, anche se successivo alla sentenza. L’equilibrio tra le due figure, pertanto, va risolto a mezzo del principio del tempus regit actum secondo il quale il diritto applicabile è quello esistente al momento dell’adozione dell’atto.

A parere di una distinta impostazione lo ius superveniens non può mai intaccare un giudicato. La necessità di tutelare i principi di certezza e stabilità dei rapporti giuridici, quali corollari dell’affidamento verso una situazione fattuale già consolidata, arretrano la validità del diritto sopravvenuto alla fase precedente la formazione del giudicato, quest’ultimo determinando l’immodificabilità giuridica della vicenda.

Secondo una terza ricostruzione interpretativa, invece, il mutamento normativo trova applicazione solo se temporalmente anteriore rispetto alla notifica della sentenza irrevocabile. Così facendo le sopravvenienze trovano applicazione solo nei rapporti giuridici di durata.

Da ultimo una parte della giurisprudenza afferma che il tema della relazione tra giudicato e ius supervenien va risolto ponendo attenzione alla natura del sindacato del giudice: in presenza di un sindacato pieno (ossia quando la P.A. svolge un’attività vincolata o a discrezionalità esaurita) le modifiche normative risultano essere irrilevanti, mentre nell’ipotesi in cui il potere del giudice risulti limitato da un residuo potere discrezionale in capo all’Amministrazione il giudicato risulta avere carattere elastico, lo stesso subendo l’influenza delle sopravvenienze di fatto e di diritto (Cons. Stato, sez. VI, 26 marzo 2014, n. 1472).