Consiglio di Stato, Sez. III, 29 maggio 2017 n. 2548

Dall’art. 38, comma 1, lettera c), e comma 2, si ricava che nelle procedure ad evidenza pubblica preordinate all'affidamento di un appalto pubblico, l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate, anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nell'art. 38, comma 1, lett. c), ne comporta senz'altro l'esclusione dalla gara, essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità (1).

Quanto all'estinzione del reato (che consente di non dichiarare l'emanazione del relativo provvedimento di condanna), secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, essa sotto il profilo giuridico non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell'esecuzione penale, che è l'unico soggetto al quale l'ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di "reato estinto" e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell'intervenuta condanna (2).

(1) Conforme Cons. St., Sez. III, n. 4019/2016; Cons. St., Sez. IV, n. 834/2016; Cons. St., Sez. V, n. 4219/2016, n. 3402/2016 e n. 1641/2016;

(2) Conforme Cons. Stato, III, n. 4118/2016; Cons. St., Sez. V, n. 3105/2015, n. 3092/2014 e n. 4528/2014 Contra Cons. Stato, V, n. 5192/2015, che richiama Cass. pen. V, n. 20068/2015, e SS.UU., n. 2/2014.

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9109 del 2016, proposto da: 
-OMISSIS-., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Eugenio Dalli Cardillo, con domicilio eletto presso lo Studio Grez e Associati in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18; 

contro

Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avvocato Paolo Stolzi, con domicilio eletto presso lo studio Umberto Richiello in Roma, via Carlo Mirabello, 18; 

nei confronti di

-OMISSIS-, -OMISSIS-, in persona dei legali rappresentanti p.t., rappresentate e difese dagli avvocati Leonardo Limberti, Annalisa Lauteri, con domicilio eletto presso lo studio Annalisa Lauteri in Roma, via Panama, 58; 

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA – FIRENZE, SEZIONE III, n. 01386/2016, resa tra le parti, concernente affidamento lavori di realizzazione della nuova Officina Trasfusionale a servizio dell'Area Vasta Toscana Sud Est - ris.danni;


 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Azienda Ospedaliera Universitaria Senese e di -OMISSIS- e -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2017 il Cons. Pierfrancesco Ungari e uditi per le parti gli avvocati Eugenio Dalli Cardillo, Paolo Stolzi ed Annalisa Lauteri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO e DIRITTO

1. La controversia origina dalla revoca, disposta in autotutela dall’Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese mediante provvedimento n. -OMISSIS-, dell’aggiudicazione definitiva, in favore del -OMISSIS-, odierna appellante, della procedura aperta per la progettazione ed esecuzione a corpo dei lavori di realizzazione della nuova Officina Trasfusionale a servizio dell’Area Vasta Toscana Sud-Est.

2. In esito alla verifica delle dichiarazioni rese in sede di gara, era infatti emerso che il sig. -OMISSIS-, socio, legale rappresentante e direttore tecnico della -OMISSIS-, indicata dal -OMISSIS- come esecutrice di parte dei lavori, aveva omesso di dichiarare una condanna alla multa sostitutiva di 90 giorni di reclusione, disposta nei suoi confronti nel 2000 con decreto penale per fatti commessi nel 1997, per i reati di cui agli artt. 195 del d.P.R. 156/1973 e 374 c.p., per aver installato e posto in esercizio due impianti radioelettrici senza concessione.

3. -OMISSIS- ha impugnato la revoca dinanzi al TAR Toscana, sostenendo in particolare che i modelli di gara non contenevano una indicazione chiara circa l’obbligo di dichiarare ogni condanna penale, che il reato di cui all’art. 195, comma 2, del d.P.R. 156/1973 è stato depenalizzato mentre quello di cui all’art. 374 c.p. può astrattamente rientrare nella previsione di speciale tenuità di cui al d.lgs. 28/2015, che comunque il reato doveva ritenersi estinto, che in ogni caso si trattava di reati non gravi e non incidenti sulla capacità professionale, e che quindi la dichiarazione contestata era stata resa in buona fede.

4. Giova fin d’ora sottolineare che il modulo di dichiarazione reso disponibile dalla stazione appaltante indicava l’obbligo di dichiarare di non aver subito sentenze di condanna “per reati gravi … che incidono sulla moralità professionale … “, e quindi ostativi ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. n. 163 del 2006, “oppure” di dichiarare “tutte le sentenze di condanna” subite, e quindi, a dire del -OMISSIS-, era fuorviante, in quanto poteva essere inteso nel senso che “tutte le sentenze di condanna” da dichiarare fossero comunque solo quelle ricomprese nell’art. 38 cit..

5. Il TAR Toscana, con la sentenza appellata (III, n. 1386/2016), ha respinto l’appello, sottolineando in particolare che:

(a) – anche se “il modulo di gara avrebbe potuto essere formulato in termini più perspicui, ciò non conduce alla fondatezza della censura in esame”, poiché l’art. 38, comma 2, del d.lgs. 163 del 2006, con norma imperativa che eterointegra le previsioni di gara, stabilisce che debbano essere dichiarate tutte le condanne riportate (e con esclusione dei reati depenalizzati, delle condanne estinte, delle condanne revocate o per le quali è intervenuta la riabilitazione);

(b) - se è vero che non sussisteva l’obbligo di dichiarazione in relazione al reato di cui all’art. 195, comma 2, del d.P.R. 156/1973, depenalizzato, non altrettanto può dirsi per quello di cui all’art. 374 c.p., a prescindere dalla sua maggiore o minore gravità o dalla sua incidenza sulla capacità professionale del concorrente, facendo carico a quest’ultimo di dichiarare ogni condanna subita (al netto delle esclusioni di legge) ed essendo invece rimessa alla stazione appaltante la valutazione conseguente;

(c) - l’obbligo dichiarativo non ricorre con riguardo alle condanne per reati oramai estinti, a condizione che l’estinzione sia formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione penale, unico soggetto competente a verificare la sussistenza dei presupposti per la relativa declaratoria; l’estinzione pronunciata dal Tribunale di Siena in data 11 agosto 2015 è successiva alla scadenza del termine di presentazione delle offerte (ed entro il quale dunque dovevano essere posseduti i requisiti partecipativi) stabilita al 24 febbraio 2015.

6. Nell’appello, -OMISSIS- prospetta cinque motivi appresso sintetizzati.

6.1. La dichiarazione in questione dovrebbe considerarsi scriminata per errore scusabile, al pari di quelle incomplete, e quindi integrabile ai sensi del § 4.4. del disciplinare di gara, in quanto:

(a) - il TAR ha riconosciuto che la norma di gara era equivoca (“il modulo di gara avrebbe potuto essere formulato in termini più perspicui”), e quindi è contraddittorio non aver accolto gli altri profili di censura, tenuto conto che al dichiarante non poteva imputarsi alcuna colpa essendo stato tratto in inganno dal modulo;

(b) – nelle norme di gara non era presente una univoca previsione dell’obbligo di dichiarare ogni condanna penale; al contrario, il modello 3 – parte B, indicava l’alternativa tra la dichiarazione di assenza di condanne rilevanti ai sensi dell’art. 38 del d.lgs. 163/2006, e (“oppure”) la dichiarazione di tutte le sentenze di condanna definitive; così inducendo a ritenere che la seconda alternativa fosse una precisazione della prima e si riferisse soltanto ai reati enumerati dall’art. 38, in quanto condizionanti la moralità professionale del concorrente;

(c) – non convince il richiamo al principio di eterointegrazione della lex specialis con l’art. 38, in quanto se la previsione era ambigua viene meno la possibilità di un giudizio di riprovevolezza sanzionabile con l’esclusione dalla gara; l’appellante invoca sentenze di questa Sezione (n. 2006/2013, n. 507/2014, n. 925/2015 e n. 5240/2015) secondo le quali qualora in un modello di dichiarazione alla formulazione negativa che rinvia ai reati gravi incidenti sulla moralità professionale, segua una dichiarazione positiva circa l’esistenza di condanne, non può che ingenerarsi nel dichiarante la convinzione che anche quest’ultima debba limitarsi alle fattispecie di reato indicate nella prima;

(d) – il richiamo effettuato nella sentenza al precedente dello stesso TAR Toscana (n. 300/2015) è inconferente, in quanto riguardava l’obbligo di dichiarare o meno condanne penali per reati avvinti dal vincolo della continuazione nel caso che risultasse estinto solo uno di essi.

6.2. Il reato di frode processuale ex art. 374 c.p. non configura un reato autonomo, in quanto è configurabile in presenza di un precedente reato in relazione al quale il reo ha immutato artificiosamente luoghi, cose o persone allo scopo di ingannare il giudice o il perito; pertanto, se il reato presupposto (installazione ed impianto abusivo di impianti radioelettrici) è stato depenalizzato, il delitto di frode processuale non può avere alcuna autonoma rilevanza; in ogni caso, la fattispecie rientra nella previsione di non punibilità per particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis c.p. introdotta dal d.lgs. 28/2015.

6.3. In ordine alla necessità di un formale provvedimento del giudice dell’esecuzione, affinché l’estinzione del reato produca i suoi effetti, è intervenuto un mutamento della giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, V, n. 5192/2015, che richiama Cass. pen. V, n. 20068/2015, e SS.UU., n. 2/2014), che ha affermato che l’effetto estintivo opera ex lege per effetto del decorso del tempo e non abbisogna di alcun provvedimento; di ciò il TAR non ha tenuto conto; nel caso in esame, peraltro, erano trascorsi quasi vent’anni, ed il provvedimento di estinzione è stato adottato pochi giorni dopo la prima richiesta di chiarimenti della stazione appaltante.

6.4. Non è stata considerata la giurisprudenza che in casi simili richiede una adeguata motivazione in ordine alla rilevanza preclusiva della condanna (cfr. TAR Milano, I, n. 1926/2010).

6.5. Il TAR non ha considerato la dedotta possibilità che il -OMISSIS- di imprese artigiane potesse estromettere l’impresa colpita dalla causa di esclusione, operando “in riduzione”, ai sensi degli artt. 34, comma 1, lettera b), 35 e 37, comma 9, del d.lgs. 163/2006.

7. L’appellante ripropone la domanda di risarcimento dei danni per l’ipotesi di impossibilità di reintegrazione in forma specifica, quantificando il danno emergente in 5.417,00 euro, ed il lucro cessante in (51.425,00 per danno curriculare al 3%, calcolato sul valore lordo + 246.870,07 a titolo di margine di profitto al 15% = ) 299.362,07 euro.

8. L’A.O.U. si è costituita in giudizio e controdeduce puntualmente.

9. Si sono costituiti in giudizio e controdeducono puntualmente anche i nuovi aggiudicatari, -OMISSIS- e -OMISSIS-

10. Tutte le parti hanno depositato memorie ulteriori e repliche.

In particolare, l’appellante sottolinea come l’escamotage dell’eterointegrazione del bando di gara non è idoneo a superare il problema dell’ambiguità della lex specialis, poiché essa deve essere interpretata secondo buona fede e cioè solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere.

11. L’appello è infondato.

11.1. Dall’art. 38, comma 1, lettera c), e comma 2, si ricava che nelle procedure ad evidenza pubblica preordinate all'affidamento di un appalto pubblico, l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate, anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nell'art. 38, comma 1, lett. c), ne comporta senz'altro l'esclusione dalla gara, essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità (cfr., fra le tante, Cons. Stato, III, n. 4019/2016; IV, n. 834/2016; V, n. 4219/2016, n. 3402/2016 e n. 1641/2016).

11.2. Non c'è possibilità che l'omissione possa essere sanata attraverso il soccorso istruttorio, il quale non può essere utilizzato per sopperire a dichiarazioni (riguardanti elementi essenziali) radicalmente mancanti - pena la violazione della par condicio fra concorrenti - ma soltanto per chiarire o completare dichiarazioni o documenti già comunque acquisiti agli atti di gara (cfr. Cons. Stato, A. P. n. 9/2014; V, n. 4219/2016 e n. 927/2015).

11.3. Secondo un orientamento, invocato dall’appellante, costituisce eccezione l’ipotesi in cui la dichiarazione sia resa dal concorrente sulla base di modelli predisposti dalla stazione appaltante e questi sia indotto in errore dalla formulazione ambigua o equivoca del bando (cfr. Cons. Stato, III, n. 2006/2013, n. 507/2014, n. 925/2015 e n. 5240/2015).

11.4. Tuttavia, nel caso in esame una simile ambiguità deve escludersi, posto che il disciplinare, all’art. 10, punto 3, prevedeva, come contenuto della dichiarazione dell’assenza delle cause di esclusione di cui all’art. 38, “dichiara che nei propri confronti non è stata pronunciata sentenza di condanna passata in giudicato, o emesso decreto di condanna divenuto irrevocabile, o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale; (oppure, se presenti) indica tutte le sentenze di condanna passate in giudicato, i decreti penali di condanna divenuti irrevocabili, le sentenze di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale emessi nei propri confronti …” ad esclusione di quelle per reati depenalizzati o per le quali è intervenuta la riabilitazione o l’estinzione, senza limitazioni ulteriori.

11.5. A ben vedere, anche il TAR, nell’affermare che il modulo di dichiarazione “avrebbe potuto essere formulato in termini più perspicui”, non giunge alla conclusione che la lex specialis fosse equivoca e tale da suscitare un legittimo affidamento nei concorrenti sulla non necessità di dichiarare le eventuali condanne di minor gravità, ma costituisce un mero antecedente logico del ragionamento volto ad accertare la doverosità della dichiarazione di tutte le condanne riportate.

11.6. Quanto all'estinzione del reato (che consente di non dichiarare l'emanazione del relativo provvedimento di condanna), secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, essa sotto il profilo giuridico non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell'esecuzione penale, che è l'unico soggetto al quale l'ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di "reato estinto" (cfr., tra le altre, Cons. Stato, III, n. 4118/2016; V, n. 3105/2015, n. 3092/2014 e n. 4528/2014; contra, per quanto risulta, soltanto la sentenza invocata dall’appellante) e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell'intervenuta condanna.

11.7. Non può rilevare in contrario l’orientamento del giudice penale, affermato ai fini dell’individuazione della decorrenza anticipata degli effetti dell’estinzione a tutela del condannato, ma che prescinde dalla considerazione del contesto procedimentale nel quale, invece, l’estinzione rileva ai fini in questione. La stazione appaltante si trova a dover considerare, senza il dovere (e talvolta neanche la possibilità) di poter sospendere la propria valutazione, la rilevanza di una condanna, e non può che tener conto della sua esistenza, fino a che non sia intervenuta una valutazione dell’unico giudice competente, quello penale, in ordine al venir meno dei suoi effetti ed all’adozione del conseguente provvedimento dichiarativo.

E tanto è avvenuto anche nel caso in esame, con conseguente irrilevanza della sopravvenuta dichiarazione di estinzione da parte del Tribunale di Siena.

11.8. Il reato di frode processuale è tale da incidere sulla moralità, trattandosi di reato, a dolo specifico, commesso contro l’amministrazione della giustizia; la depenalizzazione del reato presupposto non rileva, in quanto, ai sensi dell’art. 170, primo comma, c.p., la causa di estinzione del reato presupposto non si estende all’altro reato.

11.9. Non si vede poi come si possa pretendere dalla stazione appaltante una motivazione sulla rilevanza della condanna, se l’esclusione è determinata dalla omessa dichiarazione.

11.10. Infine, in ordine alla mancata valutazione della possibilità dell’appellante di operare “in riduzione”, non risulta avanzata alla stazione appaltante alcuna richiesta in tal senso, e comunque una simile soluzione sarebbe stata praticabile qualora riconducibile ad esigenze organizzative delle imprese, non invece per sanare ex post una causa di esclusione riguardante il soggetto recedente, pena la violazione della par condicio. Al riguardo, va osservato che il precedente invocato dall’appellante (TAR Lazio, II, n. 9036/2016) è stato riformato in appello (da Cons. Stato, V, n. 849/2017, che, in relazione ad una esclusione determinata da irregolarità fiscale, ha affermato l’impossibilità di consentire ad un -OMISSIS- stabile di assumere l’esecuzione dell’appalto in proprio, sottolineando che rimuovere la causa ostativa che colpisce l’operatore designato per l’esecuzione dell’appalto comporterebbe una lesione ai principi di concorrenza e par condicio vigenti in ambito sovranazionale e interno; vedi anche IV, n. 1717/2016, ivi richiamata).

12. In conclusione, l’appello deve essere respinto, meritando conferma la sentenza di primo grado, con le precisazioni esposte.

13. Le spese del grado di giudizio, in ragione del carattere non perspicuo del modulo di dichiarazione in questione, possono essere integralmente compensate tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese del grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone fisiche e giuridiche menzionate al punto 2 della sentenza.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2017 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Raffaele Greco, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Pierfrancesco Ungari, Consigliere, Estensore

Sergio Fina, Consigliere

 

 

Guida alla lettura

La decisione in commento, sebbene in linea con un consolidato orientamento giurisprudenziale, fa il punto sugli obblighi dichiarativi incombenti in capo a ciascun partecipante ad una gara pubblica, obblighi il cui inadempimento è in grado di incidere sulla moralità professionale. Le riflessioni dei Giudici della Terza Sezione poi sono ulteriormente interessanti per i risvolti penalistici che la vicenda presenta, ragion per cui è opportuno richiamare, in sintesi, la questio facti.

La controversia origina dalla revoca dell’aggiudicazione definitiva, emessa in favore dell’odierna appellante, della procedura aperta per la progettazione ed esecuzione a corpo di alcuni lavori. Infatti, in esito alla verifica delle dichiarazioni rese in sede di gara, era emerso che il socio, legale rappresentante e direttore tecnico della società, indicata come esecutrice di parte dei lavori, aveva omesso di dichiarare una condanna alla multa sostitutiva di 90 giorni di reclusione, disposta nei suoi confronti nel 2000 con decreto penale per fatti commessi nel 1997, per due reati: quello di cui all’art. 195 del d.P.R. 156/1973 e quello di cui all’art. 374 c.p., per aver installato e posto in esercizio due impianti radioelettrici senza concessione.

I Giudici di Palazzo Spada, nel condividere sostanzialmente l’esito cui era pervenuto il Giudice territoriale, colgono altresì l’occasione per approfondire e meglio specificare le motivazioni già addotte a sostegno della reiezione del ricorso di primo grado, concludendo, quindi, per il rigetto dell’appello.

La prima questione concerne l’esatta perimetrazione degli obblighi dichiarativi dei concorrenti circa le condanne penali eventualmente riportate. Il dubbio deriva da una “non perspicua” (per utilizzare le medesime parole del Tar) formulazione del disciplinare di gara, che, nell’ottica dell’appellante, avrebbe indotto a ritenere che oggetto di dichiarazione fossero esclusivamente le condanne attinenti ai reati contemplati nell’art. 38, comma 1, lett. c), omissione sanzionata con l’esclusione dalla gara.

Sul punto, i Giudici d’appello chiariscono che: “Dall’art. 38, comma 1, lettera c), e comma 2, si ricava che nelle procedure ad evidenza pubblica preordinate all'affidamento di un appalto pubblico, l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate, anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nell'art. 38, comma 1, lett. c), ne comporta senz'altro l'esclusione dalla gara, essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità”.  Inoltre, per rispondere ad una specifica censura, il Collegio osserva poi che non è consentito sanare l’omissione mediante il rimedio del soccorso istruttorio, il quale, a rigor di logica, non può essere utilizzato per sopperire a dichiarazioni (riguardanti elementi essenziali) radicalmente mancanti - pena la violazione della par condicio fra concorrenti - ma soltanto per chiarire o completare dichiarazioni o documenti già comunque acquisiti agli atti di gara.

Ciò posto in linea generale, la Terza Sezione precisa poi che, nel caso in esame, non vi sono profili di ambiguità rinvenibili nella documentazione di gara. Invero, si sostiene che, nonostante il Tar abbia affermato che il modulo di dichiarazione “avrebbe potuto essere formulato in termini più perspicui”, a ben vedere, esso non giunge alla conclusione che la lex specialis fosse equivoca e tale da suscitare un legittimo affidamento nei concorrenti sulla non necessità di dichiarare le eventuali condanne di minor gravità, ma costituisce un mero antecedente logico del ragionamento volto ad accertare la doverosità della dichiarazione di tutte le condanne riportate.

La seconda questione controversa riguarda, invece, le ipotesi in cui l’obbligo dichiarativo non sussiste, come accade nei casi di condanna per reati oramai estinti. Nella fattispecie, il reato di cui all’art. 195 del D.P.R. 156/1973 era stato dichiarato sì estinto, ma dopo la scadenza del termine per la presentazione della offerte. Invero, i Giudici di secondo grado puntualizzano che: “Quanto all'estinzione del reato (che consente di non dichiarare l'emanazione del relativo provvedimento di condanna), secondo la giurisprudenza di questo Consiglio, essa sotto il profilo giuridico non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell'esecuzione penale, che è l'unico soggetto al quale l'ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non intervenga tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di "reato estinto" e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell'intervenuta condanna”. Nel caso de quo, la dichiarazione di estinzione del reato è intervenuta dopo il termine fissato per la presentazione delle offerte, per cui essa non può che considerarsi irrilevante.

Un’ultima notazione merita poi un profilo più strettamente penalistico relativo alla connessione tra i due reati non dichiarati. Sul punto, è interessante notare come il Consiglio di Stato risolve la questione applicando le regole proprie del diritto penale, ovvero sostenendo che: “Il reato di frode processuale (ex art. 374 c.p.) è tale da incidere sulla moralità, trattandosi di reato, a dolo specifico, commesso contro l’amministrazione della giustizia; la depenalizzazione del reato presupposto non rileva, in quanto, ai sensi dell’art. 170, primo comma, c.p., la causa di estinzione del reato presupposto non si estende all’altro reato”. Dunque, l’obbligo di dichiarazione di un reato sussiste a prescindere dalla sua maggiore o minore gravità o dalla sua incidenza sulla capacità professionale del concorrente, facendo carico a quest’ultimo di dichiarare ogni condanna subita (al netto delle esclusioni di legge) ed essendo invece rimessa alla stazione appaltante la valutazione conseguente.