Consiglio di Stato, Sez. V, n. 1953 del 27 aprile 2017

1. La mancanza nella comunicazione di esclusione dalla gara di elementi sufficienti per formulare censure di legittimità costituisce evenienza di mero fatto che non può essere posta a carico della medesima parte pubblica, ma che invece onera quella privata potenzialmente interessata di attivarsi per acquisire una compiuta conoscenza degli atti di gara, attraverso gli strumenti che la legge medesima pone a disposizione della stessa.(1)

2. Attraverso le forme tipiche di legge i concorrenti dispongono di informazioni adeguatamente dettagliate in ordine alle caratteristiche dell’offerta dell’aggiudicataria e ciò, all’evidente fine di evitare che le imprese lese dall’aggiudicazione si trovino in condizione di dover impugnare un provvedimento di aggiudicazione del quale non conoscano le caratteristiche effettive e in relazione al quale non siano in grado di articolare difese compiute.(2)

(1) Conformi Cons. Stato, V, 13 febbraio 2017, n. 592; Cons. Stato, VI, 1 aprile 2016, n. 1298;

 

 

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm. sul ricorso numero di registro generale 195 del 2017, proposto da: 

Ol Securpol s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Benedetto Ballero e Nicola Melis, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonia De Angelis in Roma, via Portuense 104; 

contro

Gp General pol s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Bettino Arru, domiciliata ex art. 25 cod. proc. amm. presso la segreteria del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro 13;

nei confronti di

Comune di Olbia, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Emanuela Traina, Andrea Manzi, con domicilio eletto presso lo studio Andrea Manzi in Roma, via Confalonieri 5;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA, SEZIONE I, n. 918/2016, resa tra le parti, concernente una procedura di affidamento in appalto del servizio di vigilanza e per la gestione della rete di videosorveglianza degli immobili del Comune di Olbia

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della G.P. General Pol. S.r.l. e del Comune di Olbia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2017 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Melis, Traina e Arru;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


 

FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Sardegna la Gp General Pol s.r.l. impugnava gli atti della procedura di affidamento del servizio triennale di vigilanza e per la gestione della rete di videosorveglianza tramite guardie particolari Giurate presso gli immobili e le aree di proprietà del Comune di Olbia (lotto 1 della procedura indetta da quest’ultimo con determinazione n. 810 del 29 settembre 2015), nell’ambito della quale si era collocata al secondo posto della graduatoria finale, dietro la Ol Securpol s.r.l., dichiarata conseguentemente aggiudicataria in virtù del maggior ribasso offerto sulla base d’asta di € (determinazione n. 1043 del 24 marzo 2016).

2. Il Tribunale amministrativo adito accoglieva il ricorso, giudicando fondata la censura con cui la Gp General Pol aveva dedotto che l’aggiudicataria avrebbe dovuto essere esclusa dalla gara, per avere offerto un monte ore lavorate inferiore a quello minimo di 27.792 ore previsto dal capitolato speciale d’appalto.

3. Per la riforma della sentenza di primo grado quest’ultima ha proposto appello.

4. Si sono costituite in giudizio la Gp General Pol e il Comune di Olbia, rispettivamente in resistenza e adesione all’appello della controinteressata.

DIRITTO

1. Con il primo motivo d’appello la Ol Securpol ripropone l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado già respinta dal Tribunale amministrativo.

2. L’appellante reitera l’assunto secondo cui la Gp General Pol avrebbe dovuto proporre ricorso nel termine di 30 giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, poiché questa era completa dei verbali di gara, e che pertanto quest’ultima non poteva giovarsi della dilazione di 10 giorni prevista dall’art. 79 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 (recante il codice dei contratti pubblici, ora abrogato), come invece accaduto nel caso di specie.

3. In particolare, a fronte di una comunicazione del provvedimento conclusivo avvenuta il 25 marzo 2016, la Gp General Pol ha notificato il proprio ricorso il 4 maggio successivo, quando il termine di 30 giorni era già spirato. Tuttavia, il Tribunale amministrativo ha escluso che il termine di decadenza fosse spirato, in ragione del fatto che a causa dell’incompletezza della comunicazione dell’aggiudicazione, la ricorrente aveva fatto accesso agli atti di gara, con istanza depositata il 4 aprile 2016 e definita con l’acquisizione degli atti di gara da parte della medesima società il 20 aprile seguente. A questo specifico riguardo, il giudice di primo grado ha sottolineato che solo con la documentazione acquisita in virtù dell’accesso la Gp General Pol è venuta a conoscenza degli elementi relativi all’offerta della controinteressata, tra i quali la tabella relativa alle ore lavorative offerte l’esecuzione dell’appalto recante un totale inferiore a quello minimo previsto dal capitolato speciale d’appalto (24.672 ore contro le 27.792 ore richieste dall’amministrazione), sulla cui base la stessa società ha potuto poi proporre la censura di legittimità.

4. Tanto premesso, il motivo è fondato e in accoglimento dello stesso, con carattere assorbente rispetto alle censure di merito proposte con il secondo motivo, la sentenza di primo grado deve essere riformata e deve essere dichiarato irricevibile il ricorso della Gp General Pol.

5. La disposizione di legge che viene in rilievo ai fini della risoluzione della questione controversa è l’art. 79, comma 5-bis, del previgente codice dei contratti pubblici.

Nel disciplinare le modalità di comunicazione alle imprese partecipanti a procedure di affidamento da parte della stazione appaltante, la disposizione ora richiamata prevede che la comunicazione dell’aggiudicazione «è accompagnata dal provvedimento e dalla relativa motivazione contenente almeno gli elementi di cui al comma 2, lettera c) », e cioè «le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato il contratto». Quindi, il medesimo comma 5-bis specifica ulteriormente che «nei casi di cui al comma 5, lettere a), b), e b-bis) » - ovvero, per quanto rileva nel presente giudizio, quando debba essere comunicata l’aggiudicazione definitiva al concorrente che segue nella graduatoria, ai sensi della lettera a) del richiamato comma 5) - «l’onere» di motivazione così imposto «può essere assolto» attraverso «l’invio dei verbali di gara».

6. Ciò è appunto quanto incontestabilmente avvenuto nel caso oggetto del presente giudizio.

7. Sulla base di questa circostanza deve ritenersi che il Comune di Olbia abbia adempiuto agli obblighi di legge, e cioè al dovere di comunicare ai concorrenti non aggiudicatari e non definitivamente esclusi dalla gara l’atto conclusivo di quest’ultima, corredato dagli elementi che la legge medesima prevede affinché questi soggetti siano posti nelle condizioni di proporre un ricorso giurisdizionale «efficace», come richiesto dalle direttive europee in materia di appalti pubblici (art. 1, comma 1, della direttiva 89/665/CEE del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione elle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori).

8. In particolare, attraverso una valutazione legale tipica l’obbligo di comunicazione motivata del provvedimento conclusivo della gara idoneo a porre gli altri concorrenti nelle condizioni di agire in giudizio è stato così soddisfatto dall’amministrazione. A fronte di ciò, la mancanza nella comunicazione inviata da quest’ultima di elementi sufficienti per formulare censure di legittimità costituisce evenienza di mero fatto che non può essere posta a carico della medesima parte pubblica, ma che invece onera quella privata potenzialmente interessata di attivarsi per acquisire una compiuta conoscenza degli atti di gara, attraverso gli strumenti che la legge medesima pone a disposizione della stessa (ed in particolare l’accesso previsto dal comma 5-quater del medesimo art. 79), al fine di evitare l’inutile decorso del termine a pena di decadenza per proporre l’impugnazione in sede giurisdizionale.

9. Quanto ora rilevato trova conforto nella giurisprudenza nazionale ed europea.

In particolare, questa Sezione ha recentemente affermato che ai sensi del combinato disposto dei commi 5 e 5-bis dell’art. 79 del d.lgs. n. 163 del 2006, il termine per l’impugnativa avverso l’aggiudicazione non decorre prima che la comunicazione dell’aggiudicazione sia fatta secondo le inderogabili forme del comma 5-bis, e cioè con il corredo della relativa motivazione, a sua volta espressa attraverso «gli elementi di cui al comma 2, lettera c) » (Cons. Stato, V, 13 febbraio 2017, n. 592). Nel precedente ora richiamato si è precisato che attraverso le forme tipiche di legge i concorrenti «dispongono di informazioni adeguatamente dettagliate in ordine alle caratteristiche dell’offerta dell’aggiudicataria (e ciò, all’evidente fine di evitare che le imprese lese dall’aggiudicazione si trovino in condizione di dover impugnare un provvedimento di aggiudicazione del quale non conoscano le caratteristiche effettive e in relazione al quale non siano in grado di articolare difese compiute) ». Nella medesima linea si pone una decisione della VI Sezione, in cui si è affermato che in caso di procedure da aggiudicare secondo il criterio del massimo ribasso – come quella qui in contestazione e dunque assolutamente in termini con la presente fattispecie – l’obbligo di motivazione imposto dall’art. 79 è assolto dall’amministrazione attraverso il rispetto delle forme e modalità di comunicazione previste dalla medesima disposizione (Cons. Stato, VI, 1 aprile 2016, n. 1298).

Ancora sul punto, si è espressa in termini di sufficienza ai fini del termine per impugnare delle forme tipizzate dall’art. 79 d.lgs. n. 163 del 2006 il Consiglio di giustizia amministrativa per la regione Sicilia (sentenza 7 novembre 2016, n. 389).

Per contro, solo laddove la comunicazione non sia rispondente ai requisiti di legge è consentito al ricorrente di giovarsi dell’ulteriore termine di 10 giorni previsto per l’accesso agli atti di gara ai sensi del citato comma 5-quater dell’art. 79 d.lgs. n. 163 del 2006 (cfr. Cons. Stato, III, 25 novembre 2014, n. 5830; V, 10 febbraio 2015, n. 864).

10. La giurisprudenza nazionale è anche in linea con il diritto sovranazionale e con l’interpretazione di esso fornita dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

Infatti, con la sentenza dell’8 maggio 2014, in causa C-161/13, la Corte ha affermato che «ricorsi efficaci contro le violazioni delle disposizioni applicabili in materia di aggiudicazione di appalti pubblici possono essere garantiti soltanto se i termini imposti per proporre tali ricorsi comincino a decorrere solo dalla data in cui il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione di dette disposizioni» (punto 37), e che «una possibilità, come quella prevista dall’articolo 43 del decreto legislativo n. 104/2010, di sollevare “motivi aggiunti” nell’ambito di un ricorso iniziale proposto nei termini contro la decisione di aggiudicazione dell’appalto non costituisce sempre un’alternativa valida di tutela giurisdizionale effettiva» (punto 40). Ciò in relazione al caso esaminato dalla Corte di giustizia, in cui il vizio di legittimità poi dedotto in giudizio era conseguito a fatti avvenuti dopo l’aggiudicazione definitiva e prima della stipula del contratto, di cui la ricorrente non aveva pertanto avuto notizia.

Al di fuori di questa peculiare fattispecie, in linea generale il giudice europeo ha operato un riferimento espresso alla conoscibilità della violazione occorsa in sede di gara e questa possibilità non può che rimandare alle forme tipiche di legge della comunicazione del provvedimento conclusivo della gara previste dal più volte richiamato art. 79 d.lgs. n. 163 del 2006, le quali – giova sottolineare – sono state introdotte con il decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53, di «attuazione della direttiva 2007/66/CE che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia d'aggiudicazione degli appalti».

11. Deve ancora precisarsi, in relazione alle deduzioni difensive dell’originaria ricorrente, da ultimo ribadite alla camera di consiglio del 16 marzo 2017, che a fronte di un onere di immediata impugnazione così sorto, la conoscenza di vizi ulteriori non desumibili dagli elementi e dagli atti comunicati dalla stazione appaltante comporta, a fronte di un lesione già prodottasi e percepita in modo compiuto, la possibilità di proporre motivi aggiunti e dunque di azionare nuovi petita e/o causaepetendi all’interno dello stesso giudizio. Sul punto si precisa, richiamato quanto affermato in precedenza, che questo schema è applicabile anche se in ipotesi dalla comunicazione dell’aggiudicazione non decorrano elementi tali da ritenere invalida quest’ultima e la conoscenza effettiva viene raggiunta solo in sede di accesso agli atti di gara ai sensi dell’art. 79-quater d.lgs. n. 163 del 2006.

12. Per contro, la diversa interpretazione che fissi la decorrenza al momento in cui è conosciuto il vizio che in ipotesi inficia l’aggiudicazione, e che pure possa costituire l’unico vizio, all’esito dell’accesso a questi ultimi ai sensi del comma 5-quater del medesimo art. 79, renderebbe mutevole e in definitiva incerto il momento in cui gli atti di gara siano divenuti inoppugnabili, e dunque il momento in cui l’esito di questa possa ritenersi consolidato. Da questa notazione emerge come una simile ricostruzione non possa essere accettata, per via dell’elevato tasso di incertezza sulle procedure di affidamento di contratti pubbliche che essa produrrebbe, ed a tutela del quale è posto il termine a pena di decadenza per proporre il ricorso giurisdizionale (che è addirittura dimezzato, ex art. 120, comma 2, cod. proc. amm., a conferma delle esigenze di celerità che permeano il settore dei contratti pubblici, pur nel rispetto del diritto di difesa dell’operatore economico).

13. Del resto – occorre ancora precisare - non possono essere addossati alle stazioni appaltanti oneri formali ulteriori rispetto a quelli predeterminati dalla legge, perché questi si tradurrebbero nella ricerca di tutti i possibili, e non predeterminabili, motivi di eventuale illegittimità della gara. Evidenti considerazioni di ragionevolezza impongono invece alla parte interessata di attivarsi in questo senso una volta resa edotta dell’aggiudicazione e della relativa motivazione, se del caso mediante accesso agli atti, senza tuttavia che questo strumento possa tradursi in una dilazione del termine per ricorrere in giudizio.

14. Accolto dunque l’appello, con le conseguenze sopra esposte, le spese del doppio grado di giudizio possono essere compensate tra tutte le parti, in ragione della questione controversa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, dichiara irricevibile il ricorso della Gp General Pol s.r.l., e compensa tra tutte le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2017 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Paolo Troiano, Consigliere

Claudio Contessa, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

Alessandro Maggio, Consigliere

 

 

Guida alla lettura

La sentenza in commento, riguarda la delicata questione relativa all’impugnazione dei termini di impugnazione dell’aggiudicazione definitiva da parte del concorrente non aggiudicatario.

Com’è noto l’art. 79, comma 5 del d.lgs. n. 16372006 prevede che “in ogni caso l'amministrazione comunica di ufficio:

a)  l'aggiudicazione definitiva, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni, all'aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un'offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l'esclusione, o sono in termini per presentare dette impugnazioni, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se dette impugnazioni non siano state ancora respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva;

b)  l'esclusione, ai candidati e agli offerenti esclusi, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni dall'esclusione;

b-bis)  la decisione, a tutti i candidati, di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro;

b-ter)  la data di avvenuta stipulazione del contratto con l'aggiudicatario, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni, ai soggetti di cui alla lettera a) del presente comma” il successivo comma 5-bis prevede che “le comunicazioni di cui al comma 5 sono fatte per iscritto, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o mediante notificazione o mediante posta elettronica certificata ovvero mediante fax, se l'utilizzo di quest'ultimo mezzo è espressamente autorizzato dal concorrente, al domicilio eletto o all'indirizzo di posta elettronica o al numero di fax indicato dal destinatario in sede di candidatura o di offerta. Nel caso di invio a mezzo posta o notificazione, dell'avvenuta spedizione è data contestualmente notizia al destinatario mediante fax o posta elettronica, anche non certificata, al numero di fax ovvero all'indirizzo di posta elettronica indicati in sede di candidatura o di offerta. La comunicazione è accompagnata dal provvedimento e dalla relativa motivazione contenente almeno gli elementi di cui al comma 2, lettera c), e fatta salva l'applicazione del comma 4; l'onere può essere assolto nei casi di cui al comma 5, lettere a), b), e b-bis), mediante l'invio dei verbali di gara, e, nel caso di cui al comma 5, lettera b-ter), mediante richiamo alla motivazione relativa al provvedimento di aggiudicazione definitiva, se già inviata. La comunicazione dell'aggiudicazione definitiva e quella della stipulazione, e la notizia della spedizione sono, rispettivamente, spedita e comunicata nello stesso giorno a tutti i destinatari, salva l'oggettiva impossibilità di rispettare tale contestualità a causa dell'elevato numero di destinatari, della difficoltà di reperimento degli indirizzi, dell'impossibilità di recapito della posta elettronica o del fax a taluno dei destinatari, o altro impedimento oggettivo e comprovato”. Tale norma, dunque, prevede che l’avviso di aggiudicazione contenga quantomeno gli elemento di cui al comma 2, lett c) del medesimo articolo, ovvero che “ad ogni offerente che abbia presentato un'offerta selezionabile, le caratteristiche e i vantaggi dell'offerta selezionata e il nome dell'offerente cui è stato aggiudicato il contratto o delle parti dell'accordo quadro”.

Tale ultimo inciso è di fondamentale rilevanza nell’analisi del caso di specie, oltre ad individuare i requisiti di legittimità dell’avviso di aggiudicazione, chiarisce che le informazioni dell’avviso prescritte dalla norma siano sufficienti a sostanziare la possibilità di esercitare il diritto di difesa del concorrente non aggiudicatario.

Ciò proprio in considerazione del fatto che, ai fini dell’impugnazione dell’aggiudicazione la comunicazione delle caratteristiche e dei vantaggi dell’offerta selezionata, insieme alla documentazione di gara, siano sufficienti alla valutazione della legittimità delle procedure podromica alla successiva proposizione del ricorso giurisdizionale.

Tale norma in sé esclude la possibilità che l’impugnazione debba essere effettuata in difetto degli elementi di valutazione, laddove è onere della parte privata potenzialmente interessata di attivarsi per acquisire una compiuta conoscenza degli atti di gara, attraverso gli strumenti che la legge medesima pone a disposizione della stessa.

In sostanza, il Collegio si attesta nello stabilire che laddove l’avviso di aggiudicazione abbia soddisfatto i requisiti previsti dalla legge, lo stesso è già di per se idoneo a fornire gli elementi utili per comprendere la scelta operata dalla P.A. e, allo stesso modo, fornisce gli elementi necessari alla predisposizione dell’eventuale ricorso giurisdizionale. Per contro, nel caso la parte necessiti di acquisire ulteriori elementi tramite l’accesso agli atti di gara, tale incombenza non può prodursi quale aggravio della parte pubblica, ma deve onerare la parte privata, per la quale l’ordinamento ha previsto lo strumento giurisdizionale dei motivi aggiunti.

Pertanto, la decorrenza dei termini per l’impugnazione non può che decorrere dal momento in cui viene comunicato l’avviso, senza che lo stesso possa decorrere dal momento in cui si compie l’accesso agli atti e il concorrente venga a conoscenza degli altri atti della procedura.

A voler ragionare diversamente e a fissare la decorrenza del termine al momento in cui è conosciuto il vizio all’esito dell’accesso agli atti ai sensi del comma 5-quater del medesimo art. 79, renderebbe mutevole e in definitiva incerto il momento in cui gli atti di gara siano divenuti inoppugnabili, e dunque il momento in cui l’esito di questa possa ritenersi consolidato.

Tale ricostruzione, dunque, deve essere esclusa per l’alto tasso di incertezza che produrrebbe sulle procedure di affidamento di contratti pubblici a tutela della quale è posto il termine accelerato per la proposizione del ricorso giurisdizionale di cui all’art. 120, comma 2, c.p.a.

In definitiva, dunque, l’avviso di aggiudicazione deve necessariamente essere impugnato nel termine di 30 giorni dalla comunicazione, laddove l’emergenza di vizi a seguito di una procedura di accesso agli atti costituisce mera evenienza di fatto della quale è l’operatore privato a doversi far carico mediante lo strumento giurisdizionale di cui all’art. 43 c.p.a.

A ciò si aggiunga che la pronuncia in questione, nel chiarire la questione in oggetto, ha una valenza peculiare, dal momento che il profilo critico affrontato non è stato risolto con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016. Invero, l’art. 76 del nuovo codice, sebbene riformulato rispetto alla previsione di cui all’art. 79, d.lgs. n. 163/2006, non ha posto l’attenzione sul richiamato profilo critico, per il quale, dunque, il presente chiarimento giurisprudenziale offre una soluzione di non poco conto sulla decorrenza del termine di impugnazione dell’avviso di aggiudicazione definitiva.