Consiglio di Stato – Sezione Terza – sentenza 20 marzo 2014, n. 1365

 

Consiglio di Stato – Sezione Terza – sentenza 20 marzo 2014, n. 1365

Presidente F.F. Cacace, Estensore Capuzzi

 

In una procedura di affidamento di una concessione mediante l’istituto del project financing la scelta del promotore si caratterizza per non essere diretta alla mera ricerca di un “contraente”, bensì di una “proposta” che soddisfi e contribuisca a definire l'interesse pubblico perseguito. Di qui, l’Amministrazione è tenuta a effettuare una valutazione della proposta presentata dal privato che sia, a sua volta, propedeutica all’indizione di una procedura di gara negoziata per l’aggiudicazione della concessione.

 

Anche nella vigenza della precedente disciplina di cui all’art. 37-bis e ss. della legge n. 109/1994, una volta individuato il promotore e ritenuta di pubblico interesse la relativa proposta progettuale, l’Amministrazione non era obbligata a dare corso alla procedura di gara, rimanendo pur sempre libera di scegliere attraverso valutazioni di merito non sindacabili in sede giurisdizionale se, per la tutela dell'interesse pubblico, fosse più opportuno affidare il progetto per la sua esecuzione, rinviarne la realizzazione ovvero non procedere affatto all’affidamento. A ciò si aggiunga che, anche ai sensi dell’art. 37-ter della legge n. 109/1994, l’istituto del project financing non può ritenersi svincolato dalla specifica normativa di settore, giacché l’Amministrazione è altresì tenuta a verificare l’assenza di elementi ostativi alla realizzazione dell’opera oggetto della proposta.

 

L'Amministrazione conserva, anche nelle procedure di project financing, il potere di revoca di un suo precedente provvedimento, ai sensi dell'art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, in presenza di sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, allorché ciò avvenga prima del consolidarsi delle posizioni dei privati interessati.

 

Non è ravvisabile alcuna violazione del dovere di correttezza negoziale nel comportamento dell’Amministrazione che revochi un precedente provvedimento di nomina del promotore, subordinato a condizione sospensiva, allorché si verifichi un evento impeditivo della individuazione del promotore e della dichiarazione di pubblico interesse del relativo progetto presentato, atteso che si deve considerare insito nella posizione dell’aspirante promotore il rischio economico della redazione e mancata realizzazione del progetto presentato, nella misura in cui quest’ultimo è assoggettato al potere di verifica di fattibilità dell'Amministrazione, con conseguente, concreta, possibilità di abbandono di qualsiasi ipotesi di esecuzione dell'intervento.

 

 

BREVI ANNOTAZIONI

 

 

L’OGGETTO DELLA PRONUNCIA

 

La decisione in commento affronta la questione della revoca del provvedimento di nomina del promotore in una procedura di affidamento di una concessione mediante project financing, allorché la predetta nomina sia stata sottoposta a condizione sospensiva e si sia successivamente verificato un evento impeditivo della individuazione del promotore e della dichiarazione di pubblico interesse della relativa proposta progettuale, precisando altresì che in una siffatta ipotesi non è ravvisabile in capo all’Amministrazione alcuna violazione del dovere di correttezza negoziale, gravando esclusivamente sull'aspirante promotore il rischio economico della mancata realizzazione del progetto presentato.

 

IL PERCORSO ARGOMENTATIVO

 

Il Consiglio di Stato ricostruisce preliminarmente il peculiare e complesso procedimento di realizzazione di opere pubbliche mediante l'istituto del project financing, così come delineato ratione temporis dagli artt. 37-bis, 37-ter e 37-quater della legge n. 109/1994.

Nella specie, ai sensi della citata disciplina, l'Amministrazione era tenuta alla verifica della fattibilità del progetto presentato dagli interessati e dell’assenza di elementi ostativi alla realizzazione dell’opera, nonché alla conseguente individuazione della proposta di pubblico interesse, con contestuale nomina del soggetto proponente quale “promotore”.

Soltanto a seguito di tale individuazione l'Amministrazione avrebbe potuto, quindi, procedere all’indizione di una gara per l'affidamento della relativa concessione di lavori sulla base della proposta progettuale prescelta e alla successiva aggiudicazione della concessione mediante una procedura negoziata, da svolgersi tra il promotore e i soggetti presentatori delle due migliori offerte nella gara precedentemente indetta.

Tutto ciò fermo restando che, da un lato, una volta individuato il promotore e ritenuta di pubblico interesse la relativa proposta, la decisione se dare corso o meno alla procedura di gara era pur sempre rimessa alle insindacabili valutazioni di merito dell'Amministrazione e, dall'altro, che anche in materia di project financing quest'ultima rimaneva titolare del potere di revoca, ai sensi dell'art. 21-quinquies della legge n. 241/1990.

Ciò premesso in termini generali, il Consiglio di Stato ha valutato come il progetto presentato dall'appellante non avesse esaurito nemmeno la fase del complesso procedimento iniziale, atteso che la nomina del promotore e la dichiarazione di pubblico interesse della proposta erano state sottoposte alla condizione sospensiva, prescritta dalla specifica normativa di settore, dell'approvazione regionale del progetto.

Di qui, una volta emersa l'impossibilità dell’adozione della citata autorizzazione regionale in relazione alla disciplina normativa esistente, si è verificato un evento impeditivo alla individuazione del promotore e alla connessa dichiarazione di pubblico interesse della sua proposta progettuale, tale da configurare la scelta del promotore come mai intervenuta.

Sulla scorta di tali considerazioni, il Consiglio di Stato ha ritenuto altresì non ravvisabile in capo all'Amministrazione una responsabilità per violazione dei principi di correttezza e buona fede nelle trattative precontrattuali, dal momento che quest'ultima si era limitata a esercitare correttamente il potere di revoca di cui era titolare, in presenza di un mutamento della situazione di fatto, senza peraltro aver mai dato luogo al benché minimo affidamento sul consolidamento di una posizione riconducibile a quella tipica del promotore.

Infatti, incombono esclusivamente sull'aspirante promotore sia il rischio che la proposta  presentata non venga giudicata conforme all'interesse pubblico sia il connesso rischio economico della redazione e mancata realizzazione del progetto, in quanto assoggettati al potere di verifica di fattibilità dell'Amministrazione, con conseguente concreta possibilità di abbandono di qualsiasi ipotesi di esecuzione dell'intervento.

Il conclusione, il Consiglio di Stato osserva che solo l'atto di scelta del promotore è idoneo a determinare un'immediata posizione di vantaggio per il soggetto prescelto, mentre nessuna lesione di una situazione giuridicamente protetta e nessun legittimo affidamento del privato possono ravvisarsi allorché la predetta scelta non si sia effettivamente concretizzata.

 

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

 

La sentenza in commento conferma l'assunto giurisprudenziale, avallato anche dalla nota pronuncia dell'Adunanza Plenaria n. 1/2012, in base al quale soltanto con la selezione del promotore, e dunque con la connessa dichiarazione di pubblico interesse del progetto da esso presentato, si determina per il soggetto prescelto una posizione di vantaggio certa, da cui discende un vero e proprio diritto potestativo di rendersi aggiudicatario, semplicemente adeguando la sua proposta a quella risultata migliore nella procedura di gara indetta dall'Amministrazione, ovvero di optare per l'alternativo diritto al rimborso forfetario delle spese sostenute per la presentazione della proposta.

Da quanto sopra si ricava, dunque, che in assenza della predetta formale individuazione del promotore non sussiste in capo al privato alcun legittimo affidamento, tanto più laddove si consideri che quest'ultimo si ricollega altresì generalmente al notevole lasso di tempo trascorso e al rilevante stato di avanzamento della procedura.

Del tutto coerente con il citato indirizzo appare, quindi, la decisione del Consiglio di Stato di non ritenere sussistente una responsabilità a titolo precontrattuale nel caso in cui l'Amministrazione decida di non pervenire all'individuazione di un promotore allorché riscontri la sussistenza di un evento impeditivo alla dichiarazione di pubblico interesse della sua proposta, giacché non possono esservi dubbi sul fatto che gravi soltanto sull'aspirante promotore il rischio di redigere e presentare un progetto per la realizzazione di un'opera, la cui fattibilità è necessariamente condizionata dalla valutazione dell'Amministrazione alla luce dell'interesse pubblico perseguito.

In tal senso, peraltro, atteso che anche la scelta del promotore è frutto di una vera e propria gara, sembra possibile paragonare la figura dell'aspirante promotore a quella del concorrente a una qualsiasi procedura comparativa di aggiudicazione di un appalto pubblico, in capo al quale certamente non si viene a configurare un legittimo affidamento in ordine all'aggiudicazione per la mera partecipazione alla gara, con tutto quel che ne consegue in termini di possibilità per la stazione appaltante di revocare la stessa procedura di gara.

Sul punto, del resto, è sufficiente rammentare che l'Amministrazione è titolare del potere, riconosciuto dall'art. 21-quinquies della legge n. 241/1990, di revocare per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, un proprio precedente provvedimento amministrativo e che, con riguardo ad una procedura di evidenza pubblica, deve ritenersi legittimo il provvedimento di revoca di una gara di appalto, disposta prima del consolidarsi delle posizioni delle parti e quando il contratto non è stato ancora concluso; ciò in quanto la ricordata disposizione ammette un ripensamento da parte dell'Amministrazione a seguito di una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario.

 

PERCORSO BIBLIOGRAFICO

 

Sull'analisi delle pronunce giurisprudenziali in materia di procedure di affidamento di una concessione mediante il ricorso all'istituto del project financing ci si permette di rinviare a C. Fanasca, La finanza di progetto a quindici anni dalla sua introduzione, in Il nuovo dir. amm., Dike, 2013, 3, pp. 71 ss.

In generale sull'istituto del project financing, cfr. C. Pluchino, Il project financing, in Manuale di Diritto Amministrativo, a cura di F. Caringella e M. Giustiniani, Dike, 2014, 1208 ss.; F. Caringella e M. Giustiniani, Codice dei Contratti Pubblici, Ed. Dike, 2014.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5810 del 2004, proposto da: 
Siemens s.p.a.e Geie BD. & M.,
in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,
rappresentati e difesi dagli avv.ti Publio Fiori e Luca Mazzeo, con domicilio eletto presso Publio Fiori, in Roma, via Monte Zebio n. 32;

contro

- Azienda Sanitaria Locale Salerno 1,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'avv. Antonio Brancaccio, con domicilio eletto presso Antonio Brancaccio, in Roma, via Taranto n. 18; 
Regione Campania,
in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore,
costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dall'avv. Maria D'Elia, con domicilio eletto presso Regione Campania - Ufficio Rappresentanza, in Roma, via Poli n. 29; 
Comune di Cava de' Tirreni,
non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - SEZ. STACCATA di SALERNO - SEZIONE I n. 00091/2004.

 

 

Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2013, il Cons. Roberto Capuzzi;

Uditi per le parti, alla stessa udienza, gli avvocati Scafarelli su delega di Fiori e Manzi su delega di D'Elia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

 

 

FATTO

La soc. Siemens spa. ed il Gruppo Europeo di Interesse Economico BD. & M. impugnavano davanti al Tar Campania, sede di Salerno:

- la delibera n. 1854 del 31/12/01, con cui il Direttore Generale della ASL Sa/1 aveva revocato la precedente delibera n. 1726 del 13/12/01, di nomina delle ricorrenti come “promotore” del progetto per la realizzazione in Cava dé Tirreni di un nuovo plesso ospedaliero denominato “S. Maria Incoronata dell’Olmo e Costa d’Amalfi”;

- lo studio di fattibilità accluso alla richiamata delibera n. 1854;

- la nota n. 845 del 29/1/02 del Direttor Generale della ASL Sa/1;

- la nota n. 470 in data 15/1/02 della Regione Campania, Area Generale di coordinamento piano sanitario regionale;

- il piano sanitario regionale e la nota n. 1363 in data 15/2/02 del Direttore Generale della ASL. Sa/1.

Le ricorrenti chiedevano altresì l’accertamento del diritto al risarcimento del danno ingiusto subìto.

Premettevano di aver presentato, in data 29/6/01, alla ASL. Sa/1 una proposta di costruzione di un nuovo complesso ospedaliero da realizzarsi nel comune di Cava dé Tirreni, proposta che veniva inviata anche alla Regione Campania per sondare la disponibilità a cofinanziarne il progetto e che la ASL inseriva l’esecuzione di tale opera nel programma triennale dei lavori 2001-2003; successivamente, con delibera n. 1447 del 31/10/2001, la ASL stabiliva di nominare una commissione interna con il compito di esaminare gli aspetti finanziari dell’opera, quindi con delibera n. 1726 del 13/12/01 dichiarava la proposta delle ricorrenti di pubblico di interesse e le nominava “promotore” del progetto.

Le ricorrenti precisavano che successivamente la ASL, con nota n. 845 del 29/1/02, comunicava che l’Assessorato regionale alla Sanità riteneva che la proposta non potesse essere presa in considerazione in assenza del piano sanitario regionale; quindi la ASL, con delibera n. 1854 del 31/12/01, revocava la precedente delibera n. 1726.

Deducevano i seguenti motivi: violazione degli artt. 3, 7 e ss. della L. 7/8/90 n. 241, degli artt. 37 e ss. della L. 11/2/94 n. 109 ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e di motivazione in quanto non sussistevano i presupposti per l’adozione del provvedimento di autotutela che comunque avrebbe dovuto essere supportato da adeguata motivazione e preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.

Costituitasi in giudizio, la ASL Sa/1 versava in atti la delibera n. 542/2002, con cui modificava la precedente delibera n. 1854 nel senso che con essa non si era inteso procedere alla revoca della delibera n. 1726/2001, bensì alla sua declaratoria di inefficacia conseguente alla mancata autorizzazione regionale.

Avverso tale atto le ricorrenti proponevano motivi aggiunti.

Il Tar riteneva il ricorso infondato sulla base delle seguenti motivazioni:

-quanto alla delibera n. 1854/01, le ricorrenti non potevano fondare nessun legittimo affidamento sul provvedimento n. 1726/01 in quanto erano a conoscenza che l’accettazione della loro proposta era sottoposta alla condizione sospensiva della sopravvenienza dell’autorizzazione regionale; una volta che questa era mancata o comunque era stata rinviata, anche il precedente deliberato aveva perso retroattivamente la propria efficacia, secondo i principi generali in materia di condizione volontaria;

- non poteva prescindersi da una pianificazione a livello regionale, prima di intraprendere la costruzione di un’opera dai costi tanto elevati, tanto più che erano state affrontate ingenti spese per riadattare ed ammodernare il plesso ospedaliero già esistente in Cava dé Tirreni e che nel raggio di pochi chilometri esistevano tre ospedali per sopperire ai bisogni della popolazione locale;

- la legge n. 132/1968 contempla, oltre al piano ospedaliero nazionale, quello regionale e, dopo aver previsto che ciascuna Regione provvede a programmare i propri interventi nel settore ospedaliero con la legge di approvazione del piano quinquennale degli interventi, dispone che detta legge “indica la previsione degli interventi regionali relativi all’impianto di nuovi ospedali” ed aggiunge che “nessuna opera di costruzione, ampliamento, trasformazione, salvo adattamenti dovuti ad esigenze di funzionalità, potrà essere realizzata se non sia prevista dalla predetta legge” (così, testualmente, l’art. 29 della L. n. 132);

- la delibera n. 542/02, che ha modificato il contenuto della delibera n. 1854/01 disponendo che non di revoca si trattava bensì di declaratoria di inefficacia conseguente alla mancata autorizzazione regionale, è stata assunta correttamente, esercitando poteri di autotutela, riformulando il medesimo provvedimento, comunque da considerarsi legittimo sul piano sostanziale; in disparte il fatto, poi, che erano ricavabili dall’intero procedimento le ragioni che poi sono state adeguatamente palesate con la successiva delibera n. 542/02.

- l’amministrazione non era incorsa in responsabilità nel momento in cui aveva avviato un procedimento del project financing senza prima acquisire l’autorizzazione regionale;

- la illegittimità del comportamento dell’amministrazione è indispensabile per ottenere il risarcimento, sia che tale illegittimità sia accertata in via principale, sia che venga acclarata in via incidentale nel giudizio risarcitorio e poichè i provvedimenti impugnati erano legittimi, ne derivava come infondata la pretesa risarcitoria, non essendo la stessa ipotizzabile in assenza di illegittimità degli atti;

- la richiesta delle ricorrenti relativa al rimborso delle spese sostenute, fino al 2,5% del valore dell’investimento, ai sensi dell’art. 37-quater della L. n. 109/94 ( secondo il quale le amministrazioni, qualora abbiano dichiarato di pubblico interesse una proposta pervenuta - il che nella fattispecie non era accaduto, poiché la dichiarazione era sottoposta ad una condizione che era mancata - pongono in essere una procedura negoziata al termine della quale, se aggiudicataria è una impresa diversa da quella dichiarata “promotore”, quest’ultima ha diritto al pagamento, da parte dell’aggiudicataria, di una somma pari al 2,5% del valore dell’investimento ) non è applicabile al caso in esame, dove non esiste un aggiudicatario diverso dal promotoree dove nessuna proposta è stata dichiarata di pubblico interesse.

Nell’atto di appello le ricorrenti reiterano alcune delle censure già presentate in primo grado e respinte dal Tar insistendo per la richiesta risarcitoria.

Si sono costituite sia la Asl Salerno ex Asl Sa/1, sia la Regione Campania, chiedendo con diffuse argomentazioni il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza del Tar.

Sono state depositate ulteriori memorie difensive.

Con sentenza n. 2072/2013 la Sezione disponeva l’ acquisizione del fascicolo di primo grado.

Il TAR ha adempiuto all’incombente istruttorio.

Successivamente la causa, nuovamente fissata per la trattazione, veniva definitivamente trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 5 dicembre 2013.

DIRITTO

1. La Sezione ritiene di superare le varie eccezioni pregiudiziali sollevate dalla Azienda Sanitaria Locale Salerno 1 e dalla Regione Campania in quanto nel merito il gravame non può trovare favorevole esame.

2. Le appellanti sostengono che dall’andamento dei fatti e dal tenore dei provvedimenti adottati dalla ASL emergeva che il comportamento della Azienda Sanitaria era risultato “assolutamente affidante” con riguardo alla positiva conclusione della procedura di project financing e che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, la nomina del promotore non era mai stata condizionata al rilascio della autorizzazione regionale, ma solo alla definizione degli aspetti tecnici e finanziari della proposta da parte di una commissione all’uopo nominata, di talché le conseguenze del mancato rilascio di tale autorizzazione non potevano ritenersi un rischio a carico del promotore ma solo della amministrazione.

Avendo il comportamento delle amministrazioni concretizzato una violazione del principio che impone alle parti di comportarsi secondo correttezza e buona fede ai sensi dell’art. 1337 c.c. nelle attività precontrattuali, non si sarebbe potuto escludere il risarcimento dei danni nelle sue componenti di danno emergente, lucro cessante, perdita di chance.

In specie, nella deliberazione n.1854 del 31.12.2001 adottata dal Direttore Generale della ASL, non si sarebbe rinvenuta alcuna motivazione, né era comprensibile il motivo per il quale la ASL veniva indotta a valutare diversamente l’interesse pubblico mutando l’avviso che aveva in precedenza indirizzato la stessa amministrazione a procedere alla nomina del promotore e alla dichiarazione di pubblico interesse.

A ciò dovrebbe aggiungersi che la nota con la quale la Regione Campania aveva comunicato alla ASl Sa 1 che non avrebbe potuto pronunziarsi sulla richiesta di autorizzazione “sino a quando non sarà approvato il piano sanitario regionale” era stata adottata in un momento successivo rispetto alla assunzione della delibera n. 1854 del 31.12.2001 da parte della Asl; in ogni caso si trattava di un mero rinvio e non di un diniego, con la conseguenza che non poteva considerasi avverato l’evento dedotto nella condizione alla nomina di promotore delle appellanti.

Del tutto ingiustificato quindi era il provvedimento di revoca della nomina di promotore di cui alla deliberazione n. 1854/2001.

3. Tali argomentazioni, variamente articolate nell’atto di appello, non sono persuasive e le argomentazioni del Tar devono essere nella sostanza confermate.

Va premesso, in generale, che, in materia di finanza di progetto, la procedura di scelta del promotore presenta caratteri peculiari, in quanto è volta alla ricerca non solo di un ‘contraente' ma di una ‘proposta', che integri l'individuazione e la specificazione dell'interesse pubblico perseguito ( Cons. St., I, 29 aprile 2013, n. 7153 ).

Il legislatore, nel disciplinare l’istituto del project financing, ha invero distinto le fasi in cui si articola il complesso procedimento volto alla realizzazione di opere pubbliche senza oneri finanziari da parte della amministrazione.

La legge prevede in particolare che, in seguito alla presentazione di una proposta da parte dei soggetti cui è riconosciuta detta facoltà, l’amministrazione deve operare una valutazione della medesima a sua volta propedeuetica all’indizione delle procedure di gara per l’aggiudicazione della concessione.

 

 

La fase di valutazione della proposta era nella fattispecie all’esame ratione temporis disciplinata dall’art. 37-ter della legge n. 109/1994, che, nella formulazione allora vigente, prevedeva che “entro il 31 ottobre di ogni anno la amministrazioni aggiudicatrici valutano la fattibilità delle proposte presentate ... verificano la assenza di elementi ostativi alla loro realizzazione e, esaminate le proposte stesse anche comparativamente, sentiti i promotori che ne facciano richiesta, provvedono ad individuare quelle che ritengono di pubblico interesse”.

Quindi, alla verifica della fattibilità del progetto e dell’assenza di elementi ostativi alla realizzazione dell’opera, doveva necessariamente seguire la individuazione della proposta di pubblico interesse e solo a seguito di tale individuazione le amministrazioni avrebbero potuto procedere alla indizione della gara di cui all’art. 37-quater, co. 1, lett. a), della legge n. 109/1994 ed alla successiva aggiudicazione della concessione mediante una procedura negoziata, da svolgersi tra il soggetto che avesse presentato la proposta progettuale iniziale (cd promotore) e i soggetti presentatori delle due migliori offerte della gara in precedenza indetta (cfr. ex plurimis, da ultimo, Cons. Stato, VI, 8 marzo 2013, n. 1315).

Inoltre, in materia di "project financing", anche nella vigenza della precedente disciplina di cui agli art. 37-bis, ter e quater della legge 11 febbraio 1994, n. 109, l'amministrazione - una volta individuato il promotore e ritenuto di pubblico interesse il progetto dallo stesso presentato ( dichiarazione nella fattispecie non intervenuta ), non era tenuta a dare corso alla procedura di gara, essendo libera di scegliere - attraverso valutazioni attinenti al merito amministrativo e non sindacabili in sede giurisdizionale - se, per la tutela dell'interesse pubblico, fosse più opportuno affidare il progetto per la sua esecuzione ovvero rinviare la sua realizzazione ovvero non procedere affatto.

Nella specie, tuttavia, il progetto facente capo alla società Siemens non ha esaurito nemmeno la fase del complesso procedimento iniziale, non essendo stata valutata, come già detto, di pubblico interesse o, rectius, essendo stata dichiarata tale solo, “ad un sommario esame”, che tuttavia implicava, propedeuticamente al giudizio definitivo, la necessità di “... nominare una commissione di esperti che valuti gli aspetti tecnici ed economici della proposta medesima” (cfr. delibera n. 1726/01 della ASL Sa 1) e la approvazione regionale.

Va al riguardo ricordato che l’art. 29 della legge n. 132/1968 contempla, oltre al piano ospedaliero nazionale, quello regionale e, dopo aver previsto che ciascuna Regione provvede a programmare i propri interventi nel settore ospedaliero con la legge di approvazione del piano quinquennale degli interventi, dispone che detta legge “indica la previsione degli interventi regionali relativi all’impianto di nuovi ospedali”; aggiunge poi che “nessuna opera di costruzione, ampliamento, trasformazione, salvo adattamenti dovuti ad esigenze di funzionalità, potrà essere realizzata se non sia prevista dalla predetta legge” (così l’art. 29, co. 3, della legge n. 132).

Ai sensi dell’art. 3, co. 1, della legge Regione Campania 26.2.1998, n. 2 (che ha approvato il Piano Regionale Ospedaliero per il triennio 1997-1999), il Piano costituisce “stralcio del Piano Sanitario Regionale” di cui all’art. 30 della legge regionale 3.11.1994, n. 32, con l’effetto che la programmazione regionale in materia ospedaliera va coordinata con le più ampie finalità perseguite dalla Regione in materia sanitaria.

Risulta dunque che fino a quando non si fosse provveduto alla revisione della rete ospedaliera campana, non era possibile la realizzazione di nuove strutture ospedaliere, che sarebbero potute risultare incoerenti con la futura programmazione regionale.

Pertanto la ASL non aveva alcuna autonoma possibilità di approvare e realizzare il progetto che rientrava nella pianificazione regionale, atteso anche, sotto altro profilo, che l’istituto del project financing non puòritenersi svincolato, a mente della legge n. 109/1994, art. 37-ter, dalla normativa di settore, essendo imposto alla amministrazione di verificare l’assenza di elementi ostativi alla realizzazione dell’opera.

4. Di tale situazione era ben consapevole la Azienda, che aveva sempre subordinato le proprie determinazioni ( v. le delibere n. 863/2001, n. 1477/2001 e n. 1726/2001 ) ad una condizione sospensiva, nel senso che tanto il progetto poteva essere realizzato e concretizzarsi, in quanto fosse intervenuta la autorizzazione regionale nel rispetto della pianificazione a livello regionale in materia di rete ospedaliera.

Una volta emersa in maniera inequivocabile la impossibilità della adozione della autorizzazione regionale in relazione alla disciplina normativa esistente nella Regione Campania, si è verificato un evento impeditivo alla individuazione del promotore ed alla dichiarazione di pubblico interesse del progetto dallo stesso presentato, rappresentato dal mancato realizzarsi della condizione sospensiva, cui era legata l’acquisizione di efficacia delle delibere medesime.Dunque, nel caso di specie la scelta del promotore può considerarsi come mai intervenuta, essendo essa stata comunque subordinata, nella deliberazione n. 1477 del 31 ottobre 2001 ( non impugnata ), alla “formale propedeutica autorizzazione alla realizzazione dell’opera” e, nella successiva deliberazione n. 1726 del 13 dicembre 2001 ( che, anch’essa non impugnata, non dà comunque conto dello stato del procedimento autorizzatorio regionale avviato con la precedente deliberazione n. 1477 ), “alla positiva valutazione e/o definizione degli aspetti tecnici e finanziari della proposta intervenuta”.

Né le appellanti possono dolersi del fatto che la deliberazione n. 542 del 2002 avrebbe modificato il contenuto della precedente deliberazione n. 1854/2001 attraverso un meccanismo che si pone del tutto al di fuori dei canoni della interpretazione autentica, in quanto la ASL si è limitata a correggere, con la deliberazione n. 542, la imprecisione terminologica (revoca) della delibera n. 1854/2001 assunta nell’ambito di un procedimento, il cui esito era stato sempre condizionato, senza possibile equivoco, alla previa autorizzazione regionale.

Se a questo si aggiunge che, oltre alla mancata autorizzazione regionale, il progetto non aveva mai ottenuto la dichiarazione di pubblica utilità, non può che concludersi che nessun affidamento sulla possibile realizzazione del progetto possa dirsi essersi qui concretizzato, di modo che la contestata attività dell’Amministrazione possa ritenersi improntata a violazione di quei canoni di correttezza, affidabilità e trasparenza, che devono improntare l’operato delle amministrazioni.Peraltro tra le appellanti è presente un’impresa di grande esperienza, che dichiara di operare in project financing per la realizzazione di ospedali in tutta Italia, pronta ad effettuare ingenti investimenti per la realizzazione del proprio progetto ed è del tutto irragionevole ritenere ch’essa abbia potuto attivarsi per la progettazione della costruzione di un ospedale, senza avere la piena consapevolezza dell’assetto normativo esistente a livello nazionale e regionale in materia di realizzazione di strutture ospedaliere, ignorando in particolare che la regione, non solo interviene di norma per cofinanziare il nuovo plesso ospedaliero, ma soprattutto per decidere sulla compatibilità della realizzazione dello stesso con la programmazione ospedaliera.

5. Sul punto le ricorrenti sostengono (nel secondo motivo) che, anche nel caso si dovesse ritenere legittimo l’impugnato provvedimento di revoca o dichiarazione di inefficacia, parimenti sarebbe da accogliere la domanda risarcitoria, in quanto la ASL sarebbe incorsa in responsabilità per violazione dei principi di correttezza e buona fede nelle attività precontrattuali, nel momento in cui aveva avviato un procedimento così oneroso come quello del project financing, senza prima acquisire l’autorizzazione regionale; anzi, sostengono, con la revoca della deliberazione n. 1726 /2001 l’amministrazione avrebbe inteso celare i vizi di legittimità da cui era affetto il procedimento e di conseguenza evitare le conseguenze risarcitorie nei confronti delle ricorrenti che, confidando sul corretto inserimento dell’ospedale nel piano triennale dei lavori della ASL, avevano presentato in buona fede la proposta di project financing.

6. La doglianza è infondata.

Ricorda la Sezione che l'amministrazione è titolare del potere, riconosciuto dall'art. 21-quinquies della legge n. 241 del 1990, di revocare, per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di una nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, un proprio precedente provvedimento amministrativo quando ciò avvenga prima del consolidarsi delle posizioni delle parti (cfr., proprio in relazione ad un project financing, Cons. Stato Sez. III, 4026, 30 luglio 2013; Sez. III, n. 2838 del 24 maggio 2013; Sez. V, n. 2418 del 6 maggio 2013).

In disparte ogni approfondimento in merito alla questione della cd. pregiudiziale amministrativa, ora disciplinata dall’art. 30 cod. proc. amm., deve osservarsi che nel caso in esame nessuna violazione del dovere di correttezza negoziale è dato di ravvisare nel comportamento dell'amministrazione, che non ha mai dato luogo al benché minimo affidamento sul consolidamento di una posizione precontrattuale riconducibile a quella tipica del promotore, avendo le ricorrenti presentato il progetto di cui si tratta assumendosi il rischio che esso non venisse giudicato conforme all'interesse pubblico e dovendosi considerare insito nella posizione del promotore ( o, meglio, dell’aspirante a tale qualificazione ) il rischio economico della redazione e mancata realizzazione del progetto presentato, nella misura in cui esso è assoggettato al potere di verifica di fattibilità dell'amministrazione, con conseguente, concreta, possibilità di abbandono di qualsiasi ipotesi di esecuzione dell'intervento.

Essendo peraltro solo l'atto di scelta del promotore idoneo a determinare una immediata posizione di vantaggio per il soggetto prescelto, nessuna lesione di una situazione giuridicamente protetta può ravvisarsi nella mancata scelta facente seguito alla statuizione di inefficacia delle anzidette deliberazioni per effetto della mancata inclusione dell’opera nel piano sanitario regionale; sì che alcun legittimo affidamento può dirsi insorto in capo all’odierna appellante e nessuna lesione, come tale risarcibile, di siffatto affidamento può ravvisarsi.

7. Infine, non risulta pertinente la richiesta di rimborso avanzata ai sensi dell'articolo 37-septies, co. 1, lett. c), l. 11 febbraio 1994, n. 109, trattandosi di disposizione tesa a porre il concessionario al riparo degli effetti rivenienti da una possibile rivalutazione dell'interesse pubblico, prevedendo a suo favore un obbligo di tipo strettamente indennitario; laddove, nel caso di specie, nessun contratto risulta stipulato fra le parti, né le società ricorrenti hanno mai assunto la qualità di concessionarie.

previsto dall'allora vigente art. 37 septies della legge n. 104 del 1994.

8. In conclusione l’appello non merita accoglimento e la sentenza impugnata va confermata.

9. Tuttavia, in ragione dell’andamento del procedimento amministrativo scaturito nella presente vicenda contenziosa, spese ed onorari del presente grado possono essere integralmente compensati fra le parti.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma, nei sensi di cui in motivazione, la sentenza impugnata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:

 

 

Salvatore Cacace, Presidente FF

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Vittorio Stelo, Consigliere

Roberto Capuzzi, Consigliere, Estensore

Dante D'Alessio, Consigliere